martedì 30 settembre 2014

Quelli che le cose le sanno, e non piacciono a nessuno

"Matteo, devi anche pensare a quelli che le cose le sanno". Uomo di rara antipatia, Massimo D'Alema. Ma indubbiamente anche uomo di rara intelligenza all'interno di una sinistra che si è fatta abbagliare dal burattino che dice di non aver padroni ma è agli ordini di David Serra, della City e di qualunque potere forte straniero (compreso lo svizzero-americano Marpionne). "Quelli che le cose le sanno", appunto. D'Alema si riferiva alle teorie di un premio Nobel per l'economia raffrontate al nulla cosmico del burattino e della sua banda di renzine e sciocchi adoratori. Certo, D'Alema ha governato e non ha combinato granché, tanto per essere gentili. Ma tra il non combinar nulla e il provocare disastri, forse è meglio star fermi. Ma il burattino ha fretta. Deve dimostrare ai suoi padroni, quelli che dice di non avere, che lui è in grado di fare le riforme che loro gli hanno ordinato. Peccato che i suoi padroni siano i responsabili della crisi non solo italiana ed europea ma pure di quella mondiale. Le teorie bizzarre e criminali del Fmi sono sempre le stesse e gli effetti pure: disoccupazione, crisi, tensioni internazionali. I padroni ordinano le sanzioni contro la Russia, il burattino esegue ed i suoi giornalisti di servizio gongolano di fronte alle difficoltà di bilancio di Putin. Poi fingono indifferenza sull'aumento del prezzo del gas in Italia, sulla crisi dei produttori agricoli italiani che non hanno più il mercato russo, sulla disoccupazione ulteriore che deriverà dalle mancate esportazioni delle nostre industrie manifatturiere. Ed anche sull'aumento delle tasse per pagare gli indennizzi agli agricoltori penalizzati dalla stupidità delle sanzioni. E dov'è finita la ripresa annunciata, promessa, garantita da pinocchio Padoan? Rinviata a data da destinarsi, ma i padroni che non esistono vogliono così. Un mondo a loro immagine e somiglianza. Dove le tv, pubbliche e private, dedicano giornate intere di trasmissioni al matrimonio di un attore americano. Dove Venezia è costretta a fermarsi per questo matrimonio, dove la polizia, pagata con le tasse nostre, fa la scorta a questo attore. Un mondo per ricchi e potenti, quelli che vanno a letto con bambine trasformate in puttane e se la cavano con un patteggiamento che comporta una multa di ben mille euro. Poco più di una prestazione sessuale delle stesse bambine. Tanto per chiarire cosa sia la giustizia italiana. Già, forse "quelli che le cose le sanno" si sarebbero comportati in altro modo. Ma non piacciono al burattino. E non piacciono neppure ai sedicenti avversari del burattino.

lunedì 29 settembre 2014

Il Papa smaschera il burattino: di destra? di sinistra?

Lui, il burattino, non è al servizio dei poteri forti. Lui, il burattino, sta facendo una politica di sinistra. Lui, il burattino, è dalla parte di Papa Francesco e contro i vescovoni della Cei. In un'Italia anglizzata, le parole hanno perso buona parte del loro significato. Però non basta avere l'appoggio zerbinato del solito abatino Fazio e dei politologi di troppi quotidiani per pretendere che tutti credano alle bugie senza sosta del premier. Del premier e delle renzine. Gli sfortunati abitanti del Friuli Venezia Giulia sono guidati da una renzina antemarcia che ha sferrato l'attacco contro la Cei, colpevole di aver fatto notare come le parole del burattino siano raramente seguite da fatti concreti. E quando i fatti ci sono, vanno in direzione contraria rispetto alle dichiarazioni di principio. Ma noi - ha subito precisato la renzina presidente - siamo in sintonia con Francesco, mica con i vescovoni di bossiana memoria. Passa un giorno e il "compagno Francesco" si mette a tuonare contro le politiche che penalizzano i nonni, che considerano i differentemente giovani come un peso, un esubero da eliminare in nome del profitto. Il discorso del Papa non pare proprio un incoraggiamento al taglio delle pensioni, alla libertà di licenziare - per ragioni economiche - chi è più anziano e costa di più all'azienda. Non pare un incoraggiamento a Franceschini che toglie l'ingresso gratuito ai musei a chi ha più di 65 anni. Non pare un incoraggiamento a Chiamparino e Fassino che tagliano i traporti pubblici tanto per costringere gli anziani, quelli che non guidano più, a starsene a casa. Eppure il burattino, le renzine, Chiamparino e Fassino assicurano di essere impegnati in riforme di sinistra. Ci vorrebbe di nuovo Gaber per compilare la falsa lista di ciò che è di destra e ciò che è di sinistra. Perché, a dar retta ai compagni 2.0, si potrebbero scoprire alcune curiosità. Penalizzare i vecchi, ad esempio, è un atteggiamento di sinistra. Obbligare i giovani ad emigrare, è di sinistra. Andare a Washington a prendere ordini è di sinistra, ma assomiglia tanto al filoatlantismo becero e servizievole di tanta destra. Tagliare i fondi alla cultura è di sinistra, ma solo se si tagliano a livello locale. Ed assomiglia tanto alla destra tremontiana, quella secondo cui "con la cultura non si mangia". Volere la libertà di licenziamento, senza aver predisposto alcunché per il reinserimento, è di sinistra, ma è esattamente la stessa cosa che piace a Berlu e pure ad Alfano: uniti si licenzia. Promettere di tagliare le tasse è di sinistra ma anche di destra. Tagliare le tasse è una menzogna per entrambe le parti. Schierarsi contro Putin è sicuramente di sinistra, perché Berlu continua a difenderlo. Peccato che in Forza Italia non lo segua nessuno e che l'ultra destra si sia divisa su questo aspetto. Volere milioni di immigrati che, a costo bassissimo, facciano concorrenza ai lavoratori italiani, li costringano alla disoccupazione e si prendano pure le case popolari, è di sinistra. Voler trattare i lavoratori italiani come schiavi immigrati, senza tutele, senza diritti e con paghe da fame, è di destra. Ma il problema, in fondo è un altro: chi ha detto che il burattino rappresenti la sinistra e Berlu la destra? Solo i media di servizio. Perché Giulietto Chiesa, filorusso, dove lo si colloca? E Pippo Civati? Dove collocare Salvini? E la forse futura direzione dell'Ugl? Non ci sono risposte. Anche perché i giornali italiani evitano accuratamente di porsi la domanda

martedì 23 settembre 2014

"Sì, però", l'unico slogan che unisce le destre

Atreju finisce sui giornali solo per una banale sfida ai fornelli, tanto per chiarire l'impatto mediatico della manifestazione. Qualcuno (pochi) si è accorto anche che si è discusso dell'annoso ed irrisolto problema di una alleanza nel centro destra. Irrisolto sì, ma anche irrisolvibile? Forse no. Perché esiste un denominatore comune per tutti i potenziali elettori dell'area. Un denominatore che potrebbe anche diventare il motto, se non il nome, di una ipotetica formazione: "Sì, però". Perché non ha importanza sapere da quale partito o movimento si è più attratti. L'atteggiamento resta sempre e comunque lo stesso: "Sì, però". La Meloni? E' giovane, ricca di energia, "sì, però" è anche totalmente incapace di superare la sua dimensione romana, "sì, però" non riesce a sfornare un progetto complesso ed interessante. Berlu? E' l'unico che abbia carisma e che abbia una visione del mondo che superi l'ossequio al politicamente corretto, "sì, però" è un puttaniere, "si, però" pensa solo ai suoi interessi, alle sue aziende ed ai suoi processi, "si, però" ha svenduto idee e si fa comandare da un cerchietto poco magico e tanto incompetente. Salvini? Brillante, con posizioni coraggiose su molti temi, e non solo su quelli nazionali, "sì, però" cambia idee e posizioni più velocemente di quanto cambi le felpe, "sì, però" non risce ad essere un leader al di sotto della Linea Gotica nonostante l'exploit romano di Borghezio. Fiore? Coraggioso nel difendere principi ed ideali, "si, però" è troppo cattolico, troppo integralista, "si, però" è del tutto insignificante come seguito. Alfano? Ha liberato un gruppo di parlamentari dal giogo di Berlu ed ha portato a casa il progetto di una riforma del lavoro che Berlu aveva mille volte annunciato e mai avviato, "sì, però" è un servo del burattino, è un traditore, non ha il quid, "sì, però" non ha la caratura di un leader e si circonda di incapaci. Fini? "Sì, però" e basta. Non c'è dubbio che tutti i "sì, però" siano o possano essere motivati. Ma anche il Duce, checché ne dicesse Starace, di errori ne commetteva a iosa. L'Uomo perfetto non c'è e non ci sarà mai. Il leader impeccabile non esiste. Il n'y a pas de heros pour son valet. Ma non è obbligatorio sentirsi sempre ed esclusivamente come valletti del potenziale eroe. Ci si può chiudere nella torre d'avorio e giudicare con disprezzo qualunque gesto di chi sta al di fuori. Oppure si può accettare la logica dello sporcarsi le mani non con il leader perfetto ma con la politica che appare meno lontana. Anche attraverso il sostegno a gruppi e movimenti che fanno politica senza chiedere voti alle elezioni. Perché anche il partito del "sì, però" andrebbe incontro a scissioni quotidiane, a liti perenni. Tutti impegnati a far rilevare le posizioni altrui incoerenti con l'Ideale Supremo. Che non si sa quale sia e da chi sia incarnato, ma basta e avanza per litigare e trovare una giustificazione per restare a guardare.

lunedì 22 settembre 2014

Il burattino promette una scuola nuova: peggiore

Il burattino bugiardo ha promesso che la scuola italiana diventerà un fiore all'occhiello e garantirà la preparazione di una futura classe dirigente eccezionale, fantastica, ai primi posti in Europa se non nel mondo. D'altronde lui, il burattino, è un mago nelle false promesse. Ma proprio sulla scuola riesce a dare il peggio di sé, nel confronto tra promesse ed una realtà che, grazie a lui ed alle renzine, peggiorerà ulteriormente. Perché, nella logica del risparmio ad ogni costo, molte scuole in sempre più province hanno deciso che, da quest'anno o dall'anno prossimo, si eliminerà il sabato sui banchi, per spalmare le ore nei 5 giorni precedenti. In pratica, nel migliore dei casi, si passerà così a 6 ore di insegnamento quotidiano. In genere continuativo, senza sosta. Dunque, secondo i grandi cervelli che sgovernano il Paese e la scuola, dalle 8 alle 14. Qualsiasi imbecille sa bene che la curva dell'attenzione si abbassa sensibilmente con il trascorrere delle ore. Si abbassa anche sul finire di ogni ora, se mancano minuti di recupero. Dunque c'è da immaginarsi l'efficacia della lezione nella sesta ora. A stomaco vuoto, per di più. Ma i grandi cervelli del ministero, dei provveditorati, delle province per non parlar dei presidi, ignorano un altro aspetto. Alle superiori il pendolarismo è estremamente diffuso. Perché, lorsignori probabilmente ignorano anche questo, l'Italia è un Paese montuoso e nelle vallate di Alpi ed Appennini le scuole superiori sono numericamente scarse. I ragazzi affrontano lunghe trasferte per raggiungere licei o istituti tecnici. Per essere a scuola alle 8, considerando l'indecente servizio offerto da treni e corriere, si parte anche un'ora prima, quando basta. E anche per attraversare le città, grazie al pessimo servizio di trasporto locale, si parte con largo anticipo. E si rientra con ampio ritardo. A che ora avranno un pasto caldo, tutti questi ragazzi? Al ministero forese non lo sanno, ma sulle Alpi e sugli Appennini in autunno ed in inverno non fa caldo. Piove e nevica. Sicuri che siano le condizioni migliori per uno studio che renda davvero? Sicuri che in queste condizioni i risultati siano fantastici? Quando cominciano a studiare a casa? O i grandi cervelli, che non son mai saliti su un treno di pendolari, pensano che si possa studiare, a digiuno e al freddo, stando in piedi su treni superaffollati? Ma il burattino e le renzine metteranno a disposizione le nuove tecnologie. Basta con obsoleti libri di carta, che costano. Si risparmia e si usano gli Ipad, i tablet. Ovviamente al ministero non si sono accorti dell'allarme degli oculisti che hanno evidenziato un incremento enorme dei problemi visivi proprio in relazione all'utilizzo deki nuovi apparecchi. Forse non avremo una generazione di studenti super preparati, ma avremo una generazione di ragazzi malati (quando avranno il tempo per lo sport?) e con problemi di vista. Già, ma con il sabato libero potrà aumentare il turismo. Come se il problema fosse il tempo libero e non la mancanza di soldi per approfittarne. A luglio o agosto le famiglie, ragazzi compresi, sono in vacanza. Ma il turismo crolla lo stesso.

venerdì 19 settembre 2014

La Scozia ha perso, ma il 45% degli scozzesi ha votato per la libertà

La Scozia ha scelto di restare insieme all'Inghilterra. Ha perso l'appuntamento con la storia, ma il 45% di voti per la libertà non sono pochi. Il successo degli unionisti era, in fondo, scontato. Troppi pensionati, in Scozia. Ed i pensionati si sono spaventati di fronte all'offensiva della City sostenuta dai media. Il futuro non era più sicuro ed allora meglio non abbandonare la via vecchia per la nuova. Occorre esser giovani dentro, per sognare, sperare, pensare al futuro. I vecchi scozzesi han preferito pensare al presente, alle dentiere ed ai pannoloni. In cambio, però, la Scozia otterrà molto. Non solo in termini economici - come pensano i disfattisti storici pronti a criticare tutto e tutti - ma anche sotto l'aspetto politico. Un Parlamento ed un governo scozzese, con ampi poteri, non sono proprio risultati da poco. Si poteva avere di più, con l'indipendenza, ma piuttosto che niente è meglio piuttosto. Resteranno le basi militari imposte da Londra, il welfare non sarà come quello auspicato. Ma il terrore che ha pervaso Londra, i banchieri, gli speculatori, è evidente. Un primo passo è stato comunque compiuto. Verso la disgregazione di Stati che non hanno più ragione d'essere, fermi ad un modello napoleonico che è strasuperato. La Scozia libera avrebbe rappresentato anche un colpo definitivo per la costruzione di questa Unione europea fasulla. Ma i percorsi si fanno anche con i primi passi. Che non sono neppure tanto piccoli, considerando il 45% dei voti per la libertà. Ma è inutile sognare un Ordine Nero inesistente, che porti un'idea imperiale su un Europa marcia e in disfacimento morale prima ancora che economico. L'Ordine Nero non c'è, ed i percorsi si affrontano con chi vuol camminare insieme. Anche se non è un Cavaliere dell'Ordine. Prendendo ciò che, di buono, ciascuno sa e può dare. Persino la Perfida Albione ha dimostrato qualche aspetto positivo. Perché non si è opposta al voto della Scozia per la libertà. Londra ha minacciato e blandito, ha promesso di tutto e di più. Ma ha accettato l'idea del voto. A differenza di quello che sta facendo Madrid con la Catalogna o Roma con il Veneto. Ma i Cavalieri dell'Ordine sono convinti che i diritti dei popoli vadano rispettati con geometrie variabili. E se l'inno di una squadra di calcio, intonato in un solo stadio, diventa un momento magico e pure "rivoluzionario, espressione di una volontà di un popolo", l'inno di una nazione non riconosciuta, intonato dai tifosi di più squadre in vari stadi di calcio e di rugby, viene definito "solo fuffa". Il disprezzo di tutti gli altri: il modo migliore per non ottenere risultati. Si può sempre sognare qualcosa di perfetto, qualcosa di meglio. Ricordandosi, però, che il meglio è nemico del bene

mercoledì 17 settembre 2014

Floris, Giannini e il nulla a destra

Capita, a volte, che persino Gramellini possa avere ragione. E ha sicuramente ragione quando rileva come lo scontro televisivo tra Rai e La 7, tra Giannini e Floris, abbia evidenziato il nulla cosmico della destra, del centrodestra, di qualsiasi cosa a livello politico ci sia oltre alla banda del burattino ed ai suoi (pochi) avversari interni. Per trovare una finta opposizione ci si inventa un Prodi non entusiasta ed uno Scalfari leggermente critico. Ossia due compagni di strada del burattino. Perché, oggettivamente, il povero Brunetta sotto schiaffo dal Berlu duduizzato, non rappresenta proprio una grande opposizione. Colpa dei cattivoni Giannini e Floris? Colpa del loro sinistrismo? Della loro faziosità? Sarebbe bello e comodo far ricadere la responsabilità sui conduttori televisivi. Ma non è così. Certo, la loro collocazione politica ed ideologica non aiuta, ma le responsabilità sono altre, sono altrove. Cosa mette in campo tutta l'area non renziana? Nulla. Inutile sprecare tempo con Berlu che si occupa solo di svendere un partito in cambio degli sconti sugli alimenti all'ex moglie o in cambio della benevolenza dei giudici negli altri processi. E Forza Italia organizza convegni con i soliti noti, tenta persino di recuperare Giannino, non sforna un'idea vincente che sia una, non crea un personaggio presentabile per non far ombra all'ombroso leader duduizzato. Ncd? Bisogna impegnarsi molto per ricordarsi di qualche esponente, a parte il bolso Cicchitto o l'ex ministra nota solo per il linguaggio volgarissimo. Ah già, ma c'è la Meloni. Ci sono i Fardelli d'Italia. Impegnati nell'autoreferenziale Atreju, sempre più romanocentrico perché l'ombelico del mondo è la Garbatella (grazie ai Cesaroni, forse). Quanto pesano ancora i Fdi? Crosetto se ne va, La Russa non si sa dove sia, Meloni non riesce a fare un salto di qualità che le consenta di essere credibile al di sopra del raccordo anulare. Resta la Lega di Salvini. Ma dopo la discesa al Sud in campagna elettorale per le europee, la spinta sembra essersi arrestata. Probabilmente non si è arrestata quella dei consensi, in crescita grazie al calo altrui. Ma la proposta? La presenza sulla scena politica? Le idee e la loro divulgazione? Certo, l'atteggiamento dei media non aiuta. Così come non aiuta il movimento grillino. I media riportano solo ciò che serve per sputtanare leghisti e grillini, per sottolineare divisioni, polemiche, scontri. Ma se nessuno si degna di creare canali informativi alternativi, non può lamentarsi della scorrettezza di chi dichiara pubblicamente di essere schierato dala parte opposta. Lo si è visto nei giorni scorsi di fronte all'offensiva della sinistra per riconquistare e gestire un premio letterario come l'Acqui Storia: silenzio di Fi, silenzio di Ncd, silenzio di Fdi, silenzio della Lega. Se tutti tacciono, non si lamentino dell'occupazione altrui di tutti gli spazi di informazione e di gestione culturale

martedì 16 settembre 2014

Italia sempre peggio, ma il burattino non se ne va

Ultimi tra i Paesi del G7. Ma solo perché si evita di prendere in considerazione gruppi più estesi. In tal caso saremmo ultimi non tra 7 ma tra 8, tra 10, tra 20. Ed i 100-200-100.000 giorni di governo del burattino non cambiano nulla. Il verso non è cambiato. L'unica cosa che è cambiata, in peggio, è la speranza di ripresa. L'effetto annuncio è fallito, la speranza si è trasformata in disillusione. E la disillusione è peggio di una stagnazione, perché chi aveva sperato e creduto nel burattino, oggi si ritrova a non saper più in chi credere ed in cosa sperare. Peggiorano i conti dello Stato, peggiorano le aspettative delle famiglie, peggiora la situazione delle imprese: davvero un grande risultato quello della banda del burattino e delle sue renzine. Ed ora persino i sempre quieti ed obbedienti vertici del mondo delle Camere di commercio cominciano ad infastidirsi. "Una riforma di pancia e non di cervello", hanno definito la riforma Madia, una delle inutili renzine. Inutile? no, dannosa. Un'altra di quelle che punta sull'effetto annuncio ed ignora le conseguenze. Tagliare i fondi alle Camere di commercio. Bene, ma dopo? Da dove arriveranno i fondi ai confidi? Da dove arriveranno i soldi per accompagnare decine di migliaia di aziende nelle missioni all'estero? Da dove arriveranno i soldi per la formazione di aspiranti imprenditori? Madia non l'ha detto, probabilmente perché non ne ha la più pallida idea. Lei si limita agli annunci, come il burattino. Agli aspetti concreti ci pensino gli altri e si arrangino. Eppure di interventi "di cervello e non di pancia" se ne sarebbero potuti fare. Intervenendo sugli sprechi, sulle consulenze affidate ai soliti amici incapaci, sulle inefficienze e sugli errori, sulle iniziative fotocopia nelle missioni all'estero. Razionalizzando la spesa, non tagliando a prescindere. Ma questo avrebbe comportato uno sforzo eccessivo per chi si limita agli annunci. Come quel Lupi che promette interventi a favore dell'acquisto di auto e poi se ne dimentica, assestando l'ennesimo colpo al settore, con automobilisti frenati nell'acquisto dall'attesa di incentivi che non ci sono. Ed ora con il via al balletto degli annunci sull'Iva: ritoccarla, non ritoccarla, toccare solo qualche prodotto. Tanto la domanda interna è crollata, è tornata ai minimi storici. I negozi chiudono ed i dipendenti vanno a casa. Ma i professionisti dell'annuncio questi particolari li ignorano.

lunedì 15 settembre 2014

Prostituzione e contrabbando nel Pil ma senza tasse

Il Pil italiano cresce con droga e prostituzione e tutti si fanno una grande risata, nella convinzione che sia il solito espediente all'italiana per migliorare il rapporto tra Pil e debito e deficit. Non a caso anche il burattino ha ironizzato e minimizzato, sostenendo che nulla cambia in concreto. Ma si tratta della solita menzogna di un governo di bugiardi. Perché cambia, innanzi tutto, l'incidenza delle tasse. Che, miracolosamente, si abbassa. Dunque gli italiani continuano a pagare le stesse insostenibili tasse ma, percentualmente, risulterà che pagheranno meno rispetto al Pil. La solita truffa, la solita politica degli annunci falsi. Ma si pone anche un altro problema, che spiega l'atteggiamento sfuggente del burattino: nel momento in cui si annuncia l'ennesima lotta all'evasione, diventa insostenibile il mancato intervento contro i guadagni illeciti che, lecitamente, contribuiscono a determinare il Pil. Perché chi vende le braccia, il cervello o, nel caso di atleti, anche le gambe deve pagare le tasse e chi vende altre parti del corpo non deve pagarle? Ci sono parti del corpo esentasse? La prostituzione intellettuale deve essere tassata e la prostituzione fisica no? Perché? E lo stesso vale per tutti i commerci illeciti ma ampiamente tollerati. Tutti i venditori abusivi di accendini, spugnette, borse fintamente griffate, magliette taroccate, sigarette di contrabbando, operano ormai alla luce del sole. Con banchetti fissi, nei casi limite, ma con postazioni consolidate in quasi tutti gli altri casi. Senza pagare un centesimo, con un blitz ogni 5-6 mesi per sequestrare la merce illegale, tanto per far finta di contrastare l'abusivismo. Ed allora, se la loro attività finisce nel Pil, perché non finisce anche nel calderone del Fisco? Buonismo idiota, politicamente corretto e discriminatorio, ipocrisia assoluta, interessi mafiosi che non si vogliono colpire. Tanto questo è e resta il Paese di Pulcinella. Incapace di reazioni perché privo di coraggio, di iniziativa, di volontà. Franza o Spagna purché se magna. Anche quando si mangia sempre meno

mercoledì 10 settembre 2014

I premi letterari DEVONO andare solo a sinistra

Puntuale come un articolo banale sulla prima nevicata, la polemica sul premio Acqui Storia rispunta annualmente appena si avvicina il momento della scelta del vincitore. Quest'anno, per essere puntuali sul pezzo, i media di servizio hanno dovuto riesumare le dimissioni di Castronovo dalla presidenza di una delle giurie del Premio. Dimissioni che risalgono all'autunno dell'anno scorso, ma quando si deve far polemica va bene tutto. Per preparare l'affondo di Castronovo si è partiti con richieste di togliere patrocini e finanziamenti al premio. E perché mai? Perché - sostengono i rancorosi - il premio è diventato nero. E il povero Castronovo si è sentito isolato. Tutto è cambiato - spiega lo storico noto per le agiografie dei grossi capitalisti italiani a partire dagli Agnelli - rispetto alle origini ed alle ragioni del premio. Non è che abbia torto: i decenni del premio in "rosso" sono stati caratterizzati dalla scarsissima partecipazione di scrittori e case editrici. Ora sono quasi decuplicati, ma questo deve essere un demerito, per lo storico. E perché sono decuplicati? Perché ora il premio viene assegnato ai libri migliori mentre la ragion stessa del premio - lo affermano i media e lo storico - era di valorizzare i volumi ortodossi, di area. Area rossa, ça va sans dire. Ora, invece, si premia la qualità e questo infastidisce. Qualità nera, secondo i rappresentanti del politicamente corretto. Basta analizzare i vincitori dello scorso anno per rendersene conto. Dunque un premio ad un giornalista del Corriere della Sera (tutto tranne che nero), all'ambasciatore Serra (ambasciatore dell'Italia democratica nata dalla resistenza, mica ambasciatore della Rsi), a Marcenaro che ha dedicato un libro a Rimbaud e Verlaine, non proprio esponenti di una estrema destra francese, così come non sta a destra Marcenaro. Ma non importa: il premio non può andare a chiunque, e non importa che il qualunque stia a sinistra. Bisogna rivedere i criteri, accettare solo la partecipazione di volumi selezionati da BottegheOscure. Oddio, BottegheOscure non c'è più? E chi darà la linea ai compagnucci senza parrocchietta? Toccherà a qualche giornalista allineato e coperto? Toccherà a qualche nuovo assessore locale? O toccherà al capitalismo progressista e globalista con residenza in Svizzera? L'importante è tornare ai ne-fasti del passato. Con 20 partecipanti, tutti schierati dalla stessa parte. In modo da poter premiare libri che nessuno leggerà mai. Almeno, in passato, la commissione cultura del Pci poteva degnarsi di sfogliare un volume per favorire la vittoria di un compagno da inserire nel Partito. Ora non c'è più nemmeno la possibilità di farlo assumere all'Unità o di cooptarlo tra le renzine.

lunedì 8 settembre 2014

Cernobbio, specchio dell'Italietta fallita

Il burattino non va a Cernobbio al Forum Ambrosetti (e chissenefrega) ed i media - che non ricordano il dilemma morettiano (mi si nota di più se non vado o se vado e mi tengo in disparte) - scatenano un dibattito sulla necessità della presenza del premier di questa Italietta fallita ad un forum privato. Il burattino, abituato a prender ordini in ben altri consessi, liquida la faccenda sostenendo che è meglio andare dove si creano posti di lavoro invece di perdere tempo con le discussioni dei salotti dei soliti noti. E probabilmente ha ragione lui. Forum autoreferenziale al massimo livello, dove gli imprenditori ed i finanzieri vanno solo per farsi vedere e non elaborano un'idea vincente nemmeno se li paghi (gratis non se ne parla proprio). Ma così inutili che, dopo essere stati snobbati dal burattino, lo premiano comunque con un sondaggio che approva il nulla cosmico del governo con l'80% dei consensi. E allora sì, ha ragioni il burattino. Questa è l'oligarchia del potere economico nazionale, non è un salotto buono ma solo un salotto con i divani coperti da teli per evitare che si rovinino. Questa non è la classe dirigente ma solo quella digerente, che digerisce quanto è stato fatto prima di loro. Si vedono, si incontrano, si parlano e non esce nulla. Neppure il topolino partorito dalla montagna. Questo è il mondo da cui provengono i poteri "forti" che sono forti solo in Italia ma non contano una cippa di nulla quando si superano i confini. Economisti eterodiretti, imprenditori che non investono, speculatori che si accontentano delle briciole lasciate dagli squali internazionali. Per lo meno nel governo del burattino si ha il coraggio di essere arroganti, ignoranti, presuntuosi. Il burattino spiega che con mille euro al mese ci si può arrangiare benissimo e si può pure pagare qualche tassa in più per "solidarietà". Non è chiaro la solidarietà verso chi dovrebbe essere, probabilmente nei confronti degli invasori boldrinizzati. Boschi si limita a portare sfiga, facendosi immortalare di fianco ad Alonso prima che il ferrarista, dopo anni, si fermi per un guasto. Madia decide, da aspirante padrone delle ferriere, chi deve avere gli aumenti e chi deve far la fame, "a prescindere". Mogherini minaccia Putin convinta che il leader russo aspetti la linea dal governo italiano. Ma il meglio è Guidi che, assolutamente in linea con il padre in era confindustriale, mette fine all'ipocrisia padronale dei "collaboratori come risorsa fondamentale per l'impresa". Macchè: per il ministro del governo del burattino i dipendenti (collaboratori? suvvia.. è già tanto che non siano schiavi) rappresentano un costo eccessivo per il padrone. Merito? Competenza? Professionalità? Parole adatte per i convegni. Imprenditoria? Pure. Il padrone deve solo risparmiare, e risparmia penalizzando i dipendenti, licenziandoli quando fa comodo, abbassando gli stipendi, assumendo immigrati disperati che non pretendono diritti. E' la nuova frontiera del Made in Italy. I marchi storici, con relativa produzione, in mano a imprenditori stranieri. La bassa qualità produttiva affidata a padroni italiani ed a schiavi sottopagati. C'è solo un problema: questi maledetti schiavi sottopagati non comprano i prodotti italiani con prezzo elevato. Ma al prossimo Forum di Cernobbio qualcuno proverà a spiegare questi comportamenti inaccettabili dei poveri.

mercoledì 3 settembre 2014

Il calcio italiano come l'industria: da retrocessione

Il calcio è stato spesso considerato come una metafora. Metafora della guerra, metafora - negli anni dopo il '68 - anche del sesso con i soli attaccanti come maschi "normali" ed eterosessuali (il goal come penetrazione) ed i portieri con il complesso d'Edipo perché impedivano che la madre (la porta) venisse violata da altri. Ma il calcio italiano è davvero una metafora della politica e della vita quotidiana di questo Paese in declino. Il "più bel campionato del mondo" si è trasformato in un palcoscenico per interpreti minori. I campioni, quelli veri, giocano altrove. Non tanto nella ricca, ottusa e taccagna Germania, ma nella disastrata Spagna, nell'ancor più disastrata (a sua insaputa) Francia, in Inghilterra. In Italia no. Ha ragione Conte quando sostiene che in Italia non si può costruire una nazionale vincente sino a quando, in serie A, la maggioranza dei giocatori arriva da altri Paesi. Una trasposizione calcistica dell'immigrazione di clandestini sulle coste siciliane? Ma è la risposta dei club che è illuminante sul rapporto, sempre più stretto, tra calcio e Italia fuori dagli stadi: si comprano calciatori stranieri perché costano meno rispetto agli italiani che arrivano dalle squadre giovanili. Dunque, nel calcio come nel lavoro, la formazione rappresenta un costo e non un investimento. Dunque meglio risparmiare sulla preparazione di giovani calciatori e di giovani studenti e rivolgersi all'immigrazione di gambe per il calcio e di braccia per le fabbriche. Con l'evidente risultato di avere un campionato di livello sempre più basso ed una produttività industriale che non cresce. Ma il burattino assicura che, d'ora in poi, nel mondo del lavoro si copierà dalla Germania (solo per la parte relativa allo sfruttamento). Nel calcio, invece, si procede come sempre. Il mondo del football riesce ad essere persino più lento di quello della politica. Eppure i modelli, diversi, non mancano. Si possono cedere i club agli sceicchi o agli oligarchi russi. Succede in Inghilterra, succede anche in Francia. Oppure si possono coinvolgere le tifoserie, come in Spagna. Dove la "cantera" del Barcellona e le altre formazioni giovanili delle altre squadre, continuano a sfornare campioncini anche se i club acquistano calciatori da ogni parte del mondo. Continuando ad investire. Già, questa parola sconosciuta agli imprenditori italiani, del pallone e delle industrie: investimento. Quella parola magica che permette di aumentare la produttività, di migliorare la qualità, di vincere i campionati di calcio, le coppe internazionali e pure la sfida dei mercati quando si parla di industria. Investimento è una cosa diversa dal vendere un calciatore per 14 milioni ed acquistarne un altro, al suo posto, senza pagarlo un centesimo.

martedì 2 settembre 2014

Sfruttatori ma confusi, i ministri del burattino

Confusi alla meta. O anche senza meta, l'importante è che siano confusi. I complottisti sono sempre impegnati a sostenere che questi sciagurati governanti siano consapevoli della direzione che stanno prendendo per distruggere l'Italia, per renderla schiava di una finanza internazionale che ha bisogno di un Paese-cacciavite dove produrre a basso costo, dove trascorrere le vacanze serviti da un popolo di camerieri senza diritti. La direzione sarà anche quella, ma la banda del burattino dimostra, passo dopo passo, di procedere a caso, senza alcuna consapevolezza. Lupi sostiene di voler procedere verso una privatizzazione dello Stato? E il ministro Guidi, figlia dell'imprenditore che era ai vertici di Confindustria, alza subito il prezzo dell'energia per i privati di Ntv. Non piangeremo certo sulla povertà di Montesemolo o Della Valle (grande sostenitore proprio del burattino), ma è curioso che ogni ministro proceda in ordine sparso e in direzione opposta. Sempre Lupi, prima delle vacanze che metà Italia non ha fatto, ha annunciato che ci sarebbero stati incentivi per gli acquisti di auto, in modo da rilanciare il settore. Poi arrivano Padoan e compari ed il progetto di Lupi svanisce, così come l'illusione delle famiglie italiane che volevano cambiare l'auto. Ora è la volta del Job Act. Un'ideona: copiamo dalla Germania. Ma copiamo solo ciò che fa comodo al padronato stanco. Non a caso i media di servizio hanno già fornito la linea: moderazione salariale. Vero che in Germania si era partiti così, ma con salari più alti di quelli italiani e con un numero inferiore di ore di lavoro. Queste parti, però, sono state dimenticate. Alla banda del burattino piacciono i mini job, sottopagati. Ma si dimentica, la banda, che in Germania esistono centri per il reimpiego che funzionano davvero e che offrono opportunità alternative vere. Si dimentica, la banda, che chi perde il lavoro viene sostenuto con aiuti in linea con l'ultimo stipendio mentre si cerca di trovare un'altra occupazione. Si dimentica, la banda, dei sussidi per alloggio e istruzione. L'unica cosa che piace, al burattino ed ai suoi degni compari, è la possibilità di sfruttare la manodopera di disperati con 300-400 euro al mese. Oddio, in Germania sta per scattare l'obbligo di paga minima nettamente superiore a quella italiana, ma questa parte viene ignorata. Dilettanti allo sbaraglio, anche secondo Della Valle che li ha sostenuti e, dunque, li conosce bene. Certo, l'industriale se n'è accorto solo quando hanno toccato i suoi treni. Meglio tardi che mai, comunque.

lunedì 1 settembre 2014

Scelte dolorose? Sarebbero meglio idee intelligenti

Servono scelte dolorose, assicura Squinzi. Come se non fossero state sufficienti quelle, demenziali e controproducenti, prese sino ad ora. Serve più coraggio da parte delle famiglie che devono spendere, aggiunge Deaglio-Fornero, come se le follie della sua signora non fossero responsabili del sacrosanto timore che attanaglia le famiglie italiane. Il burattino prosegue nella sua maratona che, non più con uno sprint ma passo dopo passo, ci condurrà alla rovina nonostante gli ossequi di una dis informazione sempre più asservita. La vignetta con il burattino impegnato con il gelato mentre la barca affonda non era un attacco all'Italia, ma solo al burattino bugiardo, incapace, viziato e permaloso. Quello che vive di twitter e facebook mentre la sua banda di incompetenti prosegue nella distruzione del Paese. Certo, non da soli. Mancano le idee ai politici e mancano agli imprenditori. La disoccupazione cresce? Come la combattiamo? Ma aumentando la possibilità di licenziare. La produttività cala, a differenza di quanto avviene altrove? Come affrontiamo il problema? Non con investimenti per innovare impianti e organizzazione del lavoro, ma buttando fuori chi ha più esperienza ed assumendo, come precari, giovani inesperti e disposti ad accettare salari da fame. Quelli bravi possono anche andarsene, qui servono braccia, non cervelli. Ed è un falso che la disoccupazione italiana sia cresciuta solo di mille unità al giorno. Cresce ad un ritmo 4 volte superiore. Ma il dato è mitigato perché, contemporaneamente, aumenta l'occupazione degli stranieri, disperati e disposti a tutto. Il risultato è di 30mila disoccupati in più al mese, ma come differenza tra 120mila italiani cacciati dal lavoro e 90mila stranieri con nuova occupazione. Giusto così: hanno votato i 120mila licenziati? Chi hanno votato? Eppure, secondo Squinzi, si devono fare altre scelte dolorose. Per poi fingere di stupirsi se gli italiani riducono gli acquisti. E quando sono obbligati a comprare, scelgono prodotti sempre meno costosi, sempre più stranieri. "Che vergogna, comprate da Decathlon prodotti stranieri a 5 euro, invece della qualità italiana a 50 euro". Vero, ma se i salari sono da fame, perché mai si dovrebbero spendere 50 euro per la qualità invece di 5 euro per la necessità immediata? Così ci si abitua all'idea della recessione, della deflazione, della crisi irreversibile. Chi può manda i figli all'estero, gli altri li preparano ad una vita da sfruttati in concorrenza con gli altri poveri arrivati dall'Africa. Ma servono scelte dolorose. Come quelle di svendere agli avvoltoi internazionali le quote delle aziende pubbliche. Aziende che, ogni anno, garantiscono utili e dividendi allo Stato. E che, una volta svendute a poco prezzo pur di far cassa, non renderanno nulla allo Stato e aumenteranno le tariffe ai cittadini per far guadagnare di più gli avvoltoi. E le grandi aziende private? "Telecom vince la sfida in Brasile", assicuravano i media di servizio. L'ha persa, la sfida. Ma va bene lo stesso. E' la dis informazione, bellezza. Lo specchio perfetto di questo Paese alla deriva