lunedì 30 settembre 2013

Forza Italia ignora l'Arte della guerra e copia malissimo Mussolini

D'accordo, i politici di Forza Italia prima e dopo (e del Pdl en passant) non si sono mai contraddistinti per le letture. D'altronde eleggono gli assessori alla Cultura sulla base delle frequentazioni delle discoteche. Ma un'occhiata a "L'arte della guerra" era così difficile da dare prima di scatenare la bagarre nel governo Alfetta? Misurare le proprie forze, contare il numero degli aspiranti traditori, considerare la propria (in)capacità di comunicare sia sui media tradizionali sia sui socialnetwork? Macché. Si va allo sbaraglio perché ai camerieri del signore di Arcore è stato ordinato così. Una rottura sull'Iva? Sarà anche così, ma l'offensiva dell'avversario è stata tale da cancellare il casus belli trasformando l'obbligo di dimissioni in una pura protesta sterile contro la decadenza di Berlu. E il carico l'ha messo proprio il Tg5, facendo intendere che la caduta della Borsa di Tokio era la conseguenza dell'imprudenza di Berlu. Un falso clamoroso, perché è la rottura delle trattative sul debito Usa ad influire, ma l'esercito dei geniali comunicatori forzitalioti fallisce pure quando gioca in casa. Ma il Tg5 ha anche sottolineato gli effetti disastrosi della scelta di Berlu sull'Imu, in attesa di ricordare i danni ai precari. Quanto ai media avversi per dovere, hanno cavalcato l'immagine di un Berlu pronto al "ridotto della Valtellina", all'ultima raffica di Salò. Un paragone che, probabilmente, piace all'uomo di Arcore. Ma che per sua sfortuna non sta in piedi. Dalla tragegia alla farsa. Mussolini, che era un grande comunicatore, si era circondato di personaggi di ben altra levatura rispetto ai cortigiani di Berlu. C'erano grandi e profondi intellettuali, da Gentile a Pirandello, da Marconi a D'Annunzio. Magari in posizione critica, ma parte del medesimo progetto. C'erano quelli che, la notte del Gran Consiglio, avrebbero tradito. Ma con una grandezza intellettuale neppure paragonabile. Bottai non è la De Girolamo. E c'erano quelli che, pur non brillando per genialità, hanno saputo morire con coraggio, con onore, con enorme dignità. Starace, che nulla ha a che fare con Storace, ha saputo morire. I cortigiani di Berlu non sanno neppure vivere. Un grande statista, un grande politico, sa circondarsi di uomini e donne capaci, perché non teme la loro ombra. Balbo non era sempre d'accordo con il Duce, ma la sua memoria non può essere infangata paragonandolo ad un Quagliariello qualunque. Ed anche chi ha scelto di combattere l'ultima battaglia, politica, a fianco di Berlu, non ha la medesima statura di chi ha scelto di farsi assassinare al fianco di Mussolini. Claretta Petacci non frequentava il Billionaire. Ed allora, se non si ha la grandezza della tragedia, si abbia almeno la capacità di leggersi l'Arte della guerra. Tanto per farsi un'idea..

venerdì 27 settembre 2013

Italia umiliata? Sì, ma dalla povertà e dallo sfruttamento

La banda Bilderberg che sgoverna l'Italia ha uno strano concetto dell'umiliazione. Probabilmente lo stesso della banda Goldman o della banda Trilateral. Per loro, che vivono fuori - ovviamente al di sopra - del mondo comune, l'Italia viene umiliata se dei parlamentari comunicano di volersi dimettere come risposta ad un colpo di Stato neppure troppo strisciante. Insomma, l'Italia è umiliata se qualcuno scopre in sé un briciolo di dignità. Non è così. Non è così per gli italiani, quelli veri, non quelli che vannno a prendere ordini nelle riunioni internazionali per poi procedere alla dis integrazione dell'Italia a colpi di ministri numero 1-2-x, di presidenti della Camera dall'indignazione perenne, di imposizioni politicamente corrette ed umanamente schifose. Gli italiani, quelli veri, si sentono umiliati di fronte alle decisioni di chiudere l'ospedale cittadino, come a Bussolengo. Si sentono umiliati nel non poter più aprire la buca delle lettere per il terrore di trovarci la solita richiesta immorale da parte di Equitalia. Si sentono umiliati quando non possono iscrivere il figlio all'asilo nido perché il posto è occupato dal figlio di un immigrato clandestino protetto dal ministro 1-2-x. Si sentono umiliati quando vengono sfrattati mentre gli zingari ricevono case in dono e protestano pure se non le ritengono adeguate. Si sentono umiliati quando non trovano un lavoro mentre l'immigrato viene assunto con la giustificazione che accetta un salario indecente. Si sentono umiliati quando devono pagare il biglietto sull'autobus e i soliti amici del ministro non pagano mai. Si sentono umiliati nel non poter più neppure fischiare la squadra di calcio avversaria perché il giudice sportivo li squalifica per razzismo (e gli stadi si svuotano, ma non si può raccontarlo). Si sentono umiliati quando hanno il terrore di ammalarsi perché non possono più permettersi di curarsi, e gli ospedali chiudono perché ce l'han chiesto i mercati e l'Europa. Si sentono umiliati quando vedono gli anziani italiani frugare nella spazzatura dei mercati per trovare qualcosa da mangiare, mentre i clandestini pretendono la tv al plasma nei centri di immigrazione e impongono il menu preferito. Si sentono umiliati quando i loro figli, a scuola, non possono cantare le canzoni di Natale per non urtare la sensibilità di ospiti non invitati o quando, a scuola, i bambini non devono mangiare il salame perché qualcuno si offende. Ecco, le bande dei servi della speculazione internazionale dovrebbero capire queste piccole cose. E se dei parlamentari si dimettono, l'Italia non è umiliata. Forse è più umiliata da questa giustizia di parte, da questa classe dirigente inetta, da questi servi ottusi.

giovedì 26 settembre 2013

Tra irresponsabili e incapaci c'è anche chi sa far impresa ma non politica

Irresponsabili, toni incredibili, hanno fatto infuriare la Cara Salma: i quotidiani di servizio sparano sull'ipotesi di dimissioni di massa dei parlamentari del Pdl per protesta contro l'attacco a Berlu, con decadenza incorporata. Come si può mandare tutto all'aria - è la domanda retorica dei media di comodo - quando il Paese sta per uscire dalla crisi? Quando la ripresa è a portatata di mano? Quando la Cara Salma vede la luce (non quella eterna) in fondo al tunnel? Al di là del fatto che la proposta delle dimissioni di massa assomiglia ad un bluff, l'offensiva mediatica avrebbe un senso se fosse basata sulla realtà e non su un'interpretazione soggettiva e suggestiva. Ma falsa. Tutti i dati indicano che la ripresa non c'è. E non si vede neppure una fiammella, in fondo al tunnel. I dati di realtà, ad esempio, sono quelli che verranno presentati a Firenze, il 17 ottobre, in un convegno sulla sicurezza del leasing: crollo del numero di operazioni - con la scomparsa di interi settori proprio a causa della crisi - e riduzione del valore delle operazioni effettuate; ma anche un aumento delle frodi, perché si cerca di recuperare liquidità ad ogni costo. E' questa la ripresa? E' questa la luce in fondo al tunnel? Oppure, secondo i moralisti a comando, la ripresa è testimoniata dalle cessioni a raffica delle aziende italiane? Da questa classe dirigente che, nel pubblico come nel privato, sta dimostrando tutta l'inadeguatezza che si trasforma in distruzione del Paese? Dove sono i grandi politici? Ed i grandi imprenditori? Della Valle - che pure è un ottimo imprenditore - si scontra con Armani sul mecenatismo mentre i marchi della moda italiana diventano francesi nell'indifferenza generale. Mentre l'Italia non ha più neppure un settore strategico sotto il proprio controllo. Mentre Letta vola oltreoceano per fare spezzatino di un gioiello come Finmeccanica. Dove sono i grandi imprenditori privati? Tanti piccoli e medi, è vero, ma i colossi? Oddio, uno ci sarebbe anche. Pessimo politico, indubbiamente, certo non un esempio di moralità e di correttezza. Ma indubbiamente un grande imprenditore. Uno che ha creato un impero nella comunicazione (fatta male, sotto l'aspetto della qualità, ma redditizia); uno che ha creato decine di migliaia di posti di lavoro; uno che non è andato all'estero per vendere le aziende italiane ma per comprare quelle straniere; uno che ha dovuto pagare 500 milioni al suo concorrente e nemico, per ordine dei magistrati, ma ha continuato a far l'imprenditore meglio dell'avversario. Uno che ha dimostrato di poter fare impresa, in Italia, nonostante lacci e lacciuoli, nonostante il costo dell'energia, nonostante i sindacati, nonostante il costo del lavoro. Ma uno che paga, a carissimo prezzo, l'incapacità di scegliere i consigliori in politica, che ha sbagliato amici. Berlu, che sognava una statua a cavallo e si è ritrovato con una statuetta sui denti.

mercoledì 25 settembre 2013

Lupi: Telecom spagnola? Colpa dei giudici di Taranto

Quando si dice di non voler morire democristiani, il rifiuto non è legato all'immagine dei tanti leader Dc che si prostravano di fronte a vescovi e cardinali. Non è legato alle politiche sociali del post fascista Fanfani e neppure alle paure sessuali del fucilatore di fascisti Scalfaro. Ma, piuttosto, al disgusto per la banalità assoluta, per i luoghi comuni, per la mediocrità al posto della meritocrazia. Il ministro Lupi, in tutto questo scenario di democristi più o meno consapevoli, non è neppure il peggiore. Addirittura uno dei migliori. E questo è ancor più preoccupante quando proprio il ministro, in una intervista a Belpietro, precipita in banalità assolute. Se gli imprenditori stranieri non investono in Italia - ha assicurato questa mattina - la colpa è dei giudici pugliesi che attaccano l'Ilva di Taranto. Eppure Belpietro gliel'aveva spiegato per bene: l'intervista era sulla svendita delle aziende italiane, acquisite proprio dagli stranieri. Quegli stranieri che, evidentemente, non hanno paura dei giudici di Taranto. Forse perché sono abituati, nei loro Paesi di origine, a non inquinare, a non distruggere la salute degli abitanti nelle città vicine alle fabbriche, a non far crepare gli operai che lavorano in azienda. Certo, le multinazionali preferiscono investire in Paesi come il Bangladesh, dove le tutele dei lavoratori, e degli abitanti, sono inesistenti. Ma noi, nonostante i consigli del Fmi e della Bce, nonostante gli inviti pressanti delle agenzie di rating, preferiamo vivere. Piuttosto di crepare di amianto e democristiani. Gli stranieri arrivano, ministro Lupi, e arrivano perché gli industriali italiani non sono tutti "capitani coraggiosi", come li aveva definiti il compagno D'Alema. Certo, non son neppure tutti pescecani. E per il settore della moda che passa in mano ai francesi, per l'energia che parla spagnolo, per il vino bevuto dai russi e dai cinesi, ci sono migliaia di piccoli e medi imprenditori che non si arrendono. Che lottano. Che vincono. Già, perché in Italia si può anche fare impresa. Se si posseggono le qualità per farla. Infatti gli stranieri vengono in Italia e continuano a produrre in Italia. Non sempre, perché ci sono quelli che arrivano, si comprano il marchio, chiudono e ripartono per produrre dove si può inquinare senza ostacoli. Ma in Italia ci sono anche tanti cialtroni, a cominciare da quegli imprenditori che frequentano tanto i politici. Che piangono e piangono, ma non investono. Per poi vendere e giustificarsi con la solita, identica, frase falsa e banale: "siamo felici di aver portato la nostra azienda a far parte di un grande gruppo che ne garantirà lo sviluppo su nuovi mercati". Sempre uguale, sempre falsa. Perché nessuno impediva, ai capitani vigliacchi, di investire e far crescere la propria azienda. Di diventare cacciatori e non prede. Ma se si è vigliacchi ed incapaci, non ci sono alternative.

martedì 24 settembre 2013

La Cara Salma vede la luce in un'Italia in saldo

D'accordo, ad una certa età la vista cala ed anche gli occhiali possono non essere più sufficienti. Ma se si hanno problemi agli occhi, non è obbligatorio assicurare di vedere benissimo. Cercando di condizionare tutti a scorgere ciò che non esiste. Questa volta è toccato alla Cara Salma raccontare ai nipotini italiani la favola bella della luce in fondo al tunnel: "l'ho vista! l'ho vista". Napo è solo l'ultimo, tra i politici italiani dal Grigiocrate in poi, ad annunciare di aver avuto la visione fatale. La vedeva Monti, la vedevano, ogni tre mesi, i suoi ministri. Poi l'han vista anche Saccomanni e gli altri disabili visivi del governo Alfetta. E mentre loro hanno le visioni, il Pil italiano continua a calare. Cala più del previsto e dell'annunciato. Ma loro niente, vedono la luce. I disoccupati italiani continuano ad aumentare e la vendita di Telecom agli spagnoli creerà altre migliaia di esuberi, che non saranno riassorbiti. Ma la Cara Salma vede la luce. Sarà quella dei motori Alitalia che decollano verso la Francia? Sarà la luce che illumina i negozi sempre più desolatamente vuoti? Il governo Alfetta si lancia nel progetto "Destinazione Italia", ma dovrebbe rinominarlo: "Salda Italia", dopo il disastroso "Salva Italia". Stiamo svendendo tutto. Tutto ciò che per gli stranieri - francesi, spagnoli, tedeschi, cinesi, americani, russi - è strategico ma che per noi è solo robaccia per far cassa. Si cede il comparto agroalimentare, l'energia, le telecomunicazioni. In attesa che Letta smantelli anche Finmeccanica con uno spezzatino che assomiglia tanto al reato di alto tradimento. Eppure la Cara Salma vede la luce. Ecco, tra le immense spese del Quirinale forse varrebbe la pena di prevedere un incremento della spesa per l'oculista.

lunedì 23 settembre 2013

Ora e sempre resilienza! La guerra del pane e salame

Ora e sempre resilienza. Contro la depressione provocata dai governi Alfetta di turno, contro le bestialità continue di ministri 1-2-x, contro i Saccomanni tassosi, contro le bandeBefera, contro tutto lo schifo che ci circonda: resilienza! Lo spiega "Il mosaico del buon senso", l'ultimo libro dell'antropologo della mente Alessandro Bertirotti. E che sarà mai la resilienza? La capacità di opporsi alle pressioni dell'ambiente accompagnata da una spinta positiva e dalla possibilità di uscire da una situazione paralizzante. Non è il solito termine mutuato dai padroni anglosassoni, ma una parola di derivazione latina. Dunque non piacerà al ministro 1-2-x che troverà termine e significato discriminatori, razzisti e quant'altro. Ma è invece un punto fondamentale da cui ripartire. Resistere e ricominciare, in modo diverso. Opporsi e ripartire. Non soltanto nelle squallide vicende dei mortiferi partiti politici, ma anche e soprattutto nelle piccole e grandi cose di tutti i giorni. Ci sono segnali, ovunque. A volte possono sembrare ridicoli, quasi patetici. Ma non è così. Lo sciopero del panino, annunciato in alcune scuole torinesi, è un esempio che può far scuola. Il Comune, tanto per far cassa anche in questo caso, ha innalzato il costo della mensa scolastica. E in una città sempre più in crisi grazie alla totale incapacità della classe dirigente, politica e non solo, gli aumenti sono insostenibili per molte famiglie italiane, quelle non protette dal sistema politicamente corretto che aiuta solo gli stranieri. Senza dimenticare che non tutti gradiscono i menu imposti da scelte che, anche sotto questo aspetto, sono politicamente corrette. Così alcune famiglie, sempre più numersoe, hanno deciso di ritirare i figli dalla mensa. Mangeranno un panino, magari con il salame (scandalo! se lo scopre il ministro della di integrazione). Ma i politicamente corretti sono insorti: i bambini non si possono ritirare, se non per motivi sanitari. Perché? Perché la mensa fa parte dell'istruzione, come una normale materia curricolare. Boom! Allora prevediamo anche il voto di mensa? E poi, se fa parte dell'istruzione e l'istruzione, elementare e media, è gratuita, perché di deve pagare con tanto di aumenti per far cassa? Forse, più semplicemente, i Comuni affidano la gestione ai soliti amici, che devono essere tutelati e garantiti. E se le famiglie ritirano i figli, gli amici incassano di meno. Intollerabile, per questo sistema osceno. Dunque non si può. O si trovano medici compiacenti, pronti a certificare inesistenti intolleranze, oppure i bambini sono obbligati a mangiare e pagare. Oppure? Resilienza. Non mangiano in mensa e si gustano panini politicamente scorretti. Con cibi delle tradizioni famigliari, fregandosene dei vegani e della suscettibilità di chi vuole imporre agli altri i suoi usi e costumi. Una battaglia sacrosanta, da sostenere. Facendo in modo che sia solo la prima.

venerdì 20 settembre 2013

La dis integrazione dell'Italia passa da genitore 1-2-X

Genitore (1-2-X) che sei nei cieli, sia santificato il tuo numero. Santa Maria, genitore (1-2-X) di Dio, prega per noi peccatori. Salve presidentessa (regina non si usa più), genitore (1-2-X) di misericordia.. Al tempo dell’afroministro numero (1-2-X), anche le preghiere in italiano dovranno essere corrette, per diventare finalmente politicamente corrette. E se ora è solo una battuta, in futuro diventerà realtà. La guerra delle parole è fondamentale, anche se è difficile da far capire agli assessori alla Cultura di un centrodestra in spasmodica ricerca di legittimazioni. Quando non si tratta di banale ignoranza. Qualcuno, solo pochi anni or sono, avrebbe potuto immaginare una legge demenziale come quella sull’omofobia? Il problema non è vietare agli altri di avere i gusti sessuali che vogliono, ma è impedire di ridere, scherzare, giocare. Un tempo, quando si era bambini, per ironizzare su qualcuno particolarmente taccagno, lo si definiva come religioso di una ben precisa confessione. Ora si rischia la condanna all’ergastolo. Si può prendere in giro uno scozzese, un genovese, un biellese. E basta. D’ora in poi si potrà fare dell’ironia sull’altezza di Brunetta, sulle prestazioni sessuali di Berlu, ma guai a scherzare sulle preferenze di Crocetta o Vendola. Non sono sciocchezze, dalle parole si passa ai comportamenti, ai pensieri. Un regime carcerario non tollera parole fuori posto. Vanno bene gli errori in tv, dove giornalisti ignoranti confondono “te” con “tu”, non sanno pronunciare parole semplici come codardia (e dire che dovrebbero essere esperti del termine), non conoscono città e paesi italiani. Ma guai a giocare con le parole tabù. Così i compagni di un tempo, diventati servi di Wall Street, si indignano per la difesa di Berlu da parte di Putin in nome di una normalità che diventa intollerabile. Cos'è questa moralità di stampo sovietico? Dove non si impedisce alle donne di avere rapporti con gli uomini? Indecente, superata. Quella moralità imbarazzante che impediva a Peppone di tradire la moglie con la compagna mandata dalla città. Quella moralità che obbligava Togliatti a tenere nascosta Nilde Iotti. La stessa moralità che impediva i furti, che si traduceva nel controllo sociale in ogni piccola realtà. Ma la moralità si scontra con le nuove esigenze. Bisogna dis integrare il tessuto sociale. A questo serve l'afroministro numero: a distruggere ogni identità, a cancellare ogni morale, a rendere l'Italia un Paese intercambiabile. "Voglio un Paese noioso", affermava il pessimo grigiocrate Monti. E il ministro numero prosegue l'opera, passando dalla noia alla dis integrazione di ogni tradizione, di ogni differenza, di ogni peculiarità (poi spieghiamo il significato agli assessori alla Cultura del centrodestra), di ogni tipicità. Basta con il cibo locale, cavallette per tutti. Manioca, tapioca, scarafaggi sono il futuro. Polenta, spaghetti, caciucco e salame sono il passato. Una bella legge contro l'uso della carne di maiale sarà il prossimo passo. E gloria al genitore (1-2-X), al figlio e allo spirito santo.

giovedì 19 settembre 2013

La rivoluzione? Fatela voi, Berlu non può

Andate avanti voi, che a me vien da ridere. Il videomessaggio di Berlu, in fondo, è tutto qui. Nessuna dichiarazione di guerra alle plutocrazie, nessuna proclamazione dell'Impero. Mica siamo a piazza Venezia. Un video messaggio, non un bagno di folla. E allora, italiani, voi dovete ribellarvi. Lui, intanto, medita. Perché il conte zioLetta gli avrà promesso che la Cara Salma gli farà avere la grazia e, magari, anche i soldi che la magistratura gli ha fatto regalare a De Benedetti. Dunque Lui aspetta. E spera. Ma voi, italiani, dovete ribellarvi. Contro la magistratura fellona, contro le tasse, contro il sistema che nega la libertà. Oddio, non è che agli italiani manchino i motivi per ribellarsi. Ad esempio potrebbero ribellarsi contro coloro che non presentano una mozione di sfiducia individuale nei confronti dell'afroministro numero, sì proprio il ministro della dis integrazione. Oppure potrebbero ribellarsi contro quei parlamentari che han votato per costringere gli italiani a regalare ai mercati quei 30-40 miliardi all'anno per ridurre il debito. Perché Lui scende in campo per difendere 1 miliardo di soldi delle famiglie da spendere per l'aumento dell'Iva. Ma le decine di miliardi da versare ogni anno se li era scordati. E gli italiani han voglia di ribellarsi contro Befera e la sua banda. Ma anche contro chi non ha fatto nulla per eliminare Equitalia, quando poteva. Missionari della libertà: giusto, la libertà è da difendere. Ma da difendere anche dall'informazione del Tg5, dai programmi idioti condotti da personaggi che non nascondono di stare con quella sinistra che Berlu ordina di combattere. Lui, però, evita. Lui si prende, mica a costo zero, la moglie del sinistro Rutelli per condurre i suoi programmi. Lui si prende De Filippi, Costanzo e compagnia cantando e ballando. Ma voi, italiani, dovete ribellarvi. Contro Floris e Santoro, contro Gabanelli e Iacona. Voi. Lui, magari, poi li assume sulle sue reti (qualcuno ci è già passato). Tanto per far vedere cosa vuol dire una ribellione coraggiosa. Voi scendete in piazza, italiani. Lui manco fa scendere Alfano dal taxi della politica. Voi, italiani, dovete essere coerenti. Lui si tiene Quagliariello, forse perché l'ha confuso con Quagliarella. Se avanzo seguitemi.. No, quello era un altro Lui. Avanzate voi, e se vincete, intervengo io per mettere un freno al successo. Gran bella rivoluzione.

mercoledì 18 settembre 2013

Berlu: 500 milioni grazie ai suoi conigli

Maurizio Belpietro, su Libero, ipotizza che la sentenza contro Fininvest - costretta a pagare quasi 500 milioni a De Benedetti e alla sua Cir - fosse già stata stata scritta prima dell'estate. In realtà era già scritta da anni. Da quando, cioé, Berlu aveva rinunciato alla lotta per dar retta alle sue "colombe". Nessuna battaglia, spiegavano i grandi strateghi, e in cambio ti lasciano divertire ed arricchire con le tue tv. Appunto. Ci si può chiedere se le colombe siano solo stupide, profondamente stupide, o in malafede. Ma non cambia la situazione. Quando, quasi all'inizio dell'avventura, gli avversari di Berlu avevano già tentato di spegnere i ripetitori delle sue tv, di impedire le dirette, di boicottare in ogni modo l'iniziativa (perché gli avversari sono preparati e capiscono l'importanza del mezzo televisivo), Berlu aveva risposto con energia, con forza, con populismo. Ed aveva vinto il braccio di ferro. Anzi, lo aveva stravinto. Garantendo al gruppo la crescita, l'occupazione, il guadagno. Ma poi sono arrivati i conigli, i vigliacchi. Quelli che a braccio di ferro avevano sempre perso, anche all'asilo Mariuccia contro le bambine. "Abbassa i toni, fai un passo indietro, assumi conduttori e giornalisti che ti indicano gli avversari, non fare programmi politici intelligenti e vedrai che nessuno ti toccherà". Consigli pagati a caro prezzo: 500 milioni e la imminente decadenza da senatore. Problemi suoi, della sua famiglia, degli azionisti e dei dipendenti? Certo, ma non solo. Perché la sindrome del coniglio ha contagiato tutti coloro che, negli ultimi anni, si sono avvicendati al suo fianco, in ogni settore a partire dalla politica. La ricerca spasmodica di una legittimazione da parte degli avversari è servita solo a svuotare di contenuti ogni proposta. Ha infiacchito gli animi, ha ridotto gli entusiasmi. Che bello ottenere solo un mezzo rimprovero da Travaglio per la destra nata morta. Che bella l'approvazione di Ignazio Marino. E che dire della felicità che si prova quando è addirittura Squinzi a dettare la linea economica? Chi pecora si fa, il lupo se la mangia. Ma mica possiamo continuare a fidarci della saggezza popolare. Se facciamo i bravi, qualcosa ci concederanno. Difenderemo l'azienda, regalando 500 milioni alla concorrenza. Difenderemo le posizioni politiche, se faremo nostre quelle degli avversari. E pagheremo per sempre le scelte dei conigli. Ora Berlu con la sentenza, poi tutti gli italiani con la coglionata immensa della riduzione del debito imposta dall'Europa.

martedì 17 settembre 2013

Tra pitonesse e rottamatori, asfaltatori e scorpioni: l'Italia del nulla

Pitonessa o scorpione? Rottamatore o asfaltatore? La politica italiana è ormai ridotta a questi banali e ripetitivi giochini mediatici. Quando Gabriele Adinolfi, parlando dei politici di destra, citava Pavlov, avrebbe potuto allargare il problema dei riflessi condizionati all'intera classe politica ed a quella giornalistica, intellettuale, ai presenzialisti di professione. D'altronde Mentana, che non è certo uno stupido, ha lanciato ieri un giochetto per verificare chi sarebbe stato il primo giornalista di Pavlov a paragonare il raddrizzamento della Costa Concordia con il galleggiamento dell'Italia. Non è chiaro se abbia vinto Saviano o Riotta, ma sono stati solo due dei tanti che aspiravano al record di banalità e di condizionamento. Ma i giornali durano, appunto, solo un giorno, prima di essere utilizzati per più nobili scopi come incartare il pesce o evitare gli schizzi di vernice sul pavimento. Dunque serve un riflesso (condizionato) nuovo. Serve un altro giochino. Renzi si è lanciato come asfaltatore del Pdl, o di Forza Italia. Tanto per far capire a Bersani che lo smacchiatore è un flop mentre l'asfaltatore un must (guai a parlare in italiano, nel Pd renziano). E sul centrodestra si son sentiti spiazzati. Cosa inventarsi? E dal momento che nessuno ha il coraggio di attaccare gli avversari, a differenza di quanto fa Renzi, ci si è inventati unìinvettiva interna. La Santanché una pitonessa? Ma no! Uno scorpione pronto a far morire la creatura Forza Italia solo per il gusto di pungere. E, naturalmente, il giornalismo-Pavlov si è subito adeguato. Come dar torto ai commentatori? Si può pretendere che l'informazione di panna montata si soffermi su programmi politici inesistenti? Su proposte economiche indecenti? Su studi ridicoli? Di cosa deve occuparsi, quando il tema è la politica? Dei video messaggi di Berlu, delle manfrine del Pd, delle liti nella Lega, della scomparsa di Vendola, delle crisi esistenziali dei grillini. Allora forse è più divertente destreggiarsi tra le nuove parole d'ordine inventate per Renzi, tra le invettive di Grillo, tra gli insulti delle donne del Pdl, tra le beghe tra Tosi e Bossi. Un'informazione perfettamente in linea con la politica. Il nulla che diventa parola, il vuoto che finge di riempirsi.

lunedì 16 settembre 2013

La foto di Atreju sul Corriere? Immagine del fallimento

Giulio Terzi (sì, proprio il pessimo ex ministro degli esteri e dei marò), Adolfo Urso, Magdi Allam, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa: la foto pubblicata sul Corriere della Sera a conclusione di Atreju è l'imbarazzante riprova del nulla cosmico che sta caratterizzando il fallimentare tentativo di creare una nuova aggregazione a destra. Chi dovrebbe seguire questa gente? Chi dovrebbe impegnarsi per consentire a costoro di continuare a far danni come han sempre fatto? Tutti reduci da completi fallimenti politici ed amministrativi, ma tutti con l'arroganza di continuare a guidare un nuovo gruppo. Di qualsiasi tipo, su qualunque posizione. Non un'idea nuova, non un progetto vincente. L'unico obiettivo è quello di mantenere una poltrona, uno strapuntino, un briciolo di potere e visibilità. D'altronde la nomenklatura ex missina, postfascista, aennina e cariacature varie, è spesso composta dalle stesse persone che han dato vita alla misteriosa fondazione che dovrebbe gestire il consistente patrimonio immobiliare creato in era missina. E che, in teoria, dovrebbe servire per far politica, non per garantire un seggio agli sconfitti di ogni battaglia. Si vede benissimo come sanno utilizzare i soldi. C'era una volta Il Secolo d'Italia, quotidiano di nicchia ma, in alcuni periodi, in grado di offrire un'idea, un pensiero, una interpretazione della realtà. Ora ridotto al nulla on line. E le altre grandi iniziative politiche? Mistero. Ovviamente i grandi quotidiani legati al centrosinistra non hanno alcun interesse ad enfatizzare il poco che emerge dall'area. Ma non si capisce perché dovrebbero farlo. E se il Corriere dedica alla conclusione di Atreju solo la fastidiosa foto di una fastidiosa famiglia scombinata, senza una riga su progetti e scelte, forse una ragione c'è. Incapaci di comunicare, convinti che il mondo inizi e finisca intorno al loro gruppetto (purché si riunisca a Roma, perché scoprire il resto d'Italia è faticoso), impossibilitati ad avere una strategia semplicemente perché le persone ritratte in foto non hanno nulla da spartire con quella che vorrebbero fosse la loro base. Senza dimenticare il servilismo consueto che impone di invitare gli avversari più squallidi, per ottenere da loro quella legittimazione che evidentemente si ritiene di non essere in grado di conquistare. Tutto da buttare, tutto da rifare. Intanto, in Francia, la destra si rafforza. E cerca di creare una nuova classe dirigente, competente, capace, studiosa. In Francia.

giovedì 12 settembre 2013

I teppisti torinesi diventano terroristi se vanno in Val Susa

Ritorna il terrorismo? Su giornali e tv la risposta è sicura: in Val Susa i No Tav hanno dato vita ad una rinnovata forma di terrorismo. Le armi: razzi (quelli dei fuochi artificiali), pietre, un paio di molotov (in realtà bottiglie di benzina per accendere fuochi), bastoni e cesoie per aprire le reti del cantiere per l'alta velocità. E' terrorismo, questo? No, è banale teppismo messo in atto da un branco di deficienti sempre protetti dalla magistratura. Non a caso buona parte di queste poche decine di teppisti proviene da quei centri sociali torinesi che sono sempre stati lasciati liberi di fare ciò che vogliono in città. Aggressioni, devastazioni, occupazioni. E tutti a far finta di niente. Centri che organizzano spettacoli di rumori spacciati per musica. A pagamento, ovvio. Ma senza che la Siae metta becco, senza che ci sia un pagamento di Iva o di qualsiasi imposta locale. Ma forse il sindaco di Torino, il compagno Fassino, è troppo impegnato a massacrar di tasse tutti i torinesi onesti per potersi occupare di abusivi, occupanti, teppisti e devastatori. E quando proprio i magistrati non possono fare a meno di incarcerare qualcuno di questi bravi ragazzi, la detenzione dura il tempo di un concerto senza permessi. Poi tutti a casa, liberi di ricominciare a far casino, ad aggredire avversari politici, a devastare la città, ad occupare edifici pubblici e privati. Ma quando questi eroi della borghesia sinistrata emigrano e si spostano di poche decine di km, le stesse azioni diventano atti di terrorismo. Curioso. Ed allora i grandi commentatori dei media, locali e nazionali, sbraitano sul pericolo che si alzi il tiro (dei fuochi artificiali?), paventano attacchi alla democrazia, rimembrano stagioni di lotta, recuperano vecchi slogan: né con lo Stato né con le Br. Ma per piacere!! Un briciolo di decenza nelle analisi non farebbe male. Non esiste il partito armato dei No Tav. L'eurodeputato Vattimo, il filosofo del pensiero debole, non ha né il carisma né la capacità di un Toni Negri. Ed i piccoli deficienti che aggrediscono una giornalista non avrebbero osato portare un caffé a Renato Curcio. Allora bisogna capire a chi giova trasformare i teppisti in trasferta in pericolosi terroristi o aspiranti tali. A chi giova chiudere gli occhi sulla precisa provenienza di questi eroi dell'aggressione di gruppo contro i singoli. Perché, invece di lanciare allarmi in Val Susa, non si obbligano i cialtroni a rispettare le regole nei loro centri torinesi di provenienza? E' a queste domande che dovrebbero rispondere i magistrati ed i politici. Ed è a queste domande che, ovviamente, non risponderanno.

martedì 10 settembre 2013

L'integrazione a senso unico del ministro numero

Una dottoressa bergamasca si ferma per soccorere un extracomunitario massacrato da suoi connazionali. E viene uccisa anche lei. Interventi del ministro per l'integrazione? Macché. La signora è troppo occupata con visite alla nazionale di calcio o con il fondamentale problema dell'eliminazione dei termini di mamma e papà per sostituirli con "genitore 1" e "genitore 2". In attesa che anche lei, la signora, diventi "ministro 9" o "ministro 10", anche se il suo superego le farebbe richiedere "ministro 1 e unico". D'altronde da quando il ministro numero è piombato in questo governo non è che si siano visti grandi passi sul fronte dell'integrazione. Forse perché esiste un equivoco linguistico. Integrare non significa che chi arriva ha tutti i diritti e nessun dovere. E chi viene invaso ha solo doveri e nessun diritto. Ma questo, al ministro numero, deve essere sfuggito. Come è sfuggito che i suoi interventi sempre a senso unico servono solo a creare tensioni, rabbia, frustrazione. Mai che il ministro numero si sia degnato di andare tra gli immigrati che delinquono per dire "basta". Troppo facile andare tra gli stranieri onesti e complimentarsi. Quelli onesti e che lavorano sono già integrati, non hanno bisogno del ministro numero. Rispettano il Paese che li ha accolti, non impongono le loro tradizioni (che, giustamente, conservano ma senza pretendere che diventino un obbligo per gli italiani) e comportandosi in questo modo ottengono il rispetto, l'amicizia, la solidarietà. Ma gli altri? Quelli che, in tutte le più grandi città italiane, stanno appoggiati ai muri per controllare il territorio, per organizzare lo spaccio, per sfruttare la prostituzione? A loro servirebbero le parole del ministro numero. Forse basterebbero 3 sole parole: "via da qui". Senza stupidi pietismi nei confronti di bastardi assassini, senza comprensione nei confronti di criminali spacciatori e sfruttatori. Ma il ministro numero preferisce perder tempo per capire chi, tra padre e madre, deve diventare "genitore 1" e chi dovrà accontentarsi del numero 2. In attesa che anche i bambini siano obbligati a non utilizzare più i termini mamma e papà. Così obsoleti, così eurocentrici, così poco multietnici. Già, anche il popolo Quechua (che proprio europeo non è, ma non ditelo al ministro numero) dovrà adattarsi, eliminando il fastidioso termine di Pachamama e trasformandolo in Pachagenitore1 (o 2). Questa sì che è integrazione!

lunedì 9 settembre 2013

La guerra Usa sveglia la destra? Miracolo!

La minaccia di Obama contro la Siria ha il merito di scardinare vecchi e consunti rapporti, di mettere in gioco equilibri che si ritenevano consolidati, di evidenziare differenze che si consideravano cancellate. Persino Domenico Quirico, il giornalista de La Stampa rapito dagli "eroici" rivoluzionari e liberato ieri, ha dovuto spiegare che gli avversari di Assad non son proprio tutti giovani e belli come aveva sognato e scritto. Rivoluzione tradita, secondo lui che ci è passato dentro. Peccato che il suo direttore ed i suoi colleghi non se ne siano accorti: troppo impegnati a codificare gli ordini di Washington per occuparsi di ascoltare la voce che arriva dalla Siria e che, evidentemente, dopo la lunga prigionia ha modificato l'interpretazione della realtà. Ma anche la politica italiana sta cambiando sotto la spinta degli avvenimenti. Da un lato riaffiorano i soliti esponenti degli Usa in Italia, a partire da Giuliano Ferrara. Mentre l'inutile Letta riesce a schierarsi, contemporaneamente, con Obama e con Putin, salvo poi rettificare poco poco per essere più vicino al padrone Obama. E la data dell'8 settembre è la più indicata per i giochini di servilismo. Quanto alla sinistra, oscilla tra le posizioni coraggiose e coerenti di un Giulietto Chiesa (che, non a caso, non è per nulla organico ai partiti ufficiali della melma di pseudosinistra che siede in Parlamento) ed il sogno di macelleria dei compagni al caviale arrivati ai vertici di istituzioni, media, fondazioni bancarie. Ma, per una volta, le preghiere del Papa hanno davvero compiuto un miracolo: la destra ha assunto una posizione intelligente in politica estera. Pare incredibile, ma è così. Fratelli d'Italia manifesta in piazza contro l'aggressione americana e per il diritto di indipendenza dei popoli. Non serve a nulla, non conta nulla, ma è un segnale importante. Perché significa che non tutti, a destra, si sono rassegnati ai voltafaccia di Aledanno ed alle posizioni di servilismo nei confronti degli Usa che hanno caratterizzato troppi esponenti e troppo a lungo. Un piccolo passo, indubbiamente, ma è già un miracolo che sia stato compiuto. E anche se non serve a modificare la situazione del mondo, offre comunque un segnale all'interno. E marca la distanza dai Ferrara di turno, dai sostenitori del governo Alfetta, dai tanti servi sciocchi che vogliono rifare An, atlantista ad ogni costo.

venerdì 6 settembre 2013

Ora Damasco, poi tocca a Mosca

Il Papa si rivolge a Putin affinché il leader russo fermi la follia criminale di Obama e l'attacco alla Siria, con il rischio di una guerra planetaria. E cosa fa La Stampa, organo ormai ufficiale della lobby Usa? Pubblica un'intera pagina con critiche alla politica interna di Mosca, con accuse alla leadership di Putin. Che coincidenza. D'accordo, il padrone di quella che viene amabilmente definita "La Busiarda" (ossia La Bugiarda), non vede l'ora di trasferire tutto da Torino a Detroit. D'accordo, l'italianità della proprietà de La Stampa è sempre stata un optional per chi si considerava cittadino del mondo e rispondeva solo alla speculazione internazionale. Però un briciolo di decenza non guasterebbe. In fondo, secondo il Papa e non solo secondo lui, in ballo ci sono i destini del mondo, di migliaia se non di milioni di persone. Forse, in questi casi, si potrebbe evitare il ruolo di servi sciocchi e si potrebbe provare a ragionare sulla base di un bene comune. Ma a La Stampa tutto questo non interessa. Guerra deve essere e guerra sia. Come ha ricordato Giulietto Chiesa, in Italia prosperano i giornalisti guerrafondai (a senso unico, ovviamente). Quelli che han fatto carriera, a partire dalla Rai, sulle disgrazie delle migliaia di morti provocati dai massacri americani. Le guerre democratiche, secondo i becchini dell'informazione di comodo. Le guerre giuste, secondo questi macellai strapagati. E allora bisogna demolire Putin perché in Russia hanno ancora la pretesa di fare le leggi sulla base delle proprie tradizioni e dei propri interessi. Vietato, vietatissimo. In Russia non c'è nessuna legge contro i gay ma una legge contro la propaganda dell'omosessualità nei confronti dei minori? Boicottiamo le Olimpiadi e, se non basta, bombardiamo Mosca. In Russia non impongono ai bambini menu politicamente corretti? Sterminiamo i russi e sostituiamoli con mangiatori di cavallette e vermi vari. In Russia non pensano che Jovanotti sia il più grande pensatore contemporaneo? Tagliamo le orecchie a tutti i russi. Certo, Putin ci mette del suo, quando non vuole imparare a comunicare al di fuori dei confini della Madre Patria. Quando continua ad ignorare il soft power, quando non capisce come debbano essere utilizzati, mediaticamente, i grandi eventi come le Olimpiadi, i mondiali, il G20. Tutto vero, ma sono errori veniali. Quelli mortali, i peccati mortali come li definirebbe il Papa, sono i missili che Obama e le petit sot Hollande, si apprestano a lanciare per massacrare i siriani. Colpevoli di voler essere padroni a casa propria. Come i russi, prossimo obiettivo della lobby dei liberatori.

giovedì 5 settembre 2013

L'Anpi celebra ancora le vittime dei partigiani: come mistificare la storia

D'accordo: la storia la scrivono i vincitori con il sangue dei vinti. Ma un po' di decenza, mai? L'Anpi celebrerà ad Amay (St.Vincent) i caduti partigiani. E fin qui, potrebbe essere la solita retorica. Un po' datata, ma fa lo stesso. Peccato che il recente e pessimo libro Partigia, di Sergio Luzzatto, abbia messo in luce che, ad Amay, due giovani partigiani siano stati assassinati dalla banda di partigiani di cui faceva parte Primo Levi. E allora, che cosa vuol celebrare l'Anpi? Le vittime o gli assassini? O, tanto per proseguire nella mistificazione storica, si cercherà di ignorare chi ha sparato e si attribuiranno le colpe ad inesistenti soldati tedeschi o repubblicani? Se la cantano e se la suonano, insomma. Come sempre. E non importa se sia dalla parte loro che arriva un tentativo di far chiarezza. Loro la storia la ignorano. Preferiscono creare false informazioni, spacciandole per vere. D'altronde se i loro storici son precisi come Luzzatto (docente universitario), i giovani studenti non son proprio ben messi. Uno storico che confonde una vetta di una valle (il Testa Grigia di Ayas, con tanto di indicazione nella cartina inserita nel libro), con un colle di una valle diversa, forse dovrebbe far altro nella vita. O, perlomeno, andare sui posti a verificare. Perché, verificando, avrebbe scoperto l'assurdità di certi percorsi da lui indicati come ideali per la fuga in Svizzera; avrebbe capito che se una valle, in Italia, non piazza neppure una targa per ricordare la presenza dei "liberatori" (non si sa da chi, visto che non c'erano tedeschi o repubblicani), forse una ragione ci sarà; avrebbe capito un mondo che lui, evidentemente, ignora completamente. Questi sono gli storici italiani, questa è la storia che viene insegnata nelle Università italiane. Eppure non basta ancora. Perché laddove non arrivano gli storici, provvede l'Anpi. Celebrando le vittime dei partigiani come se fossero vittime dei tedeschi. Un po' come gli Usa in Siria. Ma i "liberatori" son sempre dalla stessa parte.

mercoledì 4 settembre 2013

I vigliacchi invocano la protezione del gendarme Usa

Povero Riotta. L'editorialista de La Stampa è terrorizzato all'idea che il mondo non abbia più il suo arbitro. Che è poi quello che tutti gli altri chiamano gendarme. Ma in fondo, per l'ex compagno Riotta, è lo stesso. Gendarme mondiale, arbitro, sbirro di quartiere. L'importante, per questi reduci del peggior gauchismo italiano, è che ci sia qualcun altro a far valere i loro interessi. Chi non ha avuto a scuola, il compagno vigliacco e spione che chiedeva l'intervento del maestro per punire i colpevoli? Mentre gli altri bambini si arrangiavano autonomamente con i problemi di giustizia interna, loro, gli squallidi, chiedevano la protezione del maestro. Così come ora invocano la protezione mondiale di Obama e dei suoi missili. Tralasciamo la giustizia mondiale a senso unico dell'ex combattente (??) rosso Riotta. Ma è proprio lo squallore delle sue paure a disgustare. Esportiamo la democrazia con i droni, spariamo lacrimogeni ovunque ci siano persone raggrupate (d'altronde i vigliacchetti non hanno mai avuto molti amici ed una compagnia non sanno cosa sia), facciamo intervenire la forza pubblica contro i bambini che litigano. Un mondo affidato a controllori onnipresenti ed onnipotenti. Un mondo che si prostra di fronte ai magistrati ed a chiunque indossi una divisa. Un mondo di servi, privi di dignità, di indipendenza. Un mondo privo di libertà. Perché il mondo che piace ai vigliacchetti di un tempo, non ha spazio per la libertà, ma solo per i servi, sempre pronti ad adulare i potenti di turno. Ed allora, se spariscono i gendarmi, chi proteggerà i vigliacchi?

martedì 3 settembre 2013

Da pacifisti a macellai: la metamorfosi dei sinistri italiani

Sarebbe interessante un’analisi di un antropologo della mente come Bertirotti, o di uno psichiatra come Segatori: cosa trasforma i giovani pacifisti in una accozzaglia di vecchi assetati di sangue? Come si può passare dai sit in - dove si cantava "C’era una ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones" o "Blowing in the wind" – alle pagine dei giornali dove i giovani di allora, diventati direttori ed editorialisti, chiedono bombardamenti, missili, massacri? È solo l’effetto del potere conquistato? Dei soldi accumulati? O sono le conseguenze delle troppe "canne"? Delle abbuffate nei fast food? D’accordo che, come diceva il saggio, si nasce incendiari e si muore pompieri, ma questi stanno davvero esagerando. Pagati per essere servi sciocchi, ubbidienti e privi di dignità? Sembra davvero troppo. Perché gli ex pacifisti diventati guerrafondai paiono davvero convinti. Più convinti di quanto siano i loro improbabili pagatori. Tanto è vero che le posizioni oltranziste e belliciste dei sedicenti intellettuali finiscono per creare notevoli imbarazzi nei loro guru di riferimento. Allora, forse, è il senso di colpa nei confronti del proprio passato? Ritengono di aver sbagliato tutto e, di conseguenza, i nemici di allora diventano gli amici (anzi, i padroni di adesso)? Cantavano Baez e Dylan contro gli Usa; ora sostengono qualsiasi vaccata made in Usa, mangiano solo cibi geneticamente modificati (saranno quelli a far male al cervello?), snobbano le canzoni della loro giovinezza, guardano alla Russia come al male assoluto, considerano il pacifismo come il peggiore dei disastri e son pronti a portare la democrazia yankee non sulle canne dei fucili ma sulla punta dei missili. Con le attuali posizioni dei gauchisti italiani, la guerra del Vietnam si sarebbe conclusa con una serie di atomiche sull’intera Indocina, tanto per non sbagliare. Aveva già provveduto Roberto Vecchioni a liquidare gli Inti Illimani (e poi, in realtà, agli intellettuali comunisti italiani hanno sempre fatto schifo i compagni latino-americani: sopportavano il Che, ma a fatica e solo nei poster e nelle magliette), ora bisogna cancellare anche il ricordo di Joan Baez e Bob Dylan. Spedendo Morandi su Mediaset, così impara ad aver lanciato "C’era un ragazzo". Contrordine compagni! La guerra (democratica) è la sola igiene del mondo. Colpirne uno per educarne cento (ah no, questa è rimasta uguale ad allora, anche se ora si applica a Libia, Siria, ed a chiunque infastidisca Washington). Copiavano dai cugini parigini ripetendo: "una risata vi seppellirà". Ora copiano sempre da Parigi, dal sanguinario Hollande, sperando che sia una valanga di bombe a seppellire donne, bambini e uomini di Assad. Sangue, sangue e ancora sangue. E i bambini massacrati dai missili Usa saranno incidenti collaterali. Non è mica da questi particolari che si giudica una punizione democratica, secondo gli intellettuali organici al potere Usa. Però, almeno, diteci se son state le canne o caviale avariato a ridurvi così

lunedì 2 settembre 2013

Non c'è lavoro per immigrati? Via libera ai mercati di merce rubata

Dopo la demenza germanica che ha vietato alla Ferrero la pubblicità del cioccolato bianco, considerandolo razzista (gli imbecilli sono ovunque), e in attesa di obbligare i cori ad intonare "Marrone Natal", segnali preoccupanti arrivano anche da Unioncamere che evidenzia come stiano crollando le richieste di personale immigrato da parte delle aziende. In Piemonte e Valle d'Aosta - secondo le valutazioni dell'ente camerale che non può certo essere accusato di razzismo - la flessione di assunzioni non stagionali è addirittura superiore al 40%, contro il 30% nazionale. E a fronte di questa situazione che si fa? Si favorisce lo sbarco di migliaia di migranti. Tanto, poi, si aumentano le tasse per mantenere un esercito di disoccupati, moglie e figli. Garantendo case (regolari o lasciate occupare abusivamente senza controlli), scuole, cure, pasti. E proprio a Torino, dove la richiesta di immigrati è calata in modo più drammatico (così come è aumentata la disoccupazione degli italiani), si è risolto il problema lasciando, da un lato, che gli stranieri occupassero le palazzine dell'ex villaggio olimpico. E poi lasciando che sorgesse un mercato abusivo di materiale rubato. Controlli? Certo che no, mica siamo razzisti. Così sono sparite centinaia di biciclette, private e pubbliche (300 solo quelle rubate al servizio To-bike), e ormai si consiglia ai derubati di andarsele a cercare, e ricomprare, nel mercato abusivo. Per poi tuonare, indignati, contro gli italiani che evadono il canone tv o che ritardano il pagamento della tassa sui rifiuti. Ma non è che i due pesi e due misure siano una prerogativa della città malguidata dal compagno Fassino. Milano non sta certo meglio, con il compagno Pisapia. Pronto ad obbligare i bambini italiani a nutrirsi alla maniera islamica o israeliana, tanto per essere politicamente corretti. Perché l'idea di far conoscere, a turno, la cucina delle diverse regioni italiane deve essere sembrata, al sindaco, troppo razzista. Ed allora non resta che preparare i cori del Natale marrone, sparando neve nera sulle piste da sci per evitare che qualche turista tedesco si scandalizzi. Ed il cioccolato bianco? Da vietare! Per eliminare poi il latte di mandorla in attesa di obbligare le vacche a produrre latte colorato.