giovedì 30 ottobre 2014

I pretoriani del burattino contro i lavoratori

David Serra, finanziere e finanziatore del burattino l'aveva anticipato alla Leopolda: lo sciopero non è più un diritto. Con smentite di circostanza delle renzine di turno. Ma alla prima manifestazione di lavoratori si è subito visto quanto valessero le smentite, poco meno di zero. I pretoriani del burattino hanno assalito lavoratori disarmati che protestavano, pacificamente, contro la chiusura della loro fabbrica. Chiusura decisa per far contenta l'Europa. Come ha reagito il governo del burattino di fronte alla sacrosanta protesta? Mettendo in campo strumenti efficaci per la ricollocazione dei lavoratori? Macché. Ha risposto con i pretoriani e con i manganelli. Così come ordinato dal finanziatore del burattino. Un burattino che considera archeologia l'articolo 18 e l'intero statuto dei lavoratori. Ma poi si comporta esattamente come i suoi predecessori degli Anni 60. Come ad Avola, a Battipaglia. Mandare i pretoriani contro i lavoratori. Pretoriani pagati con le tasse dei lavoratori. Pretoriani a cui si garantiscono gli aumenti negati agli altri lavoratori. Non proprio una pratica nuovissima, pare proprio copiata dall'impero romano in decadenza o da qualsiasi regime impegnato in un colpo di Stato. La fortuna del burattino e' che può contare su un popolo sempre più impecorito che ha paura di affrontare una nuova Avola, una nuova Battipaglia. E sino a quando la vigliaccheria prevarrà sulla disperazione, per il burattino ed i suoi pretoriani la vita sarà facile.

mercoledì 29 ottobre 2014

Almeno gli zingari non votano per il burattino..

La crisi? Finirà nella primavera del prossimo anno. Parola del burattino boy scout. Oddio, la sua parola   d'onore era già stata sprecata per assicurare che il Pil sarebbe cresciuto anche nella prima parte di quest'anno, che la disoccupazione era stata sconfitta, che l'economia stava tirando. Mancava solo il "più Viagra per tutti" e l'imbonitore avrebbe completato il quadro delle promesse a vanvera. D'altronde è giusto così se oltre il 40% degli italiani continua a fidarsi di un simile personaggio. Il burattino che sta distruggendo l'Italia, che elimina lo stato sociale, che taglia i diritti e spegne le speranze. Il posto fisso non c'è più, spiega ai giovani. Che, entusiasti, lo votano, si fanno l'autoscatto e poi vanno dai genitori a chiedere i soldi per portare in pizzeria la morosa trentenne. Perché, senza posto fisso, il mutuo per la casa non lo trovano. E una famiglia non se la fanno. Che bisogno c'è? Tanto ci pensa mare monstrum a portare nuovi italiani. Per quelli vecchi il posto non c'è più. E se un sindaco del Pd lancia una provocazione per chiedere un intervento contro gli zingari che rubano, minacciano, rapinano giovani e anziani del suo Comune, parte immediata la campagna dei politicamente corretti: gli zingari hanno la loro cultura che va rispettata. Anche quando rubano il rame dei cavi e bruciano la gomma avvelenando gli italiani che abitano vicini ai campi illegali. Anche quando non mandano i figli a scuola. Anche quando non pagano acqua e luce. Anche quando girano con auto di lusso che non sono compatibili con il redditometro. Ma quelli sono obblighi riservati agli italiani. Loro, gli ospiti, la grande risorsa, la grande opportunità, non devono sottostare a queste regole. Loro sono il futuro della nazione. Ma un merito, comunque, loro ce l'hanno: non votano per il burattino e la sua corte. E non sanno neppure chi sia il finanziatore del burattino, quel Serra che chiede, con tessera Pd, di cancellare ogni diritto dei lavoratori

martedì 28 ottobre 2014

Elezioni che fai, problemi che trovi

Elezioni in Brasile, in Ucraina, in Tunisia, in Uruguay.  E si è votato persino in Italia, a Reggio Calabria. Chi ha vinto?  In Brasile la sinistra della presidente uscente, ma solo per un pugno di voti, nonostante il grande margine ottenuto al primo turno. Il candidato del centrodestra ha ottenuto l'appoggio dell'esponente della sinistra libertaria, ambientalista ed ha eroso il vantaggio di Dilma Rousseff. La candidata della corruzione contro il nuovo fronte. Il Brasile ha scelto di non cambiare, ma metà Paese e' stufo delle porcate del governo. Sinistra trionfante anche in Uruguay al primo turno.   Grande confusione in Ucraina, tra nazionalisti ed europeisti (ma ad Est non si è votato). E in Tunisia? Vittoria dei laici, con il partito dei Fratelli Musulmani costretto a rinunciare alla guida del governo. Punta all'ennesima grande coalizione, porcheria che contraddistingue troppi Paesi, di questi tempi. Ma a gongolare e' l'Isis, che potrà approfittare di qualsiasi errore o ritardo del nuovo governo di Tunisi per rafforzarsi nel Paese. A due remate dalla Sicilia. Quanto a Reggio, trionfo annunciato della sinistra, di fronte al nulla della destra e del centro. E di fronte ai grillini sempre più imbarazzanti. Incapaci ormai di ridere alle battute del loro leader perché troppo politicamente corretti e noiosi. Il grande e clamoroso errore di Grillo non è stato quello di rifiutare l'alleanza con Bersani, ma quella di circondarsi di piccola gente che non sa ridere di se stessa, che si prende troppo sul serio, che non sa sognare. E che, inevitabilmente, e' destinata a sparire. Cacciata da Grillo o affondata insieme a lui, se il leader non se ne libera.

mercoledì 22 ottobre 2014

Dopo gli slogan, serve una proposta sul futuro

Di fronte alle truffe da magliaro del burattino (gli 80 euro promessi alle neomamme e scippati ai neononni, la violazione del codice del contribuente con aumenti retroattivi delle aliquote su fondi pensione e Irap), gli slogan contro l'invasione di clandestini restano validi ma non bastano più. Serve altro, serve un salto di qualità. Serve una proposta vera e credibile relativa al lavoro, al sistema sociale, al sistema pensionistico. Serve un programma credibile, e realizzabile, per la politica estera e per quella industriale. Anche a costo di scontentare qualcuno che si accontenta della protesta ma non riesce ad arrivare ad una proposta. In Italia, contrariamente a quanto si può pensare, non mancano pensatori intelligenti e proposte serie. Pensatori che il burattino considera gufi, proposte che per il nullista toscano rappresentano provocazioni passatiste. E che invece sarebbero vincenti se qualche politico e se qualche movimento avessero la capacità di ascoltare, di studiare, di approfondire. In realtà qualcuno comincia ad accorgersene. Meloni si è innamorata dell'economista e sociologo Ricolfi che sta sfornando proposte intelligenti a raffica. Ma le sfornava anche prima, inascoltato, forse perchè il libro "Il sacco del Nord" non piaceva alla Garbatella. E Salvini, guidato finalmente da un consigliere competente ed intelligente, conosce realtà come il think tank Nodo di Gordio che si occupa di questioni internazionali ad alto livello. Occorre, però, che tutte le competenze vengano messe in rete, che non restino isolate. Non importa se su alcuni temi le posizioni restano e resteranno distanti. Il contributo di idee resta comunque fondamentale. Lo ricordava recentemente Barbadillo, a proposito della necessità di proposte sullo stato sociale, sul lavoro. Perché non utilizzare le competenze della Fondazione Ugo Spirito? E quelle di Polaris? Perché non promuovere momenti di incontro tra tutte le intelligenze alternative al nulla del burattino? Non si può permettere che il futuro dell'Italia dipenda dall'esibizione delle renzine alla Leopolda. Dalla sfilata dei foraggiatori e padroni del burattino. Mentre, sul fronte opposto, non si va al di là dei cortei di protesta perché i soldi servono per i volantini e non ci sono per i libri e per mettere a confronto le idee. Mettere in rete le eccellenze dopo aver monitorato quali sono, dove sono, di cosa si occupano. Lasciando a casa i malmostosi, i professionisti del "sì, però", gli invidiosi delle capacità altrui. Si perderà per strada qualche presuntuoso, qualche arrogante, qualcuno convinto di valere anche se non vale nulla. Pazienza. Si aggregheranno persone diverse, quelle capaci ma sottovalutate, quelle con professionalità ignorate perché fuori dai giochi. E si inizierà, finalmente, un percorso per creare una nuova classe dirigente. Non per qualche partito, ma per il Paese.

martedì 21 ottobre 2014

Siate i migliori, qualsiasi cosa facciate

"Non limitatevi soltanto a ricordarvi della vostra patria, ovunque andiate e qualsiasi cosa facciate, siate i migliori". L'appello, rivolto dal palco del teatro di Acqui dove stava ricevendo il premio dell'Acqui Storia per la sezione dei romanzi, è stato rivolto dal vincitore armeno ai suoi connazionali della diaspora. Ma potrebbe, e dovrebbe, essere rivolto a tutti coloro che si sentono stranieri in patria, esuli nella propria terra, emarginati ingiustamente. Siate i migliori. Sia che spazziate le strade sia che siate impegnati a salvare una vita con un'operazione di alta chirurgia. Siate i migliori quando insegnate e quando avvitate un bullone, quando risolvete un'equazione o quando correte su una pista d'atletica, quando cantate o quando dipingete. "Non basta essere bravi, occorre essere i migliori", avvertiva Mussolini poco meno di 100 anni or sono. Ma i nostalgici di oggi devono essersela dimenticata, quella frase. Meglio la retorica dell'aratro e della spada, della pecora e del leone. La retorica non è mai il modo corretto per essere i migliori. Ed i risultati si vedono. Il povero Carlo Sburlati, deus ex machina del Premio Acqui, fatica ogni anno di più per individuare - al di fuori dei premi letterari dove la scelta è legata alla qualità dei testi - candidati idonei ad essere individuati come "testimoni del tempo" e che non siano espressione dei soliti carrozzoni politicamente corretti. Quest'anno c'è stato spazio per Berruti, per Cristicchi. Ma poi? Un'Italia in crisi spirituale, etica, morale, oltre che economica, quali personaggi può proporre? Le renzine? Barbara D'Urso zerbinata di fronte al burattino nullista? Sportivi dopati? Scrittori della Holden di Baricco, Farinetti & C? Dove sono i migliori? Dove sono quelli almeno decenti? E dove sono gli amministratori locali che, in teoria, dovrebbero rappresentare un'alternativa al burattino? Perché un solo Comune in Italia riesce ad organizzare una manifestazione culturale non allineata e che ha conquistato prestigio internazionale? Cosa fanno i sindaci, i presidenti delle Regioni del resto d'Italia? Tranquilli: tra due anni la maggioranza cambierà anche ad Acqui e la nuova politica verrà allineata al nulla del burattino. Bene per lui e, soprattutto, per tutti gli amministratori del centrodestra o di una sedicente destra, nonché della Lega: non ci sarà più un fastidioso confronto con chi riesce a fare mentre gli altri restano a guardare.

lunedì 20 ottobre 2014

No invasione, "sì, però".

Non bastano 100mila persone in piazza Duomo a Milano per fermare le bande del "sì, però". La Lega di Salvini organizza una manifestazione contro l'invasione di clandestini, un tema che - in teoria - dovrebbe vedere l'adesione di tutti coloro che non si rassegnano alla scomparsa di quel che rimane di una brutta Italia. Di tutto quel mondo che non si è fatto conquistare dal faccione ebete del burattino, dalle conduttrici del Tg5 che sparano un "incredibile" dopo l'altro per ogni banale servizio di cronaca, dalle Barbare d'Urso sempre conquistate dall'uomo di potere (chiunque sia), dalla sinistra boldriniana che vuole le frontiere aperte a chiunque ma le tasse solo per gli italiani costretti a mantenere ospiti non invitati. E invece no. Anche in questo caso, per la felicità dei fedeli del burattino e delle ong che campano sugli immigrati, il fronte dei contrari all'invasione si è spaccato, frantumato. Critiche a Salvini perché c'erano anche gli striscioni secessionisti; critiche a Casa Pound per aver partecipato alla manifestazione (con bandiere anti Ue che, secondo qualche giornalista "preparatissimo ed immaginifico", ricordavano quelle della Decima Mas); critiche a chi ha sfilato con le bandiere russe; critiche perché non c'erano bandiere italiane e critiche da parte di chi le bandiere italiane le ha portate e accusava i critici di non averle viste. E critiche a chi non c'era, a chi ha avuto paura di farsi vedere in piazza; a chi ha rispolverato il "sì, però": sarei anche andato se non avesse parlato Salvini, sarei anche andato se non avesse parlato il consigliere afroleghista, sarei anche andato se avessero scelto un'altra città, un altro giorno, un'altra piazza. L'importante è dividersi, l'importante è evitare che qualcuno egemonizzi la protesta e la rabbia, o anche solo il malcontento. Meglio restare duri e puri ad osservare, con disgusto, la sfilata dei beceri che si accontentano di una protesta qualsiasi. Meglio essere i capi di un gruppo minuscolo, dove nessuno pretende nulla, piuttosto di far parte di una squadra più ampia, dove si è costretti a lavorare in un ruolo ben definito. Intanto i "moderati" al servizio di Berlu svaniscono e si chiudono in casa o si affidano al burattino. Le immagini, sul Tg5, delle tante poltrone vuote all'ultimo incontro di formazione di forzitalioti, sono significative. Il terrore dei forzitalioti di essere ormai il terzo partito, dopo i grillini, diventa sempre più evidente. Ma l'implosione di Fi servirà solo a far emergere mille partitini nuovi, con mille capi e nessuna base. Per la gioia del burattino, dei boldrinati, degli invasori, delle ong. Senza neppure scomodare i poteri forti che non hanno tempo per simili baggianate

giovedì 16 ottobre 2014

Servono schiavi, anche da scongelare

Non c'è alcun dubbio: l'operazione di strangolamento della Russia da parte di Washington sta riuscendo. Il prezzo del petrolio scende, anzi precipita, e Mosca incassa sempre meno in una situazione di crescente difficoltà interna. Gli Stati Uniti che non son più capaci di far le guerre sui campi di battaglia, sanno perfettamente come far le guerre economiche e finanziarie. Guerre sacrosante, per i loro interessi. Ma ciò che è meno sacrosanto è l'entusiasmo di giornalisti ottusi italiani, convinti che le difficoltà economiche dei russi rappresentino un bene per l'umanità intera. Potrebbero informarsi dai produttori di frutta e verdura che hanno visto i prodotti marcire nei campi o nelle cassette perché Mosca non compra più. E, in prospettiva, andrà anche peggio. Perché un incremento della povertà in Russia significa anche un calo delle importazioni di tutto ciò che caratterizza il made in Italy. Niente più Barolo o Brunello, andranno benissimo vinacci di infima qualità in arrivo da chissà dove. Basta con i gioielli italiani, basta con gli abiti delle grandi firme. Ma ai servi sciocchi del padrone Usa importa qualcosa dei posti di lavoro che si perderanno in Italia? Ovviamente no. Loro attaccano l'asino dove vuole il padrone. E chi perde il lavoro, si arrangi. D'altronde il burattino sta per imporre in Italia il modello di lavoro americano. Stessa assenza di regole. Stessi stipendi? No, quelli no. Si copiano le regole, mica i livelli salariali. Così come si copia la logica dei minijob tedeschi, mica i livelli salariali degli operai della Volkswagen. Il nuovo modello di sviluppo prevede gli schiavi, ed il burattino li procurerà. Favorendo giovani e donne in nome della dis parità. E per le donne arriverà l'innovazione prevista dalle multinazionali Usa: quelle che vogliono far carriera e non han tempo per far figli (come se si trattasse di un distributore automatico a gettone), possono congelare gli ovuli. A spese della generosissima azienda, ovviamente. Che indicherà quando la manager non servirà più e potrà dedicarsi alla gravidanza. Ma è così moderno, così innovativo, così renziano. Rottamiamo i bambini, rottamiamo le famiglie, rottamiano la cultura. Efficienza e risparmi. Poi si scopre che le Borse crollano perché la Grecia, la minuscola Grecia, vorrebbe garantire qualche minima tutela in più per la sopravvivenza della propria gente. Schiavisti fragili, speculatori ignobili, politici servi e media zerbinati. Forse gli ovuli congelati è meglio che restino in freezer.

martedì 14 ottobre 2014

Tagli agli investimenti ambientali, e arrivano alluvioni e frane

Il burattino, tra i suoi tanti proclami, dopo l'alluvione di Genova ha inserito anche la promessa di un centinaio di milioni per mettere in sicurezza i fiumi. Fantastico. Peccato che, solo per il settore pubblico ligure, i danni ammontino ad oltre 300 milioni. Quelli dei privati genovesi sono molto più alti e varrebbe la pena di ricordare che è anche morto un uomo. Per incuria, per incapacità del sindaco, per errori della protezione civile, per i ritardi cronici della giustizia italiana che non è in grado di decidere chi debba o non debba eseguire dei lavori indispensabili. Nel gioco dello scaricabarile non si sa chi sia il più colpevole. Ma, di sicuro, la colpa maggiore è dei governi che, in questi anni, hanno pensato solo a tagliare, a ridurre gli investimenti. Soprattutto in montagna. In base alla logica, da cerebrolesi, che in montagna vivono poche persone, dunque rappresentano pochi voti ed i problemi possono tranquillamente essere ignorati. Lo si è visto anche con la truffa delle "città metropolitane" o delle nuove finte elezioni provinciale. Si bada solo al numero e le montagne non contano più nulla perché i numeri sono inferiori rispetto alla pianura. Con il grande risultato di ridurre gli interventi di manutenzione dei boschi, di pulizia dei torrenti, di salvaguardia dei terreni marginali. E la montagna - forse i grandi economisti che rovinano l'Italia e l'Europa non lo sanno - si muove sempre, e verso il basso. Un territorio abbandonato diventa un territorio che frana, che precipita a valle, in pianura. I rigagnoli trascurati gonfiano i torrenti trascurati e precipitano a valle diventando fiumi senza controllo. Quanto costa tutelare il territorio montano? Quanto costa garantire la sopravvivenza delle popolazioni che non sono ancora fuggite? Molto, ma molto e ancora molto meno di quanto costi ripagare i danni dei disastri ambientali in pianura o sulle coste. Tra l'altro evitando morti, feriti, disperati. Ma i cervelli piccoli piccoli di chi guida, da Roma, questo Paese non arrivano a capirlo. Lorsignori riescono, a malapena, a pensare alla fine della giornata. Quasi mai riescono ad immaginarsi il giorno successivo. Figuriamoci se comprendono le prospettive sulla distanza di anni, o anche solo di mesi. Tagliamo i fondi alla montagna e speriamo che il tempo sia clemente. Grandi strateghi. Lo si è visto anche con la pagliacciata della Macroregione Alpina. Quali sono i territori alpini? Lo sa anche un bambino: quelli SULLE Alpi. Invece, per i professionisti dei tagli e degli investimenti a senso unico, i territori alpini sono anche e soprattutto quelli SOTTO le Alpi. Dunque i fondi per la macroregione saranno destinati non soltanto ai piccoli paesi delle vallate alpine, ma anche e soprattutto a Torino, a Milano. Con la forza dei numeri e della democrazia truccata. L'area metropolitana di Torino, che comprende anche le vallate alpine, sarà guidata dal sindaco di Torino e con una netta maggioranza di sindaci che con la montagna hanno nulla a che fare. Tanto per ribadire i rapporti di forza. E' la democrazia, bellezza. Si allargano i confini del territorio in cui si vota, si fanno votare insieme le metropoli ed i paesini con 200 abitanti, e poi si vede chi ha la maggioranza. Stile burattino per un Paese senza più balocchi.

lunedì 13 ottobre 2014

I giovani smentiscono le balle del burattino e dei suoi esperti

Se Torino è una città laboratorio, per il burattino le prospettive non sono rosee. E non perché la politica ed il "Sistema Torino" siano contrari a sua nullità il premier. Tutt'altro. Il Sistema è tutto con lui. Ma è dai giovani che arrivano segnali preoccupanti. Che, spera il burattino, possono essere una peculiarità esclusivamente subalpina. Oppure possono trasformarsi in una valanga che inizia piccola e poi si rafforza, diventa grande e travolge tutto. Per il momento ha travolto il Sistema di esperti del nulla, giornalisti ignoranti, orientatori incapaci. Cosa sostenevano i media? Che gli iscritti all'università diminuivano, che c'era un prepotente ritorno alla terra di giovani superspecializzati, che la chimica "verde" rappresentava uno sbocco coinvolgente per le giovani generazioni, che gli studi umanistici non avevano futuro, che il settore alimentare attirava tutti. Bene, i dati delle immatricolazioni all'Università di Torino hanno smentito tutti i luoghi comuni. Iscritti al primo anno? In aumento. Iscritti a tecnologie alimentari? Dimezzati. Iscritti a chimica? In calo del 40%. E calano gli iscritti ad agraria, a scienze forestali, a geologia. In un'Italia che crolla, che smotta, che si allaga, i ragazzi non credono alle fandonie del burattino sui grandi investimenti per tutelare l'ambiente, per mettere in sicurezza fiumi e montagne, per salvaguardare i boschi. Segnale inequivocabile di fiducia azzerata. E la campagna? E l'alimentazione di qualità? Le aziende italiani vengono vendute agli investitori stranieri, le campagne non rendono più, strozzate da speculatori e grande distribuzione. Certo, aumentano gli iscritti alle superiori negli istituti agrari, ma non all'università. Perché buttare soldi per un lavoro sempre sottopagato? E nell'immancabile intervista zerbinata ad un sedicente esperto di orientamento la colpa di queste scelte viene scaricata sulle famiglie. Tanto per dimostrare quanto sia esperto, l'esperto. A 18, 19 anni, i ragazzi scelgono da soli. In caso contrario sarebbero degli incapaci. E per convincerli, invece delle promesse del burattino o dell'orientatore di turno, basterebbe far vedere ai giovani dell'ultimo anno delle superiori, una busta paga media di un laureato assunto nelle imprese dei vari settori. Laurearsi in chimica per guadagnare mille euro al mese con contratti precari? Con prospettive di salire a 1.200-1.500? Grande prospettiva, indubbiamente. E allora i ragazzi si iscrivono ai corsi di laurea che più li attraggono, a prescindere da sbocchi occupazionali che saranno comunque da povertà perenne. Boom di iscrizioni a lettere, a filosofia, a storia, a ben culturali, a lingue africane ed asiatiche (mentre calano per le lingue e letterature "straniere" e non si capisce perché i corsi siano diversi rispetto alle lingue asiatiche e africane). Boom a scienza della comunicazione e per la laurea in mediazione culturale. Già, perché i ragazzi hanno perfettamente capito che il burattino, i suoi padroni ed i suoi camerieri non troveranno mai i soldi per tutelare l'ambiente ma li troveranno sempre per aiutare le "grandi risorse" immigrate. I soldi negati ai pensionati italiani ci saranno sempre per le "grandi risorse". E poi ci sono i ragazzi che non credono più neppure in quello. E quasi la metà di loro, nella Torino tanto avanti e tanto vincente, non studia e non lavora. Brutto segnale per l'Italia del burattino, che sarà la prima in Europa al termine dei mille giorni.

giovedì 9 ottobre 2014

"Occupare le fabbriche": il boomerang di Landini, l'irrilevanza Ugl

"Siamo pronti anche ad occupare le fabbriche", tuona Landini, lider maximo della Fiom. Ma nessuno gli crede. D'altronde da quanti anni il sindacato non occupa più una fabbrica che abbia un'immagine nazionale? Da quanti anni la sinistra ha cancellato ogni illusione di ribellione? Son trascorsi ormai quasi 50 anni da quando il compagno cantante intonava "cosa vuoi di più compagno per capire che è suonata l'ora del fucile?". E già allora i compagnucci della parrocchietta han finto di non capire che la canzone era un invito all'insurrezione armata e non alle vigliaccate in stile gappista con agguati con la Skorpion contro ragazzini disarmati. L'ultima chance, non sfruttata, il sindacato ed il partito (il Pci, ovviamente) l'hanno avuta nell'80, quando Berlinguer e la Cgil non andarono oltre alle parole per una eventuale occupazione della Fiat. Poi basta. E la Cgil, da cinghia di trasmissione del partito (sempre il Pci) si è trasformata nell'unica opposizione al partito (il Pd). Ma un'opposizione fatta solo di chiacchiere. Il povero Landini ha delle attenuanti, molte attenuanti. Non c'è più l'unità sindacale, la Triplice è morta e sepolta. Cisl e Uil si sono trasformate non nella cinghia di trasmissione del Pd burattino ma in squallidi passacarte che firmano qualsiasi vaccata venga imposta dall'alto, dal burattino e dai poteri forti che non esistono ma che lo comandano lo stesso. Landini è solo con la sua Fiom. Anche la Cgil, tra proclami battaglieri e comportamenti da pecora, non è più una garanzia. Ci sarebbe spazio, molto spazio, per quello che un tempo veniva definito come "sindacato nazionale". La Cisnal trasformata in Ugl. Per trasformarsi ulteriormente nel sindacato "giallo" della Fiat-Fca, in concorrenza con la Fismic per servire meglio Marpionne. Troppo impegnata, l'Ugl, a risolvere squallide vicende interne legate alla cassa per trovare il tempo di occuparsi anche dei lavoratori. Più facile stilare comunicati osannanti di fronte ad ogni flatulenza di Marpionne. Pronti persino ad entusiasmarsi di fronte al nulla cosmico di "padrone John" Elkann. Perdendo l'occasione storica di conquistare un ruolo da protagonista. Il mondo del lavoro non ha bisogno, in questa fase, di proclami e minacce senza seguito. Perché la Fiom non ha la forza di occupare le fabbriche e l'annuncio di Landini si trasformerà nel boomerang che sancirà l'irrilevanza del sindacato. Il mondo del lavoro avrebbe bisogno di idee, di analisi, di proposte, di far conoscere le alternative possibili alla macelleria sociale del burattino. Ma l'Ugl deve pensare ai giochini interni per il sottopotere del sottoscala. Vietato pensare, vietato studiare, vietato proporre.

mercoledì 8 ottobre 2014

Distruggere l'architettura del Ventennio: fa sfigurare le archistar

Erano i vecchi Mercati generali di Torino. Costruti, tra le due guerre, in un'area che allora era del tutto periferica. Eppure realizzati in uno splendido stile razionalista. Perché il bello, allora, non era riservato ai palazzi nobiliari o del regime. Poi, con il trasferimento dei Mercati, la struttura ha ospitato alcune iniziative per le Olimpiadi del 2006. Per poi essere lasciata deperire, con sporadiche manifestazioni ad occupare locali ed arcate. Ora avrebbero dovuto accogliere Paratissima, ma la manifestazione artistica è stata obbligata a traslocare. Perché? Perché gli ex Mercati sono diventati terra di nessuno, anzi terra a disposizione di ladri di rame, di teppisti vari, di devastatori di professione, di imbrattamuri che si sentono artisti. Danni, quelli nuovi, per almeno 50 mila euro. Nell'indifferenza del Comune e delle forze dell'ordine. Strano? Mica tanto. Perché a fianco degli ex Mercati sorgono le palazzine realizzate per le Olimpiadi ed occupate, abusivamente, dalle "grandi opportunità" sbarcate a Lampedusa e poi risalite sino a Torino. Occupazione abusiva, affitto inesistente, spese sconosciute. E la democratica Torino fassiniana, che costringe gli anziani italiani a frugare nell'immondizia dei mercati per procurarsi il cibo, può mica sbattere fuori le "grandi opportunità". La Torino democratica e fassiniana che sfratta gli anziani italiani dalle case popolari, può mica sfrattare le "grandi opportunità"? Certo che no. E lo Stato italiano, quello che taglia le pensioni agli italiani che hanno lavorato tutta la vita perché i soldi servono per ospitare le "grandi opportunità" in hotel sulla Riviera, può forse permettersi di infastidire i graditi ospiti? Con controlli sugli ex Mercati che assomiglierebbero tanto ad una dimostrazione di sfiducia? Macché. Campo libero a razzie e devastazioni. E in fondo con la speranza che venga distrutto tutto. Perché gli ex Mercati sono un capolavoro di architettura e stonano con i banali parallelepipedi chiamati grattacieli realizzati, a costi altissimi, da due sedicenti archistar. Ed uno di questi palazzacci, quello che ospiterà gli uffici della Regione, sorge a poca distanza dagli ex Mercati. Meglio evitare confronti spiacevoli per Fuffas e per i suoi committenti. Meglio lasciare che l'architettura, quella vera, venga azzerata per lasciar spazio a scatoloni privi di qualsiasi creatività.

martedì 7 ottobre 2014

E' autunno, cadono gli ascolti tv

Non bastava il crollo dei programmi televisivi dedicati al dibattito politico o, più spesso, alla rissa tra politicanti. Ora anche i pilastri dell'intrattenimento famigliare vacillano. I Cesaroni, su Canale 5, sono stati surclassati (Auditel dixit) dall'improbabile buonismo del Restauratore Lando Buzzanca. Già, in linea con gli ordini di scuderia della "mamma di Dudu", anche i Cesaroni si sono adattati al politicamente corretto, tra famiglie allargate, figli illegittimi e fratello gay. D'altronde chi non ha almeno un parente omosessuale in famiglia? Evidentemente più di quanti pensino Pascale e Canale 5. Così chi si è stufato dell'omomania in tutte le salse si è sintonizzato sul melenso filmettino di Rai 1. Tanto per chiarire a Berlu che il suo servilismo nei confronti del burattino servirà per ammorbidire la magistratura, ma non porta successi in tv e neppure in politica. Quanto ai talk show politici, più che un calo si tratta di un crollo. Caduta verticale degli ascolti, generalizzata. Inevitabile, peraltro. Non si possono avere i tg che incensano il burattino, lo lodano per ogni sospiro, si lanciano in interviste zerbinate e poi, la sera, pretendono di essere credibili quando fingono di cercare la verità in un dibattito. Dove gli ospiti sono, in prevalenza, gli stessi che hanno appena finito di votare per gli stessi provvedimenti ammazzaItalia. I problemi sono gravi, ma non più di tanto, per Rai e Mediaset. Ma sono drammatici per Cairo e La 7. Perché Rai e Mediaset possono comunque contare su un'altra programmazione. Dai talent per decerebrati (ma, considerando le scelte elettorali, il pubblico di decerebrati è vasto) alle serie televisive americane, dagli sceneggiati ai programmi di giochi. Vinca il meno peggio, ma 3-4 milioni di ascoltatori non sono pochissimi. Per Cairo, invece, è tutt'altra storia. Lui ha seguito per la campagna acquisti la stessa logica che ha usato come presidente del Toro, soprattutto agli inizi: acquistare nomi invece di campioni. Così il Toro si era ritrovato con il blso Coco che compariva sulle copertine dei settimanali di Cairo, ma in campo scompariva di fronte a qualsiasi avversario. Recoba, invece, non finiva neppure sulle copertine. Lo stesso per la tv. Si è preso e tenuto Santoro, ormai completamente bollito, ripetitivo, inutile. Con una trasmissione inguardabile perché insopportabile. E quest'anno si è comprato Floris, convinto di fare il botto. Invece un flop. Perché inserito in una squadra (quella della 7, non quella del "di martedì") priva di gioco, priva di allenatore, priva di idee. Mentana ha bisogno di traino, perché da solo non funziona più. Le nuove leve latitano. C'è ancora Crozza, il Cerci della 7. Con il rischio che Cairo rinunci al suo gioiello per sostituirlo con l'Amauri di turno: a costo zero, ma con zero goal. Perché "braccino" Cairo ha uno strano concetto degli investimenti. Ed a forza di incassare e di risparmiare, si consumano anche i giocattoli che funzionano.

lunedì 6 ottobre 2014

Opera di Roma, attacco alla cultura con la scusa dei costi

Avranno sicuramente esagerato, orchestrali e coro dell'Opera di Roma. Avranno preteso, per la sopravvivenza in trasferta, più del dovuto e più di quanto percepito dai loro colleghi di altre città italiane. Tutto vero. Ma il loro stipendio è tutto tranne che faraonico. La Busiarda, il quotidiano degli Elkann-Agnelli, sostiene che sia comunque troppo elevato rispetto ai giorni di effettivo lavoro tra prove ed esecuzioni pubbliche. Si parla di poco più di 2mila euro al mese. Ma lo stesso quotidiano non ha nulla da obiettare di fronte ai 900 euro al mese elargiti per ospitare, negli hotel della Riviera Romagnola, ciascun clandestimo. Che, per una famiglia di 4 persone, fa la bella cifra di 3.600 euro al mese. Siamo sicuri che nelle famiglie degl orchestrali arrivino tutti questi soldi? E se gli orchestrali lavorano poco, quanto lavorano i clandestini? Ma è curioso che questi attacchi colpiscano la musica classica, casualmente una delle espressioni della cultura europea. Costa troppo, assicurano i critici che, invece, non fiatano di fronte ai finanziamenti per qualsiasi manifestazione culturale multietnica. Ed allora si dimentica che un professore d'orchestra non si limita alle esibizioni o alle prove ufficiali. Studia lo strumento a casa propria, come può confermare chiunque abbia la fortuna (o sfortuna) ai abitare vicino ad un orchestrale o ad un corista. Ore e ore di studio, di allenamento, di preparazione tra le mura domestiche. Magari ripetendo lo stesso brano all'infinito. Ma questo, per chi vuole eliminare ogni manifestazione di una cultura europea, non conta assolutamente nulla. Quanto incassa un concerto a teatro? Quanto rende? Qual è il valore della cultura? Certo, si possono mettere sotto contratto precario ragazzotti senza arte né parte che, però, chiedono cachet da fame. Certo, invece di 12 violini se ne possono utilizzare 3, con un contrabbasso, un oboe ed un corno. Certo, gli strumenti che, nel corso di un concerto, vengono suonati per meno di 10 minuti complessivi possono venir eliminati. Ma il risultato è qualcosa di diverso, di molto diverso, rispetto a ciò che deve essere. Oppure si possono aumentare i prezzi dei biglietti, riservando la tradizione musicale europea ai soli ricchi. Per il popolo bue devono bastare bonghi e ocarina. O un cd suonato in una piazza. La cultura è alla base di un popolo, è alla base anche dello sviluppo economico. Se vendiamo il made in Italy è perché all'estero hanno ancora un'immagine dell'Italia legata al bello, alla cultura nostra, alla nostra musica. Sostituire Verdi con un rapper sarà anche moderno e permetterà risparmi, ma servirà solo a cancellare una cultura e pure l'immagine del made in Italy.

venerdì 3 ottobre 2014

Le bandierine della Meloni ed il professionista di Salvini

Uno dei momenti indimenticabili della campagna elettorale per le europee è stato rappresentato dall'esibizione di Giorgia Meloni con le varie bandierine europee. Forse il livello più basso in assoluto - sotto l'aspetto dell'immagine e della propaganda - non solo delle europee ma delle ultime competizioni elettorali. Non a caso il risultato ha bocciato Fdi e le bandierine della Meloni. E' vero: negli Anni 70 anche Berlinguer era andato ad una Tribuna elettorale mostrando ai compagni lavoratori il simbolo del Pci e come si dovesse votare correttamente. Ma, appunto, sono trascorsi 40 anni. L'Italia è cambiata (in peggio) ed è cambiato radicalmente il modo di far politica, di fare propaganda, comunicazione. Siamo passati dalla réclame ai guru americani al servizio dei candidati della sinistra. Guru irrisi, sbeffeggiati. Ma il burattino ha conquistato il 40% dei voti. Mentre con le bandierine da asilo Mariuccia non si è arrivati al 4%. Ma è così difficile affidarsi a professionisti della comunicazione? Assolutamente no. La Lega di Salvini può piacere o meno, ma da quando la comunicazione è stata affidata a chi la sa fare, il cambio di passo è stato evidente. Accanto ai soliti slogan sono arrivate le intese internazionali. Sono cambiate le parole d'ordine ed il modo di proporle. Si è dato meno spazio al folklore e più ai contenuti. Che non piaceranno lo stesso a chi sogna l'Italia invasa da milioni di clandestini e finti profughi, ma rappresentano comunque un metodo corretto di comunicazione politica. L'Italia provincialissima accoglie in modo diverso una frase se pronunciata a Roccacannuccia alla festa della porchetta o se pronunciata al Cremlino. Ed un comunicatore competente è in grado di far digerire ai propri elettori, effetivi o potenziali, anche una visita in Corea del Nord insieme a Razzi. Poi, indubbiamente, anche un professionista della comunicazione si scontra contro l'ottusità di burocrati che non investono sull'informazione, che non rilanciano il quotidiano e non potenziano la radio. Ma almeno un tentativo di invertire la situazione vien fatto. Mentre, per Fdi, dopo le bandierine arriveranno altri tagli sulla comunicazione. Il Secolo d'Italia, affidato alle cure di Bocchino, è praticamente scomparso nell'irrilevanza totale. Ora sotto attacco c'è Area. Radio? Tv? Non pervenute. Meglio concentrare le risorse per difendere qualche posto in consiglio comunale a Roma e dintorni. E basta. Quanto a Berlu, dopo aver trasformato Capezzone (perfetto per una parte nel Ritorno dei morti viventi, ma nel ruolo di zombie antipatico) in portavoce, vive ormai alla giornata, tra proclami smentiti e dichiarazioni in libertà. Con le esibizioni della fidanzata tra Luxuria e Brambilla. Convinto che una sua apparizione sulle tv di famiglia sia sufficiente per cambiare il risultato elettorale, cambiare l'Italia, cambiare il mondo. E, a quel punto, serviranno anche le bandierine della Meloni da collocare sulla carta geografica.

giovedì 2 ottobre 2014

Persino Hollande è meglio del burattino

Persino il lapin Hollande ha trovato il coraggio di rifiutare i diktat della sempre più perniciosa Merkel. Che ha replicato ordinando al presidente francese, e chiaramamente anche al burattino toscano, di fare più compiti a casa. Ossia gli stessi ordini impartiti all'epoca del grigiocrate Monti. I risultati si son visti: più austerità ha significato più crisi, più disoccupazione, più suicidi per ragioni economiche, più disperazione, più emigrazione. Lo stesso fallimento ottenuto dai cialtroni del Fmi e della Banca Mondiale in occasione del default dell'Argentina prima di Nestor Kirchner. Non è bastato quel fallimento? Non sono bastati i fallimenti che hanno caratterizzato le politiche imposte dal Fmi in mezzo mondo? Macché. Questi cialtroni ignoranti hanno una sola idea, sbagliata ed una sola. Dunque la ricetta, per loro, è sempre la stessa: più austerità e più povertà per garantire la crescita del grande capitale e dei grandi speculatori. Quanto agli ordini impartiti da Merkel a Parigi (a che titolo?), è evidente che la Francia non li ascolterà. E non perché lo scialbo Hollande si sia trasformato in Giovanna d'Arco, ma semplicemente perché il presidente transalpino si è circondato di incapaci. Che non sono in grado di avviare una trasformazione efficace, ed efficiente, dell'Esagono ormai esangue. A qualcuno ricorda la videnda del burattino toscano e delle cameriere renzine? Stessa incompetenza? Parigi, in questi anni, è riuscita a far peggio di Roma. Ma, a differenza di Roma, ha mascherato la crisi profonda e strutturale (umana e culturale, prima ancora che economica) con il ricorso ad una grandeur scomparsa ma immancabilmente riproposta. Tanta panna montata per nascondere la muffa di un sistema bloccato, impaurito, privo di slanci. Parigi non è più la capitale europea della cultura. Hugo ha lasciato il posto ai pappagalli del politicamente corretto; nessuna tensione sociale se non quella imposta dai numi tutelari dell'immigrazione senza limiti, nessuna avanguardia artistica se non quella di chi sporca i muri con la propria firma. Un esempio perfetto per il burattino italiano. O per il sindaco di Roma incapace di fronteggiare un temporale. Ma come tutti i vigliacchi, quando si è ritrovato con le spalle al muro Hollande ha detto di no. Non poteva fare altro e ha finto di avere coraggio. Anche se era solo disperazione. Il burattino, invece, finge di fare il bullo ed obbedisce. A quei padroni che sostiene di non avere. Ma che gli danno ordini che lui, puntualmente, esegue. Fingendo che si tratti di idee sue.