venerdì 22 giugno 2018

Troppe canne fan male a politici e intellettuali

Beatrice Lorenzin, ex ministro della Sanità in era Gentiloni, è l’emblema di una Italia pasticciona, che si arrangia pensando di essere furba. Strano che questa Italia non si sia riconosciuta in Lorenzin e l’abbia bocciata con un consenso pari allo zero virgola. Ora, da ministro non rimpianto, Lorenzin è tornata al centro della scena per la vicenda della Cannabis light. Il consueto pasticcio, appunto. Perché sono stati aperti negozi e locali approfittando della confusione legislativa. D’altronde il governo doveva correre dietro alle manifestazioni dell’Anpi, doveva mantenere i sedicenti volontari delle Ong, mica poteva occuparsi di sciocchezze come la salute. Poi, però, di fronte al dilagare dei negozi per la vendita di cannabis, persino alla Lorenzin è venuto qualche dubbio e ha chiesto un parere al Consiglio superiore della sanità. Chiederlo prima di permettere le aperture dei negozi sembrava brutto. Ora i medici hanno spiegato che anche le canne leggere possono essere pericolose. E si è scatenato il putiferio. Anche divertente, perché dimostra il livello dei politici e degli intellettuali politicamente corretti. Benedetto Della Vedova, un altro trionfatore delle urne come Lorenzin, ha tuonato che l’Italia diventerà il Paese del mercato nero anche per le canne leggere. Mentre il Tg5, organo ufficiale di Forza botulino e sostenitore a vita del bugiardissimo, si è indignato perché un eventuale divieto metterebbe a rischio delle attività imprenditoriali. Sulla base dello stesso principio del diritto assoluto a fare impresa e affari bisogna tollerare la Terra dei fuochi, la mafia, lo schiavismo e l’inquinamento ambientale. Perché vietare la costruzione di ecomostri sulle spiagge, se qualcuno ha investito nelle costruzioni abusive? Perché vietare lo spaccio di droga se esiste un mercato? Perché vietare gli omicidi su commissione se qualcuno può guadagnarci? In tutto questo casino gli unici che rischiano davvero di perderci sono gli agricoltori che coltivano canapa non per consumo individuale ma per la trasformazione industriale. Un settore che potrebbe crescere e garantire reddito, ma servirebbero regole chiare e una burocrazia meno ottusa. Invece si discute di altro, forse perché tra politici e intellettuali il consumo di canne è stato eccessivo e ha prodotto danni

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