giovedì 30 novembre 2017

I media di servizio terrorizzati dalle destre

I media di servizio sono sempre più allarmati per la crescita dell'estrema destra. In Italia ma soprattutto in Europa. Si indignano, gli zerbinati, perché il successo aumenta nelle periferie dimenticate dal governo degli oligarchi, perché cresce il consenso nelle aree di disagio in continuo aumento. E non si indignano contro gli oligarchi che creano il disagio, la povertà, la disperazione. Ma contro chi interpreta il dolore e la rabbia degli italiani esclusi dal banchetto. Le analisi dei media, peraltro, assomigliano più alle battute di Crozza che ad una inchiesta approfondita. Si confondono i gruppi, i movimenti, le idee e le posizioni. Tutto va bene, pur di riempire il calderone delle menzogne. Se serve, si inseriscono anche Lega, Fdi, Msn. Massi', più confusione si fa e meglio è. Peccato che gli effetti siano opposti a quelli voluti. Il disgusto nei confronti della disinformazione è tale che ogni servizio giornalistico indignato crea nuovi seguaci per le formazioni estreme. Coinvolgendo anche psicolabili privi di qualsiasi idea ma convinti dalla propaganda contraria spacciata per informazione giornalistica. Anche la vicenda del generale croato che si suicida con il veleno al momento della sentenza del tribunale dell'Aja che processa a senso unico, dimostra la distanza siderale tra i media di servizio e la gente normale. Quella che apprezza il coraggio del generale, al di là delle eventuali responsabilità. Quella che non crede più alla giustizia di parte e che vede la differenza tra il volto dignitoso del suicida e l'espressione imbarazzata e non proprio intelligente del giudice. Quella gente che apprezza sempre di più i leader internazionali che difendono i loro popoli, quella gente che in Italia meriterebbe qualcosa di meglio rispetto alle beghe da cortile del centro destra. L'unica speranza per i media di servizio è proprio questa: l'inadeguatezza dei leader politici che potrebbe favorire un ulteriore astensionismo invece di una risposta durissima nelle urne.

mercoledì 29 novembre 2017

Gentiloni l'africano non capisce l'Africa

Gentiloni fa il turista in Africa, puntando sulle fake news ufficiali e dunque legittime che lo trasformano in Paolo l'Africano alla conquista del continente nero. Risultati veri non ce ne sono, ma i giornali di servizio si scatenano nell'inventare inesistenti successi sul fronte del contrasto all'invasione in partenza dalla Tunisia. Ovviamente la presenza italiana in Africa non sarebbe solo giustificabile, ma decisamente doverosa. Le potenzialità del continente sono enormi. Se n'è accorta la Cina che ha avviato una penetrazione sempre più evidente in ogni Paese africano, compresi quelli più poveri, nella consapevolezza delle opportunità di sviluppo e di crescita. Peccato che in Italia prosperino gli imbecilli politicamente corretti che continuano a raccontare un'Africa affamata e disperata per giustificare l'invasione di giovani palestrati che proprio non sembrano reduci da digiuni prolungati. Ma dal momento che i politicamente corretti sono destinati a sparire dalla scena politica italiana, è arrivato il tempo di confrontarsi con l'Africa in modo intelligente e consapevole. Favorendo una crescita armonica che è ben diversa da quella, caotica e di totale sfruttamento, messa in campo da Pechino. Già adesso il continente è in grado di trasformarsi in un mercato di sbocco fondamentale per i prodotti italiani. E può esportare in Italia ed in Europa ciò che manca nel nostro continente. Minerali ma anche prodotti alimentari. Non quelli del Nord africano, in concorrenza con le produzioni del Mediterraneo europeo, ma quelle tipiche africane, non quelle imposte dalle multinazionali del cibo transgenico ed omologato. Un'agricoltura sana che permetta all'Africa di crescere in modo intelligente. L'Italia può e deve essere un partner strategico, ma certo non con un ministro degli esteri come Alfano o con ministri che rispondono agli speculatori finanziari internazionali

martedì 28 novembre 2017

Finis Italiae, dove gli sdraiati sono gli adulti

C'era una volta l'Italia. Quella che era una mera espressione geografica ma sapeva conquistare il mondo con il Rinascimento, con navigatori che magari scoprivano nuove terre sotto altre bandiere, con poeti conosciuti ovunque, con mercanti che non avevano paura di operare in Paesi nemici, con eserciti regionali in grado di sfidare immensi imperi. C'era una volta, appunto. Ora si scopre che la produzione culturale italiana non esiste praticamente più. E se esiste, non interessa a nessuno, neppure agli stessi italiani. Il soft power italiano è legato esclusivamente al passato che, comunque, riusciamo a distruggere, infastiditi da un confronto che si rivela imbarazzante con la realtà odierna. Siamo passati da Dante a Fedez, da Bernini alle archistar che incassano milioni di euro per costruire grattacieli scatoloni spacciati per immense schegge di ghiaccio. D'altronde la scuola italiana sembra predisposta per evitare ogni possibilità di sviluppo della creatività, della genialità. Troppo pericoloso, meglio appiattire tutto e tutti. In pieno accordo con le famiglie, dove l'ignoranza regna sovrana per la felicità dei politici che sarebbero in difficoltà con sudditi preparati ed in grado di smascherare le porcate dei vari governi. Una continua corsa al ribasso, con i genitori che rincorrono i figli in una gara infinita per chi riesce ad essere il peggiore. Si scopre che gli "sdraiati" non sono i figli che vivono sul divano di casa, ma i genitori che lavorano ma che psicologicamente restano sul medesimo divano. Cercando di conquistare la prole adottando i medesimi stili di vita, le scelte musicali, il rifiuto della cultura poiché troppo impegnativa. Finis Italiae, ed allora diventa persino giustificabile la sostituzione etnica ormai avviata. Di fronte a italiani nativi che costruiscono abitazioni abusive a fianco di templi greci e romani, che distruggono capolavori in nome del politicamente corretto, che lasciano crollare vestigia di un grande passato, perché indignarsi se il Paese verrà consegnato a stranieri? Che differenza c'è tra un terrorista dell'Isis che distrugge le opere di un museo ed un sindaco italiano che distrugge i resti di una villa romana per costruire un parcheggio? Senza neppure prendere in considerazione le follie iconoclaste di Boldrine e Fiano.

lunedì 27 novembre 2017

Le false notizie riservate ai giornali di servizio

Tutti scatenati contro le fake news che compaiono sui social. Giusto, perché le false notizie devono essere un'esclusiva dei grandi quotidiani e delle tv di regime. Qualcuno ricorda l'immondizia dei grandi giornali e della Rai (all'epoca non c'erano ancora le emittenti private) che negavano l'esistenza delle Brigate Rosse e che, dopo gli omicidi di Padova e di Primavalle, si inventavano falsi regolamenti di conti interni all'ambiente missino per nascondere le responsabilità del terrorismo rosso? Qualcuno ricorda le foto tagliate ad arte per trasformare il lancio di un bastoncino al proprio cane in un addestramento paramilitare con lancio di coltelli? Ma le false notizie sono una costante anche oggi. Qualche grande giornale è riuscito nell'impresa di non raccontare che lo stupratore della bambina incinta a 11 anni era una grande risorsa boldriniana in arrivo dalla Nigeria e con precedenti penali. Bisogna far passare lo Ius Soli e, dunque, questi particolari vanno omessi. Ma sono fake news anche i servizi zerbinati per inventare una ripresa drogata e che colloca l'Italia sempre in coda alle classifiche europee. Sono fake news i servizi addomesticati sull'invasione: "che problema c'è ad accogliere 60mila persone straniere in un'Italia con 60 milioni di abitanti "? Perché è falso che gli allogeni siano solo 60mila ed è falso che gli italiani siano 60 milioni dal momento che circa 6 milioni sono già allogeni. Ma il sistema Italia prosegue in questa opera di disinformazione che, per essere più efficace, deve eliminare ogni voce non allineata e coperta. Dunque bisogna definire come fake news ogni voce contrastante e poi vietarla e colpirla grazie ad una magistratura asservita. E possiamo tranquillamente scommettere che nessuno colpirà e punirà chi ha censurato la nazionalità dello stupratore di una bambina

venerdì 24 novembre 2017

La violenza dilaga grazie al legislatore

Per la testata di Ostia i magistrati si sono dovuti arrampicare sugli specchi per mandare in galera il responsabile, inventandosi accuse assurde. Ma quando la vittima non è un giornalista politicamente corretto, la violenza resta immancabilmente impunita. E, per una volta, la colpa non è dei magistrati ma dei legislatori. Aggressioni di ogni tipo sono ormai all'ordine del giorno in ogni parte d'Italia. Per mandare in carcere i violenti occorre che ci sia anche un'aggressione contro una donna o che scatti l'accusa di omofobia o di razzismo. Se un anziano viene massacrato da un delinquente non succede nulla. E si stanno moltiplicando gli episodi di automobilisti che aggrediscono chi ha osato sorpassarli, chi ha attraversato la strada, chi ha osato sfiorare l'auto del violento. E aumentano le risse davanti ai locali notturni, nei bar, in ogni luogo pubblico o privato. La certezza dell'impunita' favorisce il ricorso alla violenza per risolvere ogni questione. Minacce e botte come comportamento normale. D'altronde se è normale per il legislatore, perché non dovrebbe essere normale per il cittadino? Si è scelto di favorire il ritorno alla giungla per l'incapacità di affrontare le situazioni più difficili e ci si è ritrovati a  fare i conti con un boom di violenze in ogni parte delle città. Nella peggiore delle ipotesi scatterà una denuncia che, nella stragrande maggioranza dei casi, non avrà la benché minima conseguenza. Eppure non sarebbe difficile invertire la rotta. Basterebbe una correzione delle leggi. Ma non si vogliono aumentare i carcerati perché non si è in grado di controllare neppure le galere. E allora che i sudditi si arrangino da soli, che si scannino. Il legislatore ha ben altro a cui pensare. Ad esempio a come mandare in galera chi aggredisce un amministratore pubblico. Mica siamo tutti uguali

giovedì 23 novembre 2017

15 milioni di italiani a rischio nelle periferie

Miracoli della imminente campagna elettorale. Il governo scopre, all'improvviso, che in Italia esistono le periferie degradate. Dove vivono 15 milioni di abitanti alle prese con soprusi, illegalità, criminalità, povertà. Per affrontare l'emergenza servono 15-20 miliardi, ma il governo non si spaventa e mette in campo 500 milioni, cioè nulla. Ma l'indagine sulle periferie fa emergere anche la vergognosa tolleranza nei confronti della criminalità, soprattutto se allogena al Nord e indigena al Sud. Per contrastarla servirebbero molti meno soldi, ma una magistratura completamente diversa. Solo adesso, in vista delle elezioni, il governo si accorge che i furti commessi dai nomadi, con i conseguenti roghi tossici nei campi per recuperare il rame, non fanno bene alla salute e neppure al morale degli italiani che vivono nei dintorni. Peccato che non se ne accorgano i magistrati, i questori ed i prefetti. Forse perché non hanno scadenze elettorali. Ma da questa situazione, con un quarto degli italiani costretti a convivere con situazioni inaccettabili, è impossibile pensare ad un rilancio del Paese, allo sviluppo. Eppure solo il governo ha dovuto attendere le elezioni per comprendere la realtà. Da tempo Mariano Allocco, montanaro impegnato nella difesa delle Terre Alte, sottolineava come in montagna aumenti la povertà mentre in città dilaga la disperazione. Ed è molto peggio. Perché la disperazione è come una valanga che aumenta progressivamente di dimensioni sino a travolgere tutto e tutti. Però non si fa nulla per invertire la situazione. Anzi, di fronte alla sacrosanta protesta dei residenti, qualche magistrato si indigna, invece di tutelare gli italiani, e si lamenta della crescita della xenofobia. Indubbiamente è più comodo indignarsi piuttosto di intervenire contro furti, occupazioni abusive, devastazioni. Più comodo blaterare di piano Marshall per le periferie, sapendo che i soldi non ci sono, invece di cominciare a difendere gli italiani per dare un segnale di legalità che favorisca la ripresa.

mercoledì 22 novembre 2017

Il bugiardissimo sfida Berlu per tornare protagonista

Il bugiardissimo sfida Berlu. Pur di ritrovare i riflettori puntati su di lui, Renzi è pronto a sfidare chiunque. Ci aveva provato con Di Maio ma il pentastellato aveva fatto notare che il bugiardissimo ormai non conta più ed è insopportabile persino all'interno del Pd. Ora ci riprova con Berlu sperando che l'anziano leader di Forza Italia, per mero desiderio di protagonismo, accetti la sfida è conceda nuova visibilità al capo del giglio tragico. Se andrà male anche con Berlu, il bugiardissimo lancerà la sfida a Tavecchio, ai concorrenti del Grande Fratello (anche non Vip), a chiunque voglia confrontarsi con lui. Una figura patetica, che sopravvive soltanto grazie al servilismo dei conduttori televisivi e dei suoi amichetti collocati ai vertici di quotidiani in crisi di credibilità e di vendita. Ormai la presenza del bugiardissimo imbarazza non soltanto il suo partito, ma l'intera sinistra. Scelte sbagliate, amicizie ancora più sbagliate, nomine assurde, difesa dell'indifendibile a partire dalla squallida vicenda di Banca Etruria e di Maria Elena Boschi. Il giglio non si tocca, ma anche il suo successore Nardella alla guida di Firenze si è rivelato una iattura. Il Pd spera in un volto nuovo per tornare a far politica ed a sperare. Pronto, persino, ad affidarsi a Pisapia pur di sostituire il bugiardissimo. Ma lui non se ne vuole andare. D'altronde lo si era capito in occasione del disastro del referendum. Il bugiardissimo, dopo aver promesso di ritirarsi in caso di sconfitta, ci aveva subito ripensato ed era rimasto al suo posto, per la delusione dei suoi compagni che speravano di liberarsene. Il tracollo in Sicilia, la sconfitta al primo turno ad Ostia sono stati solo segnali di conferma di una parabola in piena fase di discesa. Può solo sperare nella mania di protagonismo di Berlu per tornare a calcare la scena in primo piano. Ma l'Italia ha già abbandonato la platea. Uno spettacolo senza pubblico.

martedì 21 novembre 2017

Trionfo Gentiloni: l'Europa scippa l'agenzia del farmaco

L'agenzia europea  del farmaco viene assegnata ad Amsterdam, con un sorteggio, ed i giornalisti di servizio spiegano che si tratta comunque di un grande successo per il governo italiano. Con la stessa procedura l'agenzia bancaria finisce a Parigi invece che a Berlino ed i medesimi quotidiani affermano che è una sconfitta per Merkel. Non esiste limite al servilismo. Soprattutto quando persino Gentiloni ammette che l'Italia paga anche il ritardo con cui è scesa in campo: un'accusa esplicita nei confronti del bugiardissimo e del governo del giglio tragico. Ma la disinformazione italiana preferisce glissare su questo particolare. In ogni caso il risultato resta questo e non è un risultato positivo. E dimostra la scarsa considerazione di cui gode il governo Gentiloni a Berlino e Madrid, le due capitali a cui il presidente del consiglio italiano si è inutilmente rivolto per ottenere appoggio nelle votazioni. Dimostra però anche la totale incapacità di decidere di questa Europa che si illude di avere un ruolo nella politica mondiale e si ritrova a sorteggiare le sedi delle varie agenzie interne poiché ogni scelta avrebbe comportato l'insoddisfazione di qualche Paese. D'altronde le reazioni del governo italiano sono la conferma che questa Europa è solo un'accozzaglia di magliari e non un'alleanza di popoli e nazioni. Perché Gentiloni si è subito affrettato a chiarire che l'Italia può ora vantare dei crediti nei confronti di Bruxelles. Insomma, l'Ue ci dovrà risarcire per questo sgarbo. Magari chiudendo gli occhi su qualche sforamento di bilancio, magari concedendo un briciolo di flessibilità in più, magari imponendo a qualche Paese di farsi carico di una decina di migranti sbarcati in Italia. Una farsa, non una trattativa politica.

lunedì 20 novembre 2017

Germania e Ostia: i nemici sono gli alleati

Fratelli coltelli. In Germania come in Italia. A Berlino l'efficientissima Germania non riesce a trovare un governo dopo le elezioni politiche. Fallita la grande coalizione, bocciata dagli elettori, tea Cdu e Spd, la Merkel si è ritrovata a tentare una coalizione "Giamaica" con gli alleati bavaresi della Csu, i liberali ed i Verdi. Tentativo fallito sia sul fronte delle politiche ambientali (benché Merkel abbia posizioni che, in Italia, la collocherebbero tra gli ambientalisti duri e puri) sia, soprattutto, sulla questione dei migranti. Estenuanti discussioni non hanno portato a nulla: quanti stranieri accogliere? E consentire i ricongiungimenti che moltiplicherebbero gli allogeni? Con i Verdi super aperturisti e la Csu per la chiusura. È evidente che le scelte di Berlino influenzeranno tutta la politica europea. Merkel deve trovare una soluzione, ma nella consapevolezza di quanto sta succedendo nei Paesi vicini, dall'Ungheria alla Polonia, dalla Repubblica Ceca alla Slovacchia, sino all'Austria. Visegrad si sta ampliando, facendo crescere la rabbia dei giornalisti di servizio italiani che pretenderebbero un'Europa agli ordini delle redazioni del nostro Paese. Ma se in Germania le alleanze non funzionano, in Italia non va meglio. A sinistra Bersani alza un muro di dignità contro l'ipotesi di accordi elettorali con il Pd  nonostante il comportamento molto meno dignitoso di Pisapia. A destra, con urne deserte, Fratelli d'Italia perde il ballottaggio di Ostia grazie, anche, alla campagna di disinformazione che ha visto nel Tg5 e in Canale 5 nel suo complesso uno dei maggiori protagonisti. Berlu ha scatenato la sua ammiraglia contro gli alleati, anche per rimarcare la sua leadership sull'intera area. D'altronde ad Arcore hanno deciso che la spartizione dei collegi elettorali verrà decisa sulla base dei sondaggi. Dunque è fondamentale penalizzare gli alleati per garantire più posti al circo arcoriano. Ma non arrivano proteste da Salvini e tantomeno dalla sorella d'Italia Meloni che sarà la più penalizzata.

venerdì 17 novembre 2017

Mps e Carige, fallisce lo Stato banchiere

Nuovi guai per lo Stato banchiere. Carige, la cassa genovese, è sull'orlo del baratro e Montepaschi è riuscita nell'impresa di perdere il 30% del valore nell'arco di pochi giorni. Peccato che la banca della sinistra italiana sia stata salvata con i soldi pubblici e che il crollo di questi giorni sia a carico di tutti i sudditi. Il bugiardissimo, però, fa finta di nulla. Il suo treno dei desideri, dei fallimenti e delle promesse mancate evita la stazione di Siena ed è meglio che stia lontano anche da Genova. Per sua fortuna i titoli di apertura dei giornali di servizio sono dedicati a Totò Riina o a Tavecchio, le immancabili armi di distrazione di massa. Perché mai occuparsi del fallimento delle iniziative di salvataggio delle banche? Perché mai occuparsi di quanto ci costeranno questi fallimenti a ripetizione? Meglio i soliti servizi zerbinati sulla grande ripresa dell'economia italiana, fingendo di ignorare che restiamo al fondo delle classifiche europee. Meglio non informare i sudditi che la ripresa, in Europa e soprattutto in Italia, è legata alla droga di liquidità immessa da Draghi e destinata a ridursi drasticamente in tempi brevi. Meglio non sentire, non vedere e non raccontare. Informazione all'italiana. D'altronde se si dovesse cominciare a raccontare anche questi particolari, i media di servizio dovrebbero magari chiedere ai leader politici come pensano di conciliare le loro promesse elettorali con i vincoli che sempre loro hanno concordato con l'Europa. Ma dovrebbero anche sottolineare come il governo stia utilizzando i dati sul Pil per convincere imprenditori stranieri a venire in Italia a fare shopping. Perché è chiaro per tutti che quando si parla di investimenti esteri non ci si riferisce a nuove iniziative ma a semplici acquisizioni di imprese italiane malgestite. Un Paese in svendita, prezzi di saldo, accorrete numerosi. E non vi offriamo soltanto le aziende del Made in Italy ma vi aggiungiamo anche manodopera sottopagata e sgravi di ogni tipo. Libertà di inquinare e di non rispettare le regole, tanto prima che qualcuno chieda il conto, avrete già chiuso tutto e vi godrete i soldi su qualche isola poco affollata. L'importante, per i lattai di turno trasformati in ministri economici, è poter andare in tv a raccontare che l'Italia è nuovamente un Paese che attrae investimenti. Con miliardi di nuovi posti di lavoro. Come ben sanno i giovani sardi, con una disoccupazione al di sopra del 50%. Ma il lattaio Padoan forse non sa neppure dove sia, la Sardegna

giovedì 16 novembre 2017

Televisori da rottamare: altri 15 miliardi di spesa per gli italiani

Una stangata al giorno leva il Pil di torno. Così, nell'arco di 4-5 anni, tutti i televisori dovranno essere rottamati ed i sudditi italiani dovranno sborsare almeno una quindicina di miliardi di euro. Lo ha spiegato ad Electoradio Walter Pancini, per oltre 30 anni il "signor Auditel". Nelle pieghe della finanziaria figura, infatti, anche il nuovo cambiamento delle trasmissioni televisive. Un cambiamento che, come in occasione del passaggio al digitale terrestre, renderà del tutto inutilizzabili gli attuali apparecchi. Che dovranno essere rottamati, e non è chiaro chi si dovrà sobbarcare i costi di smaltimento. In alcuni casi si potrà utilizzare un nuovo decoder da collegare all'attuale televisore. Ma, considerando il numero di apparecchi nelle case italiane, il costo del decoder e la spesa per l'acquisto di televisori sempre più avveniristici, i 15 miliardi di esborso potrebbero essere pochi. Una meraviglia per gli anziani che raccimolano il cibo alla fine dei mercati rionali, cercando tra i rifiuti, e che hanno nella tv l'unica compagnia. In teoria sono previsti aiuti, ma siamo ormai abituati ad aiuti che prevedono iter burocratici tali da impedire agli anziani di utilizzarli. In compenso, però, una simile spesa, di fatto obbligatoria, farà salire il Pil ed il governo potrà vantarsi della ripresa. I contenuti televisivi, però, restano un altro problema. Perché la nuova rivoluzione tecnologica agevolerà la visione di programmi sullo smartphone, sul tablet, sul pc. Ma cosa si vedrà? La risposta è semplice: quello che il potere deciderà di farci vedere e sapere. Inevitabile? Per nulla. Le tecnologie renderebbero più facili le realizzazioni di programmi alternativi, con contenuti nuovi, politicamente scorretti. Ed a costi meno inaccessibili. Quella che manca è la capacità di realizzarli, o la volontà. In compenso abbondano gli alibi. Lo si è visto con il passaggio al digitale terrestre. Una miriade di emittenti private con più canali per ciascuna di loro. E la stessa vendita di pentole su ogni canale. Ecco, quando si parla di contenuti ci si riferisce a qualcosa di molto diverso

mercoledì 15 novembre 2017

Si scopre il talento. Purché limitato al calcio

L'Italia dei commissari tecnici si confronta sulle ragioni di un disastro calcistico che non è solo calcistico. E l'aspetto più divertente riguarda le pregnanti analisi dei politicamente corretti che, all'improvviso, scoprono la meritocrazia. Ma solo nel calcio, ovviamente. Dunque, a loro avviso, il calcio italiano è in crisi perché si penalizzano i talenti, si imbrigliano i migliori, si annega tutto in una melassa di tatticismo esasperato che tende ad uniformare. In Italia, spiegano lorsignori, si vieta ad un ragazzino di tentare un colpo di tacco o una giocata geniale perché non rientra nella logica del tutti uguali e banali. Tutto vero, indubbiamente. Peccato che questi signori fulminati sulla via di Coverciano ritornino ad essere i soliti noiosi politicamente corretti quando i loro pargoli abbandonano il terreno di gioco e si trasformano in studenti. Allora i talenti possono essere mortificati, in nome del tutti uguali ed ignoranti. Allora i colpi di genio sono vietati, vietato correre con il cervello e obbligatorio procedere lentamente, al passo di chi non ci arriva o non ha voglia. Vietato essere intelligenti, vietato essere curiosi, coraggiosi, intraprendenti. Rallentate, fermatevi, tornate indietro. Perché il commissario tecnico politicamente corretto vi vuole amorfi in aula e geniali solo con un pallone tra i piedi. Non si può accettare una logica meritocratica in ogni settore, perché in tale caso non si potrebbero giustificare ministeri assegnati a Fedeli, Alfano, Poletti. Perché non si potrebbero giustificare nomine ai vertici di enti, associazioni, società di ogni genere. L'aurea mediocrità ha fatto danni colossali, anche perché era tutt'altro che aurea. Ma ora si scopre che nel calcio si può e si deve cambiare. Solo nel calcio, sia chiaro. Per questo il presidente del Coni invita i vertici del calcio a dimettersi per il fallimento. Ma lui non si è dimesso per i fallimenti degli altri sport, a partire dall'atletica.

martedì 14 novembre 2017

Se gli Usa scommettono sui 5 stelle

I grandi quotidiani italiani sono impegnati, oltre a versare calde lacrime per l'eliminazione della nazionale di calcio dai mondiali, nella demolizione di Luigi Di Maio per l'ennesima dimostrazione di scarsa conoscenza della lingua italiana, per non parlare di quella latina. Si sono dimenticati, i media di servizio, le dimostrazioni di ignoranza del ministro Fedeli ai vertici della pubblica istruzione. Si sono dimenticati del direttore di un grande quotidiano che scriveva di un paese in provincia di Ivrea, provincia che non esiste. Ma l'importante è distruggere l'immagine del pentastellato che vola negli Usa per incontrare i suoi alter ego, come dice lui, o i suoi omologhi come lo correggono gli altri. In realtà sarebbe più interessante capire cosa si diranno negli Stati Uniti, o cosa ordineranno gli americani al candidato premier dei 5 stelle. Perché è evidente che a Washington se ne fregano della demonizzazione italiana nei confronti dei grillini. Come se ne fregano a Mosca. E sanno benissimo, a Mosca ed a Washington, che un eventuale ministro impreparato espresso dai 5 stelle non sarà peggio di Fedeli, di Poletti, di Brambilla o di Gelmini. Anche se il problema principale di questo Paese pare sia l'inadeguatezza di Ventura, i livelli di inadeguatezza espressi dal Pd o dal centro destra dovrebbero preoccupare un po' di più. Non c'è dubbio che Raggi sia un pessimo sindaco, ma Sala è forse meglio? E Pisapia che si candida a un ruolo nazionale dovrebbe preoccupare più di Appendino che ne sbaglia una dopo l'altra a Torino. Quindi è inevitabile che russi e americani vogliano incontrare i rappresentanti del primo partito italiano, anche se ha poche chances di vincere con il nuovo sistema elettorale. Pazienza se non conosce il latino e si impappina pure con l'italiano. Qualcuno ricorda il Romolo e Remolo di Berlu, il tunnel gelminiano tra Ginevra e il Gran Sasso, l'incapacità di Prodi di indossare un casco da sci? Questo è il livello del Paese. Se gli intellettuali osannati sono quelli condannati per plagio, se gli imprenditori di successo sono quelli che distruggono imprese e licenziano migliaia di lavoratori, non si può pretendere che i politici siano migliori

lunedì 13 novembre 2017

Migranti per guerre? No, per Wi-Fi

Questa volta arriva il giro di vite. Persino il governo e la maggioranza che lo sostiene si sono resi conto che non è più possibile tollerare l'arroganza e la violenza delle grandi risorse boldriniane. L'ultimo caso, per ora, si è verificato in Campania, in una struttura che ospitava un gruppo di risorse impegnate a pagare la pensione agli italiani. Un giovane, in arrivo da un Paese dove non ci sono guerre e neppure carestie, ha iniziato a distruggere la struttura di accoglienza. Perché? Per protestare contro le inumane condizioni di vita. La cooperativa che si occupa dell'accoglienza è subito intervenuta (mica come succede per il disagio degli italiani che possono attendere, invano, anche alcuni anni), ma ha scoperto che la struttura era perfettamente in regola, che i pasti distribuiti quotidianamente erano di buon livello. E allora perché protestava la grande risorsa? Per la mancanza del Wi-Fi. Per questo ha distrutto la struttura. Dopo i migranti per le guerre, per la fame e per l'emergenza climatica, abbiamo da mantenere i migranti del Wi-Fi. Sono passi avanti. Questa volta, però, la grande risorsa deve aver esagerato perché gli e' stato comunicato che avrebbe dovuto andarsene. Ovviamente nessuno ha provveduto a far rispettare la decisione, in Italia le espulsioni si annunciano ma non si eseguono, così il giovane ha proseguito a far casino sino ad aggredire il titolare della struttura che gli ha sparato. Lo sparatore è in carcere, la grande risorsa in ospedale. Dove si spera che abbia il Wi-Fi a disposizione gratuitamente. Eppure, di fronte a vicende come questa, c'è ancora qualcuno che si interroga sulla crescente rabbia europea nei confronti del permissivismo italiano in materia di migranti. Una rabbia che aumenta ogni volta che Gentiloni dichiara pubblicamente che l'Italia è l'unico Paese che fa qualcosa per aiutare gli allogeni. Sì, li fa arrivare, li mantiene e spera che se ne vadano di nascosto in altri Paesi europei. Provocando buchi colossali nei nostri conti pubblici, un peggioramento del servizio sanitario nazionale, una emergenza abitativa, un incremento delle violenze e dei soprusi. La rabbia cresce, perché non si capisce il diritto a cellulari di ultima generazione, pagati dai contribuenti italiani, per chi sostiene di fuggire dalla fame. Dovrebbe essere sufficiente un pasto, ma anche su questo nascono proteste continue quando le grandi risorse pretendono menù personalizzati. Si sta esagerando, ma il governo non va oltre alla minaccia di interventi contro chi delinque. Nella realtà non si fa nulla. In attesa che il diritto al Wi-Fi venga sancito per legge.

venerdì 10 novembre 2017

Stangata da 15 miliardi. Ma dopo il voto

Mentre i media di distrazione di massa si occupano di colpi di testa, l'Unione europea prepara la stangata per colpire il prossimo governo, soprattutto se non sarà politicamente in linea con quanto auspicato da Bruxelles. Tra buchi da coprire e una possibile procedura di infrazione per eccesso di debito, si potrebbe arrivare alla richiesta di una manovra bis da 15 miliardi di euro. Ovviamente la Banda Bassotti di Bruxelles eviterà di spiegarlo in campagna elettorale e farà finta di nulla di fronte alle mance elettorali promesse dal bugiardissimo. Poi, se gli italiani non voteranno per gli amici di Juncker, i boss della UE presenteranno il conto sul tavolo del nuovo governo. Che partirà con il piede sbagliato, in modo da offrire al bugiardissimo la chance di rifarsi alle elezioni regionali e, soprattutto, alle successive europee. Sono indispensabili servitori obbedienti nel parlamento europeo, in modo da far passare tutte le misure imposte dagli euro cialtroni. Non che l'attuale opposizione italiana brilli per qualità, preparazione e coraggio, al parlamento europeo. Però è sempre meglio non correre rischi ed avere eletti allineati ai voleri del potere centrale. In tutto questo i problemi della popolazione italiana proprio non compaiono. E allora i media di servizio si scatenano sulla grande ripresa dell'economia italiana, merito delle riforme del bugiardissimo e di Gentiloni. Una ripresa che è la più bassa in Europa, ma su questo particolare si preferisce glissare. Così come si sorvola sulle prospettive di una nuova frenata dell'economia nazionale negli anni successivi, anche senza considerare la stangata preparata da Bruxelles. Meglio occuparsi dei colpi di testa.

giovedì 9 novembre 2017

Politica e burocrati contro i terremotati

"Cercheremo di fare ancora meglio". Indubbiamente, con questa dichiarazione di fronte ai terremotati del centro Italia, Gentiloni ha dimostrato di non avere il senso del ridicolo. La ricostruzione è in gravissimo ritardo, ma anche il presidente della repubblica Mattarella prosegue con parole inutili e vuote. Banalità di una politica incapace di affrontare i problemi del Paese. Ovviamente c'è sempre un colpevole, la burocrazia. Come se si trattasse di un elemento extraterrestre, un incidente casuale. Ma questa burocrazia, che è effettivamente un cancro in ogni settore, non cade dal cielo. Applica leggi e regolamenti voluti dalla politica. E serve alla politica per trasformare i cittadini in sudditi, senza diritti, senza la possibilità di difendersi dal cancro statale. E poi qualcuno riesce persino a stupirsi di fronte alla crescita della voglia di autonomia. Il governo centrale impone ai terremotati dei commissari che non sanno lavorare, che perdono tempo. Tanto a restare fuori casa sono le vittime del terremoto, non i commissari che se ne tornano a casa la sera. Ma bisogna controllare tutto, bisogna aspettare, bisogna avere pazienza. Come in un qualsiasi ufficio pubblico, come in qualsiasi rapporto con la burocrazia. Si perdono i diritti, si è alla mercé di impiegati e funzionari. Che se ne fregano dei problemi delle persone che hanno di fronte. Per loro non sono uomini e donne, solo sudditi, numeri. Obbligati a ore di coda per farli sentire inferiori già nell'attesa ed arrivare dal Dio funzionario ormai rassegnati. Ma i terremotati non possono permettersi la rassegnazione. E non possono neppure permettersi che Gentiloni scarichi le responsabilità su funzionari che lui stesso ha nominato. Ma forse non è soltanto Gentiloni a rifugiarsi dietro il paravento della burocrazia. Di fronte all'ipotesi di una candidatura del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, alla presidenza della Regione Lazio, anche l'opposizione ha dimostrato di non gradire chi cerca di superare gli ostacoli della burocrazia. Bisogna tutelare i burocrati, che sono tanti e votano. Chissenefrega di Pirozzi e dei terremotati

mercoledì 8 novembre 2017

La Cina, gigante che mangia il nano Italia

La Cina è meno vicina. Il tour asiatico di Trump appare sempre più come un tentativo di arginare Pechino attraverso il rafforzamento delle alleanze con altri Paesi del continente. Non una rottura con la Cina, perché gli Stati Uniti non potrebbero permettersela, ma una doverosa attenzione nei confronti di Pechino che si sta rafforzando come potenza globale. D'altronde Trump guida una nazione che non riesce ad andare al di là di una politica estera muscolare, scollegata dal cervello. Tutto e subito, non importa se per conquistare nuovi mercati, o conservare quelli esistenti, si affrontano spese militari superiori ai guadagni. E non importa, ovviamente, il costo in vite umane pagato dai Paesi invasi o "aiutati ad importare democrazia". Un po' di sana corruzione, poi, aiuta sempre. Sul fronte opposto Pechino che conosce meglio di Washington l'arma della corruzione e che la adopera senza difficoltà nella conquista dell'Africa. Con un minor numero di morti rispetto alle guerre americane, ma con il disastro di migrazioni indotte. Tanto il prezzo degli africani cacciati per far posto ai cinesi lo paga l'Italia. Pechino offre prestiti al Venezuela per avere una testa di ponte in America Latina, e il prestito è meno oneroso di quelle politiche statunitensi attraverso cui Washington era abituata a suscitare rivolte e colpi di Stato nell'area. Quanto all'Europa, la Cina può contare sulla fame di investimenti dei vari Paesi. L'Italia è in prima fila nella svendita di aziende di ogni settore. E non importa chi sia il compratore. Basta vedere uno straniero con i soldi in mano ed i grandi imprenditori italiani sono pronti a cedere azienda e pure i figli. Non siamo i soli, purtroppo. Ad Est Praga rappresenta un portone spalancato per l'invasione di merci e investitori cinesi. E al Nord c'è solo l'imbarazzo della scelta, tra scandinavi ed olandesi. Le merci contraffatte e gli alimenti non controllati sbarcano senza problemi nei porti del Nord per poi dirigersi anche verso l'Italia. Ora, forse, la Germania e persino Bruxelles paiono intenzionati a frenare l'espansione cinese. Ma la difesa non può funzionare se la Germania prosegue nella sua politica di far cassa senza investire negli altri Paesi europei. I nostri pessimi imprenditori vogliono vendere, e se a comprare trovano solo cinesi, indiani, americani, turchi, russi, è evidente che non possano vendere ai tedeschi o ad altri europei. Mentre l'ottusita' delle sanzioni contro la Russia ha inevitabilmente spinto Mosca ad una alleanza, di comodo e provvisoria, proprio con Pechino. Paghiamo la stupidità della Clinton e di Obama. E non siamo capaci, in Italia, a puntare con decisione su alternative a Pechino quali India e Giappone. Neppure ad approfittare delle nostre opportunità nel Mediterraneo. D'altronde, con Alfano, Padoan e Gentiloni non si può pretendere molto

martedì 7 novembre 2017

Sorpasso a destra?

La sorella d'Italia, Giorgia Meloni, esulta per i risultati della Sicilia e di Ostia. E dopo aver ironizzato sul mancato plebiscito autonomista al Nord, con il 60% di votanti in Veneto, scopre che il 36% di votanti ad Ostia va benissimo, come il 47% in Sicilia. E va benissimo, per Meloni, il poco più del 5% di voti ottenuto in Sicilia con Salvini e il 10% conquistato ad Ostia. Dove, però, ha rischiato il sorpasso a destra, considerando il 9% ottenuto dal candidato di Casa Pound sostenuto anche dai nemici di Meloni, i destri di Storace. Si apre, dunque, uno scontro per l'egemonia a destra? Indubbiamente si tratta di elezioni particolari. In Sicilia l'alleanza tra Fdi e Lega è stata penalizzata dal movimento che si rifaceva direttamente a Nello Musumeci, uomo di destra vera. Normale che il partito del candidato alla presidenza dreni i consensi all'interno della sua coalizione. Quanto a Ostia, si tratta di un territorio romano dove Fdi ha sempre ottenuto risultati consistenti e dove Cpi ha lavorato con grande impegno. Per nulla scontato che Meloni, con le sue imbarazzanti posizioni sul Settentrione, riesca a ripetere il buon risultato di Ostia al Nord del raccordo anulare. Mentre Cpi ha ottenuto consensi a macchia di leopardo in giro per l'Italia ma ha ancora difficoltà a mantenere questi livelli di consenso in tutto il Paese. Con una differenza sostanziale tra Fdi e Cpi: il partito della Meloni si presenterà all'interno di una coalizione che punta a governare, sebbene con profonde differenze interne. Mentre Cpi correrà da sola alle elezioni politiche con la possibilità di intercettare un crescente voto di protesta (magari sottraendolo ai 5stelle o recuperando l'astensionismo) ma rischiando di perdere i consensi di chi sceglierà il "voto utile". Utile a cosa non si sa, visto che  Berlu insiste sul moderatismo e glissa sul nuovo modello di Italia da proporre. Non una parola sull'abolizione delle leggi liberticide, non un'idea sul disastro dell'invasione. E il Tg5 berlusconiano che spara a zero su ogni destra. Tanto per chiarire il livello dei rapporti interni. Berlu sarebbe pronto a riprendersi persino Alfano, buttato fuori persino dal parlamento della sua Sicilia. Alfano che nessuno vuole più, perché fa perdere i suoi alleati. Ed è patetico lo scontro a sinistra tra Pd e bersaniani con il partito del bugiardissimo che accusa gli altri di aver provocato la sconfitta in Sicilia presentando il candidato Fava contro Micari imposto dal Pd. Peccato che la sinistra sia perdente anche sommando i risultati dei due candidati.

lunedì 6 novembre 2017

Urne vuote e Pd bocciato

I grandi sostenitori dell'unità degli Stati, dalla Spagna all'Italia, avevano ironizzato sulla modesta affluenza alle urne in Catalogna, dove si era andati vicini al 50%, e in Lombardia al referendum per la semplice autonomia. Senza il 50% dei votanti, spiegavano, i risultati rappresentano comunque un fallimento. E allora cosa rappresentano i dati di affluenza in Sicilia e ad Ostia? Meno del 47% nell'isola, poco più del 35% nel municipio romano. Eppure questa volta nessuno pare mettere in dubbio la validità dei risultati. Evidentemente la legittimità non dipende dall'affluenza ma dalla faziosità. Quanto ai risultati, la crisi del Pd appare in tutta la sua evidenza. Inevitabile in Sicilia, dopo il disastro di Crocetta. E il testa a testa tra Musumeci ed i 5 stelle dimostra che il fascino del bugiardissimo non ha superato lo Stretto. Anzi, la decisione di allearsi con il movimentino di Alfano ha dato il colpo di grazia alla credibilità del Pd. Poteva, però, essere un problema solo siciliano. Invece no. Anche ad Ostia il Pd esce sconfitto dalle urne. Nessun ballottaggio per il partito del bugiardissimo e di Gentiloni. La vittoria, al secondo turno, se la giocheranno il centro destra ed i 5 stelle. Strano, i media di servizio avevano spiegato che il disastro del sindaco Raggi avrebbe provocato il crollo dei grillini proprio come si è verificato in Sicilia per il Pd con Crocetta. Invece no. I 5 stelle mantengono le posizioni. E ad Ostia si registra anche il successo di Cpi, con quasi il 10% dei consensi. Non bastano, però, due indizi per fare una prova della crisi del Pd. Che procede senza tentennamenti verso l'approvazione dello Ius Soli mentre gli interventi di Minniti per frenare l'invasione sono terminati e gli sbarchi sono ripresi con il sostegno dei giornalisti di servizio a partire dalla tv berlusconiana. Ostia e la Sicilia dimostrano, però, che chi sceglie di andare a votare se ne frega del condizionamento dei media. E chi non vota, dalla Lombardia alla Sicilia, da Ostia alla Catalogna, ha sempre e comunque torto

venerdì 3 novembre 2017

Raggi cosmici contro il pensiero unico obbligatorio in Storia

Arrivano i raggi cosmici per svelare i misteri delle piramidi egizie. L'archeologia cambia e, progressivamente, emergono prove che smentiscono la ricostruzione politicamente corretta del mondo. A partire dalle stesse origini dell'uomo europeo. Ma sino a che punto potrà spingersi questo revisionismo applicato alla preistoria ed alla storia antica? Probabilmente ci si fermerà presto, perché il sistema di potere non vuole che sia messa in crisi la visione del mondo imposta dal pensiero unico obbligatorio (Puo). E allora si potrà accettare che le nuove tecnologie abbiano rilevato e rivelato l'esistenza di una camera segreta nella piramide di Cheope, ma già si cerca di far passare sotto silenzio i ritrovamenti che dimostrerebbero la non discendenza dell'uomo europeo da quello africano. Chissà se saranno accettate le indagini multidisciplinari con nuove apparecchiature condotte nei luoghi templari a partire da Saliceto, in Piemonte. Ma se la Storia smentisce le verità di comodo create dal politicamente corretto, non sarà il caso di cancellare la Storia? Non è, d'altronde, quello che sta avvenendo con la distruzione dei simboli fascisti, anche a costo di deturpare arte ed architettura? Non è quello che stanno facendo, all'unisono, Isis, statunitensi politicamente corretti ed i talebani in Afghanistan? Iconoclasti nel nome della menzogna che diventa verità obbligatoria. Il Puo, appunto. E di fronte ad un libro, scritto dal figlio di una vittima, che dimostra la falsità dei numeri di alcuni massacri mistificati, non poteva mancare l'intervento rabbioso del sostenitore del Puo che ha spiegato come le cifre ed i dati non siano importanti perché ciò che conta davvero è la narrazione e la sua utilità per gli scopi del politicamente corretto. Dunque la camera segreta della piramide può aspettare per essere raggiunta. Prima occorre capire se può creare problemi per la vulgata ufficiale. Poi si vedrà. E se le analisi di Saliceto dovessero rivelarsi scomode, può sempre partire l'accusa di concorrenza a Voyager. Non si deve disturbare il Puo sulla Storia

giovedì 2 novembre 2017

Il terrorismo è un problema politico

"Non deve politicizzare la tragedia". Bill de Blasio, sindaco di New York, ha intimato al presidente Trump di non approfittare della nuova strage compiuta da un terrorista islamico. Peccato, per l'italo americano, che questa sia una tragedia politica. Non è un fulmine che si è abbattuto su un gruppo di persone. Non è una esplosione improvvisa  di un vulcano. È un attentato politico, compiuto da un uzbeko che aveva la carta verde grazie agli errori dei sostenitori del politicamente corretto. Non un clandestino, ma un immigrato in regola. D'altronde anche in Francia i terroristi erano quasi sempre figli o nipoti di immigrati, con regolare cittadinanza francese. Meraviglie dello Ius Soli. La fine dell'Isis non metterà fine agli attentati. Anzi, rabbia e frustrazione aumenteranno, facendo crescere i rischi di azioni isolate e, dunque, sempre meno contrastabili dalle azioni dell'intelligence. E solo qualche personaggio di scarsa cultura geopolitica ma con immagine sopravvalutata dai media di servizio può collegare il terrorista uzbeko alle strategie di Putin, nella convinzione che aver fatto parte dell'impero sovietico renda tutti uomini agli ordini del Cremlino. La prossima volta il genio della geopolitica politicamente corretta spiegherà che le stragi in Somalia sono responsabilità di Alfano perché il Paese africano ha fatto parte dell'impero italiano o che le proteste in Venezuela sono organizzate da Madrid perché un tempo sull'impero spagnolo non tramontava mai il sole. Ma al di là delle pagliacciate delle tv di servizio, resta il problema di come affrontare i lupi solitari. Aver favorito la creazione del mare di allogeni in cui possono nuotare liberamente i terroristi non è solo un errore, ma un crimine. E procedere con lo Ius Soli rappresenta un crimine ancora maggiore, come si è visto in Francia e in Inghilterra. L'impossibilità di espellere chi è diventato cittadino anche se pregiudicato, non aiuta certamente la lotta contro chi inizia la strada verso il terrorismo. Se poi si aggiunge il lassismo a senso unico della magistratura nei confronti dei crimini degli allogeni, il quadro diventa sempre più fosco. È un problema politico, checche' ne pensi De Blasio.