venerdì 29 marzo 2013

Pasqua di povertà, ma Puppato ordina di pagare le tasse

Prenotazioni turistiche in calo del 20%, consumi alimentari in frenata del 10%: la Pasqua al tempo degli incompetecnici è questa. D'altronde il disastro economico provocato da questi cialtroni, per portare i nostri soldi nelle capienti casse della speculazione finanziaria internazionale, non poteva determinare conseguenze molto diverse. E se i dati Istat indicano un incremento della disoccupazione di 1 punto, all'11,5% e con propensione ad un ulteriore aumento, i dati reali del centro studi DataGiovani illustrano una realtà ben diversa e molto più preoccupante. La disoccupazione, in Italia, ha ormai raggiunto il 20%. Perché ai disoccupati censiti dall'Istat devono essere aggiunti tutti i cosiddetti rassegnati. Ossia coloro che un lavoro non lo cercano neanche più. Ormai in preda alla disperazione ed appunto alla rassegnazione. Giovani, ma anche anziani in attesa pluriennale di una magra pensione che, se e quando arriverà, non consentirà più una vita dignitosa. E allora ci si arrabatta con lavoretti precari, ovviamente in nero. Per sopravvivere. Ma i vertici delle categorie si ritrovano tra di loro e, tra un bicchiere di vino ed una tartina, si stupiscono per il calo dei consumi. E come se ne esce, secondo loro? Ma con licenziamenti liberi. Tagli degli occupati ed aumenti delle tariffe. D'altronde gli incompetecnici provengono dalle medesime file di una classe dirigente di infimo livello. Che non capisce, non ha coraggio, non vuole investire. Tagli e tasse. Dei veri imbecilli. Ma non va molto meglio con i politici. La Puppato, tanto attiva quando si deve battere contro la Torino-Lione, va in tv da Santoro e cosa riesce a dire di fondamentale? Che le tasse devono essere pagate. Non una parola sulla riforma Fornero da eliminare subito (d'altronde il Pd l'ha votata..), non una parola su cosa offrire alle centinaia di migliaia di lavoratori cacciati fuori perché diventati troppo anziani per essere superefficienti e troppo giovani per arrivare ad una pensione adeguata. Macché: a questa banda di commessi dei banchieri interessa solo che gli italiani si impoveriscano ulteriormente, per far felici gli speculatori e la Merkel. Ma ciò che è più assurdo è il comportamento di tutti quei piccoli imprenditori dell'industria, dell'artigianato, del commercio, del turismo: vedono svanire gli ordini, vedono contrarsi gli acquisti dei clienti, vedono sparire i turisti e si preoccupano solo di licenziare. I bilanci miglioreranno, le loro aziende chiuderanno per mancanza di attività. Moriranno sani.

giovedì 28 marzo 2013

Evita, ay che vita. E che esempio per l'Italia

Metti una sera infrasettimanale, in un teatro periferico ma tutt'altro che piccolo. Metti un'artista molto brava ma assolutamente poco conosciuta. E metti che lo spettacolo faccia il tutto esaurito. A Torino, in una realtà dove la crisi è molto più drammatica di quanto venga scritto sui giornali. Eppure la gente è accorsa. Miracolo? No. Politica. Perché Sonia Belforte, italoargentina, ha realizzato e messo in scena "Evita, ay che vita", uno spettacolo recitato e cantato dedicato alla donna diventata un mito dell'intera America Latina. Di famiglia antiperonista, la Belforte. Eppure studiando ed approfondendo si è ritrovata ad appassionarsi a quella donna straordinaria che ha cambiato la storia dell'Argentina e non solo. Certo, le capacità dell'artista sono fondamentali nel successo di uno spettacolo. Ma è il tema che interessa, che comincia ad appassionare anche gli italiani. La gente vuol capire come si possa cambiare la società partendo dal basso, essendo povera tra i poveri. Con il coraggio, l'intelligenza, la forza di Evita. Vale per l'Argentina, per l'America Latina. Ma vale per l'Italia e per chiunque non si rassegni ad essere rovinato dai commessi degli speculatori. Evita da un lato, il grigiocrate Monti dall'altro. Evita e Peron, Monti e la Merkel. Una certa differenza. Di stile, di umanità, di onestà, di amore per il proprio popolo. La bravissima Belforte recita e canta, non propone un comizio. Ma anche così si fa politica. E qualche perfezionista potrebbe contestare la ricostruzione economica delle difficoltà incontrate da Evita e Juan Domingo. Ma è uno spettacolo, non un trattato di economia. E lo spettacolo va al cuore della gente. Il pubblico esce con la consapevolezza di aver conosciuto la storia di una grande donna. E non frega niente a nessuno se ha ragione il giudice Rosario Priore nel libro "Intrigo internazionale", quando sostiene che Evita avrebbe lavorato per i servizi segreti della Germania nazionalsocialista. Anche perché Evita e Peron si son conosciuti nel '44, a guerra ormai perduta. Quello che conta davvero, e Belforte lo ricorda, è che l'amore tra il generale e la ragazza povera era un'autentica passione. E che da quell'amore e da quell'unione di idee e di cuori è nata una rivoluzione sociale che dura ancora. Il peronismo è cambiato, sosteneva il solito sedicente esperto italiano riferendosi a Cristina Kirchner per dimostrare che Evita e Peron non contano più nulla. Al contrario, il peronismo è vivo proprio perché cambia per rispondere ai cambiamenti della società. Evita e Juan Domingo restano i simboli e gli ispiratori. E la Kirchner rappresenta la continuità nel cambiamento. Un'impresa non facile, quando si deve combattere contro gli squali del Fmi e l'aggressione costante degli Stati Uniti. Senza dimenticare il ruolo della chiesa che aveva contribuito, con i militari, ad abbattere Peron e che si era scontrata, con Bergoglio, anche con Cristina. Ma ora i due personaggi viventi più influenti del Paese latinoamericano sembrano aver raggiunto una tregua: Bergoglio non esiste più, ora c'é Papa Francesco. Ed a Buenos Aires è rimasta Cristina Fernandez Kirchner: peronista!

mercoledì 27 marzo 2013

Tecnici in Italia? Solo per aggiustare la lavatrice

Terzi se ne va e Napo si offende. Ovvio che si offenda: il disastro di questa banda di incompetecnici è interamente responsabilità del presidente della Repubblica che ha trasformato un ciuchino in senatore a vita (almeno a Roma imperiale nominavano i cavalli), portandolo poi a governare e rovinare l'Italia con un governo assurdo. Ora se ne andranno, ma il problema rimane. Ed il problema non è solo la presenza di Monti come senatore a vita: una vergogna per l'Italia. Se avesse un briciolo di dignità, Monti lascerebbe lo scranno. Per manifesta inferiorità. Perché la nomina a senatore a vita dovrebbe presupporre meriti che Monti non ha mai avuto. Non basta essere il commesso della Merkel. E Napo avrebbe dovuto saperlo. Però Monti è uno, il problema è generale. Perché questi sono i tecnici di fronte ai quali i media italiani si sono trasformati in zerbini indecenti. Qualcuno ricorda il codazzo di giornalisti che ridevano ad ogni battuta idiota del premier? Ultimer diceva boiate e loro giù a ridere, a scrivere di Monti come fine umorista all'inglese. Tutti zerbinati nel descrivere le sobrie vacanze a St.Moritz. Tutti a difendere provvedimenti assurdi, a censurare i suicidi provocati dalle riforme della signora Fornero. Questa è l'informazione italiana. Ed è un problema. Ma questi sono anche i tecnici italiani, ed il problema è ben maggiore. Probabilmente la signora Fornero, dopo questa rovinosa parentesi governativa, emigrerà in Germania. Giusto premio per chi ha fatto gli interessi tedeschi e non quelli italiani. Ma questa signora ha insegnato per decenni nell'Università italiana. Ed è tragico pensare a tutti gli studenti che hanno dovuto apprendere qualcosa da lei. Per non parlare di Monti, ai vertici della Bocconi. In che mani abbiamo lasciato la formazione universitaria italiana? Il problema è la classe dirigente di questo Paese. Disastrosa, legata ad interessi che non sono quelli italiani, incompetente. E supponente, arrogante, presuntuosa. Il ministro dell'Agricoltura che non è in grado di tutelare i prodotti italiani dai tarocchi prodotti e venduti non in Cina ma in Germania? Il responsabile del Turismo che manco si sa chi sia perché nulla ha fatto (ed il turismo italiano va in crisi)? I beni culturali affidati ad un altro che non ha combinato nulla se non convincere i media a non occuparsi più dei nuovi crolli a Pompei ed in giro per l'Italia? Ora se ne andranno, ma ritorneranno in posizioni di vertice nel Paese. E non possiamo permettercelo. Non dobbiamo permetterglielo. Ma già c'è gente, come La Russa, che non esclude una candidatura di Terzi tra i Fardelli d'Italia alle prossime elezioni. Un genio, Ignazio. Non solo si è candidato lui, provocando la fuga di legioni di potenziali elettori. No, ora insiste e raddoppia le candidature sbagliate. No, proprio non è il caso.

martedì 26 marzo 2013

Un leader come Renzi a destra? Non serve

Michele De Feudis, su Barbadillo, riprende il tema proposto da Panebianco sul Corriere della Sera: alla destra serve un leader come Renzi. Ma ne siamo proprio sicuri? I dubbi ci sono, e pure tanti. Innanzi tutto perché Renzi può essere tutto, tranne che un leader. E' un simpatico sindaco fiorentino trasformato in un fenomeno mediatico. Ma dove sarebbe la sua statura da leader? E leader di che? Di sicuro non della sinistra. Non è un caso che una larga fetta degli elettori del Pdl (e non solo degli elettori) fosse disposta a votare Renzi in caso di primarie aperte e pure alle eventuali elezioni politiche con un Pd guidato dal sindaco toscano. Un fenomeno mediatico non ha bisogno di grandi teoremi, di idee forti, di carisma reale. Bastano i giornali, le tv, le interviste zerbinate, le copertine patinate. Ed anche il brutto anatroccolo potrebbe trasformarsi in cigno. Ancor più facile se l'anatroccolo non è brutto. Ma è di un personaggio così che ha bisogno la destra? E poi, quale destra? Il Pdl un leader, pure carismatico, ce l'ha già. Vecchio, stanco, pieno di problemi giudiziari, ma pure un grande combattente quando deve difendersi e rilanciare. Però il Pdl non è la "destra". Non è neppure un partito. E' un contenitore di cortigiani del Principe. E quando il Principe ha provato a lasciar spazio ad un improbabile delfino, il Pdl si è prosciugato. Così come è destinato a scomparire quando Berlusconi deciderà di passare la mano. Dunque non serve un leader per una formazione che non esiste di per se stessa. E non ha più un leader la Lega Nord. Squassata dalle polemiche sul cerchio magico, sulle assurdità di lanciare il Trota, sulle ruberie di personaggi incredibili. Maroni è stato un abile stratega nelle ultime elezioni, ma non ha la statura del leader. E le liti in Veneto sono la dimostrazione più evidente. Senza dimenticare che sarebbe una forzatura collocare tout court la Lega a destra. Resta, allora, la galassia che parte dai Fardelli d'Italia e si allarga alle formazioni dello zero virgola. Varie "destre", con sensibilità differenti e programmi non sempre compatibili. Cosa può avere in comune Crosetto con Fiore? O con Romagnoli? In realtà neppure con la Meloni dovrebbe avere molto in comune. Ma sono loro che dovrebbero trasformarsi nei leader della galassia destrosa? O Ignazio? Carisma neanche a parlarne. Ma in questo sono alla pari con Renzi. Dove, però, il discorso non fila è nella possibilità di creare il fenomeno mediatico a tavolino. Renzi ha il sostegno dei più grandi quotidiani italiani, delle tv, dei settimanali. A destra nessuno ha altrettanto. Dunque il fenomeno mediatico non può esistere. meglio così. Perché serve sostanza. Serve una squadra di gente capace, di gente che studia, che analizza, che propone. I soldi buttati nel cesso per i manifesti elettorali devono essere utilizzati per valorizzare le proposte, per farle conoscere. Serve una squadra di persone che non spariscono dopo le elezioni perché sono pigre. Serve gente che lavori davvero, non leader vuoti ed abbattibili al primo cambiamento di linea editoriale dell'eventuale sponsor mediatico.

lunedì 25 marzo 2013

Far politica a destra non vuol dire fare i boy scout

Fedeli o non credenti, tutti quelli che si occupano a vario titolo di politica dovrebbero condividere un'analisi del nuovo Papa. "Senza la croce - afferma Bergoglio - la chiesa si riduce al ruolo di assistenza sociale". Senza le idee, senza una visione della vita, senza i princìpi, la politica si riduce a comitati d'affari o, nel migliore dei casi, al mero volontariato sociale. A cosa serve ricreare un'unità d'area, a destra (o come la si vorrà chiamare), se l'unico impegno comune deve essere quello di accompagnare le vecchiette a ritirare la pensione o la creazione di un banco alimentare? Nobili intenti, certo. Che dimostrano la generosità di chi li propone. Ma, senza un'idea di rinnovamento sociale, ci si ritrova a far concorrenza umanitaria con i boy scout, con la San Vincenzo, con il Sermig. Berlusconi minaccia il ricorso alle urne in tempi brevissimi (ed il rinvio, voluto dalla banda di Gianni Letta, serve solo a rendere più ardua una vittoria del Cavaliere) e la galassia destrosa discute di come organizzare una colonia estiva per bambini di famiglie in difficoltà. Idea importante, utile. Ma non strategica per chi fa politica. Perché, se non si vuol fare solo assistenza, ci si dovrebbe impegnare affinché cambino le cose, affinché le famiglie non siano in difficoltà a causa di politiche economiche criminali. La povertà non si combatte distribuendo il pane a 4 bisognosi più fortunati di altri perché incontrano i volontari. Si combatte cambiando le condizioni di vita, cambiando le politiche del lavoro, respingendo le imposizioni finanziarie ed industriali che provengono dagli ambienti della speculazione. Ma la politica si fa anche cambiando dirigenti inetti che hanno portato a risultati elettorali ridicoli. La guerra, a destra, degli zero virgola. Nessuno obbliga a presentarsi alle elezioni. Si può condizionare la realtà con movimenti culturali gestiti con competenza e professionalità. Ma anche la troppo mitizzata base deve cambiare. Imparando, ad esempio, l'educazione. Imparando l'umiltà di ascoltare chi sta parlando. L'assemblearismo, con la possibilità di interventi anche duri, anche stupidi, ha lasciato spazio ai capannelli di mugugnanti. Ed è difficile, con questi capannelli, pensare a grandi convegni dove invitare chi, da altre posizioni di partenza, arriva alle medesime conclusioni su temi particolari. Perché ci sarà sempre il puro e duro più puro e duro degli altri che rinfaccerà all'ospite una sua dichiarazione di 20 anni prima, una sua posizione non condivisa su altri temi. Più umiltà, più competenza, meno leaderini e ancor meno aspiranti leaderini. In fondo non è neppure impossibile..

sabato 23 marzo 2013

La politica senza soldi richiederebbe più intelligenze e meno bamboccioni

La battaglia dell'antipolitica porterà, sicuramente, ad almeno un risultato: il taglio delle risorse a disposizioni dei partiti e dei movimenti. Dunque anche chi sogna i ludi cartacei per ottenere un non indifferente rimborso elettorale, dovrà rifarsi i conti. Perché la politica diventerà - e in questo ha perfettamente ragione Bersani - una questione per miliardari. Berlusconi, Renzi appoggiato dai finanzieri che aveva raggruppato a Milano per la famigerata cena delle primarie, Montezemolo e pochi altri. Se nel centrodestra avessero la capacità di leggere, scoprirebbero un problema di non facile soluzione: Silviuccio loro è diversamente giovane dagli altri miliardari che si ritrova come competitori (tra loro mica sono nemici o avversari, solo competitori). Dunque tutti i giovinotti e le giovinotte scelti per avvenenza e amicizia dovranno rendersi conto che il futuro, in politica, dovranno costruirselo con le proprie mani. Come dovrà fare la sinistra che non si riconoscerà nei finanzieri renziani. Ma la sinistra sa come fare. Attraverso i finanziamenti degli assessorati vari, partendo da quelli regionali ed arrivando ai comunali. Come funziona? Semplice. In calendario c'è una fiera, di qualsiasi tipo? I soldi pubblici, per quanto ridotti, verranno comunque spesi. E finiranno all'associazione culturale vicina all'assessore, alla cooperativa di allestimento dei padiglioni che è politicamente allineata, allo studio di comunicazione degli amici degli amici e così via. Un meccanismo che funziona in modo impeccabile ovunque la sinistra governi Regioni, Province, Comuni. A volte i beneficiati hanno approfittato delle elargizioni di denaro pubblico per crescere professionalmente, in altri casi no. Ma vengono sostenuti lo stesso per ragioni politiche. E nelle Regioni, Province e Comuni del centrodestra? Neanche a parlarne. Qualche appalto ogni tanto per l'edilizia, e L'Espresso si indigna puntualmente, poi basta. Perché ad occuparsi di cultura, di turismo, di fiere, di sport, vengono spesso collocati dei bamboccioni di bella presenza ma di scarsa capacità. E privi di ogni senso politico, di ogni cultura politica. Così i soldi pubblici finiscono alle cooperative degli altri, ai centri studi degli altri, alle società di comunicazione degli altri. Che incassano e non ringraziano neppure. Peccato che poi i bamboccioni bellocci abbiano anche la pretesa di essere votati da un elettorato preso a schiaffi per tutto il loro mandato.

venerdì 22 marzo 2013

Governo ubriaco sui marò, sul lavoro, su tutto

Ritrovato prestigio internazionale. Governo sobrio. Tecnici. Competenza. Qualcuno, forse, ricorda queste vergognose definizioni dei media italiani nei confronti del governo Monti. La squallida vicenda dei marò dovrebbe essere sufficiente per far arrossire tutti i servi sciocchi che si erano impegnati nella difesa dell'indifendibile accozzaglia di brutte persone trasformate in un governo di incompetecnici. Il prestigio internazionale? Prima ci rimangiamo una parola, nel più schietto spirito badogliano, difendiamo il diritto a tradire, poi ci spaventiamo e rinunciamo alla prova di forza al primo stormir di fronda. Ecco, il prestigio internazionale dovrebbe essere qualcosa di molto diverso. E allora viene da chiedersi cosa si beva nelle riunioni di governo. Perché comportamenti di questo tipo non sono compatibili con l'acqua minerale. Deve essere roba forte, quella servita nelle riunioni. Con tracce di metanolo. Roba da portare a una disintossicazione forzata. Altro che SC come acronimo di Scelta Civica. Sbronza Continua sarebbe più indicato. Perché non è l'unica occasione in cui il governo abbia proceduto come un ubriaco, sbandando di qua e di là. Si è fatta la riforma Fornero sul lavoro, dimenticando che mancavano le risorse per garantire il reimpiego di chi veniva cacciato dalle aziende. E ora abbiamo 1,5 milioni di disoccupati anziani, senza alcuna chances di rientro nel circuito lavorativo. Si è fatta la riforma Fornero sulle pensioni. Sostenendo, il ministro, di averla fatta pur in mancanza di dati precisi sui potenziali esodati. E ce ne siamo ritrovati più di 300mila. Cosa bevono nei consigli dei ministri? Certo, non sono gli unici ad evidenziare comportamenti assurdi. In Piemonte si rinnova la giunta del centrodestra e si annuncia che il primo obiettivo è il lavoro. Contemporaneamente uno dei nuovi assessori spiega come funziona il piano di maggior occupazione: con 2mila tagli tanto per cominciare.

giovedì 21 marzo 2013

Da Milano a Fiumicino il sogno di un'unica destra

A Fiumicino, dopo il disastro elettorale, stanno provando a fare un tavolo di confronto tra Fardelli d'Italia, Destri, micropartiti vari dell'ultradestra. A Milano una coraggiosissima Francesca Caricato sta tentando di unire le basi dei vari movimenti. Perché, in fondo, esistono due esigenze teoricamente concordanti ma in realtà contrastanti. Da un lato i partiti, i vertici, i vari capetti che non vogliono capire di aver sbagliato tutto e, soprattutto, parlano e parlano pur di evitare di correggere gli errori. Personaggi autoreferenziali o poco più, privi di carisma e pure privi di competenze in qualsivoglia settore. Attenti solo a garantirsi una poltrona, una seggiola, uno strapuntino. Dall'altro lato la base. Un popolo che ritiene di far parte di un'area, ma non sa più cosa sia e dove sia questa mitica area. Ma consapevole, la base, che con gli attuali vertici delle varie formazioni non si va da nessuna parte. Cosa significa, dunque, creare tavoli di confronto? Su quali criteri? Con quali obiettivi? Per qualcuno l'obiettivo è più che evidente: consapevole di rappresentare, da solo, lo zero virgola qualcosa, cerca sponde per arrivare ad un cartello elettorale che consenta di conquistare quell'1% che garantisce i rimborsi elettorali. Per farne cosa? Per camparci lui ed i suoi amici, ovviamente. E la stessa vuota federazione di sigle inconsistenti dovrebbe consentire, nel sogno di qualche sedicente politico, l'elezione al parlamento europeo. Con le ricadute economiche più che positive sul proprio bilancio personale. Perché, in realtà, le ricadute positive sulla politica, proprio non si son viste con la presenza di qualche eletto in Europa. E poi è pura illusione sperare che una federazione di sigle porti alla somma dei rispettivi zero virgola. In questo caso il tutto rischia di essere minore della somma delle parti. Perché i seguaci della setta X non vogliono votare per il leader della setta Y. E quelli di Z stanno a guardare. Meglio, molto meglio, un confronto a livello di base. Per individuare una politica comune, non una sigla da votare. Serve un programma condiviso, un'idea forte. Serve un movimento peronista da creare, non un cartello elettorale da sommare. Se no, immancabilmente, ci si ritroverà con i supercattolici che non vogliono aver nulla a che fare con atei o laici, i fans di Giannino che non sanno cosa dire a chi vorrebbe la Kirchner, i sostenitori delle divise con quelli che odiano qualunque divisa. Una galassia inconcludente e blaterante. Che ha come riferimento non un'idea ma un leaderino. Meglio la base, indubbiamente.

mercoledì 20 marzo 2013

Il coraggio di Cipro, la vergogna dell'Italia

Dal blog Barbadillo. Il coraggio di dire di no. Quello dimostrato dal parlamento di Cipro. Quello che è mancato al parlamento italiano che ha approvato tutte le porcate imposte dai criminali che sgovernano l’economia europea. Cipro, dunque, ha respinto il furto legalizzato imposto dalla banda tedesca che voleva un prelievo folle nei conti correnti dell’isola. Una manovra che poteva essere valutata come la dimostrazione della totale stupidità degli euroburocrati, oppure come una sfida alla Russia, dal momento che nelle banche cipriote sono ospitati ingenti capitali arrivati da Mosca. In ogni caso la manovra è stata respinta. Oggi dalla Germania si tuona contro l’irresponsabilità di Cipro. Ma, in realtà, i veri irresponsabili sono proprio gli euro incompetecnici. Gente che, con una giustizia meno cieca, sarebbe finita in galera per istigazione al suicidio di massa, dopo decine e dedine e decine di morti in tutta Europa a causa delle misure imposte da questi signori. Ma i magistrati preferiscono occuparsi delle vicende erotiche dei loro avversari e non han tempo per chi si suicida o per i bambini greci che svengono a scuola per mancanza di cibo e medicine. Merkel e complici avrebbero voluto riproporre la medesima situazione a Cipro. Creando povertà e disperazione in stile greco. Il colpo non è riuscito. Ma loro insistono, ci riprovano. «Cipro non ha alternative», tuonano da Berlino, da Francoforte, da Bruxelles. Le alternative mancano così tanto che, nel frattempo, i ciprioti stanno trattando con Putin. Che non è un benefattore, ma non è neanche ottuso come gli eurosfruttatori. Putin è disposto a concedere molto, a Cipro. Ma chiedendo molto in cambio. Non i conti correnti dei ciprioti, ma garanzie sulla spartizione degli idrocarburi trovati sotto il mare di Cipro. La Russia guarda al futuro e scommette sui guadagni di domani. Merkel e banda non hanno futuro e cercano di portare a casa tutto subito. Così facendo, però, non solo rischiano di ritrovarsi senza nulla in mano adesso, ma spalancano le porte ad una Russia che - alle prese con la drammatica situazione siriana - sta cercando nuove occasioni di insediamento nel Mediterraneo. Cipro, dunque, per i russi. Ma non solo. E l’idiozia tedesca e di Bruxelles offre a Putin una chance clamorosa ed imperdibile. Infatti lo zar non la sta perdendo. Leo Junior Fin qui Barbadillo. La differenza, rispetto all'Italia, è abissale. Quando il grigiocrate Monti ha minacciato gli italiani di un futuro in stile greco, senza una politica di lacrime e sangue, aveva l'opportunità di comportarsi come ha fatto Cipro: trattare con Putin, e persino con la Cina. Entrambi i Paesi avevano messo a disposizione i fondi che avrebbero consentito di ridurre gli interessi sul debito. Ma il commesso che sgoverna l'Italia ha fatto finta di niente. Così mentre Cipro ha rifiutato di derubare i connazionali con il prelievo dei conti correnti, Monti ha derubato gli italiani con l'Imu. Soldi per ridurre il debito? Macché, il debito è aumentato. Ma sono aumentati anche i guadagni per gli speculatori internazionali che tanto han fatto per piazzare Monti alla guida dell'Italia. Il coraggio di dire di no, come insegna Manzoni, uno mica può darselo, soprattutto quando è stato piazzato a fare il commesso incaricato di impoverire l'Italia

martedì 19 marzo 2013

Sgarbi contro Grillo? Un'alternativa al grigio Alfano

Provocatore, arrogante, inaffidabile. Ma anche geniale, coraggioso, politicamente scorretto. Vittorio Sgarbi, in una fase caratterizzata dalla rincorsa a Beppe Grillo, si lancia in un attacco contro l'ignoranza del comico genovese. Probabilmente inventata dallo stesso Sgarbi, perché Grillo non avrà competenze sulle tele del Rinascimento, ma è sicuramente documentato quando si scaglia contro le follie finanziarie e della burocrazia. Le analisi di Auriti sono perfettamente note a Grillo. Che si dimentica di citare la fonte, ma che è in grado di ricostruire il pensiero dello stesso Auriti. Ma questi sono dettagli. Il problema vero è Sgarbi. Perché in una galassia che vuol rimanere fuori dai maneggi dello smacchiatore di giaguari e del sindaco fiorentino che rappresenta la finanza internazionale, uno come Sgarbi dovrebbe avere un ruolo fondamentale. Si invoca il rinnovamento ad ogni passo, poi vengono ripresentati i Capezzone, i Cicchitto, le immancabili fidanzate dei boss, la corte di giullari, chirurghe plastiche, yes man. E dietro le quinte Gianni Letta a rappresentare lo stesso legame che unisce Renzi alla finanza globale. Sgarbi no. Confinato ad occuparsi di arte, di mostre, di litigi costruiti in tv. Non si ha il coraggio di affidare a lui, così come è stato fatto con Grillo, l'incarico di confrontarsi su una politica che non sia solo quella delle poltrone delle commissioni parlamentari. Il bello, la cultura, l'architettura, il paesaggio, la storia: tutti temi cancellati dai dibattiti politici. Come se l'Italia non avesse nulla da dire o da difendere, in questi ambiti. Come se le potenzialità di questi settori non potesse garantire crescita del Pil e creazione di posti di lavoro. Ma affidarsi a Sgarbi vorrebbe dire accettare un confronto sull'intelligenza, sul sapere, sulla creatività. E allora ci si indigna per gli insulti urlati in tv. Perché il "vaffa" grillesco è buono e giusto, il "capra, capra, capra" è incivile e antidemocratico. Non c'è la voglia di spiazzare l'avversario perché si ha il terrore di essere spiazzati prima degli altri. Non c'è il coraggio di mettersi in gioco. Si preferisce andare avanti con la noiosa certezza di perdere grazie al controllabilissimo Alfano piuttosto di rischiare di vincere con l'indipendente Sgarbi. Che ci mette del suo, indubbiamente. Perché insiste a scatenarsi nei salotti televisivi invece che sulle piazze. Perché non si lancia a guidare un popolo e preferisce condurre un gioco intellettuale. Ma in un panorama totalmente grigio, i colori di Sgarbi non dovrebbero rimanere confinati negli studi tv.

lunedì 18 marzo 2013

Polillo e Cazzola: giusto che gli italiani sian poveri

Gli italiani sono alla fame? E chissenefrega! Alcuni cinesi ed africani sono diventati ricchi, e va bene così. Disarmante la puntata odierna di Agorà. Il povero Buttafuoco tentava di portare la discussione sui dati di realtà, sugli italiani che rovistano nei cassonetti dell'immondizia al mercato, che sono disperati e privi di futuro. Conseguenza inevitabile di una globalizzazione insensata. Ma il prode sottosegretario Polillo ribatteva che non si doveva guardare agli italiani, ma agli asiatici e africani che si sono arricchiti, grazie alla nostra povertà. Certo, possiamo entusiasmarci perché le nostre vecchine crepano di fame mentre qualche mafioso in giro per il mondo può girare in Ferrari. Con in più il particolare, non irrilevante, che Polillo è pagato per migliorare la situazione degli italiani, visto che fa parte di questo governo di incompetecnici montiani e non di qualche organismo dell'Onu. Ma poteva bastare Polillo a dire scemenze? No! Si è aggiunto Giuliano Cazzola, ex sinistro, ex Pdl, trasmigrato tra i grigiocrati montiani. E lui, grasso e ridondante, sosteneva Polillo e, anzi, aggiungeva che gli italiani si meritavano la nuova povertà e la crescente ricchezza altrui. Sarà per questo che il governo farà pagare alle imprese italiane altri 7 miliardi di euro, quest'anno. Così possiamo impoverire ulteriormente il Paese, a vantaggio degli amici di Polillo e Cazzola. (ma chi era il genio che aveva portato Cazzola nel Pdl?)

domenica 17 marzo 2013

Boldrini, la nemica dei poveri italiani

Laura Boldrini conquista la presidenza della Camera e si lancia nelle immancabili dichiarazioni politicamente corrette su poveri, diritti, emarginati. E come i topini di Pavlov, i deputati scattano in piedi ad applaudire ogni volta che la retorica tocca i soliti temi: le donne, il presidente (non danno neppure il tempo di fare il nome, potrebbe essere il presidente del Borgorosso football club e si alzerebbero in piedi lo stesso), le vittime di mafia, la costituente.. Mai che qualcuno si dissoci: terrorizzati di ritrovarsi, il giorno dopo, segnalati dai giornali come antidemocratici, asociali, insensibili. E allora, di fronte alla retorica della signora Boldrini, che tutti ricordiamo tragicamente come irresponsabile dell'Onu per i diritti dei migranti (ma i diritti dei nativi non sono previsti?), nessuno che si sforzi di far notare alla signora che l'esercito di disoccupati italiani è frutto di questa folle politica globalista e migratoria. Certo, non tutte le mansioni disponibili erano appetite dagli italiani. Ma se la neopresidente della Camera uscisse dai prestigiosi uffici Onu per andare tra gli italiani delle periferie urbane, scoprirebbe che anche le donne italiane sono alla disperata ricerca di lavori di pulizia o da badante. Scoprirebbe che negli asili le operaie italiane non possono mandare i loro figli perché le straniere hanno più diritti. Scoprirebbe che con i 35-42 euro spesi, al giorno, per ogni rifugiato, le famiglie italiane campano in 4. Scoprirebbe, la Boldrini, che portare milioni di migranti disperati in Italia significa creare concorrenza al ribasso nel mercato del lavoro. Chi accetta salari più bassi, magari in nero, vince. Scoprirebbe che la produttività cala perché cala la qualità e la professionalità della manodopera. Ma, forse, la signora stando all'Onu è entrata a far parte di questa casta di oligarchi che ritiene giusto avere a disposizione sempre più disperati in modo da poterli sfruttare più facilmente. Perché, in caso contrario, non si capisce come faccia Boldrini a non accorgersi che la fuga dei migranti dai Paesi poveri rende i Paesi di origine sempre più poveri e privi di intere generazioni. Così come sarà l'Italia del futuro, se continuiamo a favorire la fuga dei cervelli, perché qui - secondo Monti e Boldrini - dobbiam far arrivare le braccia. Così da spalancare ai cinesi le porte dell'Africa, dove spostare milioni di contadini asiatici in sovrannumero. Ma per chi gioca, il presidente della Camera italiana?

venerdì 15 marzo 2013

Monti parla di lavoro, Grilli ordina licenziamenti, Cota si adegua

Mentre il grigiocrate Monti andava in Europa a pietire qualche contentino da mostrare in Italia per una finta ripresa - e i giornali di servizio lo incensavano come il solito salvatore della Patria - i suoi incompetecnici continuavano a far danni alla nazione. A partire dal pessimo Grilli che, tanto per fare un esempio, ricattava la Regione Piemonte: niente aiuti se non si cacciano i lavoratori. E colpevolmente la Regione ha predisposto un piano di macelleria sociale. Quindi mentre Monti finge di occuparsi della disoccupazione, Grilli ed i suoi complici la aggravano giorno dopo giorno. Non che la cosa stupisca. Come non stupisce lo zerbinaggio dei media. Ma la follia di questi comportamenti sfugge, probabilmente, a chi predispone questa disoccupazione di massa. I lavoratori non servono? E chi si occuperà di rispopndere ai cittadini che pagano per avere un servizio celere e professionale? A chi si rivolgeranno le aziende che hanno bisogno di interlocutori seri, preparati e responsabili? Già oggi i tempi della Pubblica amministrazione sono insostenibili, riducendo di un quarto gli organici è facile immaginare le conseguenze. Ma a Grilli poco importa. Lui vuole un accentramento burocratico, mica un federalismo e la possibilità di lavorare bene sui territori. Comprensibile, Grilli, dal suo puntio di vista. Smantelliamo le Regioni e cancelliamo l'idea di euroregioni, macroregioni, costi standard. Molto meno comprensibile il suicidio politico ed ideologico di Cota, presidente leghista del Piemonte, rappresentava il polo debole dell'intesa del Nord, nel confronto con Maroni e Zaia e con il futuro governatore del Friuli Venezia Giulia. Ma così è davvero troppo. E le persone cacciate via, cosa faranno? Quali sono i percorsi formativi e di rientro nel mondo del lavoro predisposti dal governatore? Le persone, a differenza di quanto pensano Monti e Grilli, non sono numeri. Devono vivere, anche se i padroni tedeschi degli incompetecnici se ne fregano. E hanno professionalità che non devono essere disperse. Con chi vuol fare la Macroregione, Cota? Con i banchieri ed i loro commessi?

giovedì 14 marzo 2013

Dal toto-Papa al populismo, disfatta degli esperti

Il Papa argentino-piemontese? Il meglio in assoluto, ovviamente. Se la risposta arriva dalla folla accalcata in Piazza San Pietro, va benissimo. Ai fedeli non si chiede una dimostrazione di coerenza. E se un attimo prima, intervistati da radio e tv, sostenevano di fare il tifo per il cardinale americano (sì, facevano il tifo, come se un Papa fosse una squadra di calcio), poco importa. Andava benissimo anche questo ("chi è? boh, ma è il migliore"). Fedeli, appunto. Ma ancora una volta è stata la categoria degli esperti, dei giornalisti, a fare una pessima figura. C'è chi riportava l'andamento delle scommesse inglesi (Papa-cavallo), chi i sondaggi più accreditati (Papa-pagnoncelli), chi le proprie infallibili analisi o il proprio onanismo intellettuale. Dunque Scola o Dolan, tutt'al più il filippino o il brasiliano. Ma Bergoglio no. Perché? Perché ha perso l'occasione all'altro conclave e i treni passano solo una volta (Papa-ferroviere). Miracolosamente in prima battuta, forse perché depressi dopo il nuovo fallimento delle previsioni dopo quelle sulle politiche italiane, gli esperti non hanno ironizzato sulle profezie. Quella del Papa.nero, ad esempio. Perché tutti pensavano al Papa-negro, africano. Non al colore che contraddistingue i gesuiti. Dunque abbiamo un Papa nero. E d'ora in poi attendiamoci elucubrazioni sulla fine del mondo o della sola chiesa di Roma. Però i poveri esperti prestati dalla politica alla chiesa, come faranno d'ora in poi ad accusare gli avversari di populismo? Papa Francesco ha fatto ampio uso del termine "popolo", si è rivolto al "popolo". E non ha citato i mercati neanche una volta.

mercoledì 13 marzo 2013

Chi spiega al Pdl che il problema dell'Italia non è solo la giustizia?

D'accordo, c'è un accanimento giudiziario contro Berlusconi. Palese, evidente, indecente. Tutto quel che si vuole. Però i parlamentari del Pdl, eletti dal popolo italiano, dovrebbero tentare di capire che questo stesso popolo ha ben altri problemi. La disoccupazione, ad esempio. Grazie alla delirante riforma Fornero votata anche dagli stessi parlamentari che si indignano solo per la giustizia. O la crisi delle aziende. O la mancanza di futuro per i propri figli. O la povertà crescente. O la pensione sempre più magra e sempre più lontana, sempre grazie alla Fornero e al sostegno garantito anche dai parlamentari Pdl. Ecco, mentre Pd e Grillo valutano se accordarsi o se tornare alle urne, il Pdl pensa solo alle vicende giudiziarie di Berlusconi. E' comprensibile, visto che la rimonta del partito è stata merito esclusivo del Cavaliere. Ma questo dovrebbe indurre i parlamentari a riflettere, a pensare al futuro. Al loro futuro, perlomeno, visto che non si occupano di quello degli elettori. Quanto può andare avanti Silviuccio loro a trainare un partito di zavorre? E cosa stanno facendo al Pdl in vista di elezioni che, in ogni caso, non saranno tra 5 anni? Davvero credono che possano bastare le scuse in campagna elettorale per le candidature paracadutate nei territori? Magari dovrebbero cambiare. Magari dovrebbero cominciare a puntare su chi lavora davvero nei rispettivi territori. Il paracadutato Capezzone cosa farà per il Piemonte dove ha sottratto un seggio agli esponenti locali? Ma il vizio è comune, nel centrodestra. Anche spostandosi verso l'estrema. I Fratelli d'Italia, dopo il magro risultato, sono scomparsi dalla scena. C'era una volta Crosetto, diventato fonte di satira per la laurea tipo Giannino. C'era una volta La Russa, forse svanito in qualche discoteca, c'era una volta Giorgina Meloni, grande speranza di un'area intera ed ora impegnata ad imitare il Pdl nella sottrazione di poltrona ai territori. Qualcuno ha spiegato ai Fardelli che si può tornare a votare in tempi brevi? E che se non si degnano di far qualcosa è improbabile che moltiplichino i voti? O son tutti troppo impegnati a capire cosa fare del grande patrimonio immobiliare ereditato da An?

martedì 12 marzo 2013

I marò in salvo, ma Italia senza dignità

Il fine giustifica i mezzi. Una massima assolutamente "italiana". E non c'è dubbio che si possa e debba essere felici perché i due marò siano rimasti in Italia e non siano tornati in India per confrontarsi con una giustizia che è lenta quasi quanto la nostra (a parte le accelerazioni per processi politici). Ma l'immagine dell'Italia esce a pezzi da questa storia e, soprattutto, dalla conduzione dell'intera vicenda. Incompetecnici, anche in politica estera. La nave non doveva tornare in acque territoriali indiane, i marò non dovevano scendere a terra, il governo avrebbe dovuto avere quegli attributi che sono invece mancati. E allora che si fa? Si ricorre al sotterfugio, all'imbroglio. Les italiens, toujours les italiens. Si chiede un permesso per far votare i due militari e poi ci si vanta di aver fregato gli indiani non restituendoli. Non per un ritardato scatto di dignità, ma per la consueta squallida idea della furbizia, dell'idea di fregare il prossimo. E le motivazioni? Ancora più squallide, quelle reali. La magistratura italiana ha fatto saltare un accordo importantissimo con l'India per la vendita dei nostri elicotteri. Perdiamo i soldi della commessa e perdiamo, grazie ai magistrati italiani, tanti posti di lavoro. E allora ci vendichiamo sull'India e sui magistrati indiani. E meno male che il grigiocrate Monti e la banda dei giornali di servizio avevano sempre insistito sulla ritrovata dignità italiana all'estero. Appunto, lo vediamo adesso quale sia il prestigio dell'Italia grazie a Monti, a Terzi, ai loro servi. Incompetecnici in economia, e lo dimostrano i dati quotidiani anche ufficiali, disastrosi in politica estera, senza decoro a livello morale.

lunedì 11 marzo 2013

4 punti per ripartire, invece delle 8 scemenze di Bersani

I fantasmagorici "8 punti 8" di Pierlu Bersani hanno provocato l'inevitabile vaffa grillesco ma anche il totale compatimento di commentatori ed analisti che proprio non sono schierati contro il leader in scadenza del Pd. Confusi, inutili, ridondanti. Frutto di compromessi interni, di concessioni ad un politichese inutile e stantio, di patetici tentativi di inseguire Grillo o, perlomeno, Renzi. Un flop assoluto. Eppure sarebbero bastati alcuni punti chiari per confrontarsi, tenendo conto dei risultati delle urne che indicano chiaramente le opinioni degli italiani. 1) Eliminare la vergogna di Equitalia, trasferendo i crediti ad organismi territoriali e cancellando more e tassi da usura. In questo modo si sarebbe potuto ripartire non con un condono ma con un incasso. E prevedendo, per il futuro, che in caso di richiesta immotivata siano gli organismi che han fatto la richiesta a pagare altrettanto al cittadino vessato. Tanto per far pagare chi sbaglia. 2) Cancellare totalmente la riforma Fornero sul lavoro. Perché solo chi è in malafede può pensare di fare una riforma di questo genere senza aver predisposto PRIMA una rete che permetta una possibilità reale di reimpiego. 3) Restituire immediatamente alle imprese quanto dovuto dallo Stato. Inaccettabile che i soldi fregati ai cittadini con le tasse vengano destinati alle banche (straniere ed italiane) e non a chi ha lavorato per gli enti pubblici. I lavori non pagati devono avere la precedenza sulla speculazione finanziaria. 4) Rinegoziare il debito. E se gli incompetecnici (o i commessi della Merkel) non sanno come fare, possono chiedere non ad un seguace di Chavez ma ad un liberista filoamericano come l'ex ministro Martino. Così come avrebbero dovuto, e potuto, rinegoziare i versamenti all'Ue: solo dei commessi della Merkel hanno potuto accettare che un Paese indicato come uno dei Pigs continui a versare a Bruxelles molto di più di quanto riceva. Ecco, basterebbero questi punti per dare il via ad una possibilità di ripresa dell'Italia. Per ridare un briciolo di speranza a chi è stato massacrato dalle politiche imposte dalla Merkel e dai suoi complici. Quella Merkel che, in Germania, finge di non vedere i tarocchi dei prodotti alimentari italiani. Vietatissimi dalle leggi europee, eppure la Germania se ne frega. Perché solo i commessi italiani devono rispettare le norme a nostro danno. Gli altri fanno come è più comodo per loro.

venerdì 8 marzo 2013

Un suicida al giorno non leva Monti di torno

Un suicidio al giorno, e magari due. La disperazione provocata da Monti e la sua banda aumenta quotidianamente. Per portare un piccolo imprenditore ad impazzire e ad uccidere due funzionarie regionali che rispettano le leggi. E certo non è colpa delle lavoratrici se le leggi sono più attente all'iter e al formalismo burocratico che allo scopo finale. Oppure si suicidano piccoli imprenditori che vedono distruggere, da Monti e commessi vari della Merkel, anni e anni di fatica, di impegno, di passione. E si suicidano i lavoratori licenziati grazie alla riforma Fornero e che, grazie sempre alla più stupida delle riforme, non hanno la minima chance di ottenere un altro lavoro ma devono aspettare anni e anni prima di arrivare ad una pensione da fame. Questa è la situazione che la Gruber e compagni giornalisti vogliono censurare. Per non fomentare populismi. E la Coldiretti, dopo aver predisposto interventi di agricoltura sociale a favore delle prostitute straniere, poi dei rifugiati stranieri e infine dei disabili (persino di quelli italiani), ora ha deciso che è arrivato il momento di pensare anche a qualche posto di lavoro per gli italiani over 50. Gli stessi che sono sempre più numerosi a far la coda per ottenere un pasto caldo dalle mense della carità. Ma i giornali, quelli che piacciono al canotto Gruber, preferiscono indignarsi perché ai profughi stranieri, mantenuti sino ad ora, vengono regalati "solo" 500 euro a persona affinché se ne vadano e si arrangino. Cioé 1.500 euro per una famiglia di 3 persone. Rifugiati politici, spiegano i giornali. Arrivati dalla Libia. Peccato che in Libia ci fossero solo passati mentre arrivavano da Paesi dove non ci sono persecuzioni o guerre. Ma per loro i soldi ci sono. Per i disoccupati italiani, no. E ci sono per migliorare i campi degli zingari, ma non per dare un tetto alle famiglie italiane senza casa. Ci sono per ripristinare un museo distrutto dal fuoco, non per creare una rete di salvaguardia per chi, grazie a Fornero, deve campare 10-15 anni senza lavoro e senza pensione. Ma canotto Gruber avverte: parlare di queste cose è solo populismo. Censura, censura e ancora censura.

giovedì 7 marzo 2013

Gruber e compagni al soccorso di Monti, contro gli italiani

Come i cagnetti che marchiano il territorio, dopo aver visto qualcuno più grande di loro, così Lilli Gruber e la sua squadra hanno provveduto a marcare il territorio politico de La 7 prima dell'arrivo operativo di Urbano Cairo. Così hanno chiarito che chi suicida per "effetto Monti-Fornero", in preda alla disperazione, è un criminale anti Europa. Ma, soprattutto, hanno ribadito che la colpa dei suicidi, così come dell'omicidio-suicidio di Perugia, è tutta di Grillo e Berlusconi. Certo, hanno evitato di far nomi. Ma dopo aver accusato da sempre i due leader di essere populisti, ieri si sono limitati a sottolineare che la responsabilità di omicidi, suicidi, rabbia, tristezza, depressione e quant'altro è solo ed esclusivamente dei populisti. Di chi chiede la soppressione, immediata, di Equitalia. Ma a Gruber e compagni Equitalia piace perché piace all'Europa: lo strumento migliore per massacrare gli italiani e distruggere il tessuto imprenditoriale nonché la solidità famigliare. Populisti che chiedono interventi di rilancio dell'economia e la fine di un'austerità che rovina il Paese. Ma Gruber e compagni si lamentano anche perché qualche giornalista (pochissimi, ma per loro son sempre troppi) tiene la contabilità dei suicidi economici. Vietato, per i cagnetti de La 7. Un conteggio populista, demagogico. Sfugge, alla banda Gruber, che i morti eran delle persone, con famiglie, e non dei numeri da statistica. Per loro conta solo nascondere tutto. E non è certo un caso che, nella stessa giornata, sia tornato a sproloquiare anche Mario Monti, l'artefice del massacro italiano. Vuol tornare al voto, lui, per evitare che in Italia prevalgano le forze che si ribellano alle imposizioni criminali dell'Europa. Le forze che rifiutano la condanna alla povertà ed alla disperazione. Perché c'è un particolare, benché irrilevante per Gruber e compagni, da tener presente: queste forze populiste sono ormai la grande maggioranza del Paese. Ed in una democrazia questo dovrebbe valere qualcosa. Ma Gruber e compagni, compreso il giornalista della Stampa Malagutti, ignorano questo dato di realtà e si occupano solo delle analisi storiche di una grillina. Meglio occuparsi del passato, per nascondere il presente.

mercoledì 6 marzo 2013

Renzi con Monti, dopo Monti

Matteo Renzi, il volto simpatico del Grigiocrate Monti. Non c'è dubbio: nell'intervista a Ballarò, il sindaco di Firenze è stato brillante, spiritoso, corretto, propositivo. Beh, propositivo no. Anche perché ciò che poteva proporre era proprio quello che non poteva dire. Cioé che il Pd, così come lo conosciamo adesso, è destinato a sparire. Renzi non ha nulla a che fare con Fassina, ancor meno con il distrutto Vendola. La sinistra - perché nel Paese reale la sinistra esiste ancora - non si è riconosciuta nel Bersani che andava a pietire il consenso della Merkel, il Bersani che evitava accuratamente di mettere in dubbio la demenziale riforma Fornero, il Bersani che prometteva altri sacrifici. Una sinistra che ha scelto Grillo, perché ha voluto provare a sognare ancora il cambiamento. Con questa sinistra, ovviamente, Renzi ha nulla da spartire. A lui piacciono i banchieri, non i bancari. I colletti bianchi, non le tute blu. Scelte legittime, certo. Ma che presuppongono un altro contenitore, diverso da quello del Pd. Oddio, Renzi può anche sperare che in un momento di tafazzismo acuto anche la sinistra del Pd lo voti, sperando in qualche poltrona, magari solo a livello locale. E Renzi, che è abile oltre che intelligente, può prometterla. E anche mantenere la promessa: uno strapuntino non si nega a nessuno, in cambio di un voto. Ma per il futuro, Renzi guarda altrove. Ad un accordo con Scelta Civica. Per un governo con Monti ministro e per un coinvolgimento di tutti i proprietari delle varie Kamchatke. Il governo dei poteri forti, dei Montezemolo, dei professori incapaci, degli economisti falliti. Magari, in un afflato caritatevole, potrebbe persino farsi carico di Giannino. Perché la politica sociale di Renzi è chiarissima: "Non lasceremo indietro nessuno", ha dichiarato copiando anche lui, come Grillo, il nome di un gruppo di aiuto sociale della destra estrema. Ma sarà un aiuto caritatevole. Chi non ce la fa, avrà l'elemosina. Perché, in accordo con Ichino, Renzi non ha un programma per il reinserimento lavorativo (a condizioni adeguate) degli anziani esodati. Che sono 1.500.000. Più dei giovani senza lavoro. Ma Renzi non ne parla.

martedì 5 marzo 2013

Incompetecnici: nessuna proroga per chi è inefficace

Di fronte al disastro occupazionale, il ministro Elsa Fornero (è ancora in carica, anche se cercano di nasconderla) ha chiarito che la colpa non è della sua orrenda riforma, ma della mancanza di una macromanovra che avrebbe dovuto accompagnare le sue misure. Ecco, al di là dell'autodifesa immancabile da parte del peggior ministro del lavoro di sempre, le dichiarazioni della Fornero dimostrano una sola cosa: un governo tecnico non ha ragione di esistere. Perché - al di là degli aspetti di democrazia, di rispetto della volontà popolare, di autodeterminazione dei popoli, di sovranità nazionale - un governo di tecnici può autogiustificarsi solo in base all'efficacia dei propri risultati. E se un ministro, di fronte alla disoccupazione record (non soltanto quella giovanile) sostiene che la riforma è fallita perché il SUO governo tecnico non ha messo in campo una manovra adeguata, vuol dire che abbiamo a che fare con incompetecnici, con dilettanti allo sbaraglio. Come può, un ministro, dare il via ad una riforma se PRIMA non ha esaminato la disponibilità delle risorse? Come può, lo stesso ministro, dare il via alla riforma delle pensioni se PRIMA non ha a disposizione i dati sugli esodati? Certo, Fornero è il peggio. Ma gli altri incompetecnici non è che si siano distinti per grandi doti. C'era un ministro tecnico che doveva occuparsi di cultura, di beni architettonici: un disastro totale. C'era un ministro tecnico che doveva occuparsi di turismo: disastro completo. E l'agricoltura? E l'industria? Ed il commercio? Non una sola idea vincente. Allora, se i tecnici non sono efficaci, e neppure efficienti nel caso di Ornaghi e non solo, non esiste la benché minima giustificazioni per la loro presenza nel governo. A casa, allora, senza alcun rimpianto, senza alcuna possibilità di richimarali in vita.

lunedì 4 marzo 2013

Dal dibattito sparisce il centrodestra suicida

Il Pd si interroga sulla non vittoria e sul giaguaro. I grillini si incontrano per stabilire cosa fare e come farlo. Persino Fini (chi??) ha fatto finta di chiedersi cosa farà da grande. La Lega è impegnata a capire cosa sia la Macroregione. E a destra? L'autocritica è una pratica vietata, da comunisti stalinisti. Dunque la non sconfitta si deve accettare e basta. Magari con entusiasmo. Facendo finta di stupirsi se il Pd non vuol fare il governissimo con Silvio e Alfano e Grillo proprio non si eccita per il Pd+l. Ma nessuno che provi a capire come si possa organizzare un partito in vista di nuove elezioni nel breve periodo. Ancora più a destra? Le comiche, ovviamente finali. Alcuni trasmigrati dal Pdl ai Fardelli d'Italia stanno già tornando indietro. Altri rimangono e hanno già iniziato a litigare sulla spartizione degli strapuntini a disposizione. Idee? Non pervenute. Pare che nessuno (o quasi) abbia voglia di pensare alla prossima tornata elettorale. Troppa fatica. Nessuna strategia e nessuna tattica. Avanti così, che i risultati hanno già premiato a sufficiente. E sulle ali estreme? Peggio che andar di notte. Tutti sono stati bravissimi, tutti hanno fatto ciò che andava fatto. E se gli italiani non hanno capito, peggio per gli italiani. L'unità dell'area è un'utopia a cui nessuno è interessato. Un'idea forte non piace. Così Grillo conquista la scena, così si discute se sia meglio un Monti prorogato o un governo di scopo (con lo scopo di finire il lavoro del Grigiocrate per massacrare l'Italia). Ma nessuno che parli di cancellare la riforma Fornero che ha creato il record della disoccupazione. Nessuno che parli più della cancellazione di Equitalia. Tutti in attesa che i guru, italiani o stranieri, decidano se e come tornare alle urne. Dove il Pdl ripresenterà l'ottuagenario Silvio, dove i Fardelli riproporranno gli sconfitti (ma politicamente corretti), dove la poltiglia ultras si presenterà per conquistare uno zero virgola migliore degli altri. Davvero l'unico modo per riuscire a far vincere lo smacchiatore di giaguari o il fiorentino amato dai mercati.

venerdì 1 marzo 2013

Ed ora rispunta Renzi

Graecia capta ferum victorem cepit. Roma non è lontana da Firenze e Matteo Renzi conosce perfettamente il significato della frase che celebrava la vittoria greca sui costumi romani nonostante la sconfitta militare. E Renzi, battuto alle primarie, si ritrova ora candidato a fare il premier al posto del vincitore Bersani. Vincitore delle primarie, ovviamente. Pierlu non è uno statista. Non è adatto. Ma lo si sapeva anche prima. In un mondo dove conta l'apparire, la sua banalità non ha spazio. Come i giaguari da smacchiare o i tacchini sul tetto. Renzi, coccolato dalla finanza, è stato presentato da subito come rappresentante del "nuovo". Il nuovo Pd, che guarda alle banche e non agli operai. Che dialoga a livello internazionale e non nelle fabbriche. Nuovo come Grillo, nell'immaginario. Ma i punti di contatto del programma sono davvero pochi. Molto più facile un rapporto tra Renzi e Monti, con ampie frange del Pdl in libera uscita. Un governissimo senza vincoli di promesse elettorali, libero di fare tutto ciò che impongono Merkel e complici perché non deve render conto a nessuno. Magari con la possibilità, in nome del nuovo, di trascinare una parte degli eletti grillini. Una soluzione del genere non piacerebbe sicuramente al povero Vendola. Ma il leader del Sel non ha più molta voce in capitolo, dopo il magro riusltato elettorale ed il fallimento totale in Puglia. Mentre a destra non esiste assolutamente nulla grazie al suicidio collettivo. Tra l'altro la possibilità di un incarico a Renzi era già stata ventilata da Gabriele Adinolfi a scrutinio ancora in corso. E Adinolfi - a differenza di Prodi quando faceva le sedute spiritiche per comunicare la collocazione del covo dove Moro era tenuto prigioniero - non usa la sfera di cristallo. Semplicemente guida un centro studi. E tutta l'area del centrodestra, tutta, dovrebbe finalmente rendersi conto a cosa possono servire i centri dove si studia. Perché capire la politica e l'economia è qualcosa di diverso dall'analisi fatta al bar bevendo un cappuccino. Ed i soldi della politica andrebbero più proficuamente utilizzati per i centri studi invece di sprecarli nelle feste in discoteca o per comprare i palloncini da lanciare nei cieli cittadini. Perché chi studia può anticipare flussi e tendenze, chi gioca con i palloncini non ottiene più la poltroncina al Parlamento.