martedì 29 dicembre 2015
68mila italiani morti per povertà nell'indifferenza del Papa e del bugiardissimo
C'è chi guarda la luna, chi preferisce osservare il dito che la indica. Qualcuno abbaia alla luna. Ed i cagnetti isterici non sono mancati di fronte alle denunce di Grillo sui 666mila morti italiani del 2015, 68mila in più rispetto allo scorso anno, pari ad un aumento dell'11%. Sarà quel 666 a preoccupare i conoscitori del satanismo ed i suoi adepti, ma ciò che avrebbe dovuto preoccupare non erano le dichiarazioni di Grillo, ma il dato in se'. Per il leader dei 5 stelle, infatti, l'incremento dei decessi sarebbe causa dell'inquinamento. Mentre i cagnetti da guardia del bugiardissimo hanno subito smentito. Indifferenti, i cagnetti, ad un incremento dei decessi che è pari solo a quelli registrati in epoca di guerre mondiali. Ed i titoli degli organi di dis informazione hanno battuto sullo stesso tasto: quella di Grillo e' una bufala. Perché non è lo smog a sterminare gli italiani. Secondo gli esperti, infatti, l'aumento dei decessi sarebbe in minima parte legato al l'invecchiamento della popolazione. Che, a differenza di quello che sostengono Boeri, Fornero e montiani d'accatto, non è illimitato. Dunque il continuo innalzamento dell'età della pensione sarebbe immotivato. Ma questo, i dis informatori, preferiscono non dirlo. Così come preferiscono sorvolare sulle cause che, sempre secondo i loro esperti, avrebbero provocato la strage degli italiani. Perché la causa e' una sola: l'aumento della povertà. Gli italiani non possono più permettersi di fare prevenzione e, quando si ammalano, non possono più curarsi adeguatamente. 68mila morti in più in un anno. 68mila vittime delle politiche del Grigiocrate Monti e del suo migliore imitatore, il bugiardissimo. E allora poco importa se la denuncia di Grillo ha sbagliato bersaglio, se la colpa non è delle politiche ambientali ma delle politiche sanitarie ed economiche. Strano che, di fronte ad una strage sicuramente molto più drammatica, in termini numerici, di quella dei migranti, Bergoglio sia rimasto muto. Ovvio che taccia il bugiardissimo, meno ovvio che 68mila vittime non suscitino la pietà del Pontefice.
lunedì 28 dicembre 2015
Inquinati? Perché siamo troppi in città.
Alla fiera del politicamente corretto e' l'ora dell'ambiente e della lotta contro l'inquinamento. La sagra delle banalità ha dato fiato a orde di imbecilli che cercano, in ogni modo, di nascondere ciò che rappresenta il problema maggiore: l'eccesso di popolazione concentrata in poche aree. Non si tratta di ritornare allo scontro tra strapaese e stracittà. Semplicemente si tratterebbe di prendere atto che la politica di inurbamento e' fallimentare. Si tratterebbe di ammettere che la Pianura Padana e' troppo abitata. Che la concentrazione di abitanti lungo l'asse del Po e dei suoi affluenti e' eccessiva e determina un sovraccarico inaccettabile ed insostenibile di inquinamento dei fiumi e dell'aria. Ma i cialtroni politicamente corretti insistono sulla necessità di accogliere, in queste aree, decine di migliaia di immigrati, aggravando la situazione, rendendo il disastro irreversibile. I cialtroni politicamente corretti vietano i fuochi artificiali perché inquinano l'aria ma fingono di non vedere le centinaia di roghi abusivi di fili elettrici rubati per recuperare il rame. Plastiche e gomme bruciate inquinano più di una esibizione pirotecnica, ma si fa finta di nulla. E non serve a nulla trasferire la popolazione dal centro delle grandi città alle periferie o ai Comuni limitrofi. Spostando l'inquinamento di qualche km, la situazione non cambia. Bisognerebbe tornare a recuperare borgate in campagna ed in montagna. E' sufficiente guardare la campagna italiana dal finestrino di un treno o di un'auto per rendersi conto della quantità (e, spesso, della qualità) di cascine diroccate, di frazioni abbandonate. Perché pagare tasse su tasse in cambio di nulla? Quali sono i servizi garantiti alle località isolate? E allora meglio abbandonare tutto. D'altronde i servizi diventano sempre più rari anche nelle città. I fiumi sono in secca ma nessuno ripulisce il letto dei fiumi. Venezia e' alle prese con una bassa marea eccezionale ma ci si guarda bene dall'effettuare una manutenzione decente. Un Paese in rovina. E in montagna va anche peggio. Si tagliano i già insufficienti collegamenti ferroviari (a partire dall'Aosta-Pre' St.Didier) mentre gli strateghi del turismo pretendono 29 euro al giorno per poter sciare su 3 sole piste. Cercando di nascondere che, negli ultimi anni, il numero degli sciatori e' drasticamente calato mentre gli incassi degli impianti di risalita sono aumentati solo grazie ai rincari dei biglietti. Evidentemente non basta aumentare la concentrazione di persone per accrescere il livello qualitativo dei manager. Diventa quindi impossibile disegnare strategie nuove per affrontare una emergenza che rischia di trasformarsi in quotidianità. E non è possibile sperare in qualche soluzione da parte di chi parla di scelte "emergenziali". Chi utilizza questi termini non può offrire nulla di più di banalità.
lunedì 21 dicembre 2015
La democrazia rifiuta il bipolarismo. E la Spagna ignora la destra
Che ai tecnocrati non piaccia la democrazia non è certo una novità. Ma a loro da' ancora più fastidio vedere le proprie creature distrutte da quell'assurdo gioco che sono le elezioni. Perché i tecnocrati hanno predisposto delle gabbie ben precise in modo da garantire la sopravvivenza di due soli schieramenti per Paese. Laburisti e conservatori in Gran Bretagna, cristiano democratici e socialisti in Germania (con ammennicoli vari a far da supporto), socialisti e finti neo gollisti in Francia, socialisti e popolari in Spagna, Renzi e Berlusconi in Italia. Partiti diversi ma politiche spesso intercambiabili. La dimostrazione più evidente e' la grande coalizione tra Cdu e Spd in Germania. Poi, però, sono arrivati gli elettori a rovinare i piani dei tecnocrati. Elettori che, quando non si demoralizzano e restano a casa (e questo pace molto al potere), vanno a votare e scelgono partiti nuovi. Facendo saltare il bipolarismo così comodo per i tecnocrati. Lo si è visto in Francia, con la vittoria del Fn cancellata grazie alla squallida ammucchiata tra Valls e Sarkozy. Si era già visto in Gran Bretagna, con il successo degli indipendentisti scozzesi. Ed ora è la volta della Spagna. Così arretrata, per i tecnocrati, da garantire la prosecuzione del giochetto. Qualche dubbio, gli strateghi, avevano cominciato a nutrirlo. Il partito socialista era in caduta libera, il partito popolare pure. Si rischiava di far nascere qualche movimento di protesta vera. Così si è preferito prima far decollare Podemos e poi, con il pieno ed esplicito appoggio della City di Londra e dei suoi giornali, si è creato il fenomeno Ciudadanos. Un movimento sorto dal nulla e che, sino a domenica mattina, i professionisti della dis informazione accreditavano di consensi colossali, al di sopra del 20%, per una possibile seconda posizione alle spalle dei popolari. Invece i liberali di Ciudadanos sono arrivai quarti, nettamente staccati da Ppe, Psoe e Podemos. Non è bastato che la finanza internazionale li sostenesse. Non è bastato che fossero il partito dei "carini". Non è bastato neppure che fossero stati l'ostacolo per un completo successo dei separatisti catalani. Il numero 1 dei carini aveva spiegato, prima della sconfitta, che avrebbe fatto il premier o sarebbe andato all'opposizione. Gli spagnoli hanno chiarito il suo ruolo. Ma il voto spagnolo ha evidenziato un'altra anomalia. Non esiste, nel Paese Iberico, una destra analoga a quelle italiane o a quella francese. Neppure di tipo scandinavo o belga, ungherese o greco. Anni e anni di errori hanno portato a questa situazione. Che le destre italiane, litigiose ed inconcludenti, dovrebbero analizzare con profonda attenzione per evitare di sparire dalla scena.
giovedì 17 dicembre 2015
Il Tg5 applaude il bugiardissimo che umilia Berlu
Berlu si offende, ma poco poco, perché alla Consulta non sono stati eletti esponenti del centrodestra. E il Tg5, sempre più schierato a favore del bugiardissimo, esalta la geniale operazione del governo che si è accordato con i 5 stelle per far fuori Forza Italia. La ridiscesa in campo di Berlu non è partita nel modo migliore. Nonostante sondaggi che danno il gradimento del bugiardissimo in picchiata mentre sale alle stelle la richiesta di dimissioni della padrona del premier, la Boschi. Il centro destra, però, non riesce ad approfittarne perché non ha le armi per combattere. Il peso, sull'informazione complessiva, del Giornale di famiglia e di Libero e' scarso. I quotidiani maggiori sono zerbinati di fronte al bugiardissimo ed alla sua squadra (famiglie comprese); persino l'ammiraglia Mediaset, il Tg5, fa il tifo per il premier. Capacità di utilizzare i social ? Zero. Presenza di giornalisti di area nei grandi giornali e nelle tv? Zero. Presenza di autori di area nel mega gruppo editoriale Mondadori-RCS? Zero virgola qualcosa. Autocritica per aver provocato questa situazione? Inesistente. E allora si procede senza una rotta, con alleati sempre più scettici (giustamente), con vertici ripetuti e sempre inutili per cercare di individuare dei candidai accettabili alle prossime amministrative nelle grandi città. Non basta la crescente disillusione nei confronti del bugiardissimo, se poi non si è capaci di intercettare il malcontento e la rabbia. Per ora l'unica risposta arrivata da Forza Italia e' il licenziamento dei propri dipendenti. Tagliare e risparmiare, proprio quando bisognerebbe investire. Ma i soldi non ci sono, perché nessuno crede più di poter ottenere dei vantaggi personali in cambio di un'erogazione di denaro fresco a Forza Italia. Tutti in ordine sparso, puntando solo sulla riconferma di un posto in Parlamento o in qualche consiglio regionale o comunale. Magari in un posto nel cda di qualche fondazione bancaria come premio per aver perso le elezioni in una grande città. Imbarazzante. Nel frattempo passano giorni e settimane nel nulla più assoluto. Non si incontrano i cittadini, ma ci si stupisce se poi non votano. Non si presenta un programma, non si pubblica un solo documento per illustrare una posizione intelligente in politica locale, nazionale, internazionale. Si spera solo in qualche errore clamoroso del bugiardissimo, e si spera che sia Il Fatto a renderlo pubblico. Mentre il bugiardissimo, in accordo con De Benedetti, blinda la Busiarda e normalizza Repubblica.
martedì 15 dicembre 2015
ENI inventa la comunicazione del futuro per replicare a Gabanelli
Sin dai tempi di Mattei l'Eni ha rappresentato un elemento di forte innovazione per l'Italia. Non solo in campo industriale, ma anche in politica estera e nell'informazione. Basti pensare al Giorno e, poi, all'Agi. Non stupisce, dunque, che domenica l'Eni abbia mandato l'ennesimo segnale forte al mondo dell'informazione. E non soltanto a quella schierata, ma all'intero settore. Di fronte agli attacchi di Milena Gabanelli, su Report, l'Eni ha risposto in tempo reale con i Tweet. Spostando l'interesse, difendendosi da una trasmissione dove non è ammesso il contraddittorio pubblico, rivolgendosi al pubblico e non solo alla conduttrice. Che, da parte sua, non ha perso l'occasione per sferrare l'ennesimo attacco ad un'azienda italiana che opera all'estero con le medesime procedure e modalità utilizzate dai concorrenti. Per Report l'Italia dovrebbe rinunciare a mega contratti per rispettare regole che nessuno rispetta. Tanto ai giornalisti Rai ed ai magistrati italiani non frega assolutamente nulla delle migliaia di lavoratori italiani che vivono grazie alle commesse internazionali strappate alla concorrenza americana, francese, inglese. Ma la strategia di ENI va oltre questi aspetti e ribalta completamente i canoni dell'informazione, a prescindere dalle vicende contingenti. In un'Italia dove le aziende affidano la propria comunicazione ai figli meno intelligenti, alle amanti del padrone, alle fidanzate degli amici, l'Eni ha deciso di spiazzare tutti, riaffidando alla comunicazione un ruolo strategico. Competenza, velocità, incisività. Costringendo il pubblico a confrontare le due versioni su due media differenti. Si tratta ora di verificare se altre aziende avranno la stessa capacità di intervento. Perché una strategia vincente presuppone una squadra competente. E la competenza costa. Un aspetto che non piace agli imprenditori italiani. Così come non piace ai pubblicitari. Perché anche loro dovranno fare i conti con questo cambiamento, se gli imprenditori capiranno che devono investire. Per non parlare dei politici. I Tweet del bugiardissimo sono ben poca cosa rispetto all'intervento dell'Eni. Ma la padrona del bugiardissimo non lesinerà i soldini per garantirgli una squadra di cinguettatori di qualità. Tanto il centrodestra continuerà con i soliti personaggetti che dicono sempre le stesse cose, nel solito modo. Senza competenze, senza strategie. Per evitare di spendere i soldi che si tengono ben stretti.
lunedì 14 dicembre 2015
Contro il Fn nessuna ammucchiata, ma una grande abbuffata
No, non è stata una grande ammucchiata a fermare il Front National. E' stata una grande abbuffata a contrastare Marion e Marin Le Pen. Perché l'ammucchiata richiederebbe posizioni discordanti tra Sarkozy (il genio che, con l'aggressione alla Libia, ha provocato gli attuali disastri) e Hollande, il fratello scemo di Ignazio. E invece lo schieramento anti Fn e' compatto perché i due partiti, e ammennicoli vari, sono facce diverse della stessa idea. Anti patriottica, globalista, anti identitaria. Il partito socialista francese non ha nulla a che fare con il socialismo. Dunque può tranquillamente sostenere Sarkozy in nome del mercato, della distruzione di tradizioni e cultura, dell'invasione senza freni, della negazione stessa di ciò che è stata la Francia. Ridotta ora ad una accozzaglia di varie forme del nulla, di gente frustrata che, di fronte a due bombardamenti a casaccio, si illude di aver ritrovato la grandeur di un passato morto e sepolto. Bisognava fermare il Fn perché creava un solco tra la grande abbuffata ed il Paese reale. Perché rischiava di far prendere coscienza ai francesi del fallimento di tutti i politici dopo De Gaulle. Perché voleva dare la parola al popolo contro le oligarchie che si spacciano per elites. Non è più la destra contro la sinistra, perché destra e sinistra si abbuffano insieme. E' il popolo contro i poteri forti e gli idioti che li sostengono nella speranza, vana, di ricevere in cambio qualche osso da rosicchiare. Per convincere gli idioti il partito socialista al governo e' arrivato ad ipotizzare scenari da guerra civile. Una minaccia che rivela meglio di ogni altra cosa il livello infimo di queste oligarchie. Il loro terrore. Destinato ad aumentare. Perché è vero che il Fn non guiderà neppure una regione (che, in Francia, hanno poteri di molto inferiori alle regioni italiane), ma Marion Le Pen ha ottenuto il 46% dei voti nel Paca e la zia Marin oltre il 40% nel profondo Nord. La grande abbuffata e' riuscita nell'impresa di spaccare in due la Francia. Non accettando che gli elettori potessero scegliere ma minacciando guerre civili per giustificare un'unione che sembrava priva di senso e che, invece, e' solo la riprova di un unico obiettivo comune tra sinistra e destra: divorare la Francia fregandosene dei francesi.
sabato 12 dicembre 2015
Indolenza: la parola d'ordine delle regioni in mano al centro destra
Mentre il bugiardissimo incassa persino dei "no, grazie, ma ho da fare" come risposta agli inviti per la Leopolda, destre e centrodestra continuano a marciare in ordine sparso, in preda alla confusione mentale più totale. Incapaci di individuare i candidati giusti per le amministrative del prossimo anno, impegnati a far uscire nomi destinati a sonore e meritate sconfitte. Litigano per spartirsi poltrone che non avranno. Ed è giusto che non le abbiano. Il centrodestra amministra (cosa ben diversa dal governare) tre regioni del Nord: Veneto, Lombardia e Liguria. E non riesce a mettere insieme uno straccio di programma, una benché minima iniziativa congiunta che evidenzi la differenza rispetto ai governi (non solo amministrazioni) del centro sinistra. Quando i rappresentanti delle tre regioni nordiste si incontrano, discutono di orari dei treni e di spese per la promozione turistica, non di politiche dei trasporti o di strategie turistiche. Non a caso gli stessi discorsi che vengono intavolati da Lombardia e Liguria con il governatore "rosso" del Piemonte, Chiamparino. Ma Chiamparino, in Piemonte, ha un progetto culturale ben preciso, in linea con la politica del suo schieramento. E sono politicamente allineate le scelte strategiche sul turismo e sulla sanità, sui trasporti e sul lavoro, sull'industria e sul commercio. Possono non piacere, ma rappresentano una parte ben precisa, uno schieramento. Politiche portate avanti da personaggi allineati e coperti, spesso inadeguati, spesso arrivati ai vertici senza meriti se non quelli di essere fedeli alla linea. Qual è il progetto politico delle tre regioni del centro destra? Mistero. Qual è la politica culturale? Inesistente. Cosa contraddistingue le tre regioni dalle altre? La mancanza di una caratterizzazione politica. Incapacità ? Incompetenza? Forse, molto più semplicemente, quella che una splendida canzone del gruppo swing Bart Café definisce "Indolenza". Sono stati eletti, prendono un mare di soldi, perché dovrebbero anche preoccuparsi di far politica?
mercoledì 9 dicembre 2015
La ripresa? Un bluff. Dunque occupiamoci della Francia
Una dote, al bugiardissimo, non manca: la fortuna. Davvero tanta e costante. Lui racconta le solite menzogne sulla ripresa italiana, arrivano le analisi di CENSIS e Banca d'Italia a smentirlo ma, in contemporanea, Marine Le Pen sbanca la Francia e si apre il Giubileo. Così nessuno si occupa di una ripresa annunciata e mancata. L'economista Berta e' tranchant: questa non è una ripresa ma solo un rimbalzo e, come tutti i rimbalzi, perde velocità man mano che si risale. Non che uno zero virgola in più o in meno cambi radicalmente la situazione. Cambia, e non poco, sui conti pubblici, ma non sulla realtà di un Paese impaurito più da Boeri che dall'Isis. Un Paese che non investe perché la classe dirigente e' paurosa e preferisce vendere tutto piuttosto di rischiare qualcosa. Un Paese dove i cittadini sono trattati come sudditi e, inevitabilmente, da sudditi si comportano. Schiavi impegnati ad arrabattarsi per arrivare alla fine del mese. Schiavi terrorizzati di fronte ad ogni stormir di fronde sul tema delle pensioni, sui risparmi, sul lavoro per i figli. Come si fa a pensare al rilancio, alla ripresa, quando non si ha un briciolo di certezza sul proprio futuro e su quello dei propri figli? Come si può sperare in una Italia ottimista ed allegra quando si annunciano lavori precari sino a 75 anni con stipendi da fame e pensioni anche più basse? E allora meglio guardare in casa d'altri, occuparsi dei francesi o dei turchi, dei venezuelani o dei russi. Basta non parlare della situazione italiana. Gli scandali? In Vaticano, mica nelle banche salvate dal governo per fare un piacere al padre della vera padrona del bugiardissimo. D'altronde alla Scala ha dovuto portare la moglie, qualche piacere alla sua vera padrona doveva ben farlo. E pazienza per i risparmiatori italiani. Lo chiede l'Europa di massacrarli per salvare le banche. Colpa loro, dei risparmiatori, se hanno investito in banche senza informarsi sui nomi dei vertici dei vari istituti.
mercoledì 2 dicembre 2015
Boeri cancella le pensioni e favorisce la fuga dei cervelli
Cesare Damiano e' una delle menti, e come tale ovviamente sottovalutato, del Pd. Persona intelligente (e allora perché perde tempo con il bugiardissimo?) che, oggi, ha pubblicamente attaccato il terrorismo psicologico messo in campo da Tito Boeri, presidente dell'Inps. Boeri ha spiegato che la generazione degli attuali trentenni andrà in pensione a 70-75 anni ma, in compenso, con un assegno da fame. Una prospettiva utile soltanto per una cosa: per favorire la fuga di cervelli e di chiunque abbia una pur minima competenza professionale. Ed è bello che Boeri abbia minacciato una generazione di futuri disperati (l'unica vera speranza e' quella di crepare prima, sul posto di lavoro) proprio mentre i media facevano commuovere gli italiani con uno spot tedesco su un vecchio che non vuole trascorrere il Natale lontano da figli e nipoti. Un vecchio tedesco con una casa che nessuno dei futuri pensionati italiani potrà mai permettersi. Un vecchio che prepara una cena natalizia che gli italiani potranno vedere solo in tv. Boeri, da economista e neppure eccelso, si basa esclusivamente sui numeri, sulle cifre. Per lui un uomo o una macchina non hanno differenze. Non gli frulla per il capo che un lavoratore anziano non abbia una resa stratosferica quando sa che deve continuare ad andare in fabbrica o in ufficio sino alla fine dei suoi giorni, senza una prospettiva di riposo, senza una speranza di godersi i frutti di una vita di fatica. Perché non tutti i lavori sono creativi, stimolanti, ricchi di soddisfazioni professionali. E un trentenne che sa di iniziare a lavorare soltanto per poter mantenere, per tutta la vita, le sanguisughe di Equitalia, non avrà particolari motivi per impegnarsi più di tanto. Senza dimenticare gli effetti collaterali sull'economia complessiva (ma Boeri non è un economista?). Nelle scorse settimane si sono sprecati gli elogi per la politica turistica del Portogallo, paradiso dei pensionati che si godono il meritato riposo con lunghe vacanze a prezzi stracciati. Un pubblico vasto, che occupa gli hotel ed i ristoranti in bassa stagione e permette alle strutture ricettive di lavorare tutto l'anno, spalmando i costi su 12 mesi invece che sui 3 o 4 della stagione estiva. Bene, tutto questo in Italia non sarà più possibile. Determinando un aggravio per le strutture turistiche che dovranno far cassa in pochi mesi alzando i prezzi ed abbassando il numero dei pernottamenti. Perché l'economista Boeri, legato solo alle cifre, ignora una domanda che esula dal suo settore: dobbiamo lavorare per vivere o viviamo solo per lavorare e pagare le tasse?
martedì 1 dicembre 2015
Meno male che l'Isis c'è
Meno male che l'Isis c'è. Una fortuna per il ministro Padoan che, dopo aver promesso (insieme al bugiardissimo) una crescita da boom economico e miliardi di posti di lavoro strapagati, di fronte ad un'economia reale che non decolla sta mettendo le mani avanti e scarica sul terrore per eventuali attentati ogni frenata dei consumi. Gli italiani non comprano non perché siano più poveri o perché non si fidano delle promesse del governo, ma per la paura delle bombe islamiche. Ma l'Isis e' una fortuna anche per il bugiardissimo in persona. Perché elimina l'attenzione dei media di servizio nei confronti delle tante boiate del governo. Così, senza che qualcuno gli faccia notare le incongruenze, il bugiardissimo può raccontare che l'Italia e' ai vertici europei per l'attenzione nei confronti dell'ambiente, per le politiche verdi, per la salute dei cittadini. Proprio mentre, in contemporanea, escono i dati che dimostrano come in Italia si muoia per inquinamento molto più che nel resto d'Europa. Ma chissenefrega se un esercito di italiani muore per smog, molto meglio creare il panico per un eventuale attentato che provocherebbe sicuramente molti meno morti. L'Isis, però, e' una fortuna anche per Obama. Che millanta raid aerei sullo Stato Islamico, ma curiosamente non colpisce nessuno. Almeno sino a quando non è intervenuta la Russia a dimostrare che si può fare sul serio. L'Isis permette ai sauditi e al Qatar di impicciarsi nelle questioni di Siria e Irak. E permette si giornalisti italiani di continuare nell'opera di dis informazione al servizio degli USA. Per tutelarsi, anche in caso di sconfitta rapida dell'Isis, gli editori si sono portati avanti. Hanno normalizzato Repubblica piazzando come direttore il super renziano Calabresi in arrivo dalla Stampa degli Elkann mentre gli stessi Elkann hanno collocato ai vertici della Busiarda un direttore che non creerà problemi con Washington e Tel Aviv. Ovviamente, di fronte al rischio di attentati terroristici, nessuno ha fiatato sugli attentati alla libertà di informazione. Già, meno male che l'Isis c'è. Se no, bisognerebbe inventare una nuova sigla.
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