lunedì 30 giugno 2014

Evviva il Pos, punizione per chi ha votato il burattino

Evviva il Pos! Ora e sempre pagamenti con bancomat per arricchire le banche. Il burattino procede, giustamente, per la strada indicata da chi ha scelto di eliminare l'Italia dai Paesi che sopravvivono per inserirlo nella lista dei Paesi straccioni. Piccoli passi, ovviamente, nessuna rivoluzione. Si massacra il ceto medio con le continue stangate su case e capannoni? E la piccola borghesia cialtrona e vigliacca vota per il burattino. Si massacrano i pensionati con le tasse più alte d'Europa? E loro premiano il partito del burattino ed i suoi uomini sul territorio. Si obbligano i giovani a rinunciare all'Università e ad emigrare? E loro, fedeli alla linea, insistono a premiare chi li massacra. Si concede libertà assoluta per licenziare i lavoratori dipendenti, a partire da quelli che non vogliono paghe africane? E il burattino aumenta i voti. Ed allora è giusto così. Tutti in fila a cantare le lodi degli aguzzini, marciando felici verso l'abisso finale. Quanti sono i commercianti e gli artigiani che, da oggi in poi, dovranno versare il nuovo pizzo alle banche? Tanti, sufficienti per cambiare verso al voto. Non l'han fatto? E allora è giusto che paghino e falliscano. Quanti sono i licenziati e gli esodati grazie alle riforme Fornero mai modificate dai successori lettiani e renziani? Tanti, ma han scelto il burattino ed è giusto che sian senza lavoro e senza soldi. Quanti sono i piccoli industriali che non reggono più il peso delle tasse e, con questo fardello, non riescono più ad essere competitivi? Tanti, ma non han tirato fuori un euro per un progetto politico alternativo ed è giusto che chiudano. Quanti sono gli operatori turistici alle prese con località deserte e consumi in caduta verticale? Tanti, ma poi pensano di invertire la tendenza invitando la Kyenge come ospite d'onore ed è giusto che siano premiati dalla mancanza di turisti. Mai una prova di coraggio, mai un'idea che non sia quella del manuale del perfetto idiota politicamente corretto, mai un investimento per il futuro di questo Paese e dei propri figli. Si spende, a livello famigliare, solo per permettere ai ragazzi di fuggire dall'Italia. Restando soli a casa in attesa che l'assistenza pubblica, sempre più inadeguata, si occupi degli anziani rimasti soli. L'immagine del futuro l'ha fornita, la scorsa settiama su La 7, Enrico Deaglio, non a caso cognato dell'ex ministro Fornero: l'immagine di un'Italia di vecchi egoisti che difendono i pochi sudati risparmi (criminali! secondo il compagno Deaglio) dall'assalto dei giovani immigrati. Certo, per Deaglio la soluzione è semplice: sopprimere i vecchi italiani, saccheggiare risparmi e proprietà e distribuire tutto ai popoli giovani in arrivo da ogni dove. E forse è proprio quello che si merita questo Paese.

giovedì 26 giugno 2014

Balotelli, un perfetto italiano

Mario Balotelli, uno di noi. Un perfetto italiano dell'era di Boldrini e compagnia. E non si tratta di ironia. Viziato, arrogante, ignorante (l'ortografia è un optional nei suoi interventi scritti, "qual'è" è solo l'ultima dimostrazione), presuntuoso. Un perfetto giovane italiano. La differenza maggiore, rispetto ai suoi coetanei, è nei guadagni in cambio di prestazionilavorative ampiamente insufficienti. Mentre, in genere, i giovani italiani sono sottopagati anche quando lavoran bene. Per il resto, però, il pessimo Balotelli è come loro. Con le cuffie perennemente sulle orecchie (o sugli orecchi, per essere compresi dal sedicente campione) in modo da non ascoltare i commenti dei vecchi. Incapace di qualsiasi autocritica, perché è sempre colpa degli altri. Confuso oltre ogni livello accettabile quando si dichiara italiano ma considera gli africani come suoi unici fratelli. E ancora ignorante quando dimostra di non saper nulla di ciò che, in Nigeria come in altre parti dell'Africa, i fratelli fanno agli altri fratelli. Altro che le critiche dei vecchi della nazionale nei confronti di uno che, in campo, manco si degna di correre. Lui, il fratello afro-italiano, assicura di aver dato tutto. Può darsi, ma se tutto ciò che aveva da dare era quello che si è visto, non si capisce perché debba essere pagato così tanto. Ma è l'unico in una situazione di questo tipo? Certo che no. Lui è il frutto non della sua Africa, ma degli idioti che, in Italia, si piccano di pedagogismo, di psicologia, di sociologia. Quelli che, ancora oggi, si battono per evitare che i giovani italiani fancazzisti ed ignoranti vengano bocciati a scuola. Perché bocciarli, solo perché non studiano e non sanno? Forse perché gli altri, quelli che studiano e sanno, avrebbero tante ragioni per incazzarsi di fronte a valutazioni di comodo a favore dei somari. Così come avrebbero mille ragioni per incazzarsi, e non lo fanno, tutti quegli italiani che devono aspettare mesi per un'analisi medica perché i servizi si tagliano per i cittadini italiani ma aumentano per gli immigrati. Ed allora Balotelli è un perfetto italiano boldriniano, soddisfatto per essere strapagato ma in guerra comunque con il mondo perché, in fondo in fondo, consapevole di valere davvero poco. Una figurina, l'ha definito giustamente De Rossi. E il povero Galliani è costretto a difenderlo per giustificare una spesa assurda e la mancanza di potenziali acquirenti. Con gli immancabili gauchisti al caviale che difendono l'emblema del politicamente corretto, come se davvero le critiche avessero qualcosa a che fare con il razzismo. Lui, l'italiano Balotelli, viene fischiato ovunque non per il colore della pelle ma per il contenuto della scatola cranica, per la maleducazione, per i comportamenti. Ormai ogni squadra di calcio ha, nella formazione, qualche calciatore con la pelle scura. Che viene applaudito, sostenuto, difeso. Nello stesso momento in cui si fischia l'italiano che sogna i fratelli africani. Quelli che, giustamente, non hanno nulla a che fare con lui.

mercoledì 25 giugno 2014

Se la fortuna di Renzi cambia verso..

Napoleone sosteneva che i generali, oltre che competenti, dovessero essere anche fortunati. Il burattino italiano sino ad ora aveva dimostrato di essere fortunato. Competente magari no, ma fortunato sì. Poi, però, il suo alter ego calcistico, Prandelli, ha provveduto a metter fine al momento magico dei renziani. Cacciato in malo modo dai mondiali per aver insistito non sulla qualità del gioco ma su convocazioni politicamente corrette. Balotelli e Cassano, due che possono entusiasmare Boldrini ma che, in campo, non servono a nulla. E se la fortuna comincia a svanire, per il burattino son problemi. Perché non bastano i giornalisti di servizio per nascondere che dalla Germania non è arrivato proprio un via libera all'ipotesi di maggior flessibilità sui conti per favorire lo sviluppo. E non bastano le bugie di Padoan per trasformare l'Italia in crisi in un Paese in rilancio. Unimpresa (non la Cgil) assicura che l'area di disagio in Italia continua ad aumenare e comprende ormai 9,4 milioni di italiani. Mentre crollano i brevetti made in Italy, tanto per chiarire che favorire la fuga di cervelli per far posto agli amici di Boldrini non è proprio una grande idea. E mentre la Nazionale politicamente corretta, e con un tecnico pagato con soldi pubblici ma in deroga ai tetti previsti per gli altri, veniva rimandata a casa da un modesto Uruguay e da una non fenomenale Costa Rica, il burattino incassava altri segnali preoccupanti di una fortuna che gira. Venite migranti da tutto il mondo, qui c'è posto e sicurezza per voi. Per loro, certo. Non per il bambino ucciso sulle strisce pedonali da un pirata della strada arrivato dall'estero. E mentre qualche altra renziana in vena di demagogia assicurava che non sono gli immigrati a portare malattie ma siamo noi a contagiarli (qual è l'alternativa? obbligare gli italiani ad andarsene per lasciar spazio ai nuovi arrivati?), operatori sanitari meno ipocriti spiegavano che occorre intervenire per evitare contagi ed epidemie in arrivo con i migranti. Coincidenze, certo. Ma forse segnali di un cambio di verso della fortuna. Che, forse, si è stufata di favorire un burattino dalle tante promesse e dalle poche realizzazioni. E se la fortuna viene a mancare, crescono le difficoltà per i generali capaci. Figuriamoci per quelli che le capacità manco le hanno.

lunedì 23 giugno 2014

Bugie e tagli: le regole di una classe dirigente fallita

Chi è più bugiardo? I ministri o i giornalisti? Padoan continua a parlare di una ripresa che non c'è, spiega la necessità di abbassare le tasse nello stesso momento in cui ha appena finito di incassare la mega stangata sulla casa e si appresta ad appesantirla ulteriormente. Ed i giornalisti continuano a fingere di credere alle promesse di questo governo sull'occupazione, sullo sviluppo, sul rilancio. Parlano e scrivono di nuova occupazione, i giornalisti, mentre tutte le principali testate tagliano, prepensionano, ricorrono alla cassa integrazione, licenziano. Ma quelli che restano sono certi di salvaguardare il posto diventando sempre più servi. Nei confronti dei propri padroni e nei confronti del governo. Un'informazione sempre più di servizio e sempre meno utilizzata. Perché il crollo delle vendite dei giornali testimonia il crescente disgusto nei confronti dei bollettini del governo spacciati per analisi politica. Ed i grandi ministri del governo del burattino continuano, indisturbati ad aumentare le tasse per poi stupirsi del crollo dei consumi e del conseguente minor incasso di Iva. Hanno aumentato le tasse sulla benzina e sul gasolio e gli introiti per il Fisco sono diminuiti: geniale. D'altronde sono gli amici della Fornero, mica si può pretendere qualcosa di meglio. Nel frattempo i media mettono la sordina alle notizie sulle tangenti per il Mose o per l'Expo: tutti amici, non si può far crescere la rabbia del popolo ignorante. Meglio occuparsi di calcio, sperando che una partita vinta faccia dimenticare i miliardi rubati. Intanto Alitalia vola verso gli Emirati, con il taglio di un paio di migliaia di posti di lavoro. "Un taglio doloroso", assicurano i responsabili del disastro, ma il dolore sarà dei licenziati, non dei responsabili che troveranno altre sistemazioni nel giro delle presdidenze e dei consigli d'amministrazione. Male che vada, si occuperanno di profughi, da poltrone superpagate, ovviamente. Perché l'emergenza profughi è un grande business, l'unico rimasto in questo Paese a parte le mazzette. Puntiamo a nuovi record di invasori a cui, Boldrini dixit, devono essere garantite tutte le comodità negate ai pensionati italiani. Mentre il Papa, quando si scaglia contro la tortura, non chiarisce se si riferisce solo a quella fisica o anche a quella morale. Quella tortura che vede, come vittime, tutti gli italiani alle prese con l'insicurezza del proprio futuro e di quello delle proprie famiglie. Perché l'unica logica di questo Paese moribondo è quella dei tagli. Snellire, licenziare, tagliare. E poi illudersi che i senza lavoro aumentino i consumi, vadano in vacanza, paghino più tasse e, soprattutto, evitino di lamentarsi per non infastidire questa classe dirigente fallimentare.

mercoledì 18 giugno 2014

80 euro in busta ma i consumi crollano

Quanti miracoli si compiono, con soli 80 euro. La ripresa, il rilancio, la crescita dei consumi, l'eliminazione della disoccupazione. Ed il popolo applaude. Mentre, felice, si mette in coda per versare nelle casse dello Stato rapinatore più di 50 miliardi di tasse nell'appuntamento di giugno. Ma i media esultano, il popolo esulta, i vertici delle associazioni di categoria esultano mentre decine di migliaia di società chiudono i battenti, strozzate dal Fisco disumano. Ma non si deve dire nulla, perché il burattino si innervosisce e la sua corte sempre più vasta si indigna. Tutto va bene, madama la marchesa. E se il mercato dell'auto cresce in tutta Europa e cala solo in Italia, non vuol dir nulla. Boldrini ci spiega che servono più soldi per garantire una vita serena ai clandestini e il Fmi aggiunge che bisogna togliere un po' di soldi ai pensionati italiani. Ma va tutto bene. Il popolo è felice e fiducioso, Balotelli segna e Prandelli sogna. E pazienza se i soldi promessi per la Val Susa, in cambio dellìalta velocità, non arrivano e paiono spariti. E pazienza se, per risparmiare, il burattino e le sue compagne vogliono scippare a Torino l'Autorità dei Trasporti arrivata da pochi mesi e accompagnata da promesse di assunzioni. Se biosgna tagliare, si taglia. L'importante è mettere a tacere le proteste e poi spartirsi, tutti insieme, ciò che ancora non è stato saccheggiato. Miliardi per il Mose e per tutte le opere pubbliche gonfiate? Benissimo, due arresti da dare in pasto all'opinione pubblica, un bel discorso sulla morale e sulla giustizia e poi tutto torna come prima. Tanto il compagno G non parla. Tanto la magistratura non farà la spia sul nome dell'assessore torinese che riceveva il compagno G. E poi, popolo bue, hai avuto i tuoi 80 euro, e allora taci e paga. E pazienza se, nelle settimane prima della Tasi, sono crollati anche i consumi alimentari perché anche gli elettori del burattino si son accorti che la paghetta di 80 euro non era sufficiente a pagare le tasse. E pazienza se il ponte del 2 giugno è stato un fallimento per il turismo italiano. Vietato dirlo, vietato parlarne. Tanto tra qualche giorno arriva la busta paga, per il sempre più ridotto numero di lavoratori, e con gli 80 euro si potranno prenotare settimane di vacanze in Riviera o a Cortina. O forse no? Ma con il 40% dei voti, il burattino mica può occuparsi del costo della spiaggia o dell'aperitivo sul lungomare. Esulta popolo: sei ricco!

martedì 17 giugno 2014

An sceglie Bocchino e rinnega la base

E' curioso che, mentre da più parti si invocava un momento di riflessione congiunta per rilanciare l'area del centrodestra, Alleanza nazionale abbia scelto la strada della rottura con tutte le altre componenti, imponendo un personaggio come Bocchino alla direzione del Secolo d'Italia. "La fondazione è nostra ed i soldi ce li teniamo noi. Il Secolo è nostro e mettiamo a dirigerlo chi vogliamo noi". Giusto prenderne atto. Ma allora perché vogliono una riflessione congiunta? Perché sognano una Leopolda a destra? "Mettiamo insieme ciò che unisce, lasciando perdere ciò che divide". Un po' troppo comodo. Perché ciò che divide, ad esempio, è la loro gestione di un patrimonio che era dei militanti ed è diventata cosa loro, casa loro. In Italia come a Montecarlo. Ciò che divide sono i personaggi che loro impongono e che pretendono di far accettare agli altri. Loro fanno passi avanti e gli altri dovrebbero fare passi indietro. Curioso modo di impostare un confronto. A senso unico, evidentemente. Fabio Meloni, giustamente, sosteneva che una riflessione congiunta potesse essere fatta anche con chi non è simpatico, con chi ha percorsi differenti. Ma esistono dei limiti. Etici, prima ancora che ideologici o politici. Perché un confronto politico parte da posizioni non omogenee, ma se i valori etici non sono condivisi, sono opposti, è inutile perdere tempo. Non si tratta di errori compiuti (gli errori sono un patrimonio personale di tutti), ma di stili di vita troppo lontani, di comportamenti inaccettabili, di atteggiamenti intollerabili. Se An avesse davvero voluto un confronto, e non soltanto i voti dell'area, avrebbe evitato una nomina che rappresenta esclusivamente una provocazione nei confronti di tutti. E che non ha la minima giustificazione. Quanto, poi, all'incontro per mettere insieme le idee che uniscono, proprio questo comportamento dimostra che se c'é ancora qualcosa che unisce, beh, forse è meglio cancellarlo. Se ci sono idee comuni con un personaggio come Bocchino, probabilmente significa solo che sono idee da ripensare e, quasi certamente, da abbandonare. Per proseguire, invece, un confronto vero con chi è convinto che far parte di un'area voglia dire condividere uno stile di vita, uno stato mentale, un modo di concepire la realtà. Ed allora la scelta di An può essere anche apprezzata, ma solo perché ha messo fine all'equivoco e ha tolto ogni illusione a chi credeva che certa gente potesse ancora far parte di un mondo che crede in qualcosa di diverso dalla conquista di patrimoni immobiliari.

venerdì 13 giugno 2014

La Leopolda nera? Fondamentale, purché diversa

Una "Leopolda" di destra? La propongono tutti, pare quasi una moda. Il Pd lancia le primarie? E tutti, a destra, a volere le primarie (non proprio tutti..). Il burattino si è creato una ampia base di consensi attraverso le iniziative ospitate alla fiorentina Leopolda? Ed ora tutti a voler copiare il percorso dell'ex sindaco. Che ci sia, a destra, l'assoluta necessità di una svolta radicale è evidente a tutti. Ed è anche vero che le distanze nella cosidetta Area non sono più ampie di quelle esistenti nel Pd, tra democristiani di destra e sinistra, radicali, camerieri dei banchieri, ex Pci miglioristi e nostalgici di Baffone. Ma alla Leopolda, di fatto, lo spazio non è stato offerto a tutti. Si è arrivati già con un'idea ben precisa, quella dei burattinai, e la si è fatta passare grazie alle doti da imbonitore del burattino. L'Area dei destra ha un burattino di questo tipo? No. Dunque un appuntamento in stile Leopolda non può essere realizzato. Bisogna sostituirlo con un progetto basato sul confronto delle idee. E qui scattano i problemi. Quali idee? Allargate sino a quali posizioni? Perché la richiesta arriva da tutte le parti. E il sondaggio pre elettorale realizzato dal quotidiano online Barbadillo ha evidenziato che le varie anime dell'Area votano ormai in ordine sparso: dalla Lega (anche nel profondo Sud) a Tsipras, passando per Fdi, per Grillo e persino per Renzi. Ovvio che gli attuali partiti non rappresentino praticamente più nulla per la stragrande maggioranza dei loro elettori e per la totalità dei potenziali elettori che disertano le urne per il disgusto. Gli unici a credere ancora in questi partiti, con queste classi dirigenti, sono appunto le classi dirigenti che cercano di conservare poltone e strapuntini. Organizzare una "Leopolda a destra" significa formalizzare questo distacco e questo disgusto. Sarebbe un primo passo, fondamentale, per una rinascita, ma quanti avranno il coraggio di partecipare, ufficilamente e pubblicamente, alla rottamazione di una classe dirigente che offre piccole prebende e grandi promesse ogni volta disattese? Chi guiderà un simile processo? Ed in quale direzione? Si vuole uscire dall'incontro con posizioni vicine a quelle dei burattinai o si vuole essere gli interpreti di una nuova Italia che sappia ripartire da basi molto diverse da quelle dei camerieri delle banche? Si vuole continuare con i vecchi interpreti di ancor più vecchi giochi di potere conditi da nani, ballerine e accomodamenti vari (tangenti comprese) o si vuole offrire una prospettiva totalmente differente per un'Italia che non vuole rassegnarsi alla povertà imposta da Bruxelles? Si vuole proseguire con piccoli burocrati che eseguono gli ordini dei sopravvissuti della politica o si vogliono prepare giovani che sappiano affrontare le sfide di oggi e di domani? Con una domanda di fondo, arida ma inevitabile: chi paga? Perché le scuole costano, la formazione costa, le iniziative costano. Costano le tv ed i giornali. E tutti gli imprenditori che, in privato, maledicono il burattino e mostrano il santino del Duce, quando è ora di spendere ripongono il santino e chiudono il portafoglio. Ma lo chiudono "cameratescamente", sia ben chiaro.

mercoledì 11 giugno 2014

Marine contro Jean Marie: rinnovamento o tradimento?

Uccidere il padre? Marine Le Pen ha deciso di farlo. Di tradirlo. Perché il potere è più importante di ogni altra cosa, affetti compresi. E' giusto? Sicuramente è molto brutto, ma può aver senso quando ci sono interessi superiori, fini (com'è che quando si parla di tradimento la parola "fini" vien sempre fuori?) nobili e strategie che richiedono sacrifici enormi in nome di un grande ideale. Ma in questo caso? Il problema non è il rapporto di Jean Marie con gli ebrei o quello, molto privato ed intimo, di Marine sempre con gli ebrei. Quella è solo la scusa, l'alibi per cercare di arrivare alla resa dei conti. Accantonare il patriarca affinché non faccia più ombra alla figlia. Per procedere verso quale obiettivo? La conquista della Francia. Bene. Ma per far cosa? Uscire dall'euro, annacquare l'Unione europea. Sì, ma dopo? Quali sono le proposte? E, soprattutto, chi è che prepara queste proposte? Il dubbio, quasi la certezza, è che le nuove scelte abbiano poco o nulla in comune con le idee del Front National. Con i militanti, quelli veri, confinati in qualche sottoscala affinché non disturbino i nuovi manovratori. Mentre, molto italianamente, si sono creati ampi spazi per i convertiti dell'ultimissima ora, quelli arrivati in soccorso del vincitore. Quelli che sono saliti sul carro vincente per occupare i posti di comando e dirigere il carro verso altri lidi. Basta conservare la fiamma stilizzata nel simbolo per garantire che il percorso sia diverso rispetto a quello, fallimentare, di Msi-Alleanza Nazionale-Fli? Qualche dubbio sorge. Cancellare i padri, a volte, può essere rischioso. Magari non per i figli, ma per tutti coloro che hanno speso la propria gioventù, che hanno compiuto sacrifici, che hanno rinunciato a molto se non a tutto, per portare quella fiamma del FN ad un clamoros successo. Che ora viene scippato dai nuovi arrivati. Politicamente più corretti, più presentabili, più adatti a confrontarsi con i banchieri ed i burocrati. Ma per guidare, a lungo, un movimento vincente occorre anche anima, cuore, cervello. Non bastano gli slogan sdoganati, il sostegno di qualche Paese che vuole la Francia atlantizzata ad ogni costo. La fiamma rischia di bruciare le mani a chi si avvicina troppo con il solo obiettivo di spegnerla.

martedì 10 giugno 2014

Dalla cultura alla chiesa: la rinuncia del centrodestra al soft power

Poco meno di 1 milione di euro da spartirsi tra Curia e convento di suore. Dalle carte dell'infamia Mose emergerebbero mega finanziamenti alla "chiesa dei poveri": in cambio - assicura Libero - di un sostegno delle suore e del mondo che ruota intorno alla chiesa. Un sostegno al Mose? No, alla candidatura del sindaco Orsoni, imposto dal Pd per guidare Venezia. Ovviamente, in Italia, tra la verità e le carte processuali ci possono essere sostanziali differenze. Ma ciò che non cambia è l'incapacità totale del centrodestra di confrontarsi con la realtà, con il mondo. A partire da quello che viene definito come "soft power" e che dovrebbe essere nelle corde di un'area politica che si è affidata a Berlusconi. Il grande comunicatore al posto del grande timoniere. E invece niente. Nessuna capacità di comunicare al di là delle comparsate tv. Nessuna capacità di incidere sulla società civile. E non attraverso il denaro elargito dai corruttori professionali, ma attraverso il colloquio, le iniziative, i progetti comuni. Abbandonata la cultura, "perché con la cultura non si mangia" sosteneva (sbagliando clamorosamente) chi mangiava in altro modo. Lasciando gli ordini professionali agli avversari, le istituzioni culturali agli avversari, gli oratori agli avversari. Musica, teatro, cinema, letteratura: tutto abbandonato per dedicarsi alle grandi opere ed alla mignotteria trasformata in politica. Per poi comparire, di tanto in tanto, rivolgendosi ai "moderati" nella speranza di ottenere un voto. Grande rapporto. Che poteva reggere, alla meno peggio, sino a quando i "moderati" riuscivano a sopravvivere ed avevano qualcosa da perdere. Peccato che siano stati i politici dell'area moderata ad inventarsi quella roba brutta che è Equitalia, lo strumento perfetto per lasciare in pace il sistema di potere e colpire esclusivamente il mondo dei "moderati". Che, giustamente, hanno smesso di essere tali e si sono incazzati. Ovviamente gli strateghi dell'area non se ne sono accorti. Non hanno capito. Hanno continuato a rivolgersi a "moderati" che non esistevano più o che, comunque, si erano ridotti di numero in misura consistente. Mentre gli altri sceglievano l'astensione o si affidavano a Grillo. Così il "sindaco forzista più amato dagli italiani" è stato così amato da perdere la città che governava con moderazione. Mentre la Lega, scegliendo la scarsa moderazione di Salvini, ha conquistato Padova con un proprio esponente. Ed i Fardelli d'Italia hanno vinto a Potenza. Mentre i moderati perdevano a Biella e Vercelli, a Bergamo e a Prato, a Verbania e a Pescara. Conquistando pochissime città rispetto a quelle perdute. Ma l'ineffabile Quagliariello (Quagliachi?) è andato in tv spiegando che i moderati, che l'Ncd, che il centrodestra.. E basta!!

lunedì 9 giugno 2014

La guerra del Sistema Italia contro i sudditi

Ormai la guerra è in atto. Quella dichiarata dallo Stato italiano ai suoi sudditi. Da un lato loro, senza tante distinzioni di partito. Non la casta politica, come fa troppo comodo sostenere. Ma la casta nel suo complesso. Con politici, magistrati, Equitalia, vertici delle forze dell'ordine, vertici dei giornali e delle tv, imprenditori, banchieri. Dall'altra i sudditi, ossia tutti gli altri. Lo si è visto in occasione degli ultimi scandali, da Genova a Milano e a Venezia. In attesa dell'immondizia che emergerà dal pentito di camorra a Napoli. E prima ancora per la vicenda dell'Ilva di Taranto. La gente sapeva, il Sistema no. O meglio, sapeva perfettamente, ma evitava accuratamente di intervenire. Nonostante qualche tentativo di denuncia, regolarmente insabbiato, occultato, dimenticato. Esplode la vicenda Expo? Se ne parla, si titola. Poi emerge, da una intercettazione, che il "compagno G", Greganti, stava telefonando da un assessorato del Comune di Torino. E cala la cortina del silenzio. Scende l'oblio. E come avrebbe fatto, prima, il Sistema a non accorgersi dell'immondizia in Liguria? E della vicenda Mose? Tutti coinvolti, gli esponenti del Sistema. Dunque tutti zitti. Poi, però, pretendono che i sudditi non solo stiano zitti e buoni, ma che dimostrino anche di fidarsi. Magari non dei politici, ma dei magistrati, della Guardia di Finanza, degli imprenditori che così tanto lavorano per il bene del Paese. Loro, il Sistema, che si autotutela, che si autopromuove, che procede a cooptazioni. E fuori tutti gli altri. I sudditi che han visto crescere del 25% il costo della sanità e che, di conseguenza, han dovuto ridurre le cure mediche. I sudditi che han dovuto peggiorare la qualità dell'alimentazione, ammalandosi di più. Che han rinunciato a cercare un lavoro per non appesantire i dati ufficiali, ma a fronte di 3,5 milioni di persone che cercano un'occupazione, ce ne sono altrettante senza lavoro e senza speranza. E per tutti loro cosa prepara il buon governo? Ma la stangata della Tasi, ovviamente. Mentre "ditino Fassino" non spiega dove fosse il Compagno G ma, in cambio, si allea con Equitalia per stanare i sudditi criminali che non han pagato la bolletta sulla spazzatura, sempre più cara nonostante la raccolta differenziata. Ma i sudditi son felici così, votano per il carnefice perché troppo vigliacchi per scelte alternative.

giovedì 5 giugno 2014

Disoccupazione record? Ridi, sei sul Renzi show

Ottavi nella classifica mondiale per la produzione industriale. Anno dopo anno, l'Italia dei tecnici e dei burattinai precipita sempre più in basso nelle classifiche. Continuiamo a crescere per la corruzione, ma non basta a creare lavoro. Dal 2001 si sono perse 120mila fabbriche, dal 2008 la produzione industriale è crollata del 25%, la disoccupazione ha stabilito nuovi record, quella giovanile meglio non calcolarla più. E che fa il burattino? Decide che bisogna andare avanti con altri tagli. Licenziamenti o scivoli verso una pensione da fame. Nel pubblico come nel privato. Poi il burattino, quando si incontra con gli imprenditori che lo sostengono, si stupisce per il calo dei consumi. Per lui, per loro, basta farsi una bella risata e torna l'ottimismo tra gli esodati, tra i pensionati alla fame, tra i lavoratori che non sanno se conserveranno il lavoro ed a quali condizioni. Crollano i turisti nel ponte del 2 giugno, dopo il bonus degli 80 euro? Colpa del maltempo. Cala il mercato dell'auto? Colpa delle elezioni. Aumentano i disoccupati? Colpa dei lavoratori che hanno la pretesa di ricevere un salario. Ed i burattinai hanno già deciso cosa fare per far ripartire l'ottimismo, la fiducia e, dunque, l'economia: il Pil verrà calcolato inserendo lo spaccio di droga, la prostituzione, il caporalato e le tangenti. Come si calcola il tutto, dal momento che Equitalia, in quei settori, non opera? Ma a spanne, ovviamente. Incoraggiando i giovani disoccupati a seguire l'esempio dei tangentati veneti, dei camorristi napoletani, della 'ndrangheta calabrese, della sacra corona unita pugliese, della mafia siciliana. Lì sì che c'è da lavorare. E senza ritrovarsi con le cartelle di Equitalia. Tutto in nero, tutto guadagno puro. Il Pil cresce ed il burattino fa bella figura. Mentre la nuova economia italiana, basata sulla criminalità lasciata libera di operare, può creare nuova ricchezza e generare una ripresa dei consumi. Ed allora cosa c'è di meglio che favorire nuova immigrazione irregolare? Chi è clandestino è più difficile da individuare, da controllare. Liberi di intraprendere. Possono pure costruire nuove fabbriche senza farle comparire. Nessuno li disturberà ed il Pil potrà crescere. E con una tangente ad un esponente del Pd ed una al rappresentante di Fi, la tranquillità è garantita. Si possono persino realizzare grandi opere, senza controlli, senza vincoli, senza opposizione. Perché centrodestra e centrosinistra non controllano la correttezza dei lavori, ma sbraitano contro chi si oppone. Altro che "sindrome Nimby", "non nel mio giardino". L'importante è che i lavori portino i soldi nelle tasche dei politici, del giardino altrui non frega niente a nessuno.

mercoledì 4 giugno 2014

Veneto indipendente? Macché: unito dal malaffare

Raffica di arresti, in Veneto, per il Mose di Venezia. Dagli esponenti del Pd della capitale della Serenissima sino a quelli del centrodestra in Regione. Passando per la richiesta di arresto all'ex presidente forzitaliota Galan. E non si può neppure parlare di giustizia ad orologeria, visto che si è attesa la fine delle elezioni. Oppure sì? Perché sono coinvolti esponenti del Pd e del centrodestra e questo avrebbe favorito Grillo. Senza dimenticare che tante inchieste sono nate tra squilli di tromba e sono finite in nulla, ma in sordina. Però il Mose ha sempre suscitato sospetti e perplessità. Sulla sua utilità, sul suo costo spropositato, sui tempi di realizzazione. Un pasticcio brutto, molto "italiano" anche nella Serenissima. Che, non a caso, si è totalmente italianizzata affidando il proprio voto al burattino nelle ultime europee. Perché un conto è sventolare, dal balcone o in piazza, il vessillo di San Marco. Un'altra cosa è il senso degli affari e la speranza malriposta nel burattino manovrato da banchieri e speculatori. La coerenza non è per tutti, e mandando in mona il proprio orgoglio ed il proprio senso di appartenenza, si vota per il partito degli affari. O del malaffare, che in Italia si assomigliano molto. D'altronde, dopo il maestro Manzi ed il suo "Non è mai troppo tardi", è proprio la delinquenza applicata agli affari ad aver unificato l'Italia. Dalla mafia siciliana alla mafia del Brenta, dalla 'ndrangheta calabrese a quella esportata sulle Alpi dove si è radicata senza troppe difficoltà. E contrariamente alle scemenze raccontate in tv e sui giornali, la criminalità organizzata rappresenta anche il massimo del politicamente corretto e dell'integrazione razziale. Criminali multietnici, come piacciono ai media di servizio. E se in qualche caso, come a Rosarno, ricorrono al massacro, non è una questione di colore di pelle, ma di intralcio all'attività criminale, al business ed al malaffare. I nostri criminali, emblema della nuova Italia, dialogano con mafiosi asiatici o sudamericani, russi o africani. Dividono il controllo delle attività illecite con prostitute nigeriane o con spacciatori albanesi. E se questo è il popolo italiano, perché mai i politici, gli amministratori, i funzionari veneti dovrebbero essere diversi? Hanno votato come gli altri italiani, si comportano come gli altri italiani. Gli indipendentisti veneti, invece di giocare con la ruspa dotata di cannoncino, dovrebbero andare per le piazze della regione a togliere le bandiere della Serenissima dalle mani di chi non merita neppure di sfiorarla. Perché il business è business, ma la dignità è tutt'altra cosa.

martedì 3 giugno 2014

Città metropolitane e Comuni uniti: la sfida dell'intelligenza

La scomparsa delle Province, sostituite da "città metropolitane" e da aggregazioni varie di Comuni, non garantirà risparmi (il personale resta in attività) ma comporterà sfide nuove. Stimolanti, se si hanno le capacità, desolanti quando le competenze non ci sono. La sfida più intrigante è quella delle città metropolitane. E' evidente che il Comune capoluogo cercherà di prevaricare in ogni modo le piccole realtà costrette alla coabitazione. Perché, ovviamente, il capoluogo avrà dalla sua la forza dei numeri e non scontenterà di certo i propri abitanti, penalizzandoli con un servizio di trasporti ridotto, per garantire il diritto allo spsostamento nei paesi più piccoli inglobati dall'area metropolitana. Lo stesso, seppure in misura minore, accadrà nelle associazioni di Comuni, anche se in questi casi sono possibili alleanze tra i più piccoli per contrastare lo strapotere della città più grande. Sino a qui sotto l'aspetto dei numeri. Che saranno determinanti sui grandi temi, dai trasporti all'urbanistica. Ma esistono altri spazi in cui l'intelligenza e la competenza possono garantire, anche ai piccoli, spazi non irrilevanti. Nell'ambito culturale, ad esempio. O in quello dell'innovazione. Dove le idee contano, a volte, più dei soldi. Anche perché si tratta di idee che attraggono investimenti. Torino, ad esempio, si troverà a fare i conti con la concorrenza di Settimo Torinese. Certo, il capoluogo può contare su un settore culturale straforaggiato e strasostenuto dai media di servizio. Ogni sputacchio controvento viene presentato dai giornalisti amici come un temporale benefico e ristoratore. Ogni porcheria emersa, viene nascosta e dimenticata. Il "Sistema Torino" si autoesalta, si autocompiace, arriva ad autocelebrarsi con due pagine di foto dedicate alla giornalista alle prese con le iniziative del Comune. In compenso le notizie dal territorio circostante vengono condensate in poche righe. Eppure il Comune confinante continua a sfornare proposte culturali di alto livello. Anche di carattere internazionale. E si candida a diventare il polo che fornirà idee culturali ed innovative alla futura città metropolitana. Idee da realizzare in totale condivisione con altri Comuni, ovviamente. Ma è questa la logica delle sfide che dovranno caratterizzare la nuova struttura amministrativa. Già, ma quanti sono i Comuni che hanno le capacità? Qui si vedranno gli effetti delle strategie ottuse dei partiti che, a livello di piccoli e medi Comuni, hanno candidato incapaci senza arte né parte. Qui si capirà quanto siano idioti i vertici di partiti che, di fronte alle continue sconfitte alle elezioni amministrative, si giustificano spiegando di essere più forti alle politiche. E' sul territorio che si consolidano i legami tra cittadino e movimenti politici. Oppure dove questi legami vengono disintegrati. E l'effetto negativo di candidature deboli emergerà con maggior forza quando gli amministratori locali del paesino piccolo dovranno confrontarsi con i colleghi dei Comuni maggiori. Verranno stritolati ed il Comune più piccolo, se non politicamente allineato, verrà penalizzato sotto agni aspetto, evidenziando l'inadeguatezza dei politici locali. Ma questo, nelle segreterie nazionali di alcuni partiti, non l'hanno ancora capito.