lunedì 30 aprile 2018

Dopo il voto in Friuli, Mattarella continuerà a non vedere?

Dopo aver ignorato il voto in Molise e, in contrapposizione alle scelte degli elettori, aver cercato di favorire la nascita di un governo 5 Stelle-Pd, ora Mattarella se ne fregherà anche del clamoroso risultato in Friuli Venezia Giulia. D’altronde lui risponde ad altri,  non certo agli italiani. Ma se il presidente ignora il risultato, forse è il caso che prestino un po’ di attenzione i vari partiti. L’Oscar per  la dichiarazione post elettorale più assurda va sicuramente assegnato al candidato Pd della coalizione del centro sinistra. Dopo 5 anni di governo Pd con la pessima Serracchiani, di fronte a un Pd ridotto al 18% e con il centrodestra che sfiora il 60%, il poveruomo sostiene di passare al leghista Fedriga una regione in salute, governata bene. Così bene da spazzar via chi l’ha gestita. Ma dovranno porsi qualche domanda, magari trovando anche una risposta, i 5 Stelle che crollano al 7% e con un candidato che arriva al 12%. Colpa dell’ennesima scelta sbagliata del candidato (ci sarà un responsabile, visto che il problema si ripete?) o colpa della scellerata gestione Di Maio-Fico delle trattative per il governo? Qualche domanda dovrebbe farsela anche il centro destra,  ma le prime risposte non denotano proprio una grande analisi. I giornali anti salviniani, cioè praticamente tutti, mettono in risalto la tenuta di Forza Italia. Che, in realtà, ha preso un terzo dei voti della Lega e addirittura poco più di un quarto se si aggiunge alla Lega anche il risultato della lista del leghista Fedriga. Una risposta chiara ed evidente a chi, tra la banda di dog sitter di Dudu, sproloquiava sul voto centrista, benedetto da Bruxelles, contro i populisti. Invece i populisti hanno trionfato evidenziando la marginalità del partito Mediaset e dei dog sitter. Infine la Meloni non può vantare più di tanto un risultato che continua a confermare il suo ruolo da ultima ruota del carro. Lei è a capo di un partito teoricamente nazionale mentre  Salvini sta trasformando un movimento che era solo nordista. Eppure la Lega vola e Fdi no. Se Meloni dovesse farsi qualche domanda, si spera che non sia La Russa a rispondere.

sabato 28 aprile 2018

La Stampa dà i numeri contro la Lega

Qual è la differenza tra il 17,37% e il 19,5%? Per La Stampa, sempre più La Busiarda, dipende. Se l’incremento è quello della Lega nei sondaggi dell’Istituto Piepoli, allora la crescita è dell’1,2%, un progresso “percettibile”, secondo il quotidiano torinese. Così si può tranquillamente titolare sul grande rafforzamento dei 5 Stelle che crescono dell’1,3%. Se si fosse ammesso che l’incremento della Lega è del 2,2% si sarebbe dovuto titolare su Salvini. Dunque meglio far finta di non saper fare addizioni e sottrazioni e penalizzare gli avversari. Sì, avversari, perché nessuno crede più a giornali imparziali che si limitano ad informare. Comunque, al di là delle falsità della Stampa, i sondaggi di Piepoli sono interessanti perché indicano una tendenza alla polarizzazione, con il Movimento 5 Stelle  che salirebbe dal 32,66 al 34% e il centro destra che raggiungerebbe il 38% con la Lega ormai vicina al 20%, Forza Italia stabile al 14 e Fratelli d’Italia in flessione di quasi un punto rispetto al 4,5% del 4 marzo. E Noi con l’Italia in ulteriore discesa all’1%. Ma andrebbe ancora peggio al centro sinistra, sulla base di questi sondaggi (non è obbligatorio fidarsi, ovviamente). il Pd scenderebbe dal 18,7 al 17,5% e resterebbero irrilevanti le altre formazioni di appoggio, dalla Lorenzin alla Bonino. Per un totale del 20,5% a fronte del 22,8% di marzo. In pesante calo anche LeU, accreditato del 2% rispetto al  3,38% di marzo. Un quadro che chiarisce il successo politico e mediatico di Martina e che non offre molti appigli a Mattarella per insistere con l’alleanza tra 5 Stelle e Pd. Ovviamente sono solo sondaggi, ma se anche fossero voti veri non cambierebbe molto. I segnali ci sono per chi vuole vederli. Dunque non Mattarella e neanche Martina. Li vede Salvini, li vede Di Maio e li vede pure il bugiardissimo che si gode l’insuccesso di chi lo ha emarginato. Li vedono Boldrine e Grasso, impegnati a cercare di farsi imbarcare in un prossimo governo per non sparire del tutto. Non li vede invece Meloni che non fa nulla per uscire dalla sua marginalità, dal suo angolino privo di riflettori. D’altronde non è molto portata per le riflessioni.

giovedì 26 aprile 2018

Fico o i tecnici? Il disastro annunciato

Finita l’orgia dei festeggiamenti per la sconfitta contro Pirro (o erano per le guerre Puniche?), oggi si saprà se il tentativo di formare un governo 5 Stelle- Pd può proseguire, mettendo da parte il bugiardissimo e il giglio tragico, oppure se la palla tornerà a Mattarella. Che, anche in questa circostanza, ha ampiamente dimostrato di non essere super partes, d’altronde solo le anime belle credono ancora all’imparzialità del Colle. In Italia gli arbitri sono malati di sudditanza psicologica e il Quirinale non fa eccezione. Se poi la coalizione di centro destra, per accontentare il bollito di Arcore e il gruppo Dudu, fa di tutto per non andare al governo, è evidente che Mattarella si ritrova con tutti gli alibi a disposizione per fare ciò che gli pare. E se il tentativo di Fico non andrà a buon fine, c’è sempre la minaccia di un governo del presidente, affidato ai tecnici imposti dalla Troika e sostenuto da Berlu, dal Pd, da tutti quelli che si sentono “responsabili” o che, semplicemente, vogliono rimanere in Parlamento per tutta la legislatura. In tutto questo rabel manca un protagonista: il popolo italiano. Che viene chiamato al voto per poi essere ignorato ad urne chiuse. Un governo del presidente significherebbe stangate a raffica per accontentare Bruxelles e il Fondo monetario internazionale. Hanno già chiesto nuove tasse, una patrimoniale, una riduzione delle pensioni. Per il nostro bene, sia chiaro. Mentre un governo 5 Stelle-Pd vorrebbe dire porte spalancate all’invasione e nuove stangate per mantenere le grandi risorse. Non a caso sono ripresi, indisturbati, gli sbarchi di clandestini. Eppure il “duro” Minniti è ancora in carica come ministro dell’Interno. Prospettive allarmanti per le quali si può ringraziare Berlu, Dudu, Gianni Letta e Confalonieri. Ma loro si salveranno mentre gli altri italiani si arrangeranno

venerdì 20 aprile 2018

Sorpassati anche dalla Spagna: Italia allo sfascio

Arriba Espana! Il Fmi sancisce che il Pil pro capite iberico ha superato quello italiano. Dunque siamo individualmente più poveri degli spagnoli nonostante loro siano alle prese con la drammatica crisi della Catalogna. Ma il ministro scadente Padoan dice che va bene così, che siamo sulla strada giusta. Una strada che ci porterà magari a farci sorpassare pure dalla Grecia e, a quel punto, il Padoan di turno potrà stappare la bottiglia di Champagne inviata in omaggio dal Fmi per premiare il massacro degli italiani. D’altronde le richieste degli organismi internazionali vanno in direzione di nuove tasse per impoverire ulteriormente i sudditi della Penisola. E se dovesse arrivare un governo tecnico alla guida del Paese, le misure chieste dall’Europa e dagli organismi al soldo degli speculatori sarebbero immediatamente imposte agli italiani. Nella certezza che questa Italia allo sfascio non farebbe nulla per ribellarsi. Un Paese che è perfettamente rappresentato dai teppistelli che si immortalano mentre insultano e minacciano i loro professori. Ragazzotti maleducati perché figli di famiglie che non hanno saputo educarli. Perché cresciuti in scuole dove l’autorità è un tabù. Se il prof deriso e minacciato avesse reagito con un sacrosanto ceffone, sarebbero scattate misure disciplinari nei suoi confronti, denunce penali, servizi giornalistici indignati con interviste a famiglie inferocite. E questa Italia si meraviglia se viene sorpassata pure dalla Spagna? Non è il Paese iberico a volare, è l’Italia a precipitare. E senza paracadute

giovedì 19 aprile 2018

Morti per amianto? Tutti suicidi

I morti per amianto? Tutti suicidi. È la conseguenza delle ormai abituali sentenze della sedicente giustizia italiana. Qualcuno credeva davvero che Carlo De Benedetti sarebbe finito in galera per i morti da amianto all’Olivetti? O che, almeno, avrebbe dovuto pagare per le vittime? Macché. I magistrati non sono come qualche arbitro. Non sono insensibili, sanno benissimo chi hanno di fronte, non hanno un bidone della spazzatura al posto del cuore. I morti sul lavoro, o in conseguenza del lavoro, rappresentano solo trascurabili effetti collaterali. Ciò che conta davvero è il profitto, dunque i lavoratori possono anche crepare senza neppure sperare di avere giustizia. I lavoratori si possono sostituire, ci sono tanti disoccupati con cui rimpiazzarli. Gli azionisti, invece, vanno tutelati. E poi gli azionisti hanno soldi a sufficienza per curarsi in strutture private, i lavoratori sono un costo a carico della sanità pubblica. Dunque se muoiono rapidamente è un sollievo per le casse pubbliche. Se poi arriva una meravigliosa sentenza che stabilisce la mancanza di un nesso tra amianto e decesso, a festeggiare sono in tanti per gli enormi risparmi che ne derivano. Nessuno, in realtà, si era illuso su una conclusione diversa di questo come di altri processi. Bisognerebbe aver fiducia in questa giustizia, ma occorrerebbe essere ciechi e sordi. Ma ciò che davvero indigna è che poi lorsignori si permettono anche di discettare sulla sicurezza dei posti di lavoro, possono andare in tv a fingere dolore per le morti bianche. Chiacchiere come se piovesse. Poi, però, nei processi prevale la sensibilità dei magistrati. A senso unico, come nel calcio.

martedì 17 aprile 2018

Kyenge vittima di razzismo. Contrordine, figura di merda

Qualcuno si ricordava ancora del non rimpianto ministro Kyenge? Quasi nessuno. Ma l’europarlamentare del Pd è tornata prepotentemente alla ribalta con una patetica intervista a La Stampa dopo un misterioso imbrattamento della sua abitazione in Emilia. Qualcuno aveva sporcato con escrementi di cane. E allora via all’intervista in cui l’ex ministro si lamenta del razzismo nei suoi confronti, della violenza, dell’odio. Un’odio motivato dall’invidia nei suoi confronti perché lei è una migrante che ha avuto successo. Inevitabile, quindi, che questi sfigati di italiani siano non solo invidiosi ma pure arrabbiati e arrivino a questi gesti di disprezzo. Ovviamente sfugge, a Kyenge e a chi l’ha intervistata, che sono decine e decine di migliaia gli stranieri che hanno avuto successo in Italia. Di ogni colore, in arrivo da ogni parte del mondo. E hanno vite normali con amici italiani mentre gli italiani che li circondano senza essere amici non imbrattano le loro case. Ci sono anche politici di successo, come il senatore di origine africana eletto nelle file della Lega. Niente invidia, nessun imbrattamento. E allora forse non sarà un problema di razzismo o di invidia, ma semplicemente di profonda antipatia individuale suscitata da Kyenge con il suo atteggiamento, con i suoi continui moniti contro gli italiani che l’hanno accolta. Però è difficile giustificare mezza pagina di intervista per un gesto dettato dall’antipatia. Meglio buttarla sull’atto razzista, che funziona sempre. Poi, però, arriva una nuova intervista pubblicata da un giornale locale. Che ospita le dichiarazioni di un presunto vicino di casa di Kyenge. Costui spiega di avere imbrattato la casa dell’ex ministro perché il compagno della Kyenge uscirebbe di casa con un grande cane e si dimenticherebbe immancabilmente di raccogliere la montagna di escrementi prodotta dall’animale. Dunque nessun razzismo, nessuna invidia. E come si fa, allora? Era così bello e comodo buttarla sul razzismo. Il prossimo passo sarà una intervista al cane che si sente discriminato e invidiato per le sue dimensioni. Resta, comunque, la figura di merda, a prescindere dai veri responsabili. Perché l’antipatia prescinde dal colore e dal successo personale. E se Kyenge non è stata un grande ministro, sul fronte dell’antipatia è stata sicuramente da podio.

lunedì 16 aprile 2018

Se un generale italiano accusa i ribelli siriani per i gas..

Leonardo Tricarico, generale già capo di stato maggiore dell’aeronautica militare, imbarazza i media di servizio. Anzi, li imbarazzerebbe se gli dedicassero un po’ di spazio. Invece, dopo una infelice comparsata in una trasmissione de La 7, Tricarico è tornato nell’ombra. Ma perché infelice comparsata? Perché il generale ha detto ciò che tutti sanno benissimo a proposito della Siria ma che i media di servizio evitano accuratamente di raccontare. E cioè che Assad non ha mai, ma proprio mai utilizzato i gas o fatto ricorso ad armi chimiche di qualsiasi natura. Il generale ha infatti chiarito che ogni volta si è trattato di fake news create appositamente dai ribelli quando erano sul punto di essere sconfitti. Con l’obiettivo, raggiunto, di far intervenire forze esterne per colpire Assad. E per raggiungere questo obiettivo non si sono fatti scrupolo di ammazzare un po’ di civili, bambini compresi, per impietosire quella parte di opinione pubblica che combatte il terrorismo interno con i gessetti colorati ma poi sogna che gli americani sgancino una bomba atomica su quelli che lottano davvero contro i terroristi. Accuse gravissime, quelle del generale dell’aeronautica italiana. Ed anche documentate. Dunque da censurare, da ignorare, da dimenticare. Mentre bisogna esaltare la farsa dei fallimentari bombardamenti missilistici contro depositi siriani di inesistenti armi chimiche. Non si sono viste nuvole tossiche alzarsi dalle macerie dopo i bombardamenti e allora i media di servizio si sono inventati un trasferimento delle armi dopo che gli Usa avevano fornito indicazioni sugli obiettivi da colpire. Quindi, secondo le ricostruzioni per lettori o telespettatori idioti, Trump avrebbe spedito le navi insieme a Francia e Inghioterra per NON colpire le armi di Assad. D’accordo che il QI di Trump, May e Macron possa non essere elevatissimo ma da qui a spacciarli per completi deficienti ce ne corre.

venerdì 13 aprile 2018

La vendetta di Berlu contro gli italiani

Un nonno fastidioso, pesante, che riesce solo ad essere d’impiccio al resto della famiglia. La sceneggiata di Berlu dopo le consultazioni non è stata solo patetica ma è sembrata una sorta di vendetta da parte di chi è stato messo da parte e non sopporta di non essere più il numero 1. Vendetta contro Salvini che, senza tv e giornali, ha preso più voti di lui. Vendetta contro gli italiani che hanno condannato Forza Italia ad un ruolo marginale.  Non ha più nulla da dire, Berlu, ma lo dice lo stesso. Deve tutelare la sua corte sempre più ristretta e, per questo, sempre più aggrappata ad ogni parvenza di potere. In questo scenario è evidente che a Berlu e al cerchio tragico se ne fregano della formazione di un governo, del futuro dell’Italia. Muoia Sansone con tutti i filistei. Perché deve sopravvivere il centro destra se non può sopravvivere il potere di Berlu, Dudu e la banda Mediaset? Quella banda Mediaset che ha appena eliminato dal video i personaggi scomodi e accusati di intelligenza con il nemico. Con il Pd? No, per il bollito di Arcore il nemico vero è Salvini. Dunque via Belpietro, Del Debbio, Giordano. E spazio illimitato per un Tg5 che ignora Fdi e non perde occasione per attaccare la Lega. Al di là della sceneggiata al Quirinale, Berlu sta facendo di tutto per impedire che nasca un governo senza di lui. Senza di lui, non senza Forza Italia. Perché le trattative tra Lega e 5 Stelle hanno portato alla presidenza del Senato una forzista, a dimostrazione che il problema è solo il bollito di Arcore, non i partiti che appoggiano Salvini. Al signor Dudu però tutto questo non interessa. Non vuole essere il padre nobile, preferisce essere il nonno ignobile che impedisce di governare, che minaccia di far saltare le giunte regionali. Non ha più la capacità di guidare il Paese e allora vuole impedire che altri lo facciano. A questo punto Lega e Fdi devono decidere cosa fare. Se lasciarsi condizionare e paralizzare da Berlu o se scavalcarlo e trattare direttamente con quelli che rappresentano il futuro di Forza Italia, a partire da Toti.  Se una trattativa ci deve essere, deve iniziare all’interno del centro destra, prima ancora del confronto con i 5 Stelle. E a Berlu non deve essere più concesso nulla sino a quando non dimostrerà correttezza cambiando completamente la squadra del Tg5.

giovedì 12 aprile 2018

Gentiloni vuol portare in guerra l’Italia che pensa ai rigori

E l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar.. Rispetto alla descrizione di Giorgio Gaber qualcosa è cambiato. Si sono svuotati i bar come luogo di confronto, si gioca di meno alle carte tradizionali e di più ai poker virtuali americani ma di calcio si continua a parlare, soprattutto sui social. Proprio mentre un cowboy ottuso è pronto a scatenare la guerra mondiale per nascondere le malefatte sue e dei suoi amichetti internazionali. Ma che importanza possono avere i missili che si stanno ammassando nel Mediterraneo a fronte delle patetiche giustificazioni di un ex arbitro non rimpianto a proposito di un rigore? Il grande dubbio non riguarda l’eventuale utilizzo di ordigni nucleari di fronte alle nostre coste, ma la possibilità che, in conseguenza dell’aggressione americana, possano saltare i mondiali di calcio in Russia. Per la grande soddisfazione di quelli che pensano che non ci possa essere un mondiale senza l’Italia. Magari stolti, ma meno pericolosi del pessimo Gentiloni che è pronto a far partecipare l’Italia alla guerra di aggressione contro la Siria. Perché Gentiloni, presidente del consiglio di un governo scadente e che dovrebbe limitarsi all’ordinaria amministrazione, manco sa dove sia Damasco ma è già sicuro che Assad abbia usato armi chimiche. Chissà chi gli ha fornito le prove. Forse Prodi dopo l’ennesima seduta spiritica? Saviano che ha plagiato un documento della Cia prima di coprirsi bocca e naso in una indecente iniziativa autopubblicitaria? A Gentiloni non sono bastati i disastri provocati in Libia dall’appoggio fornito dall’Italia agli Stati canaglia che hanno distrutto il Paese nordafricano. È vero che il colpevole, in quel caso, era stato il centro destra e soprattutto un ministro ora in Fratelli d’Italia, ma non è una grande giustificazione. Sarebbe invece ora di smettere di parlare di rigori ed espulsioni per affrontare invece il tema della non più tollerabile presenza di basi americane in Italia.

mercoledì 11 aprile 2018

Punire l’Ungheria per impedire il contagio della libertà

C’era una volta la “dottrina Wilson” a proposito del diritto dei popoli all’autodeterminazione. Non rispettata, ovviamente, perché le dottrine americane rispondono solo agli interessi di Washington e dei popoli se ne fregano. Però almeno esistevano delle enunciazioni di principio. Ora non più. I popoli non hanno più diritti e per i signori del mondo sono ormai composti solo da sudditi che non possono e non devono ribellarsi. Era stato inventato un giochino per trastullare i sudditi e far credere loro di essere liberi: le elezioni. Però ora stanno sfuggendo di mano. I gonzi pensano davvero di poter votare liberamente. È vero che i risultati non servono a granché perché poi arrivano le speculazioni, gli spread a giustificare interventi dall’alto, però bisogna salvare anche un po’ di forma. Non è tollerabile che il buon Soros, un filantropo secondo i media di servizio italiani, investa un sacco di soldi per finanziare le sue Ong anti governative e poi in Ungheria non solo stravince Orban, ma l’estrema destra di Jobbik prende quasi il doppio dei voti dei sinceri democratici che piacciono a Soros ed a Bruxelles. Così gli euro cialtroni sono ora obbligati ad intervenire contro i sudditi ungheresi. Bisogna punirli, bisogna impoverirli, strangolarli. Non si può permettere che votino liberamente per chi non piace a Merkel e Macron. Bisogna togliere a Budapest il diritto di voto in Unione Europea. Con quale scusa? La più incredibile: minaccia alla democrazia ed alla libertà. Dunque, poco meno dei tre quarti degli elettori magiari ha scelto di votare contro le politiche immigrazioniste della Ue, il partito che piace a Soros ha ottenuto poco più del 10%, tutti gli osservatori hanno riconosciuto che le elezioni sono state regolari, l’affluenza è cresciuta. Ma per gli euro cialtroni non va bene lo stesso. Bisogna castigare chi ha scelto di essere ungherese e non transnazionale, chi ha scelto le radici e non l’omologazione transnazionale. Bisogna colpire subito, per evitare che il contagio si diffonda. Per ora la malattia, la libertà, coinvolge l’ex impero austroungarico, ma potrebbe estendersi. Magari in Italia e poi chissà. Punirne uno per educarne 100.

lunedì 9 aprile 2018

La Siria per far dimenticare i palestinesi assassinati

I cecchini israeliani ammazzano più di 30 palestinesi armati solo di pietre e ne feriscono più di mille, donne e bambini compresi. Silenzio di tomba dei politicamente corretti. Ammazzano anche un giornalista. Silenzio assordante dei colleghi italiani impegnati ad indignarsi contro la Serbia per il fermo di un fotoreporter. Poi arriva un provvidenziale bombardamento in Siria contro una zona controllata dai terroristi e allora si indigna anche monsu Bergoglio, tuonano i tg del regime italiano, protestano gli indignati a senso unico alternato. Cosa ci poteva essere di meglio di un bombardamento con i gas (sulla base esclusiva delle dichiarazioni dei terroristi) per far dimenticare i morti in Palestina? È invece andata malissimo ai disinformatori di professione sul fronte ungherese. Quando hanno registrato un consistente aumento dell’affluenza alle urne, soprattutto a Budapest ma non nelle campagne che rappresentano il tradizionale elettorato di Orban, i media di servizio si sono precipitati ad ipotizzare una clamorosa sconfitta del leader di Fidesz. Peccato che i risultati abbiano deluso le aspettative. Orban ha conquistato il 49% ma, soprattutto, è cresciuta ulteriormente la destra estrema di Jobbik. Mentre la coalizione socialisti-verdi, il raggruppamento che tanto piace agli euro sfruttatori e ai giornalisti italiani, è ferma al 12%. Così se in precedenza poco meno dei due terzi degli ungheresi apprezzava le politiche anti immigrazione selvaggia, ora ci si avvicina ai tre quarti della popolazione. Davvero un grande risultato per la disinformazione europea. L’Ungheria se ne frega dell’aggressione mediatica e sceglie liberamente il proprio futuro. Che è un futuro europeo, indubbiamente, ma non inginocchiato davanti ad imposizioni che cercano di eliminare tradizioni, cultura, identità.

venerdì 6 aprile 2018

La giustizia italiana in guerra contro i terremotati

La pervicacia del sistema giudiziario italiano nell’accanirsi contro i più deboli per evitare di colpire i più forti è davvero impressionante. L’ultimo esempio (ultimo solo per ora, riusciranno a fare di peggio) è la guerra intrapresa contro i terremotati che, abbandonati dal governo e dallo Stato in genere, si sono costruiti delle abitazioni provvisorie dove continuare a vivere. Criminali! Le abitazioni devono essere abbattute ed i proprietari mandati a processo. Magari in ceppi, per soddisfare la sete di giustizia di chi si è lanciato in questa eroica battaglia contro l’abusivismo edilizio. Certo, magari prima di mandare a processo i terremotati che hanno realizzato le baracche dove sopravvivere, si sarebbe potuto e dovuto intervenire contro chi ha costruito ville e palazzi in riva al mare nelle località turistiche. Ma non si può certo penalizzare l’intraprendenza economica. Mentre se la legge è legge, non si può lasciar passare il vergognoso affronto di abitazioni provvisorie nelle aree terremotate. Perché di affronto si tratta. Nei confronti dello Stato e del governo. Le casette fai da te sono una sfida all’inefficienza pubblica, sono la dimostrazione che le promesse di Gentiloni e dei suoi ministri erano solo menzogne, sono la smentita agli impegni presi dai commissari straordinari. Dunque vanno abbattute ed i proprietari condannati con pene esemplari non tanto per l’abusivismo (diffuso e tollerato in quasi tutta Italia) quanto per l’offesa allo Stato. Ma se i magistrati così rigorosi vogliono davvero rispettare la legge senza guardare in faccia nessuno, possono cominciare ad occuparsi dei roghi tossici nei campi Rom, possono occuparsi del mancato rispetto dei decreti di espulsione dei clandestini che commettono reati e che vengono lasciati liberi di continuare a delinquere. Troppo difficile? Troppo faticoso? Beh, indubbiamente è più facile aggredire i terremotati

giovedì 5 aprile 2018

Salvini leale a Berlu che lo pugnala

Tutto fermo per il nuovo governo. Veti incrociati, antipatie personali, trattative sotterranee. Ma non si va avanti. Matteo Salvini si dice disponibile a fare un passo indietro per consentire la formazione di un nuovo governo, ma non tollera veti dei pentastellati nei confronti di Berlusconi. Un bel gesto, quello di Salvini. Che dimostra una lealtà totalmente sconosciuta ai vertici di Forza Italia dal momento che l’ammiraglia Mediaset, il Tg5, non perde occasione per attaccare la Lega con una non celata soddisfazione dei giornalisti che se ne occupano. Ed è inutile arrampicarsi sui vetri per sostenere che Forza Italia è una cosa e Mediaset una cosa diversa. La realtà è che sia il partito sia il gruppo editoriale rispondono a una sola persona. La linea politica di una testata giornalistica, televisiva o meno, è decisa dall’editore che sceglie il direttore e lo cambia se non rispetta la linea indicata. Dunque gli attacchi continui e ossessivi contro la Lega rispondono a una scelta editoriale che è quella della famiglia Berlusconi e dei soliti consiglieri, grandi ammiratori del bugiardissimo e favorevoli all’inciucio con il Pd. Ed è a questa gente che Salvini vuole restare fedele? Vuole rinunciare a governare senza neppure ottenere, in cambio di un gesto di simile portata, una completa  inversione di rotta nella linea editoriale delle tv del suo alleato? Una fedeltà ed una lealtà a senso unico. È vero che la vendetta si gusta fredda, è vero che difficilmente Tajani riuscirà ad evitare il tracollo di Forza Italia post Berlu ed è vero che sarà la Lega ad accogliere gli elettori fornisti sempre più delusi. Ma i tempi sono lunghi e non è per nulla sicuro che le condizioni esterne siano così favorevoli quando arriverà il momento. Dunque si può, anzi si deve, pretendere adesso la stessa lealtà anche dal partito-famiglia di Berlu. Si deve pretendere un atteggiamento meno ostile da parte del Tg5 e dei programmi di intrattenimento della rete. Perché se non si è in grado di ottenere il rispetto da parte degli alleati, è difficile credere che si sia capaci di ottenere risultati alla guida di un Paese.

mercoledì 4 aprile 2018

Il pendolo politico si muove e punisce chi è fermo

Sul quotidiano online Electomag l’ottimo Luca Lezzi descrive l’improvviso, ed inaspettato, cambiamento nelle scelte politiche degli elettori dell’America Latina, dal Messico al Venezuela passando per il Centro America. Dopo la brusca sterzata verso la destra liberista in Argentina, Brasile, Cile, il pendolo sembra essere tornato in direzione opposta, verso quello che viene definito come il socialismo nazionale latinoamericano. Nonostante scandali, tangenti, proteste. Una lezione che dovrebbe essere tenuta presente anche in Italia dove troppi si sono crogiolati pensando che il vento della storia avesse cambiato direzione e potesse soffiare a lungo a prescindere da tutto. Non è così. Un elettorato deideologizzato vota a seconda delle convenienze, dei timori, della rabbia. Ma pretende anche risultati rapidi, se non immediati. Non ci sono più i tempi lunghi. La parabola del bugiardissimo è stata velocissima, si è spento in fretta ma potrebbe persino tornare in gioco con la stessa rapidità, qualora i suoi sponsor decidessero di puntare ancora su di lui. Il voto ideologico è confinato in qualche riserva sulle ali estreme perché, ad esempio, è difficile scegliere la destra di Fratelli d’Italia con personaggi come La Russa e Santanchè o come Crosetto che nulla ha a che fare con la storia missina. Idem sul fronte opposto dove un elettore di sinistra si ritrova con LeU che si occupa di diritti civili e di migranti mentre se ne frega dei diritti sociali e dei lavoratori italiani. Dunque vincono le promesse, al di là della possibilità di trasformarle in atti concreti. Ma la delusione può essere immediata e può spostare nuovamente il pendolo. Chi vuole il reddito di cittadinanza se ne frega se a darglielo è una coalizione con all’interno Carfagna e Brunetta. È vero che Forza Italia è contraria, ma l’elettore vuole i fatti, non le esclusioni di principio. Vuole sentirsi dire che un governo non si può fare perché Berlu non cede sul reddito di cittadinanza, e non perché a Di Maio sta antipatico Berlu. Così come chi ha votato a destra per la riduzione delle tasse non è interessato ai nomi dei ministri e alla sigla del partito, perché vuole solo che finisca il massacro fiscale. Per questo servirebbero movimenti magari anche liquidi, ma con esponenti preparati, in grado di illustrare proposte convincenti e realizzabili. Perché il pendolo non si ferma mai.

martedì 3 aprile 2018

A Bardonecchia ha sbagliato il prefetto di Torino

I gendarmi francesi, intervenendo a Bardonecchia, hanno indubbiamente sbagliato. Più sul piano formale che sostanziale. Ma ha sbagliato ancora di più il prefetto di Torino che è andato nel paese valsusino a solidarizzare con una situazione di assoluta illegalità. Tanto per chiarire quanto interessino le regole al governo scadente ed ai suoi rappresentanti sul territorio. Perché a Bardonecchia non si rispettano le regole quando si obbligano i viaggiatori ad aspettare i treni al freddo perché la stazione ormai è riservata ai clandestini. Non si rispettano le regole quando i clandestini non vengono rimandati nel loro Paese di origine ma vengono aiutati e sostenuti in attesa di tentare un ingresso irregolare in Francia passando per le montagne. Il prefetto, evidentemente, finge di ignorare tutto questo, oppure bellamente se ne frega. Così come evita di intervenire a Clavière, territorio italiano, dove le grandi risorse hanno occupato abusivamente un edificio in attesa di entrare clandestinamente in Francia sempre attraverso le montagne. Ci si può stupire, allora, se i gendarmi transalpini si innervosiscono e superano il limite del buon senso nei rapporti con un’Italia simbolo del mancato rispetto delle leggi? Certo, dal punto di vista italiano l’importante è che i clandestini se ne vadano. E non importa se diretti al loro Paese o verso la Francia. Ma è normale che gli altri provino a reagire di fronte a questi comportamenti italiani benedetti persino dal prefetto.  Un atteggiamento che assomiglia tanto ad una nuova vendetta del governo scadente contro gli italiani che lo hanno bocciato alle urne. Si cerca di creare il maggior numero di problemi internazionali per mettere in difficoltà chiunque vada a governare. E la vicenda dei migranti espulsi da Israele è emblematica. Tel Aviv non vuole più alcune decine di migliaia di africani arrivati nel corso degli anni in Israele. Dunque li caccia. E decide di scaricarli in altri Paesi, Italia compresa. Un accordo preso di nascosto dagli italiani ma, nonostante le smentite, è evidente che Tel Aviv e Roma ne hanno parlato. Difficile credere che il governo israeliano citi Paesi a caso solo per fare degli esempi. Per ora l’ennesima porcata del duo Gentiloni-Alfano è stata stoppata. Ma presto comincerà l’immancabile campagna mediatica per far sì che l’Italia aiuti Israele e gli africani espulsi