giovedì 31 agosto 2017

La7 va a sinistra perché crede nella sconfitta della sinistra

Cairo scommette sulla sconfitta della sinistra alle prossime elezioni politiche e, di conseguenza, sposta la sua tv, La 7 , su posizioni di sinistra più becera e faziosa. Non è un'assurdità ma, al contrario, l'ennesima dimostrazione di intelligenza negli affari del presidente del Torino. Quando Rai e Tg5 si erano zerbinati di fronte al bugiardissimo, Cairo aveva fatto della 7 un'area di libertà non renziana se non antirenziana. Ed ora che il Pd appare in difficoltà, nonostante Minniti, il patron va in direzione ostinata e contraria. Non per un cambiamento di campo di Cairo ma, semplicemente, perché stare all'opposizione rende. In termini di ascolti e di raccolta pubblicitaria. Dunque appoggiare le posizioni del ministro Orlando, quello a cui fanno capo i magistrati che chiudono gli occhi davanti alla criminalità degli invasori, porta nuovi telespettatori alla 7. Perché Cairo, da intelligente uomo d'affari, punta sul servilismo di Tg5 e Rai in caso di vittoria del centro destra. Di conseguenza la sua sarebbe l'unica tv di opposizione. In realtà non è proprio così. Perché la sinistra del bugiardissimo ha occupato tutti gli spazi televisivi lasciando a  Cairo la bandiera dell'informazione libera, ma il centro destra ha dimostrato ogni volta di non essere in grado di gestire informazione e comunicazione. Così La7 rischia di non essere sola, in questo caso, ad opporsi ad un futuro governo di centro destra. E dovrà condividere i telespettatori con le altre reti. Resta, in ogni caso, il segnale di una scommessa sulla sconfitta della sinistra. E resta, inequivocabile, la dimostrazione di incapacità di un centro destra che non ha avuto il coraggio e la capacità per contrastare i governi di Letta, del bugiardissimo e di Gentiloni con una informazione di forte contrasto

mercoledì 30 agosto 2017

La nuova mancia elettorale premia il parassitismo

Con l'anno nuovo arrivano le elezioni e non casualmente arriva anche la nuova mancia elettorale prevista dal governo Gentiloni. Poche centinaia di euro per le famiglie con reddito (dichiarato) inferiore ai 6mila euro all'anno. Il problema non è neppure quello di sapere quante saranno le famiglie italiane che potranno usufruirne e quante le famiglie degli invasori. L'errore è proprio nel concetto di mancia, elettorale o meno. Il governo non è in grado di creare condizioni per un lavoro vero, utile socialmente e redditizio. Dunque meglio destinare le risorse alla carità piuttosto di investirle per crescita, sviluppo, occupazione. Negli ultimi anni si sono creati posti di lavoro inventandosi l'emergenza migranti e regalando montagne di denaro alle cooperative che di volontario non avevano nulla e che campavano a spese nostre con la più o meno falsa assistenza alle nuove opportunità. Non è neppure il caso di soffermarsi sull'ignobile mediatore pagato con le nostre tasse per difendere lo stupro. Ciò che è grave in assoluto è che questo tipo di assistenza serve solo a mantenere il peso morto di queste cooperative. Non si va oltre. Si insegna l'italiano, quando si insegna, per mandare poi i nuovi schiavi a lavorare sottopagati al posto degli italiani. Ma non si crea un solo posto di lavoro in più. E in vista della progressiva robotizzazione del lavoro, a partire dalle qualifiche più basse e meno specializzate, al governo non resta che programmare una costante espansione del reddito di inclusione. Ma 600 euro al mese per famiglia non fanno ripartire i consumi di prodotti italiani, non rilanciano l'economia. A meno che non si sappia che i soldi verranno distribuiti a chi già si arrangia con il lavoro nero, non tassato e non dichiarato. In ogni caso si favorirà esclusivamente il parassitismo, perché i corsi di formazione eventualmente obbligatori non servono a nulla se, al termine del percorso formativo, un lavoro vero non c'è. E non ci sarà sino a quando la classe dirigente  italiana, complice di questo governo e di quelli precedenti, non avrà il coraggio di investire.

martedì 29 agosto 2017

Come ti frego universitari e dipendenti pubblici

Forse non sono cattivi, forse sono soltanto ignoranti, dilettanti allo sbaraglio con funzioni di governo. O invece sono dei veri cialtroni che scientemente prendono per i fondelli gli italiani. Difficile valutare cosa sia peggio di fronte all'ignobile farsa degli aumenti di 85 euro peri dipendenti pubblici. Perché gli 85 euro, lordi, farebbero scattare la fascia di reddito per oltre 300mila lavoratori che, di conseguenza, perderebbero il bonus di 80 euro netti. In pratica ci rimetterebbero. Ovviamente i sindacati se ne sono accorti con estremo ritardo ed ora si cerca di correre ai ripari. Nel frattempo è già iniziata la protesta di chi lavora nelle università italiane. Sottopagati rispetto ai colleghi stranieri benché un numero crescente di laureati italiani sia ricercato da aziende e centri di ricerca all'estero, a dimostrazione di una preparazione più che adeguata. È vero, la qualità della formazione universitaria non è uguale in tutti gli atenei e spesso i laureati non sono neppure presi in considerazione per un lavoro quando provengono da alcune facoltà di determinate città. Ma, nel complesso, la preparazione è di buon livello e consente di recuperare i disastri degli anni precedenti. Peccato che al governo tutto questo non interessi. Ed anche molte aziende private se ne fregano. L'importante è risparmiare sia sulle retribuzioni dei docenti e ricercatori sia su quelle dei laureati da assumere con contratti sempre più precari. Il sistema Italia vuole braccia dequalificate a basso costo, non sa che farsene dei cervelli. Masse da sfruttare, nuovi schiavi da far arrivare grazie alla collaborazione di scafisti e navi di filantropi. L'esercito industriale di riserva paventato da Marx ma che piace tanto alla gauche caviar che cazzeggia sulla spiaggia di Capalbio o nel superattico statunitense da cui sproloquia il sedicente scrittore condannato per plagio. E mente loro parlano, e l'Istat sforna statistiche di comodo, gli italiani fanno i conti con aumenti salariali truffa e con crescenti problemi di sicurezza provocati dai complici degli scafisti

lunedì 28 agosto 2017

Se vai a far la spesa ti possono occupare la casa. E restarci

Sembra quasi una istigazione a delinquere la dichiarazione del governo secondo cui chi occupa abusivamente una casa può essere sgomberato solo se è stata individuata una abitazione alternativa dove sistemare l'occupante. Dunque chi esce di casa al mattino per andare a lavorare rischia, tornando la sera, di ritrovarsi l'alloggio occupato da una risorsa boldriniana che avrà il diritto di restare nell'appartamento sino a quando non verrà individuata una villa con piscina che l'abusivo potra' accettare nella sua magnanimità. E lo stesso potrà accadere all'anziano che, al mattino, lascia l'abitazione per andare a far la spesa. Se poi qualcuno ha il cattivo gusto di andare anche in vacanza, allora significa che l'occupazione di casa sua se l'è proprio cercata. Il governo dei buonisti non ha invece spiegato come verranno sistemati gli italiani che si ritroveranno cacciati da casa propria dagli abusivi boldriniani. Potranno rivalersi sulle Ong che hanno trasportato in Italia gli occupanti? Finiranno all'ospizio, se anziani, o sotto i ponti se sufficientemente giovani ? D'altronde è evidente che questo non è un governo per italiani. Nelle scorse settimane si è scoperto che in caso di morte per colpa di un assassino che voleva colpire altre persone diverse dalle vittime, gli eventuali risarcimenti governativi spettano ai famigliari soltanto se le vittime sono straniere. Se sono italiane devono arrangiarsi. È una norma europea, è la giustificazione. Ma è falsa. Perché l'errore non è nella norma ma nel modo in cui è stata recepita dal legislatore italiano. Forse per incapacità e stupidità, o semplicemente perché al legislatore italiano non frega assolutamente nulla degli italiani

venerdì 25 agosto 2017

All'invasore non piacciono villette e pasta

Gli invasori si sono indignati perché la loro protesta a Roma, è stata stroncata con gli idranti. "Siamo esseri umani, non animali", hanno urlato. Gli idranti sono già stati utilizzati in passato contro manifestanti italiani, ma evidentemente gli italiani sono animali da colpire con i getti d'acqua. Gli invasori erano in piazza dopo essere stati sgomberati da un palazzo occupato abusivamente. A loro erano state prospettate soluzioni alternative, comprese alcune villette in altre parti del Lazio. Ma agli ospiti non invitati l'offerta non piaceva. Non è un problema solo romano. Un po' dappertutto, in Italia, gli occupanti abusivi pretendono non solo un alloggio gratuito, ma anche il quartiere o la località preferita. Forse è arrivato il momento di fare un po' di chiarezza, approfittando del rigore messo in campo dal ministro Minniti. Gli invasori solo in minima parte arrivano da Paesi in guerra (guerre che, tra l'altro, giovani di 20 anni dovrebbero combattere invece di fuggire) ma l'Italia accoglie anche gli altri. Fuggono dalla fame? A vederli non si direbbe, ma si può anche far finta che sia vero. Dopodiché non è accettabile che questi ospiti non invitati pretendano non solo di farsi mantenere, ma contestino anche menu e alloggi. A Torino hanno protestato, di recente, perché non vogliono mangiare la pasta. Ci sono migliaia di italiani che fanno ogni giorno la coda, davanti alle mense dei poveri, sperando in un piatto di pasta. Altri protestano perché la località dove sono accolti non è abbastanza vivace, priva di svaghi. Ma davvero dobbiamo mantenere gente di questo tipo quando sono milioni gli italiani che vivono al di sotto della soglia di povertà? Se fuggi dalla fame o dalla guerra, ringrazi mille volte chi ti offre una pagnotta e un tetto. Quella pagnotta e quel tetto che mancano a molti italiani. E se la villetta fuori Roma non ti va bene, te ne torni a casa tua dove la guerra, ma non bisogna dirlo, è finita da 10 anni tanto è vero che le agenzie di viaggio italiane possono organizzare tour turistici.

giovedì 24 agosto 2017

Senza Bannon "evoliano" Trump scommette sulla guerra

Chi si illudeva di essersi liberato dei guerrafondai statunitensi con la sconfitta della folle Clinton, è costretto a ricredersi. Trump ha fatto felici i giornalisti di servizio cacciando Steve Bannon. Colpevole, secondo le anime belle del politicamente corretto su entrambe le sponde dell'Atlantico, di aver letto Evola e Guenon. Autori che, ovviamente, i giornalisti di servizio non hanno mai letto, ma per loro è colpevole chiunque non condanni a priori gli autori inseriti nelle liste di proscrizione. Così Bannon, l'estremista di destra, è tornato a casa e la corrente che fa capo alla figlia ed al genero di Trump ha avuto campo libero. Dunque si può tornare a bombardare il mondo in nome della democrazia americana. Si tornerà a combattere in Afghanistan, invece di proseguire con la pacificazione del territorio. E si distruggeranno i pochi equilibri raggiunti nelle aree di crisi. Perché il pericoloso Bannon voleva l'America first che non andasse a rompere le scatole in giro ma che pensasse alla propria crescita. Il tenero genero di Trump, invece, vuole più guerre e più tensioni perché, come ricordava un vecchio film italiano con Alberto Sordi, finché c'è guerra c'è speranza. Di far soldi. Così il nuovo corso di Trump mette a rischio l'equilibrio che si era creato con il Pakistan, gettando il Paese nelle braccia della Russia oltre che in quelle tradizionali della Cina. Ma senza, per questo, essere in grado di creare rapporti più forti con l'India, nemico storico di Islamabad. Però i produttori americani di armi da guerra sono felici. Meglio fornire aerei piuttosto di stampare libri di Evola e Guenon. E non importa se si tratta di aerei truffa, eccessivamente costosi. Anzi, è pure meglio, così si guadagna di più a spese dei contribuenti. I disequilibri creati dal nuovo corso bellicista di Trump aprono nuove prospettive, ma è inutile illudersi sulla capacità dell'Europa di approfittarne. Basti pensare che la responsabile della politica estera europea è Mogherini..

mercoledì 23 agosto 2017

Manzini ha anticipato la strage dei nonni

"La giostra dei criceti " è il titolo di un libro di Manzini ristampato a una decina d'anni dalla prima pubblicazione. Un libro che deve aver ispirato Boeri, Padoan, Gentiloni e la loro banda. Manzini ipotizza un piano per eliminare fisicamente gli anziani privi di famigliari  in modo da ridurre il peso dei conti dell'Inps. Un ingenuo, lo scrittore. Perché la realtà ha superato la sua fantasia. Nell'Italia di Boeri e compagni non c'è bisogno di servizi segreti che eliminino gli anziani che pesano sul bilancio. E non c'è neppure il bisogno di individuare quelli privi di una famiglia che possa protestare per l'eliminazione del nonno. È sufficiente continuare con la politica che ha tagliato i fondi sia per l'assistenza domiciliare sia per i ricoveri. Una badante costa più di quanto l'anziano incassi mediamente di pensione. E al costo della badante vanno aggiunti quelli per l'alloggio, per il vitto, per il vestiario, per le cure. Mentre un posto al ricovero in strutture decenti è ormai un privilegio per pochi. Le strutture pubbliche sono meno decenti ma, per evitare di far sopravvivere troppo a lungo gli anziani, i posti a disposizione sono sempre meno. Così si muore prima di poter essere ricoverati. Chi ha la fortuna di avere figli e nipoti riconoscenti, e che non si siano trasferiti all'estero per inseguire un lavoro retribuito correttamente, si ritrova a pesare sui conti della famiglia, impedendo altre spese per garantire un futuro ai nipoti ed un presente ai figli. Situazioni insostenibili sul medio periodo. E che creano tensioni, frustrazioni, delusioni. Meglio, per Boeri e compari. Perché più aumentano le tensioni e più si vive male. Così si crepa prima. Chissà a chi si è ispirato Manzini quando ha scritto il suo romanzo..

martedì 22 agosto 2017

La Grande Muraglia dove si schianta Fca

Fca smentisce le indiscrezioni su avances cinesi per l'acquisto dell'intero gruppo o del solo marchio Jeep. Fidarsi di Marchionne non ha alcun senso ma, in fondo, non è fondamentale sapere se Fca verrà inglobata nella Grande Muraglia cinese o se confluirà in qualche altro gruppo. Il cammino è comunque segnato e porterà l'ex Fiat ad un futuro sempre meno italiano e sempre più lontano dalle famiglie Elkann- Agnelli. D'altronde, una dopo l'altra, le grandi dinastie industriali italiane stanno uscendo di scena. Le aziende vengono vendute ai migliori offerenti, che si tratti di cinesi, di russi, di indiani, di arabi o, più tradizionalmente, di americani, francesi e tedeschi. Spesso, per fortuna, i nuovi proprietari continuano a lavorare in Italia, dimostrando che in Italia si può fare impresa nonostante tasse assurde e una magistratura con tempi biblici. E non sono soltanto i settori del fashion ad attrarre gli acquirenti di tutto il mondo che approfittano di un Paese in perenne saldo. La moda, il food, il design indubbiamente. Ma anche la meccanica di precisione, la robotica, l'acciaio, l'aerospazio. Ed ora le auto dopo aver acquistato i marchi e le attività  di alcuni dei più noti carrozzieri. Resta il turismo, ma anche in questo settore l'avanzata dei compratori stranieri è continua. Le grandi catene di hotel in attesa che la liberalizzazione delle spiagge porti a nuovi gestori in arrivo da ogni parte del mondo. La Cina che si sta comprando intere regioni dell'Africa per trasferire milioni di cinesi, non avrà alcuna difficoltà a fornire spiagge e servizi italiani per i propri connazionali alla ricerca di un viaggio nell'esotica Italia. Operai italiani, camerieri italiani per servire i nuovi padroni del mondo. In attesa, piccola attesa, che anche il servizio ai tavoli o nelle camere venga affidato a personale cinese quando finirà il fascino dell'esotico italiano. Resteranno gli artigiani italiani, l'élite operaia in grado di realizzare i capolavori mentre l'operaio massa sarà sostituito dai robot. Resteranno gli artigiani, gli ingegneri capaci di innovazione e di grandi progetti, i ricercatori scientifici, i super esperti nella storia e nell'arte italiana. Magari formati nelle scuole e nelle università cinesi perché la scuola italiana, grazie a Fedeli e compagni (ma senza dimenticare Gelmini e Moratti), sarà sempre più una sfornatrice di ignoranti e disoccupati. È la globalizzazione perdente, bellezza. Tutta Made in Italy

lunedì 21 agosto 2017

Fate in fretta con lo Ius Soli

Bisogna fare in fretta. Prima delle elezioni politiche sarà indispensabile approvare la legge dello Ius Soli e quelle sulle fake news (ossia le notizie vere ma scomode per i signori del potere), oltre a quella sui monumenti e sulle immagini del fascismo. Fare in fretta nella consapevolezza che gli italiani non ne possono più di Fiano e Boldrine e sono pronti persino a riprendersi il bollito di Arcore pur di liberarsi di questa banda di servitori dei Soros di turno. Bisogna fare in fretta perché solo lo Ius Soli può impedire a questori e magistrati di espellere le nuove risorse considerate pericolose. Una volta diventate italiane, le nuove risorse non potranno più essere espulse. Anche perché qualche questore ha scoperto - tardivamente ma meglio tardi che mai - che possono essere espulsi anche gli spacciatori, arrivati minorenni in Italia (chissà su quale nave delle Ong) e diventati criminali abituali grazie alla tolleranza della magistratura. Bisogna fare in fretta perché Alfano può votare qualsiasi porcheria in cambio della promessa di una alleanza che gli consenta la sopravvivenza politica. E bisogna fare in fretta perché le nuove leggi potranno restare in vigore a lungo, anche in caso di successo del centro destra. Che, rimanendo all'opposizione, potrebbe indire un referendum per abrogare lo Ius Soli. Ma che, conquistato il governo, non avrebbe il coraggio di abolire le leggi assurde dei servitori di Soros per il terrore di campagne mediatiche contrarie e, ovviamente, politicamente corrette. Basterebbe una lacrima di Pascale, un invito alla concordia di Tajani, un volemose bene dei ciellini ripassati al centro destra per bloccare ogni tentativo di correggere le leggi boldrinian-fianiane. E poi si scoprirebbero altre priorità, altre urgenze. Ci sarà da pensare prima a come giustificare con gli elettori le conferme, nei luoghi di potere, dei personaggi espressione del centro sinistra. Nel frattempo, per dimostrare che il terrorismo non ci ha cambiato la vita, le città saranno invase da blocchi di cemento per evitare attentati, negli aeroporti bisognerà presentarsi con un giorno di anticipo per superare i controlli. E in Italia aumenterà il numero dei nuovi cittadini. D'altronde, come spiegava il presidente Mao, i terroristi devono potersi muovere facilmente,  come pesci nell'acqua. Dunque hanno bisogno di molta più acqua per potersi confondere e agire

venerdì 18 agosto 2017

Terrore a Barcellona per frenare l'indipendenza o per colpire la Spagna?

Non era un lupo solitario, il terrorista che ha ammazzato 13 persone a Barcellona. Era parte di una cellula più vasta, composta da criminali incapaci ma non per questo poco pericolosi. Ma se di fronte a un lupo solitario si può pensare alla casualità degli obiettivi, quando si ha a che fare con una cellula (per quanto di imbecilli) bisogna ipotizzare un criterio nella scelta della città da colpire. Perché Barcellona? Perché la Catalogna alle prese con un braccio di ferro con Madrid per un percorso che dovrebbe portare al l'indipendenza? Se si voleva semplicemente colpire una famosa località turistica, gli obiettivi potevano essere anche altri, in tutta la Spagna. E lo stesso valeva se l'obiettivo fosse stato un territorio un tempo sotto il dominio islamico. Barcellona ha caratteristiche particolari. Rappresenta, da un lato, la riscoperta delle identità rispetto a Stati nazionali che non hanno più valori e che non rappresentano più niente e nessuno. Ma, allo stesso tempo, la Catalogna è anche in prima linea nel politicamente corretto, nelle scemenze sull'accoglienza, nei luoghi comuni su Erasmus. Barcellona cosmopolita mentre rivendica le sue radici e le sue peculiarità e differenze rispetto a Madrid. Erano consapevoli, i terroristi, di questa situazione? Erano consapevoli che la strage frenerà il percorso verso l'indipendenza? O, nella loro crassa ignoranza e imbecillità, hanno colpito Barcellona per colpire la Spagna? D'altronde è proprio la Spagna ad essere ora sotto attacco a Ceuta e Melilla, località spagnole in territorio marocchino. Le porte dell'Europa  in Africa del Nord. E di fronte ad un governo di Madrid imbelle, e impegnato a rimuovere i cadaveri del periodo franchista, sono improvvisamente aumentati gli sbarchi dei migranti. Quelli che prima venivano respinti senza difficoltà e che ora sbarcano senza problemi. Mentre anche il re del Marocco è sotto attacco da parte di terroristi e dei loro amici politicamente corretti. La Spagna che prende il posto dell'Italia come anello debole nella lotta alla tratta degli schiavi. Erano consapevoli di tutto questo, i terroristi? Lo si capirà da eventuale prossimi attentati. Nel frattempo le anime belle spagnole ed europee lottano a colpi di gessetti colorati. Che si sono dimostrati così utili ed efficaci contro i terroristi, spaventati dalle candeline e da tutti questi colori. Ma le anime belle disegneranno la bandiera spagnola o quella catalana?

giovedì 17 agosto 2017

Abbattere le statue per cancellare le identità e creare gli schiavi

La furia iconoclasta che vede i politicamente corretti yankee distruggere le statue ed i simboli sudisti ricorda, molto da vicino, le proposte di Fiano e Boldrine in Italia. Distruggere il passato, cancellare ogni memoria degli sconfitti. E poi, progressivamente, cancellare ogni memoria tout court. Perché la memoria crea identità ed i servitori della globalizzazione devono cancellare identità e memoria per forgiare l'uomo nuovo, lo schiavo sostituibile in ogni momento perché identico in ogni parte del mondo. Schiavi che accettano salari sempre più bassi perché ce lo chiede Soros, schiavi che si convincono di essere uguali ai padroni perché così viene spiegato. Schiavi del pensiero unico obbligatorio e globale. Schiavi che, come unico momento di libertà, diventano sempre più violenti ed aggressivi nei confronti di altri schiavi. Come le grandi risorse cecene che hanno ammazzato il ragazzo italiano in Spagna. Profughi in fuga dalla guerra, ovviamente, e pronti a portare la guerra contro chi li ha accolti. Ma l'importante è cancellare ogni memoria, ogni ricordo, ogni identità e radicamento. "I vinti sono stati giudicati e condannati dalla storia ", ci spiegano gli eredi dei vincitori. In realtà i vinti hanno solo sbagliato i calcoli sulle armi con cui condurre la guerra. D'altronde la furia iconoclasta tocchera', dopo i vinti, anche i vincitori politicamente scorretti. Abbatteremo le statue degli imperatori romani perché hanno occupato altre terre, cancelleremo Carlo Magno e Napoleone. Via le statue del risorgimento e, subito dopo, anche quelle del Rinascimento. Perché bisogna abbattere i simboli culturali, più pericolosi ancora di quelli militari. Bisogna aumentare l'ignoranza, riducendo lo studio. Non a caso si è scelta Fedeli come ministro della scarsa istruzione. Chi sa, comanda. Chi non sa, fa lo schiavo ed è talmente ignorante da non accorgersene. Eliminiamo Dante e Michelangelo e avanti con Fedez e J-Ax.

mercoledì 16 agosto 2017

Pizza, mafia e mandolino: l'Italia di Netflix

La prima produzione italiana del colosso Netflix è "Suburra". Immancabile l'idea di Italia pizza mafia e mandolino. Criminalità e politici corrotti. I giornali di servizio nostrani ci raccontano meraviglie sulla produzione culturale dell'Italia di oggi (meraviglie sempre realizzate dagli amici degli amici), ma il resto del mondo non si accorge di questi nuovi capolavori, di questi novelli Dante o Michelangelo. E ci ripropina la solita immagine di Italia criminale e inaffidabile. D'altronde, al di là delle dichiarazioni ufficiali e di comodo, non è che la produzione televisiva italiana stia conquistando e travolgendo il mondo. Mentre un numero crescente di Paesi si sta lanciando nel settore televisivo e cinematografico per presentare nuove immagini della propria realtà. Soft power che ha sempre visto in prima fila gli Stati Uniti e che ora assiste al rafforzamento del soft power indiano, cinese, arabo. La Francia si è sempre difesa, l'Italia si è sempre rassegnata alla dominazione straniera. Perché l'alternativa avrebbe comportato investimenti e idee. Meglio, allora, proseguire con i soliti attori che piacciono solo ai produttori ed alle loro amichette, meglio continuare con serie TV che - quando vengono piazzate all'estero - vengono trasmesse a tarda notte. Meglio, soprattutto, proseguire con l'immagine stereotipata della pizza, mafia e mandolino. Oppure con noiosissime produzione zerbinate dedicate a qualche potente di turno. La colonizzazione passa anche e soprattutto attraverso questi interventi nel settore dell'intrattenimento e della cultura. In radio solo musica americana, al cinema e in tv film americani, ma in tv anche format di programmi identici in ogni parte del mondo. Scelte che piacciono alla sinistra globalista e che sostiene il meticciato. Scelte che, in teoria, non piacciono alla destra identitaria. Peccato che questa destra abbia sempre come campione il padrone di Mediaset e, dunque, uno dei maggiori responsabili di questa situazione. Peccato che questa destra, quando ha governato, non abbia fatto nulla per cambiare il vuoto culturale della Rai. Peccato che questa destra, come raccontato da Baldoni nel suo ultimo libro sull'arcipelago missino e paramissino o postmissino, abbia cancellato tutte le esperienze di radio alternative del proprio mondo. Una destra da case a Montecarlo è perfettamente allineata con le serie tv di Netflix

lunedì 14 agosto 2017

L'illusione del turismo italiano

I veneziani sono mercanti da più di mille anni e se hanno votato al 90% per escludere le grandi navi dal Canal Grande, significa che hanno capito che un turismo di questo tipo non ha più senso. Non solo non è utile, ma diventa controproducente. Nonostante le idiozie del genere "libero mercato " di chi sostiene che le grandi navi sono indispensabili per portare turisti. Esiste una sola persona che rinuncerebbe a visitare Venezia se non arrivasse in nave davanti a San Marco? Ma anche se ci fosse un simile imbecille, Venezia perderebbe qualcosa rinunciando a un simile turista? I veneziani hanno deciso di no. Hanno deciso che 30 milioni di turisti bastano e avanzano. Perché troppi visitatori stanno distruggendo la città, la sua vita, la sua esistenza stessa. Venezia non è solo San Marco o Rialto. Sono secoli di storia unica e inimitabile, sono cultura e tradizioni. Questo è il vero fascino. Se no, per turisti ignoranti, bastano le patetiche ricostruzioni di Venezia negli hotel di Las Vegas. Lo hanno capito anche i messicani che, per i pigri e ignoranti turisti statunitensi, hanno costruito negli hotel le riproduzioni di alcune piramidi. Cosi il grasso yanqui si fa la foto ed evita di infastidire chi si fa ore di strada per visitare i siti archeologici autentici. È chiaro che il turismo sta cambiando e andrà verso modifiche radicali. Occorre tener conto del turismo dei millenials che non hanno cifre astronomiche da spendere per un aperitivo o per un giorno sugli sci. I piaceri che si concedono ancora i turisti italiani diversamente giovani non potranno concederselo i figli ed i nipoti. Sarà, inevitabilmente, un turismo più "naturale " per mancanza di alternative economiche. Ma tutti sognano di intercettare la clientela vip, quella danarosa e, magari, internazionale. Proponendo prezzi assurdi per servizi di bassa qualità. Ombrelloni, sdraio e lettini che, per una giornata nello stabilimento balneare, costano più di un eventuale acquisto definitivo dello stesso ombrellone o lettino. Una giornata sugli sci che costa come lo stipendio di una settimana di lavoro per un millenial. E proposte sempre più uguali, globali. Si sta sulle Alpi e si potrebbe essere in qualsiasi altra parte del mondo perché l'offerta non prevede nessun rapporto con la cultura e l'identità locale, ma solo centro benessere, aperitivo internazionale, piscina. E allora, se manca l'identità, l'unica sfida sarà sui prezzi. E se finisce l'emergenza terrorismo, i prezzi italiani saranno perdenti rispetto a buona parte del mondo

giovedì 10 agosto 2017

Quando mancano le idee si ricorre al cemento

Pietro Crivellaro, alpinista e storico della montagna, presentando il suo ultimo libro sulla conquista del Cervino ha mostrato alcune foto di una ex "perla delle Alpi", con la distruzione in anni recentissimi di una piccola borgata per lasciare spazio agli immancabili condomini privi di ogni senso estetico. E non è un caso che la località sia diventata una ex perla alpina. Con crescenti difficoltà a fare il tutto esaurito persino a ferragosto. Ma il problema è molto più vasto. E non riguarda solo la montagna che, pure, rappresenta una parte consistente dell'intero territorio italiano. La vita nelle città, grazie anche (ma non solo) alla demenziale e criminale politica migratoria, diventerà sempre più difficile e spingerà a cercare alternative in centri sempre più piccoli. Dunque si aprono prospettive di ripopolamento e di nuovo sviluppo per i paesi che erano stati abbandonati. Purché esistano le capacità per intercettare questi flussi di persone preparate, con grandi competenze professionali e, di conseguenza, anche con aspettative elevate. Lo ha compreso il Trentino che a ottobre, grazie ai centri studi Vox Populi e Nodo di Gordio, organizzerà un confronto sul futuro della montagna. Al di là delle solite banalità di un turismo privo di idee. E quando mancano le idee arriva il cemento. Nuove case, nuovi hotel, nuovi impianti di risalita. E nessun progetto alternativo che trasformi i paesi e le borgate in centri vivi e vitali, dove si producono beni materiali e immateriali. Ma lo stesso vale per le località di campagna o di mare. Paesi che vivono di turismo isterico e ossessivo pochi mesi all'anno per poi trasformarsi in deserti privi di vita. Certo, è più facile costruire uno scivolo sulla spiaggia piuttosto di creare l'ambiente adatto per creare una piattaforma di distribuzione dei prodotti locali. Piccoli paesi visti solo come luoghi di evasione per cittadini esasperati e in cerca di distrazioni di massa. E invece è proprio dai piccoli centri che dovrebbe partire il rilancio. Con la capacità di attrazione di cervelli e non solo di portafogli

martedì 8 agosto 2017

In Liguria il centro destra ignora la propria cultura

La nomina del comico Luca Bizzarri al vertice di una prestigiosa istituzione culturale genovese ha scatenato le polemiche dei potenziali elettori del centro destra. Che, al contrario, dovrebbero essere grati a Toti ed al neo sindaco di Genova per aver fatto chiarezza. Il voto all'eventuale coalizione di centro destra non cambierà assolutamente nulla. La cultura, che è alla base della concezione della società, resterà quella di adesso, affidata alla sinistra politicamente corretta, quella del buonismo, dell'accoglienza, delle banalità e dei luoghi comuni. Toti come Burlando, intercambiabili, identici. Non ha alcuna importanza se il comico si rivelerà abile nel presiedere Palazzo Ducale. È la logica che ha portato alla scelta che deve far riflettere. O Toti e compagni sono semplicemente ignoranti e succubi di una sinistra intellettuale che rappresenta il vuoto cosmico ma che lo sa vendere bene, oppure il centro destra ligure non è in grado di esprimere una sola figura di intellettuale preparato. In ogni caso non si capisce perché si dovrebbe votare per un simile schieramento incapace di far crescere persone di cultura o incapace di valorizzarle e difenderle dagli assalti dei mass media di servizio. Non si sa cosa sia peggio. Si rinuncia consapevolmente a svolgere qualsiasi ruolo di indirizzo culturale. Ma di fronte a queste scelte diventa comprensibile il tentativo di riproporre la solita ammucchiata, con Alfano, Lupi, i ciellini e gli sciolti civici. Tutti insieme per conquistare le poltrone e garantire che nulla cambierà. Per avere un comico genovese in ruoli di responsabilità, basta Grillo. Non c'è alcun bisogno delle manfrine di Toti e dei suoi compagnucci della parrocchietta. Il centro destra punta a vincere solo grazie al disgusto provocato dal Pd. Per poi governare esattamente come il Pd. Senza neppure il coraggio di imitare Minniti ma, piuttosto, allineandosi con i catcom come Del Rio. Pronti ad accordi con il bugiardissimo, d'altronde le scelte sono le medesime.

La legione straniera non salva lo sport italiano

Nell'indifferenza pressoché generale del pubblico italiano, in Inghilterra si stanno svolgendo i campionati mondiali di atletica. Inevitabile la disattenzione italiana, considerando l'assenza del nostro Paese dal medagliere. Eppure la nazionale è infarcita di nuovi italiani che avrebbero dovuto garantire il salto di qualità e successi a iosa. Invece nulla. Non bastano i cognomi esotici per garantire vittorie e medaglie. Strano, perché i nomi esotici portano vittorie e medaglie alla Francia, al Belgio, all'Olanda, alla Gran Bretagna. Per non parlare dei Paesi del Golfo che si comprano i migliori atleti stranieri in circolazione e li fanno gareggiare come se fossero del Bahrein o del Qatar. Invece l'Italia è così accogliente da mettere in nazionale atleti stranieri che non vincono nulla. E manco fanno bella figura.  Eppure non è sempre andata così nell'atletica. Basti pensare ai successi di Mennea, Dario, Simeoni, Berruti, ma l'elenco sarebbe lunghissimo. Di fronte ai tempi ed alle misure degli atleti italiani di oggi, si devono rimpiangere Frinolli, Fiasconaro, Gentile, Ottoz. Non soltanto Eddy Ottoz, medaglia alle Olimpiadi, ma anche i suoi figli, ostacolisti non altrettanto grandi ma sicuramente in grado di ben figurare rispetto allo spettacolo odierno. Un disastro che non è conseguenza solo di una pessima gestione del settore, ma soprattutto della pessima gestione del Paese. Generazioni che potrebbero vincere i mondiali di smartphone, ma che soffrono troppo e invocano l'intervento del telefono azzurro di fronte alla prospettiva di una corsa o di un salto. La Buona scuola sforna ignoranti con scarsa propensione allo sport. E di fronte al fallimento si ricorre alla legione straniera che, essendo cresciuta in Italia, si è subito adattata al fancazzismo degli autoctoni. In tutto questo scenario va però riconosciuto il merito alla Rai di offrire servizi di livello elevato dai mondiali. Commenti tecnici chiari e analisi affidate a persone competenti. Pare quasi incredibile che la Rai riesca ad offrire un prodotto da medaglia

lunedì 7 agosto 2017

Sarà il governo a decidere il futuro delle tv locali

Probabilmente solo gli addetti ai lavori sanno dell'esistenza dei Corecom, i comitati regionali che si occupano di comunicazione. E, in tale veste, si occupano anche di destinare fondi pubblici alle tv private del territorio. D'ora in poi non se ne occuperanno più. La destinazione delle risorse sarà decisa direttamente dal ministero dello sviluppo economico. Dunque sarà il governo centrale a stabilire quali emittenti amiche potranno sopravvivere e quali tv nemiche dovranno marciare verso la chiusura. Altrove si chiamerebbe censura e si scatenerebbero le proteste contro una simile gestione delle risorse e della libertà di informazione. In Italia, invece, non succede nulla. In fondo è anche comprensibile. Le tv locali avrebbero dovuto rappresentare una alternativa alla disinformazione di regime e invece, nella stragrande maggioranza dei casi, sono diventate contenitori di vendite di pentole, materassi, bigiotteria. Dunque non si capisce perché le televendite dovrebbero venire finanziate con denari pubblici. Per la sopravvivenza di qualche notiziario ottenuto leggendo le agenzie ed i comunicati stampa? Per qualche intervista zerbinata al politico di turno? Certo, esistono eccezioni meritevoli, ma sono appunto eccezioni. Le inchieste vere sono merce rara. Indubbiamente anche i programmi di musica tradizionale vanno salvaguardati, ma la nascita delle tv locali era stata accompagnata da ben altre aspettative. I commenti calcistici abbondano, le analisi socioeconomiche latitano. Non bisogna disturbare i potenti. Con la speranza che i politici locali, che controllano i Corecom, siano poi riconoscenti. Ma adesso arriva la fregatura. Sarà la lontana Roma a decidere. E allora, nella migliore delle ipotesi, bisognerà valutare criteri diversi dalla comparsata del consigliere comunale o regionale. Magari si terrà conto dei lavoratori pagati regolarmente, del numero dei giornalisti assunti, dei programmi prodotti internamente. Sarà una strage, se si lavorerà con correttezza. Ma le tv sperano che tutto si risolva nella solita farsa all'italiana. Perché investire sulla qualità è un atteggiamento per pochi, e il coraggio di una informazione libera è un privilegio ancora più raro.

venerdì 4 agosto 2017

Il 35% al centro destra spaventa i media di servizio

I sondaggi che attribuiscono il 35% dei consensi ad una ipotetica alleanza del centro destra stanno spaventando i giornalisti di servizio e il sempre più smagrito esercito dei politicamente corretti. Bisogna correre ai ripari e prepararsi all'eventuale svolta. Dunque occorre rimettersi a fare gli zerbini del bollito di Arcore, una garanzia per il circo mediatico perché si ha la sicurezza che con Berlu al comando nulla cambierà. Così si concede nuovo spazio alle interviste senza contraddittorio al bollito, lo si esalta, gli si riconoscono meriti sin qui sempre negati, si evitano domande scomode. Solo lui può rassicurare direttori di quotidiani e di reti televisive, non interverrà mai sugli aspetti informativi e più o meno culturali. Ora il bollito omaggia la Merkel e critica Macron, tentando di spezzare l'asse tra Berlino e Parigi, sperando di sostituire Macron come amico privilegiato della cancelliera tedesca prossima alla riconferma. E non ha la minima importanza, per il giornalismo zerbinato, che Forza Italia nei sondaggi resti alle spalle della Lega. L'importante è far sparire dalla scena e dall'informazione di servizio ogni riferimento a Salvini o a Meloni. Il centro destra è Berlu, gli altri non esistono. D'altronde non fanno assolutamente nulla per riprendersi la scena mediatica. Hanno rinunciato a dotarsi di organi di informazione propri e hanno scelto di affidarsi al buon cuore e ad una molto eventuale correttezza della disinformazione di servizio. Non ha importanza se sia un effetto della miopia, della taccagneria, della consapevolezza di non avere persone adeguate. Il risultato è che da qui al voto Il giornalismo di servizio spingerà in ogni modo il bollito di Arcore, rivalutando persino le Brambilla di turno, o la politica scolastica di Gelmini. E saranno i media a sostenere la necessità di una nuova alleanza con Alfano e Lupi, in modo da annacquare definitivamente ogni ipotesi di cambiamento e, magari, disgustando a tale punto gli elettori da spingerli a disertare le urne, evitando il rischio di un successo del centro destra.

giovedì 3 agosto 2017

Navi da guerra in Libia nel caos mentale di Alfano

Tripoli, bel suol d'amore.. E così le navi militar italiane tornano nelle acque di quella che fu la Quarta sponda. Ma partono in una situazione di caos generale grazie alla ormai nota incapacità del ministro degli esteri, Alfano. Incapace di comprendere che la Libia è divisa in due e che non sarebbe stato male accordarsi anche con la Cirenaica di Haftar prima di partire per la Tripolitania. Tra l'altro Haftar, sino ad oggi, ha accuratamente evitato di concedere le coste della Cirenaica agli scafisti che portano gli schiavi in Italia, a differenza di quanto continua ad accadere dalla parte di Tripoli. Chissà se Alfano se n'è accorto. In compenso al prode ministro degli esteri deve essere sfuggito che l'Egitto sostiene Haftar e continuare a non avere un nostro ambasciatore al Cairo non aiuta nelle relazioni diplomatiche. Forse è un particolare che sfugge al grande statista siciliano. Probabilmente non succederà nulla, Haftar non manderà gli aerei a bombardare le navi italiane, ma di sicuro non è l'approccio più intelligente ne' il più utile per gli accordi sulla gestione delle risorse energetiche. Ma è quello che passa il triste convento del governo Gentiloni. Il vero problema, però, potrebbe nascere da un eventuale sbarco dei militari italiani a Tripoli. Bisognerà evitare che si addentrino nei quartieri edificati dagli italiani tra le due guerre mondiali. Potrebbero scoprire che i cattivissimi tripolini hanno lasciato intatti i simboli del passato regime italiano. Limitandosi a dipingere di verde i fasci che adornavano i portici. Se lo scoprono Fiano e Boldrine ci tocca dichiarare guerra alla Libia ed ordinare bombardamenti a tappeto per distruggere gli odiati simboli. Curioso che persino i Paesi colonizzati abbiano rispetto per una parte del loro passato mentre il rispetto per la storia manchi ai politici italiani

mercoledì 2 agosto 2017

Il circo tragico italiano finge di bloccare le navi ong

L'Italia mostra i muscoli ai trafficanti di schiavi e ferma una nave di una ong che non ha accettato le nuove regole. Titoli risoluti per i disinformatori di professione di giornali e tg. La realtà è un po' diversa. La nave è stata scortata in un porto italiano, gli invasori sono regolarmente sbarcati, gli uomini dell'equipaggio hanno mostrato i documenti, la nave non è stata sequestrata. Davvero una risposta durissima, quella del governo italiano. Che, duro e puro qual è, si trova ora a far marcia indietro anche su Haftar, il generale libico che controlla la Cirenaica e che non piace ad Alfano e Gentiloni. Ora, dopo l'intervento di Macron, Haftar piace un po' di più. Ed è con Alfano, con questo disastroso ministro degli esteri con un passato da disastroso ministro degli interni, che il bollito di Arcore vorrebbe fare accordi, a partire dalle elezioni siciliane. Perché, spiega il circo tragico di Berlu (circo, non cerchio), con i pochi voti di Alfano si potrebbe vincere. Già, ma per far cosa? Se Alfano continua a fare Alfano anche nel centro destra, le politiche disastrose rimangono le stesse. E allora perché mai si dovrebbe votare il centro destra invece del centro sinistra o dei 5 stelle? Come può essere accettata una alleanza con chi ha governato con il bugiardissimo e sta governando con Gentiloni? Il centro destra vorrebbe governare per poter piazzare uomini e donne del proprio circo per far le medesime politiche del circo del bugiardissimo? Se, almeno, i personaggi proposti fossero di alto livello una chance ci sarebbe. Ma se l'idea è di riproporre Alfano e Lupi, Santanche' e Zanetti, magari con un ruolo semi ufficiale per Pascale, ragioni per votare il centro destra proprio non ne esistono. Per una flat tax promessa con la certezza che non verrà introdotta? Per una diversa politica sui migranti, sapendo che Pascale e il circo tragico si commuoveranno al primo reportage strappalacrime e imporranno di spalancare le porte? Per una politica economica e sociale più attenta al popolo quando il centro destra ha esultato per l'abolizione dell'articolo 18, per i licenziamenti facili? Per le indicazioni del bollito di Arcore che sogna Draghi, Marchionne e persino Montezemolo? Quel Marchionne che, dopo il trionfo della Ferrari in Ungheria, si chiedeva chi aveva lanciato in qualche festival di Sanremo quel motivetto a lui sconosciuto che accompagnava una bandiera simile a quella messicana. Ma è questo il nuovo circo che dovrebbe governare l'Italia?

martedì 1 agosto 2017

Corona sfascia il buonismo radical chic

Mauro Corona, da non confondere con Fabrizio Corona, insegue con un'ascia dei teppisti che gli avevano sfasciato la vetrata di casa. E subito l'imbarazzo della sinistra è grande. Perché Corona, con le sue comparsate in trasmissioni televisive politicamente corrette, era diventato una icona per la gauche caviar che trova tanto pittoreschi i personaggi come il montanaro che scrive libri. Poi, in realtà, qualcuno sostiene che Corona (un furbacchione) sia pronto per una candidatura con la Lega, ma questo sarebbe solo lo sberleffo finale ad una sinistra ottusa, arrogante, spocchiosa che vive nei salotti e per i salotti. Il problema vero, per le anime belle dei renitenti alla vanga, è che la vicenda di Corona ha solo evidenziato una rabbia che è ormai generale nei confronti dell'incapacità dello Stato di tutelare i cittadini italiani. Non solo a casa di Corona. A Mombaruzzo, in Piemonte, una anziana disabile è stata violentata da una grande risorsa. E il magistrato politicamente corretto ha subito mandato a casa lo stupratore. Arresti domiciliari a poche decine di metri dalla vittima. Poi, però, i renitenti alla vanga intervengo per spiegare che la difesa spetta solo allo stato e non al cittadino, che non ci si può fare giustizia da soli perché ci sono i magistrati. Appunto. Bisogna spiegare alle vittime quale giustizia sia quella che sa solo rimettere in libertà gli aggressori, quale difesa sia quella che non interviene mai quando se ne ha bisogno. Non sappiamo cosa farcene di uno Stato che si impegna solo per multare le auto in divieto di sosta e per dar la caccia a chi ha compilato un modulo in modo sbagliato. E allora ben venga la rabbia di Corona, la sua voglia di autodifesa e di farsi giustizia da solo. In attesa che lo stato provveda ad utilizzare le forze dell'ordine per tutelare i cittadini e non solo se stesso ed i propri rappresentanti. In attesa che vengano cacciati i magistrati che non applicano la giustizia in nome del popolo italiano ma solo in nome di principi astratti di buonismo politicamente corretto.