sabato 15 ottobre 2016
Salone del libro in salsa al caviale. E la cultura emigra ad Acqui
Il Salone del libro bobo e' stato apparecchiato. La grande rivoluzione torinese ha preso spunto dalle indicazioni di un libro, il Gattopardo. Tutto è stato cambiato affinché nulla cambiasse. Nicola Lagioia e' il nuovo direttore, nella certezza che sarà impossibile far peggio di Milella. Ma nel solco di una tradizione che vuole il Salone di Torino gestito dall'immancabile gauche caviar, da quei radical chic che hanno trovato in Lagioia l'interprete ideale. Le aperture annunciate? Non si sono viste. Ad affiancare il nuovo direttore arrivano i soliti noti del solito giro. Intanto oggi ad Acqui si confrontano con il pubblico i rappresentanti di una cultura che supera gli angusti confini dei bobo torinesi. Nomi che magari si incontrano anche al Salone del Libro, da Sgarbi a Battista, ma altri che non sono particolarmente amati dai radical chic, come Solinas o Yves De Gaulle. Tutti presenti per ricevere i premi dell'Acqui Storia che continua a crescere, in Italia ma sempre più anche in Europa, nonostante i continui tagli del budget. I soldi erano il doppio quando i partecipanti erano 20. Ora superano i 200 ma le risorse sono state tagliate da quegli enti pubblici che preferiscono spendere per garantire il pensiero unico al Salone del Libro. Enti che evitano accuratamente di coinvolgere gli organizzatori dell'Acqui Storia nella gestione del Salone: troppo elevato il rischio di apertura mentale, di pluralismo, di confronto tra idee differenti.
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