mercoledì 28 febbraio 2018

Tajani premier? E se toccasse a Fitto?

Matteo Salvini pare rassegnato ad accettare la candidatura di Tajani come presidente del consiglio in quota Berlu. D’altronde la Lega è stata praticamente oscurata dalle tv del cavaliere e di conseguenza le speranze di sorpasso ai danni di Forza Italia si sono ridotte. Gli errori nella struttura di comunicazione si pagano. In fondo, però, Tajani potrebbe essere solo un candidato Primo ministro di transizione. Uno che scalda la sedia in attesa di nuove elezioni con un sistema diverso dal Rosatellum e a quel punto tornerebbe in campo Berlu, ormai incapace di parlare a causa delle troppe plastiche facciali ma non disposto ad uscire di scena. Esiste, però, un’altra ipotesi. Se il centro destra non avrà i numeri per governare da solo, dovrà cercare appoggi esterni, anche solo per un governo di transizione. E un ponte verso il centro potrebbe essere rappresentato da Fitto. Sempre che la quarta gamba, Noi con l’Italia, riesca a superare lo sbarramento del 3%. Non è obbligatorio che il presidente del consiglio sia scelto tra le fila del partito più grande. In passato Spadolini e Craxi hanno guidato governi benché il primo partito fosse la Dc. Si è voluti tornare al proporzionale anche se molto più confuso, e allora si può tornare anche a premier di coalizione scelti tra tutti i partiti di governo. Il problema, per Fitto, è quello di superare la soglia di sbarramento con una campagna elettorale sottotono, vecchia. Va bene che si rivendica l’eredità della Balena Bianca, ma la squadra di Noi con l’Italia non ha i cavalli di razza della vecchia Dc e, soprattutto, sono cambiati gli elettori, compresi quelli centristi. La tv non è più in bianco e nero, sono comparsi i social, le lettere agli elettori finiscono direttamente nella spazzatura senza neppure essere aperte. Magari anche negli altri partiti il livello qualitativo dei candidati non è eccelso però almeno provano a puntare sulla simpatia, sul sorriso, sulla comunicazione. In una fase in cui le ideologie sono diventate meno fondamentali, ed è un grave errore, si punti almeno su atteggiamenti diversi. Oppure si individuino personaggi di alto livello. In mezzo al guado si rischia solo di annegare

martedì 27 febbraio 2018

Le promesse elettorali finiscono lunedi, ce lo chiede l’Europa

Un fantasma si aggira nella campagna elettorale italiana, un convitato di pietra che tutti fingono di ignorare: l’Europa. Non se ne parla, come se la realizzazione di programmi fantasmagorici non fosse legata anche, e soprattutto, al via libera o ai No di Bruxelles. E forse è proprio per questo che nessuno vuole realmente vincere. Meglio condividere tutti insieme la patata bollente. Chi sarà il boia che trasformerà l’Italia in una nuova Grecia ridotta alla fame dagli euro cialtroni? A parte il solito Juncker, che forse quel giorno aveva sbagliato le dosi, nessun leader europeo si è intromesso più di tanto nella campagna elettorale italiana. Giocate pure, monelli, tanto il 5 marzo dovete tornare a casa a fare i compiti. Da lunedì prossimo potranno tornare nel cassetto le promesse sulle pensioni ricche per tutti, sui redditi di nullafacenza superiori agli stipendi dei giovani che lavorano, sulle mance per ogni categoria. Scordatevi il veterinario gratuito, i miliardi di nuovi posti di lavoro, i mega investimenti per case, scuole e ospedali. La ricreazione è finita. Tanto, in realtà, tutti hanno capito benissimo che si trattava solo di un gioco. Vinceva chi le sparava più grosse e Berlu è riuscito nell’impresa di battere il bugiardissimo. Che saranno mai le mance elettorali del bugiardissimo toscano di fronte alla sventagliata di promesse a vanvera dell’anziano lombardo? Un maestro dell’imbonimento, il profeta degli impegni fasulli. Però molti si sono divertiti ascoltando Berlu che assicurava il Paese di Bengodi, che raccontava un’Italia marziana dove agli elettori sarà garantita l’eterna giovinezza, giovani amanti, piscine hollywoodiane, bel tempo perenne. Il povero bugiardissimo avrebbe potuto replicare promettendo il Valhalla, ma rischiava un intervento di Fiano e dell’Anpi, con marcia di protesta di Boldrine mentre Fedeli chiedeva in giro qualche informazione al riguardo. Ormai, comunque, è finita. Da lunedì si tornerà a dare la colpa all’Europa per le liste d’attesa negli ospedali, per i ritardi dei treni, per la scuola che fa schifo e per il lavoro che non c’è. La campanella ha suonato, tutti in classe.

lunedì 26 febbraio 2018

Spazzati via i grandi quotidiani. Ma non nascono alternative

Poco più di 190mila copie vendute in edicola dal Corriere della Sera, 165mila da Repubblica, poco più di 100mila dalla Stampa, 53mila dal Giornale e meno di 50mila per il Sole 24 Ore. Sono i dati, drammatici, di novembre. Al netto degli abbonamenti. Il raffronto con il novembre del 2015 è impressionante. Corriere e Repubblica viaggiavano intorno alle 220mila copie, Stampa era sopra le 140mila, Giornale e Sole sopra quota 73mila. E se il confronto venisse fato rispetto a 10 anni prima il disastro sarebbe ancora più evidente. Gli italiani non leggono più i quotidiani, non solo per ragioni economiche ma, soprattutto, perché disgustati da una informazione sempre meno credibile. Le fake news non sono quelle dei social ma quelle propinate dai quotidiani di servizio. È sufficiente leggere le menzogne sulla guerra in Siria, o le notizie censurate sulle violenze delle risorse boldriniane. Non va meglio con le grandi tv, pubbliche e private, di proprietà nazionale o estera. Gli editori non paiono preoccuparsi. Di fronte alla crisi si limitano a tagliare i costi, eliminando i giornalisti con la certezza che non scatterà nessuna forma di solidarietà nei confronti di chi ha trasformato i quotidiani in uno spaccio di notizie false, politicamente corrette, espressione del pensiero unico obbligatorio. Ma il rifiuto di leggere, e ascoltare, notizie false non si trasforma in un atteggiamento positivo e propositivo. Aumenta solo l’analfabetismo di ritorno. Non reagisce un popolo rassegnato e indifferente a tutto. Non si arrabbia, non protesta. E agli oligarchi va bene così. A loro non interessa vendere più copie dei quotidiani di servizio. È sufficiente eliminare la capacità di pensare e di reagire. Se per raggiungere questo obiettivo devono eliminare un po’ di giornalisti, pazienza. Gli oligarchi li hanno sempre disprezzati ed ora che diventano inutili possono anche disfarsene. La fedeltà non paga. Per di più i servitori cacciati continuano a manifestare la stessa obbedienza al pensiero unico obbligatorio. Cosa si può volere di più? E chi non è d’accordo con gli oligarchi non fa nulla per reagire, per creare qualche alternativa. Un po’ di mugugno non costa nulla. Non serve a niente ma non impegna.

giovedì 22 febbraio 2018

Avanti al centro, sino al burrone

Gli opposti estremismi. Sembra di essere tornati ragazzi. E la soluzione, dopo decenni, è sempre la stessa: avanti al centro. Come se questo stramaledetto centro non fosse il responsabile vero degli scontri, come se questo stramaledetto centro non fosse il responsabile del disastro italiano, della libera crescita delle mafie, del declino, della povertà. Ma il centro, dove si affollano anche Boldrine e Grasso, sa perfettamente che le balle elettorali non bastano più per convincere un popolo vigliacco e rassegnato. Un popolo, però, che rischia di trasformare la rabbia impotente in un voto anti sistema. Un voto assolutamente inutile, quanto ad effetti concreti. Ma il centro, altro modo per definire quello che è semplicemente il sistema consociativo di potere, non sopporta neppure di essere preso a schiaffi metaforicamente nelle urne. Dunque si inventa un pericolo cartaginese, una minaccia del Barbarossa, una invasione napoleonica, una insorgenza fasssista. E schiera i suoi  uomini della disinformazione in tv e sui giornali. D’altronde è stato il sistema  consociativo a piazzarli, a vezzeggiarli, ad arricchirli. Ora tocca a loro dimostrarsi utili ed ubbidienti. Come gli utili idioti che, in nome della lotta contro Silla o contro il fasssismo, aggrediscono, picchiano, devastano. L’importante è spaventare il popolo dei conigli, cancellare la rabbia e trasformarla in paura dei cartaginesi. Una storia già vista. Con decine e decine di morti. Ma al centro non interessano i morti, tanto mica muoiono i personaggi del sistema consociativo. Ed i disinformatori avranno finalmente qualcosa di interessante da scrivere per tentare di frenare il crollo delle vendite dei giornali e la fuga dalle tv di regime. Perché continuare ad inventarsi miracoli economici nazionali mentre gli italiani sono sempre più in difficoltà, diventa sempre più difficile e meno credibile. Un po’ di violenza tra opposti estremismi è la soluzione, la panacea. Armi di distrazione di massa che, per essere credibili, si trasformano in armi vere con l’avvicinarsi del voto. La violenza di piazza può essere combattuta con l’inciucio. Ce lo chiede l’Europa, ce lo chiedono i responsabili, ce lo chiedono le istituzioni. Insomma, ce lo chiedono tutti i colpevoli del disastro italiano. Avanti al centro, sino al burrone

mercoledì 21 febbraio 2018

Privilegi fiorentini per la moglie del bugiardissimo

Non bastava per la moglie del bugiardissimo il posto di lavoro nella scuola sotto casa. Una coincidenza, ovviamente. Ora anche il pass per parcheggiare ovunque a Firenze, transitando nelle strade vietate e chiuse al traffico. Un permesso concesso ovviamente dal fedelissimo Nardella, un pessimo sindaco che solo la disinformazione di servizio evita di collocare sul podio dei peggiori insieme, o davanti, alla Raggi. Perché il problema non è rappresentato dai privilegi concessi ad Agnese Renzi. Poverina, con un marito così va capita ed aiutata. Un po’ di solidarietà, suvvia, per chi si è sposata il bugiardissimo e lo sopporta tutt’ ora. Il problema è Nardella, il problema sono i personaggi come lui, proni davanti al potere, proni davanti a qualsiasi idiozia politicamente corretta. Ma il problema sono anche i cittadini, in questo caso fiorentini ma non si tratta di un caso isolato, che votano per questi personaggi inadatti a ricoprire anche un incarico da guardialinee in una partita di calcio scapoli ammogliati. Un renitente alla vanga proiettato alla guida di una delle più belle città del mondo. Senza la benché minima capacità di valorizzarla (d’accordo, non è facile) ma anche con la protervia e l’arroganza tipiche del suo capo e che lo spingono ad interventi per penalizzare Firenze, per umiliarla, per rendere banale ciò che è un capolavoro. Siamo passati da una capitale del Rinascimento ad una città che insegue le mode più stupide e scontate. Da una città che si fa imitare ad una città che imita. E allora il servilismo nei confronti della moglie del capo è davvero piccola cosa rispetto alle tante boiate nardellesche. Persino la patetica giustificazione non cambia la realtà di un sindaco che, comunque, è stato votato. Non è la prima volta, nella storia di Firenze, che gli abitanti si fanno male da soli. Ma raramente erano scesi così in basso. C’era grandezza anche nell’autolesionismo. Ora c’e’ solo Nardella.

martedì 20 febbraio 2018

Embraco perfettamente in linea con il Pd

Avete voluto le multinazionali? E allora beccatevi l’Embraco che prima incassa i vantaggi e poi scarica i lavoratori per andare a sfruttare gli operai slovacchi. Ce lo chiede la Borsa, hanno spiegato i vertici degli affamatori del popolo. E il ministro Calenda ha dovuto arrabbiarsi perché è in campagna elettorale e deve far finta di occuparsi dei lavoratori. Peccato che la scelta della multinazionale sia perfettamente in linea con la politica della precarietà portata avanti da questo governo. Peccato che Emma Bonino, alleata del Pd, sia altrettanto feroce nei confronti dei lavoratori in nome del mercato, della flessibilità, della globalizzazione. Hanno accantonato, come roba vecchia,  la parte della Costituzione relativa alla responsabilità sociale dell’impresa. E a farlo non è stata l’Embraco. Ma ora il Pd ha trovato il capro espiatorio come se gli anni di Monti, Letta, bugiardissimo e Gentiloni non fossero stati caratterizzati dai medesimi comportamenti. Gli esodati della Fornero erano un sacrificio umano sull’altare della globalizzazione, del Ce lo chiede l’Europa. Il boom di contratti a tempo determinato va nella medesima direzione. Dobbiamo essere competitivi, Ce lo chiedono i mercati. E in nome della competitività non investiamo, troppo costoso e faticoso, ma tagliamo salari e diritti. Se i giovani italiani vogliono diritti e retribuzioni che consentano di crearsi una famiglia, che emigrino in quei Paesi dove il merito è riconosciuto, dove la qualità è ricompensata. Noi, che siamo tanto furbi, importiamo schiavi così riusciremo ad essere competitivi con la Slovacchia. Tanto le elezioni arrivano il 4 marzo e dal 5 la finta solidarietà nei confronti dei lavoratori potrà essere messa da parte. Come saranno messe da parte le dentiere gratis per tutti, i veterinari a carico dello Stato, la sicurezza e le espulsioni. Avanti con gli sbarchi, Ce li chiede la società civile che preferisce gli schiavi perché tanto la delinquenza coinvolge i quartieri popolari. Ed una guerra tra poveri diverte tanto gli oligarchi annoiati e le loro signore impegnate in fondamentali conversazioni da salotto.

lunedì 19 febbraio 2018

Olbia, provincia del Qatar

Il sindaco di Olbia decide di intitolare una nuova scuola alla seconda moglie dell’emiro del Qatar ed è subito polemica. Innanzitutto perché la scuola è stata costruita con tante piccole donazioni di sardi e il Qatar non ha investito un euro. In secondo luogo perché dedicare il nome di una scuola ad una persona viva non sembra proprio di buon auspicio. Ma al di là dell’opportunita’ o meno dell’intitolazione di una scuola, è evidente che il sindaco voleva palesare il ringraziamento della città per il mega investimento qatarino per un polo di eccellenza sanitaria ad Olbia. Senza dimenticare che il controllo della Costa Smeralda è ormai passato in mani qatarine così come il 49% della compagnia aerea Meridiana che collega (male e con tariffe tutt’altro che leggere) la Sardegna al Continente. Dunque la scuola è solo un alibi per affrontare il vero tema, quello degli investimenti in Sardegna ed in Italia in genere. Tutti a benedire i soldi che arrivano dall’estero anche se andrebbe fatta una divisione netta tra chi investe per creare qualche nuova attività e chi, invece, si limita ad acquisire un’attivita’ già esistente. In ogni caso è evidente che se gli italiani evitano ogni investimento, non si può che apprezzare l’intervento straniero. Salvo poi ritrovarsi, come all’Embraco, con la multinazionale che prima incassa aiuti pubblici italiani e poi delocalizza e sposta la produzione all’estero cacciando i lavoratori italiani. Il mega investimento sanitario del Qatar a Olbia è un modo per accattivarsi le simpatie in vista di nuovo cemento in Costa Smeralda? Può essere. Ma se il ringraziamento pubblico si concretizza in una intitolazione della scuola invece che in qualche mega concessione edilizia, ben venga la scuola. Quanta gente contribuirà a salvare il centro ricerche? E dove erano gli italiani pronti a creare un simile centro? Troppo comodo lamentarsi per le ingerenze straniere quando l’Italia, pubblica e privata, resta a guardare

giovedì 15 febbraio 2018

I commercianti bocciano i moderati

Commercianti vil razza dannata? Probabilmente sarà questa la definizione che utilizzeranno i partiti “moderati” se il voto del 4 marzo confermerà i sondaggi. Perché dalle analisi emerge una categoria che si è stufata delle menzogne del bugiardissimo e della sua corte ma non sopporta neppure più le false promesse di Berlu. Dunque i commercianti si rifugiano nella rassegnazione dell’astensionismo oppure si indirizzano verso la Lega, i 5 stelle e LeU. In fondo la scelta della Lega non stupisce, con Salvini in prima linea per il diritto di difesa dei commercianti alle prese con una delinquenza sempre più aggressiva. E piace anche la flat tax. Ma anche la preferenza per i grillini non stupisce, almeno sulla base dei programmi ufficiali. Quei programmi che a Torino prevedevano la difesa del commercio al dettaglio ed il blocco delle nuove costruzioni di grandi centri commerciali e, invece, hanno portato al record di nuove iper strutture. Stupisce, invece, la scelta di Liberi e Uguali che sembrano molto lontani dalla mentalità dei commercianti e invece, evidentemente, hanno fatto breccia in una realtà che cambia velocemente e radicalmente. Magari, dopo questo sondaggio, la sinistra si sentirà in imbarazzo nel considerare evasori fiscali tutti gli appartenenti alla categoria e nel definire pistoleri i commercianti che osano difendersi dai rapinatori. Le preferenze di voto dovrebbero però far riflettere Berlu e il partito del bugiardissimo. Dovrebbero chiedersi perché i commercianti, che li hanno sempre votati, non si fidano più. Non bastano le menzogne sulle tasse più basse, quando invece si paga di più. Non bastano le promesse sulle dentiere gratis per tutti quando si sa già che il bilancio obbligherà a cancellare gli impegni presi in campagna elettorale. E allora la protesta si manifesta con l’astensione o con il voto a chi non è impegnato solo ad abbassare i toni per poter continuare a fare i propri comodi.

mercoledì 14 febbraio 2018

Rimborsopoli? Scandalo montato dai media di servizio

Mele marce. Così Luigi Di Maio ha definito i pentastellati rei di non aver restituito tutto ciò che avrebbero dovuto restituire. Rei? Ma qui non c’è nessun reato. Eppure tutti i partiti, ed i giornali di servizio, si sono scatenati come se la cosiddetta Rimborsopoli avesse qualcosa a che fare con Tangentopoli. Già l’assonanza non è stata scelta a caso ma è impressionante la furia con la quale i media di servizio si sono scatenati. Dopo essersi resi conto, ovviamente, che la furia antifascista non serviva a mobilitare il Paese contro le destre, ma solo a giustificare la violenza di qualche giovane trinariciuto. Così la violenza verbale dei media si è spostata contro i grillini. Accusati, in pratica, di non aver fatto beneficenza dopo averla annunciata. Eppure gli stessi media di servizio non avevano montato la stessa polemica quando un comico di regime si era dimenticato di destinare alla beneficenza un ricco ingaggio pubblico, dopo aver vantato la propria generosità. È evidente che la polemica contro i 5 stelle è stata montata solo perché i grillini fanno paura. E fanno paura perché interpretano la rabbia di un popolo massacrato da politici incapaci con il sostegno di giornalisti di servizio. Ma a far paura dovrebbe essere questa informazione che cerca di ricreare un clima di odio generale. Certo, è più facile inventarsi uno scandalo per mancata beneficenza piuttosto di affaticarsi per dimostrare i tanti errori dei grillini. Forse le accuse, più che giustificate, per i disastri romani della Raggi non bastano a coinvolgere i lettori? E allora potrebbero analizzare gli errori di Appendino a Torino, potrebbero evidenziare le incongruenze, le promesse non solo mancate ma clamorosamente trasformate in realizzazioni di segno opposto. Mancanza di professionalità, confusione, scarsa visione, progetti banali, inesistente coraggio nel liberarsi di consorterie di potere ereditate dal passato. Gli elementi di critica non mancano. Ma non si va in prima pagina con i supermercati che distruggono il commercio tradizionale. Soprattutto se, sul giornale, ci sono le pubblicità del supermercato. E allora si inventa uno scandalo sulla mancata beneficenza.

martedì 13 febbraio 2018

4 marzo, elezioni su Marte

La campagna elettorale per il nuovo parlamento marziano è ancora lunga e ci riserverà altre sorprese benché sinora le balle spaziali non siano mancate, come pure il vuoto cosmico delle proposte intelligenti. D’altronde i politici marziani non hanno idea della situazione italiana, e lo si nota benissimo in ogni dichiarazione. Da un lato Berlu che tuona contro i 5 stelle accusandoli di obbedire ciecamente alle indicazioni dei capi. Manco fossero le donne della corte di Arcore, fulgido esempio di pensiero indipendente. Sul fronte opposto il bugiardissimo racconta il mondo marziano dove gli abitanti del pianeta non devono fare i pistoleri perché le forze dell’ordine marziane tutelano i cittadini ed arrestano i delinquenti che i magistrati marziani spediscono immediatamente in carcere. E ci rimangono. Su Marte, ovviamente. Dove le forze dell’ordine non fuggono davanti ai delinquenti, abbandonando un collega ferito. E su Marte non si assiste neppure a patetici confronti tra un direttore di un museo egizio  - che è sicuramente esperto di storia antica ma dimostra di non sapere nulla, o di essere fastidiosamente fazioso, rispetto a quella contemporanea - ed un esponente politico che non è neppure in grado di comprendere l’imboscata ma pretenderebbe di governare l’Italia. Su Marte non ci  sono neppure gli organi di informazione al servizio del pensiero unico obbligatorio che poi si stupiscono per il crollo del numero dei lettori. Ma allora non si capisce perché si debba votare in Italia se la rappresentazione della realtà è quella marziana. Candidati imbarazzanti, programmi incredibili, speranze nulle. Si rispolvera un po’ di antifascismo come se si aggiungesse il prezzemolo, se non basta (e non basta) si inventa un po’ di lotta anti sabauda o anti borbonica, magari con un pizzico di indignazione contro Napoleone, Carlo Magno e Giulio Cesare per finire con i cortei contro Alessandro. Spartaco è vivo e lotta insieme a noi. In Italia, purtroppo, non su Marte.

lunedì 12 febbraio 2018

Nasce Electomag, giornale per chi pensa liberamente

Nasce questa sera, poco dopo le 20, un nuovo quotidiano online, Electomag. E Girano se ne occupa per puro conflitto d’interessi, visto che mi è stata affidata la direzione di uno splendido gruppo di giovani e diversamente giovani. Non sarà un giornale di area, qualsiasi area si intenda. Abbiamo scelto un motto, “liberi di pensare”, che esclude ogni uniformità nell’interpretazione della realtà. Ma Electomag rifiuterà ogni imposizione del pensiero unico obbligatorio, e questa è già una dichiarazione di intenti. Per il resto i collaboratori saranno liberi di pensare, di confrontarsi, di litigare anche duramente. Obbligati, però, ad utilizzare il congiuntivo e a distinguere il “te” dal “tu”, e non è un aspetto irrilevante, ormai. Nessuno spazio alla cronaca, perché Mag sta per magazine e dunque punteremo sull’approfondimento dei vari temi, compresi quelli più leggeri. E nessuno spazio per una rubrica dedicata esclusivamente alla politica perché la politica, quando è seria, influisce direttamente su economia, cultura, rapporti internazionali, sport e, dunque, sarà compresa in queste sezioni. Quando non è seria, invece, può aspirare al massimo a qualche riga nella rubrica di gossip, sempre che i colleghi abbiano voglia di occuparsene in quel contesto. Cercheremo di rendere difficile la ricerca delle rubriche, con definizioni che a molti sembreranno astruse. Perché Electomag non vuol essere un giornale facile. Il pensiero richiede impegno, anche quando gli approfondimenti sono scritti in modo allegro da giovani che hanno più dimestichezza con lo smartphone che con un foglio di carta. Per questo troverete grandi differenze nello stile di scrittura. Non abbiamo voluto uniformità neppure sotto questo aspetto. D’altronde il direttore è anziano mentre l’editore è un giovane avvocato coraggioso e irresponsabile. Dimostreremo che la convivenza non è solo possibile ma anche fruttuosa. Quanto a Girano, da domani tutto tornerà alla normalità, senza interferenze reciproche. Ovviamente speriamo che i lettori si mescolino e sopportino la doppia offerta di commenti e notizie. Girano continuerà con la ferocia quotidiana di sempre. E se stasera, dopo le 20, avete qualche istante libero, provate a leggere Electomag. Dalle 19, invece, conferenza stampa in diretta sulla pagina Facebook di Electoradio, l’emittente da cui nasce il magazine.

venerdì 9 febbraio 2018

Alle Maldive lo scontro tra India e Cina

Non basta essere un gigante per contare qualcosa sullo scacchiere mondiale. Gli scontri alle Maldive hanno drammaticamente evidenziato i limiti politici e strategici dell’India a fronte del movimento continuo e sfiancante della Cina. Le Maldive, arcipelago a sud del subcontinente indiano, sono alle prese con una progressiva radicalizzazione islamica, sostenuta dall’Arabia Saudita, proprio mentre in India si procede verso un rilancio induista. Non sono, però, le ragioni religiose a favorire lo scontro che nasce come lotta di potere interna alle Maldive. A quel punto, tuttavia, i due ingombranti vicini assumono un ruolo determinante. L’attuale presidente maldiviano si è infatti avvicinato a Pechino mentre il suo avversario è sostenuto dall’India che, in passato, aveva anche inviato truppe scelte per contrastare un colpo di Stato a Male’, la capitale dell’arcipelago. Anche questa volta l’opposizione ha invocato un intervento militare indiano ma Pechino ha messo in guardia da ingerenze nelle Maldive. È uno scontro a tutto campo quello tra i due Paesi più abitati al mondo. Pechino sta proseguendo nella sua espansione, anche militare. Investe montagne di denaro nei Paesi asiatici per costruire proprie basi. Acquista intere regioni africane, acquista porti in Europa, investe in America Latina. L’India, al contrario, è soprattutto impegnata nello sforzo titanico di ammodernare il Paese nonostante gli scontri tra indù e islamici. Corruzione, lentezza burocratica, impedimenti di ogni tipo frenano la crescita di un Paese che avrebbe le risorse, anche intellettuali, per primeggiare a livello mondiale. Da un lato il cinismo cinese che antepone gli affari e l’espansione ad ogni altro elemento. Sul fronte opposto l’India affascinante, misteriosa, con una cultura antica ma con l’incapacità o la non volontà di imporsi al di fuori dei propri confini. La Cina si è comprata studi cinematografici americani per utilizzare il soft power nella conquista del mondo. L’India ha sviluppato Bholliwood, cioè una grande industria cinematografica rivolta pressoché esclusivamente all’interno. E Pechino ne approfitta costruendo la propria collana di perle, ossia gli insediamenti cinesi che vanno a cingere sempre più strettamente il collo dell’India.

giovedì 8 febbraio 2018

In treno viaggeremo all’americana

Dopo le industrie alimentari, quelle della moda, dell’energia e di ogni settore strategico, anche il trasporto ferroviario italiano passa in mani straniere. Ntv-Italo diventa americano per un’offerta di 2 miliardi di euro. Come in tutti i casi precedenti, una bella montagna di soldi ha convinto gli imprenditori italiani che preferiscono far cassa piuttosto di fare impresa. Ci sono eccezioni, come Ferrero e Fincantieri che all’estero vanno per comprare e non per vendere, ma sono appunto eccezioni.  Ma se la nazionalità dei proprietari  di industrie olearie non incide sulla realtà economica del territorio, dal momento che buona parte degli industriali italiani utilizza comunque olive che italiane non sono (meglio rivolgersi a piccole aziende che non importano la materia prima), il cambiamento della proprietà di Italo preoccupa tutti gli utilizzatori dei treni ad alta velocità. Già Italo in versione nazionale aveva messo in atto una politica tariffaria e di orario che penalizzava i pendolari, quelli in grado di permettersi l’alta velocità ferroviaria, ma sicuramente gli americani di Gip non sbarcano in Italia per far beneficenza. E l’autorità per i trasporti non è stata in grado di difendere i pendolari già in passato, dunque difficilmente il passaggio di proprietà porterà buone notizie per chi viaggia. Ma l’acquisizione statunitense serve anche a smentire le affermazioni di comodo di Trenitalia, sempre impegnata a lamentarsi perché il trasporto ferroviario sarebbe un’attività inevitabilmente anti economica. Però la stessa Trenitalia che è così generosa con i passeggeri, ha sempre posto ostacoli ai rari tentativi regionali di mettere a gara i servizi di trasporto locale, proprio quelli che rappresenterebbero un grave e doloroso peso per la compagnia pubblica. Ed i candidati stranieri per la gestione del servizio sono sempre più numerosi. Non c’è dubbio sul fatto che la gestione del trasporto pubblico sia pessima, a partire dal trasporto locale. Ma non c’è dubbio neppure sul fatto che il servizio possa essere migliorato e che possa essere migliorata anche la gestione aziendale. Senza dover necessariamente passare per la cessione a gruppi stranieri.

mercoledì 7 febbraio 2018

La Germania alza i salari e riduce gli orari. Funziona

Lavorare meno, lavorare tutti. Era lo slogan della battaglia per la riduzione dell’orario settimanale da 40 a 35 ore. Conquista che aveva premiato i lavoratori di Germania e Francia. Ma ora Berlino va oltre ed i dipendenti delle aziende metalmeccaniche potranno lavorare solo 28 ore, per un massimo di due anni, per far fronte ad esigenze famigliari: la nascita di un figlio, la cura di genitori anziani, problemi improvvisi di diversa natura. Ovviamente la retribuzione non rimarrà la stessa, ma la riduzione sarà sensibilmente inferiore rispetto alla riduzione dell’orario. Nel frattempo il salario base aumenta del 4,3%, dunque una crescita nettamente superiore a quella dell’inflazione. Per il momento l’accordo riguarda solo i metalmeccanici, ma è probabile che venga esteso ad altre categorie. La Germania, insomma, va in direzione contraria rispetto a quanto si fa in Italia dove, grazie all’arrivo dell’esercito industriale di riserva (come lo definiva Marx, mica Salvini) composto dai migranti, si abbassano i salari e si cancellano i diritti. Peccato che i risultati economici premino la Germania e boccino l’Italia. Non è che a Berlino siano tutte rose e fiori. I mini job sono una vergogna e la criminalità di importazione è in aumento. Ma il quadro generale è decisamente migliore sotto l’aspetto economico ed ora migliorerà anche sotto l’aspetto sociale con una conquista di maggior tempo libero da parte di chi ne ha bisogno ed è pronto a rinunciare ad una minima parte dello stipendio. Certo, una ricetta che si può applicare ai metalmeccanici tedeschi che guadagnano molto, non agli italiani che con il 100% di retribuzione faticano a sopravvivere. E l’incremento salariale tedesco aumenterà i consumi in Germania mentre la precarietà e lo sfruttamento in Italia frenano ogni tentativo di ripresa. Le ricette economiche possono, e devono, essere diverse a seconda delle situazioni. Ma se nella stessa Europa, quella che in teoria dovrebbe essere una casa comune, la ricetta tedesca funziona e quella italiana fallisce, forse bisognerebbe adeguare il nostro modello a quello di Berlino.

martedì 6 febbraio 2018

Tutti scoprono l’emergenza clandestini. Tranne Mattarella

La bomba sociale dell’invisione scoppia e sconvolge la campagna elettorale. Improvvisamente tutti, quasi tutti, si accorgono del problema che avevano voluto ignorare per tutti questi anni. Ed è subito scaricabarile, tutti contro tutti. E tutti, in parte, hanno ragione. Ha ragione Di Maio quando accusa centro destra e centro sinistra per aver provocato il disastro e per non averlo voluto gestire. Il centro sinistra per il criminale buonismo e per la guerra dichiarata contro gli italiani. Il centro destra per aver  appoggiato la guerra contro la Libia che ha spalancato i mari agli scafisti trafficanti di uomini. Di Maio dimentica, però, che i 5 stelle alla guida di Torino e Roma sono stati altrettanto disastrosi nella gestione di clandestini ed irregolari. Persino il bugiardissimo ha ragione quando ricorda che la mega sanatoria per regolarizzare i clandestini è frutto della volontà del centro destra. Ma ha torto quando rinfaccia a Berlu la firma degli accordi di Dublino. Perché gli accordi non impediscono respingimenti e rimpatri forzati, quei rimpatri che il centro sinistra ha sempre evitato in nome dell’accoglienza indiscriminata anche di assassini, spacciatori, ladri. Adesso tutti, quasi tutti, si inventano ricette risolutive. Sapendo che non saranno applicate per mancanza di coraggio e di capacità. Per paura delle critiche dei media di servizio politicamente corretti, per paura delle proteste delle cooperative che guadagnano sullo sfruttamento dei migranti, per la presenza di leggi assurde applicate ancor più assurdamente da troppi magistrati. Dunque gli italiani saranno imbrogliati ancora una volta. È sufficiente ascoltare le assurdità sulla difesa garantita dalle forze dell’ordine. Quale difesa hanno avuto le persone massacrate dalle grandi risorse? Quale difesa hanno, quotidianamente, gli anziani borseggiati su tram e autobus o derubati in casa dalle grandi risorse in arrivo dai campi abusivi dove la merce rubata abbonda ma le condanne latitano? Non tutti, comunque, si sono accorti dell’emergenza. Mattarella, ad esempio, continua a far finta che non esista, dimostrando ogni giorno quanto il Quirinale sia lontano dagli italiani normali. Ma anche gli euro burocrati si sono distinti per l’indifferenza nei confronti degli italiani, euro burocrati troppo attenti ai feriti per presunto razzismo per potersi occupare dei morti per mano dei migranti

lunedì 5 febbraio 2018

600mila stranieri da rimpatriare: nuova promessa elettorale

Berlu ed i suoi moderati scoprono che gli italiani non ne possono più dell’invasione senza controllo imposta dagli speculatori con il sostegno di una sinistra dei banchieri e lontana dal popolo. In realtà se ne sono accorti persino nel Pd che, dopo le vicende di Macerata, hanno capito che era meglio non speculare sulla sparatoria. Per fortuna del centro destra non se ne sono accorti a LeU di Grasso e Boldrine, coerentemente schierati dalla parte dei migranti contro gli italiani poveri. Ma una volta che è chiaro il sentimento popolare, non è per nulla chiaro come rimediare alla situazione in presenza di questa magistratura che non si accorge degli effetti disastrosi di scelte di lassismo assoluto. Gli spacciatori stranieri, anche quelli fermati più volte nella stessa settimana, tornano immediatamente in libertà ed a spacciare. Si decidono arresti domiciliari per chi non ha domicilio, si ignorano - in nome di una presunta diversità culturale- i casi di sfruttamento di bambini per furti o per accattonaggio. E a questo si aggiungono i vantaggi, per le nuove risorse boldriniane, nelle liste per gli asili o per l’assegnazione di case popolari. Non sarà facile cambiare la situazione, in presenza di questa magistratura e di queste leggi. Berlu punta sui proclami, credibili come quelli sulle dentiere gratis per tutti. Restituiamo al mittente 600mila migranti che non hanno il diritto di restare in Italia. Sarebbero molti di più, ma ci si può accontentare. Si può facilmente immaginare l’espressione dei capi di governo dei vari Paesi interessati. La Tunisia sta già preparando manifestazioni di festa per accogliere le legioni di criminali usciti dalle carceri tunisine e subito trasferiti in Italia. E la Nigeria sarà felice di ricevere spacciatori e magnaccia che aveva spedito in Italia. Però in campagna elettorale basta la promessa per tranquillizzare chi non ne può più di spacciatori sotto casa, di furti negli appartamenti, di ubriachi che si accoltellano per strada nella totale indifferenza della magistratura e dei media di servizio. C’è anche un grave problema di incapacità italiana di incidere sulla scena internazionale. Difficile pensare di contare qualcosa in Africa con un ministro degli esteri come Alfano, con un presidente del consiglio come il bugiardissimo prima e come Gentiloni dopo. Questo è l’unico aspetto  di credibilità di Berlu. E non è poco.

venerdì 2 febbraio 2018

Nuova mancia elettorale per eterni adolescenti

Meglio le dentiere gratuite o le mance per eterni adolescenti? La campagna elettorale offre, ogni giorno, promesse sempre più assurde e irrealizzabili oppure banalità assolute spacciate per interventi risolutivi.  L'Italia ha bisogno di una profonda rivoluzione culturale che rimetta al centro merito e qualità? E i partiti rispondono con promesse per le cure degli animali o con redditi uguali per tutti i disoccupati e più elevati rispetto a chi lavora. Il bugiardissimo propone un bonus anti bamboccioni:150 euro per pagare l'affitto ai trentenni che abbandoneranno la comoda casa di mamma e papà. Già, perché il motivo per cui si rimane a casa è la mancanza dei 150 euro per l'affitto, non la mancanza di un lavoro stabile e con retribuzione adeguata. E dove sono gli alloggi in affitto a 150 euro? D'altronde non c'è da stupirsi: il ministro Padoan ignora il costo di un litro di latte, il bugiardissimo ignora il costo di un affitto. Non è cattiveria, la loro, ma solo la dimostrazione di un totale distacco dal mondo reale. Non che sull'altro fronte vada meglio. Dove sono le coperture per garantire visite gratuite del veterinario a tutti gli animali domestici? E poi perché non far pagare le visite a cani e gatti e far pagare le ben più costose visite a vacche e capre? Senza dimenticare i redditi di cittadinanza, di dignità o di inclusione offerti a tutti, compresi tutti quelli che sbarcheranno in Italia attirati da queste folli promesse. Avanti c'è posto, ci sono i soldi per milioni di persone in arrivo da ogni dove. Più che stupide, queste promesse elettorali, sono criminali. Il bugiardissimo si è persino accorto che, negli ultimi anni, le partite Iva sono state un po' penalizzate. Dunque bisognerà alleggerire il carico fiscale. Strano, par di ricordare che in questi ultimi anni al governo ci fosse proprio il bugiardissimo e poi il suo compare Gentiloni. Se continua così, prima della fine della campagna elettorale il bugiardissimo si accorgerà persino della crisi del ceto medio. Mentre Berlu prometterà all'Italia tutto ciò che negherà in Europa. E Di Maio rassicurerà i mercati finanziari internazionali che sono perplessi di fronte a ciò che dice lo stesso Di Maio agli italiani. Tanto il 4 marzo è dietro l'angolo e dal 5 tutti gli eletti torneranno ad ignorare gli elettori. Sono stati nominati dai rispettivi capi ed è solo a loro che devono fedeltà

giovedì 1 febbraio 2018

Solo lavoro in nero per gli italiani

Padoan, Gentiloni e ovviamente il bugiardissimo, con la sua corte, ci avevano magnificato la prodigiosa crescita italiana, merito di questo governo di esperti e competenti. In effetti una grande crescita l'hanno davvero ottenuta: quella del lavoro nero. Già, perché la riduzione delle retribuzioni, favorita dall'invasione che aumenta la concorrenza tra i lavoratori, non bastava più. E così si è fatto crescere il lavoro irregolare che non solo elimina il costo dei contributi ma che arriva anche a dimezzare la retribuzione netta. Siamo sempre più lontani, insomma, dai livelli di redditi di dignità, cittadinanza o inclusione (ogni partito ha la sua definizione) che verrebbero garantiti a chi non fa assolutamente nulla. Adesso le statistiche ci raccontano che sarebbero 3,3 milioni gli sfruttati senza contratto e senza garanzie, lavoratori in nero che accettano condizioni assurde pur di avere un'attività.  E tra gli occupati regolari aumentano quelli con contratti a tempo determinato, senza garanzie per il futuro. Davvero una dimostrazione di grande capacità e competenza da parte di questo governo e della società civile che lo appoggia. Non basta il servilismo delle reti pubbliche e del Tg5 per nascondere una realtà che, al contrario, è ben nota alla gente normale. E se il lavoro nero cresce, è evidente che cali la disoccupazione ufficiale poiché si riduce il numero di chi è presente nelle liste ufficiali di ricerca del lavoro. Ma è anche evidente che, su queste basi, pure la povertà è destinata ad aumentare. Se non si vive decentemente con le retribuzioni regolari, è facile immaginare come possano sopravvivere i lavoratori sottopagati e in nero. È facile immaginare quali opportunità per costruire una famiglia abbiano questi sfruttati. Ed è anche facile immaginare con quale entusiasmo questi sfruttati affronteranno il voto del 4 marzo. Il crollo del Pd ipotizzato dai sondaggi si lega anche a questa realtà molto distante dalle narrazioni di comodo. Ma bisognerà vedere se le promesse elettorali di Berlu saranno convincenti o saranno considerate le consuete menzogne irrealizzabili e lontanissime dalla realtà