sabato 30 novembre 2013

Disoccupazione record, ma per il governo va tutto bene

Ma cosa si fumano, al governo? La disoccupazione giovanile supera il 41% ed il ministro del non lavoro, Giovannini, esalta l'operato del governo e avverte che nel 2014 la disoccupazione aumenterà, non solo quella giovanile ma anche quella complessiva. D'altronde è già cresciuta al 12,5%, mentre in Europa sta cominciando a scendere. Un disastro, evidentemente. Ma Letta nipote è ancor più entusiasta di Giovannini: va tutto bene e nel 2014 saremo leader in Europa. Forse come disoccupazione, ma è un primato di cui faremmo anche a meno. Intanto, per peggiorare la situazione, nelle principali città si pagherà la seconda rata dell'Imu, contrariamente a tutte le promesse di questo governo della menzogna. Menzogne a livello internazionale (ricordate le promesse della Bonino sull'imminente ritorno dei marò?), menzogne sulla luce della ripresa in fondo al tunnel (Saccomanni ad ogni inizio mese), menzogne sul lavoro, sui conti pubblici, sul debito, sulle riforme. Ora, per dare un'idea di quanto si sia precipitati, le indicazioni sulle grandi strategie vengono affidate a Boccia, che non è proprio l'erede di Leonardo da Vinci. E la salvaguardia del territorio? E gli accordi strategici internazionali? Le menzogne sul ritrovato ruolo internazionale dell'Italia? Tutte palle di Natale, da appendere all'albero. Tanto questo governo di servizio può contare su un'informazione ancora più di servizio. Pronta a nascondere i continui errori e ad esaltare gli inesistenti successi. Un'informazione a senso unico, che mette in guardia l'inetto governo Alfetta contro eventuali abbracci pericolosi. Putin decide che solo l'Italia può adottare bambini russi? Ed il prode Riotta l'americano interviene per ciminalizzare Putin. Reo di capire le esigenze del suo popolo e di interpretarle. Vergogna! Populista! Un vero leader deve imparare dai servi della banda Vedrò, trasformati in governanti dal bacio della speculazione. Un leader non deve capire il suo popolo, deve ignorarlo. E se scopre di esere in sintonia, deve cambiar rotta. Nel suo livore antirusso, nel suo servilismo yankee, Riotta riesce pure ad attaccare il Papa, colpevole di aver accolto Putin e di essere d'accordo con il terribile russo sulla difesa dei crsitiani in Siria. Abominio! Se Israele ed Arabia Saudita sono d'accordo sullo sterminio dei cristiani e degli alawiti, come si permettono Putin ed il Papa di dissentire? Ora Riotta spiegherà il da farsi a Bonino, magari anche al ministro 1-2-x della dis integrazione, e il governo Alfetta potrà spedire le navi a bombardare la costa siriana. Magari anche le navi russe lì attraccate. E poi, vogliamo almeno boicottare le Olimpiadi invernali di Sochi, per punire Putin e far contento il padrone di Riotta? Ma ciò che è davvero fantastico è che Letta possa promettere la leadership italiana con una squadra composta dai Saccomanni, dai Giovannini, dalle De Girolamo, e con consigliori come Boccia e opinionisti alla Riotta. Meglio chiudere l'Italia, piuttosto di continuare con questa pagliacciata

venerdì 29 novembre 2013

Se anche Casini attacca la Merkel..

Se n'è accorto anche Casini: con questa Europa a trazione Merkel e mercati, l'Italia affonda. Sì, proprio Casini. Quello del sostegno "senza se e senza ma" al grigiocrate Monti che stava svendendo l'Italia. Quello che "bisogna abbassare i toni" quando qualcuno osa protestare cotnro la macelleria sociale del governo Alfetta. Quello che "il Capo dello Stato ha sempre ragione", quello che "l'Europa è la nostta casa". Ecco, se n'è accorto anche lui che questa Euroburocrazia, questa Euroidolatria fa male, malissimo. E cerca di correre ai ripari. Perché lui, Casini, a differenza della banda Vedrò, ha capito il rischio (per loro) di un montante e sano populismo. Certo, non si può mica prtendere che a parire sia la famiglia Boccia-DeGirolamo. E non si può pretendere che corra ai ripari uno come Renzi, l'uomo che sta traghettando il Pd per renderlo ancora più obbediente agli ordini della speculazione. A prender ordini, diretti, da Davide Serra non può mica andare Epifani che poi non li capisce e li interpreta come capita. Ma se per il pupazzo di Firenze l'Europa della finanza è il bene assoluto e gli italiani sono schiavi da sfruttare al massimo, il povero Casini deve fare i conti con un elettorato sempre più striminzito e sempre più incazzato. Ma se i centrini votano l'ignobile legge di instabilità per i bilanci famigliari, non possono poi illudersi che il ceto medio a cui si rivolgevano poi li premi alle urne. Ed allora si scopre che anche l'ex leader centrino (per essere leader occorra qualcuno che segua) vuole ridurre le follie dell'irrigidimento europeo. Vuol far respirare l'Italia. Poco poco, ovviamente, giusto il tempo per rimediare qualche voto e qualche posto al parlamento europeo. Poi si potrà tornare al massacro sociale, in accordo con Serra-Renzi e con tutti i nemici del "populismo sotto ogni forma". La credibilità del personaggio è ormai pari a zero. Ma è pur sempre molto più forte di quanto meriti e di quanto emerga dalle urne. Manovratore di profondità, sta mettendo a punto un centro che, almeno a livello di generali, sarà estremamente corposo. E se le urne continueranno ad ignorarlo, non è un problema. Vai con i think tank. Perché se il think tank Vedrò riesce a promuovere una serie impressionante di ministri-nullità e di consiglieri-inetti, figuriamoci cosa può fare in Italia un think tank di gente che sappia anche leggere e scrivere. Come gli amici di Casini. (Solo a destra non si è ancora riusciti a capire cosa siano questi tic-tac, se abbiano attinenza con i carri armati o altro). E non bisogna guardare solo all'apparenza dei politici eletti con Monti o con Berlu ed in cerca di un nuovo padrone. Casini coinvolgerà gli Alfano ed i Mauro, magari anche Fini ed altri disperati. Ma ciò che conta davvero sono le truppe dei ciellini, sono le risorse della Compagnia delle Opere, sono i voti portati dall'ex leader della Coldiretti nazionale. Ed allora l'ex leader senza truppe rischia di ritrovarsi con un esercito che non sarà facile da gestire. E da cui potrebbe uscire un generale pronto a farlo uscire di scena.

giovedì 28 novembre 2013

Forza Italia: vestirsi in nero piuttosto di pensare

"Torno subito". E' il titolo di Libero, sparato in prima pagina e riferito, ovviamente, a Berlu. Ecco, se in Forza Italia ci fosse - e non c'è - qualcuno in grado di leggere e capire, oggi si sarebbe accorto della differenza abissale che passa da due sole parole, divertenti ed intelligenti, rispetto al profluvio di vaccate piò o meno irose emerse dalle reti Mediaset in occasione della decandenza. Non uno, in tv, che abbia saputo giocare con un briciolo di ironia. Non uno che abbia ripreso il brano della Birkin sulla Dècadence. Macché, donne vestite in nero ed un massacro mediatico da parte degli avversari. Avversari, perché l'unico che abbia capito che si tratta di nemici è stato proprio Berlu. Gli altri forzitalioti non sono riusciti a superare il blocco psicologico del politicamente corretto. O forse sono troppo ignoranti per comprendere la differenza. E le inutili parole di Piersilvio sono soltanto la dichiarazione di fallimento non solo politico ma anche informativo. Il Tg 5 che si accorgeva di quanto è brutto eliminare, grazie ai magistrati, gli avversari politici dal Parlamento, era lo stesso Tg 5 che esaltava il Parlamento greco che eliminava, allo stesso modo, i rappresentanti democraticamente eletti di Alba Dorata, fregando pure il finanziamento al partito della destra ellenica. Sarà un caso, ma nel giorno della decadenza, la Borsa ha premiato il gruppo di Berlu, forse sperando in un suo ritorno non in politica ma in azienda. "Torno subito"? Non sarà per nulla facile. Soprattutto se il branco di incompetenti che circonda Berlu non si impegnerà per crescere. O, perlomeno, per affidarsi a qualcuno meno incapace. Invece di vestirsi in nero, ad esempio, le falchette avrebbero potuto evidenziare i disastri della manovra economica appena varata da questo governo al soldo dei mercati e condotto dalla banda Vedrò. Avrebbero potuto scoprire che questa manovra rovina ulteriormente l'Italia e non piace agli imprenditori come non piace ai sindacati ed ai lavoratori. Avrebbero potuto sottolineare che il disastro attuale è ancora nulla se paragonato a quello che provocheranno i finanzieri alla Davide Serra attraverso il loro portavoce Matteo Renzi. Tasse e licenziamenti, povertà e ancora povertà. Questo avrebbero dovuto dire. Per questo dovevano vestirsi di nero. Per la morte dell'Italia, non per l'ennesima sentenza a comando di una magistratura che non merita alcun rispetto. Ma loro non sanno. Non leggono, non studiano, non si informano. Giornalisti comunisti, scrittori comunisti, cantanti comunisti, conduttori comunisti, pittori comunisti: vai di slogan, che fa fine e, soprattutto, non impegna. Ed i soldini li usano per rinnovare il "parco-borse", per la barca nuova, per l'intimo di lusso e le cene con gli amici. Nella spendopoli regionale, c'è mai una contestazione su un convegno? Su un dibattito? Su un'iniziativa culturale? Macché. Regali di nozze e profumi, gadget per le proprie auto ed i propri giardini. Chissà se nelle spese politiche avranno inserito anche il vestito nero per i funerali della libertà.

mercoledì 27 novembre 2013

La decadenza di Berlu non è la battaglia delle Termopili

Il giorno della decadenza. Di Berlu, certo, ma la decadenza di questo Paese è iniziata già da tempo e non si arresterà certo domattina. D'altronde è sufficiente analizzare l'eccesso di voti per la fiducia ad una manovra senza senso per rendersi conto che questa gente, tutta questa gente, è da cacciare. Pronti a vendersi sulla base di calcoli personali, senza un'idea, senza un briciolo di senso di appartenenza. Senza dignità e senza neppure la decenza di farsi da parte. Falliti di ogni risma che son pronti a ricominciare. Gente che urla contro la buffonata del cambio di nome alle tasse di sempre e poi si limita a cambiare il nome ai partiti di sempre. Ma ora Berlu decade e tutto sarà diverso. C'è da fidarsi. Perché la banda Vedrò ricostituirà la balena grigia post Dc, ma sarà diverso, perché magari imbarca pure Fini (ed il cognato no?). Perché Aledanno, dopo i disastri combinati come sindaco di Roma, ha nuove ambizioni con gli amici di sempre ma con una sigla diversa. Perché la sinistra (sinistra? Il povero Lenin si sta rivoltando nel suo mausoleo) si affida al finanziere Davide Serra che utilizza il pupazzo Renzi per annientare l'Italia. Sarebbero stati sicuramente meglio i cosacchi in piazza San Pietro. La Lega non si sa più quale sia e cosa sia, i movimentini autonomisti-indipendentisti son pronti a sfasciarsi perché arriva sempre qualcuno più duro e rigoroso dei duri e rigorosi. Meno male che ci sono i grillini. Quelli che si confrontano con gli extraterrestri e quelli che cercano un osso da rosicchiare gettato dal Pd. Quelli che vogliono abbattere le frontiere forse perché son convinti che extracomunitari ed extraterrestri siano la stessa cosa. Poi arriva Grillo, li cazzia (giustamente) tutti e li rimette sulla retta via sino a quando non rispunta un altro che teme i microchips sottopelle. E non è che vada meglio in periferia. Con un ex Dc piemontese che tenta di fare a botte in consiglio regionale con un ex Pci. All'ospizio hanno più forza e coraggio, ma basta una spintarella per fare urlare qualche collega che invoca il rispetto. Dell'aula? No, dell'essere umano così duramente violato. No, non si può più andare avanti con questa gente. Il mondo cambia, le formazioni politiche nascono, crescono, si aggregano, muoiono. Ma sulla base di proposte, di idee, di quelle ideologie così temute dai media di servizio italiani. Noi siamo alle prese con quella che Vecchioni ha definito "demofollia". La banalità assoluta, il nulla cosmico. Denunciato da un cantante, irriso da un comico come Crozza. Ma loro, i piccoli idioti, non mollano. Fanno decadere Berlu, e si sentono gli eroi delle Termopili.

martedì 26 novembre 2013

Report guida l'assalto a Putin ed alla libertà italiana

Che curiosa scelta di tempo, quella di Report. Che ieri ha ripreso una notizia di fine primavera per attaccare il Kazakhstan. Ma forse Astana ed il suo presidente erano solo un pretesto. Per attaccare l'Eni e, soprattutto, Putin. E, guarda la coincidenza, la puntata di Report è andata in onda proprio in occasione della visita in Italia del presidente russo, intenzionato ad aumentare i rapporti commerciali con il nostro Paese: acquisizioni ed investimenti che potrebbero essere fondamentali per frenare la caduta della nostra economia. Così la Gabanelli si è ritrovata a tirare la volata al partito anti italiano guidato da Repubblica. Putin, da ex sovietico, è responsabile di tutto ciò che fanno i presidenti (regolarmente eletti dal voto popolare e non dai giochi ignobili del Palazzo) degli ex Paesi sovietici. Putin è colpevole perché sta nuovamente allargando l'influenza di Mosca sui Paesi vicini, perché l'Ucraina si è resa conto che l'abbraccio con l'Unione europea può rivelarsi mortale (chiedere ad Atene per informazioni al riguardo), perché l'Italia continua a rifornirsi di gas e di petrolio dalla Russia invece di rimanere al freddo in attesa che la situazione in Libia si stabilizzi dopo l'incredbile idiozia di abbattere Gheddafi. Persino aver evitato una guerra planetaria, conseguenza di un eventuale attacco contro la Siria da parte degli Stati Uniti e dei suo vassalli, fa di Putin un colpevole agli occhi dei media italiani. E se investirà in Italia sarà ancora più colpevole, soprattutto se dovesse evitare di trasformare l'Italia nel Paese di schiavi per l'Europa. Ed allora via con le campagne stampa false, via con la disinformazione sistematica. Putin incarcera i musicisti, manifestazioni in tutto il mondo. Gli italiani politicamente corretti dovrebbero provare ad organizzare, in una sinagoga italiana, una manifestazione come quella delle ragazzotte russe in una chiesa ortodossa di Mosca. Per vedere di nascosto l'effetto che fa. Ma Putin vuole incarcerare anche i gay. Falso pure questo, si è limitato a vietare la propaganda gay ai minori. Senza interferire con i gusti personali di ciascuno. Ma i politicamente corretti son pronti a boicottare le Olimpiadi di Sochi. E son pronti pure a mettere sotto attacco il Papa, reo di essersi rivolto a Putin per la tutela dei cristiani in Siria. Già, Putin l'ex uomo del Kgb, bacia le Icone e difende i cristiani, non solo quelli ortodossi. A chi poteva rivolgersi, se no, il Papa? Alla Bonino? A Mauro? Ai coraggiosi ministri della banda Vedrò? Quelli che manco sanno dove sia la Siria, figuriamoci come possono tutelare i cristiani. Quelli che, coem Bonino, ogni tanto rassicurano sulla sorte dei due marò in India, e poi non succede nulla. Putin, invece, può. E tra un presidente che può ed un governo di impotenti, è evidente che i media italiani sanno scegliere: guerra a Putin ed a chi gli è vicino. Vendiamo l'Eni, vendiamo Finmeccanica, vendiamo tutto e, finalmente, potremo essere servi dei mercati e dei mercanti.

lunedì 25 novembre 2013

Riprendono i suicidi, ecco la ripresa promessa da Saccomanni

La scorsa settimana un piccolo imprenditore si è ucciso nel profondo Nord: non reggeva più la situazione economica tra crisi e fisco. Se n'è parlato pochissimo. Lo stesso giorno un altro piccolo imprenditore si è ucciso, per le stesse ragioni, in Lucania. Non se n'è parlato proprio. Meglio, per i media, non presentare agli italiani una realtà molto diversa da quella inventata da Saccomanni e dalla Banda Vedrò. La luce in fondo al tunnel? Forse è quella dei lumini del cimitero. La ripresa? E' solo quella delle tasse mascherate con altri nomi. E a Milano alcune chiese, oltre a raccogliere le elemosine in denaro, hanno organizzato la raccolta di cibo per i poveri. Una raccolta in teoria settimanale, ma con invito a trasformarla in quotidiana perché le legioni di poveri aumentano, nella Milano aperta al sociale del sindaco Pisapia. Ma arrivano le tredicesime e ripartono i consumi. Così il quotidiano della Fiat può titolare trionfante sulla felicità dei commercianti perché, almeno nelle domeniche prenatalizie, non si pagherà il parcheggio. Meglio non far sapere che il 90% della tredicesima servirà per pagare le tasse e non per fare acquisti. Questa è la ripresa secondo Saccomanni: suicidi e povertà. Questa è l'Italia che vogliono Letta, Alfano e gli altri membri della Banda Vedrò, a partire dalla coppia trasversale Boccia-De Girolamo (ma due zoppi fanno un campione di corsa?). Un'Italia che si rifiuta di investire sulla tutela del territorio, perché i mercati ci ordinano di risparmiare, e si ritrova a pagare molto di più per i danni provocati da frane ed alluvioni. Un'Italia che spreca un mare di denaro per andare a raccogliere gli immigrati prima ancora che provino ad emigrare, ma che non spende nulla per dare un lavoro a ricercatori e laureati in grado di far ripartire questo Paese. Un'Italia che per far contenta la ministra 1-2-x regala montagne di denaro ai rifugiati, che mai han fatto qualcosa per questo Paese, e poi concede un'elemosina molto ma molto più ridotta ai sardi alluvionati. Quei sardi che le tasse per mantenere questo governo le avevano già pagate. Eppure si continua a girare intorno al problema, non lo si vuole affrontare: questa Europa, questi mercati, sono incompatibili con la sopravvivenza dell'Italia. Dopo aver venduto le aziende strategiche italiane, a partire da Eni e Finmeccanica, cosa farà il governo Alfetta per distruggere ulteriormente l'Italia? Perché i 40-50 miliardi da tirar fuori ogni anno, a partire dal 2015, per compiacere l'Europa ed i mercati, metteranno fine alla storia degli italiani. E non in 20 anni, ne basteranno un paio. Ma non lo si dice, lo si nasconde. La mole di Saccomanni e Cancellieri per coprire la vergogna della Banda Vedrò e della sua emanazione: il governo Alfetta per cancellare l'Italia

giovedì 21 novembre 2013

La piena occupazione di Barnard o gli schiavi di Saccomanni?

Prima o poi bisognerà farla finita con Paolo Barnard. Il governo Alfetta non può tollerare che un economista vada in tv, alla Gabbia su La 7, e settimanalmente spieghi al colto e all'inclita che uscire dalla crisi è possibile. A patto di usare ricette diametralmente opposte a quelle precotte dalle eurobanche e cucinate da Saccomanni e complici. Troppo facile essere come Barnard. Niente slides, niente diagrammi complicati, niente tabelle astruse. Quando proprio vuol impegnarsi piazza quattro fogli di carta (meglio uno solo: c'è la crisi e bisogna risparmiare) e illustra ciò che dovrebbe fare uno Stato degno di questo nome e non al servizio di chi vuole distruggerlo. In fondo la ricetta è semplice: investire in un periodo di crisi per rilanciare l'economia e l'Italia. Una ricetta già usata, con grande successo, proprio in Italia dopo la crisi del '29. E non a caso arrivarono gli americani prima per imparare e copiare, poi per distruggere tutto. Sarà anche per questo che la ricetta non piace alla banda Vedrò, non piace agli eurobanchieri ed agli speculatori di ogni parte del mondo. E allora, basta con Barnard. Come è possibile che Paragone intervisti per minuti e minuti il povero Renzi che fa l'imitazione di Crozza (o il contrario?) diventando un mentalista, un propugnatore del nulla cosmico, e poi si dia spazio a Barnard che in pochi istanti spiega cosa si dovrebbe fare? Come è possibile che ci siano ministri come Saccomanni, De Girolamo, Bernini e nullità varie che si arrabattano senza recupare un'idea e poi arrivi questo economista autonomo e li sputtani tutti quanti? Ieri Barnard spiegava come ottenere la piena occupazione. Magari con qualche scivolata nella banalità: i 3 o 6 milioni di disoccupati italiani (a seconda dei criteri di calcolo) non possono essere tutti impiegati nei servizi alla persona per non creare concorrenza con i settori dell'economia privata. Però opportunità non mancano. Il settore delle dighe italiane, ad esempio, è sotto attacco. Si tagliano gli organici, si tagliano le risorse e poi si finge di stupirsi per i disastri ad ogni pioggia. I pochi eroici e stakanovisti lavoratori rimasti devono provvedere al controllo di decine di dighe a testa. Ovviamente un'impresa impossibile. Ma forse è proprio quello che i Vedrò di turno vogliono. Privatizziamo anche le dighe, svendiamole e lasciamo che i disastri si moltiplichino. Ecco, anche questo è un settore dove si può convogliare nuova occupazione, e di qualità. I laureati, i diplomati. E nuova occupazione per mettere in sicurezza fiumi, montagne, valli. In ogni caso la ricetta di Barnard è l'opposta di quella di Saccomanni, di quella della banda Vedrò. Loro vogliono usare le risorse pubbliche non per creare occupazione ma per garantire microsussidi ai disoccupati. Per non farli lavorare, spendendo montagne di denaro. Lo chiede la Merkel, che vuole un'Italia da acquistare a prezzi di saldo. E ogni lavoratore in meno significa una riduzione della spesa delle famiglie, un calo dei consumi e dell'Iva intascata dallo Stato. Ma anche un calo del reddito e delle tasse relative. Lo ricordano, due volte al mese quando escono i dati sulle immatricolazioni di auto in Italia ed Europa, Quagliano e Pavan Bernacchi, del Centro studi Promotor e di Federauto: lo Stato, con questa bella idea di macelleria sociale, incasserà quest'anno qualche miliardo in meno tra mancate tasse sui carburanti e sugli acquisti di auto. Geniale. Davvero una ricetta troppo stupida per credere che sia applicata in buona fede.

mercoledì 20 novembre 2013

Ocse: l'Italia affonda. E dalla Rai il colpo di grazia

L'Ocse bacchetta l'Italia e rivede al ribasso le stime di crescita, anche per il prossimo anno. Mentre il 2013 si chiuderà peggio del temuto (e molto peggio di quanto previsto dal governo dei Vedrò e delle altre nullità). Che fare? La ricetta dei mercati e, dunque, di Alfetta, è nota: tasse, tasse e ancora tasse. Ridurre il debito svendendo tutto, licenziare, tagliare, deprimere, ingrigire. Fantastico. Poi gli imbecilli scorrono i dati del mercato europeo dell'auto e si sorprendono quando scoprono che l'Italia è uno dei pochissimi Paesi a registrare l'ennesimo calo mentre il resto d'Europa cresce. Siamo in piccola compagnia, con Romania, Cipro, Islanda. Mentre i Paesi messi all'indice e considerati ad un passo dal fallimento, come l'Ungheria, sono quelli con la crescita maggiore. Non va, non funziona. Eppure il sindaco di Milano si lancia in nuove offensive per ridurre l'uso dell'auto. E quello di Torino aumenta i parcheggi a pagamento. Non si capisce per quali strane ragioni un cittadino, alle prese con timori per il suo futuro da lavoratore e per il suo non futuro da pensionato, dovrebbe acquistare un'auto nuova per procedere più lentamente di una bici e per pagare a peso d'oro un parcheggio sulla strada. Bene, abbattiamo l'inquinamento. Ma non solo quello provocato dalle vetture, anche quello dovuto alle industrie. Perché se le auto non si vendono, le fabbriche non le producono. Altre migliaia di disoccupati. Ma noi pensiamo a svendere i gioielli di famiglia. Finmeccanica vuole acquistare Avio Spazio? Una scelta strategica giusta e coraggiosa. Dunque parte immediatamente l'offensiva mediatica contro Finmeccanica, ritornando alle inchieste su presunte tangenti. Grazie a queste inchieste Finmeccanica perderà quasi certamente delle importanti commesse. Per la gioia dei mercati e dell'Europa, ma anche per la felicità dei tanti servi italiani che lavorano per la distruzione dell'economia italiana. Non va meglio all'Eni. Poteva bastare l'idiozia cosmica di far la guerra a Gheddafi, con la conseguenza del crollo delle forniture all'Eni? Certo che non poteva bastare. Così lunedì prossimo la Rai (tv di Stato, non va dimenticato) partirà all'attacco delle iniziative dell'Eni in Kazakhstan. Abbiamo un operatore vincente sulla scena internazionale? Distruggiamolo subito. E visto che non si può più fare come con Enrico Mattei, quando il risultato fu ottenuto grazie alla splendida collaborazione tra Stati Uniti e Mafia, ora provvede direttamente la Tv di Stato a far la guerra all'azienda strategica di Stato. Per eliminare ogni possibile rischio di ripresa, di rilancio. L'Italia deve essere in fondo alla classifica. E dove non è arrivato Monti, arriverà la Rai, arriveranno Fassino e Pisapia, arriverà la banda di Vedrò.

martedì 19 novembre 2013

I soldi dell'Europa? Li regaliamo agli zingari

Finalmente la Regione Piemonte, guidata dalla Lega e dai vari gruppi della galassia del centrodestra, ha messo a punto le proposte legate al Fondo sociale europeo. Ed uno dei punti riguarda "la lotta alla povertà". Era ora. Perché nei mercati di Torino si vedono sempre più spesso anziane donne italiane che rovistano tra i rifiuti per portare a casa qualcosa da mangiare. E le code davanti ai luoghi dove si ditribuisce il cibo gratuitamente si allungano a dismisura. Dunque un'iniziativa per contrastare la povertà è non solo doverosa, ma pure in grave ritardo. Poi, però, si scorre l'elenco degli interventi previsti e si scopre che, dopo un generico "inclusione attiva", figura l'immancabile "integrazione delle comunità emarginate quali i Rom". Ecco, appunto. Come al solito gli anziani italiani possono continuare a crepare di fame, possono venire sfrattati, possono ridursi a mendicar cibo alle mense dei poveri. Agli italiani si tagliano le pensioni, perché ce lo chiede l'Europa. Agli zingari si danno continui aiuti, sempre perché ce lo impone l'Europa. Ma qualcuno si pone la domanda se questi ordini dell'Europa siano utili all'Italia? O non servano per distruggerla in modo da avere un Paese di schiavi e di manodopera a bassissimo costo? Avevamo il turismo che era una risorsa. Ora pare che due terzi degli hotel della Riviera Ligure di Ponente resteranno chiusi anche per le vacanze di Natale. Perché? Perché la clientela invernale (ma anche autunnale e primaverile) era composta da anziani. Che svernavano al mare o che, perlomeno, si concedevano qualche giorno di caldo per dimenticare il freddo delle città. Ora non è più possibile. L'austerità imposta dall'Europa e dai suoi servi dei governi italiani ha ridotto in povertà la maggior parte dei pensionati. E gli altri devono utilizzare i soldi per aiutare i figli, i nipoti. Con il brillante risultato di chiudere hotel e ristoranti, con il licenziamento di migliaia di addetti. Senza dimenticare le agenzie di viaggio (e relativi dipendenti) che lavoravano sui viaggi degli anziani al di fuori dell'alta stagione. Distruggere tutto. Ed i soldi per aiutare gli zingari. In cambio di cosa?

lunedì 18 novembre 2013

Le demi-vierges del Neocentrodestra

Dopo le memi-vierges arrivano i demi-divorciés. Il Pdl si divide, ma solo poco poco. Perché muore il vecchio partito e nascono due movimenti che annunciano di volersi presentare da alleati alle prossime elezioni. Marciare separati per colpire uniti? Non è proprio così. Perché per colpire uniti occorrerebbe sapere chi è il nemico, dove si annida, perché è un nemico. Invece niente di tutto ciò. Si blatera di una sinistra che non esiste, perché il Pd è ormai un'accozzaglia di democristiani che guidano ex comunisti in cerca di un'identità. E non può far certo paura Sel di quel Vendola (l'infame sorrise..) che sta scomparendo dalla scena. Chi è il nemico? La Merkel, per Berlu. Che nella donna birra e wurstel incarna il male dell'Europa. Peccato che il leader di Forza Italia non abbia il coraggio di denunciare l'essenza negativa di questa Europa dei banchieri e preferisca personificare il male nella sola Cancelliera. In compenso i Neocentrodestri amano l'Europa. Perlomeno quelli in grado di avere un'idea personale senza doversela far dettare alle riunioni di Vedrò e che, di conseguenza, amano l'Eurobanca solo per ordini dall'alto. Ed allora diventa difficile colpire insieme quando gli obiettivi sono così diversi. Non si può andare avanti con la manfrina sulla lotta alle tasse quando non si ha il coraggio di denunciare che la follia di questa oppressione fiscale - che distrugge l'Italia - è la conseguenza del servilismo nei confronti degli euroburocrati, degli eurobanchieri, degli euroidioti. Vogliamo vederli, adesso, i neocentrodestri mentre impongono al governo Alfetta la rottamazione delle cartelle Equitalia. "Siamo al governo per fare le sentinelle contro le tasse", hanno ripetuto. Bene, lo dimostrino. Qui ed ora, come diceva Gaber. Non con il solito rinvio alle calende greche (qualcuno spieghi il concetto a De Girolamo), ma con un intervento immediato. Intanto, secondo Belpietro, Berlu starebbe preparando il suo capolavoro. Mandando avanti i minus habens dei neocentrodestri per sostenere un governo Alfetta che non farà nulla di buono e che, di conseguenza, logorerà non soltanto Quagliariello e soci, ma anche Renzi e compagni. E lui, Berlu, dall'opposizione si potrà godere il fallimento di tutti gli avversari, per riproporsi poi come salvatore della Patria. Schierando un nuovo delfino o la figlia Marina. Oddio, nel frattempo l'Italia pagherà un prezzo durissimo al servilismo alfettiano nei confronti dell'Europa dei mercati. Ma non è questo il problema di Berlu. Senza dimenticare che a maggio si vota proprio per il parlamento europeo. Senza coalizioni, ciascuno si conterà e vedrà quanto vale per gli elettori. Un rischio enorme per i centrodestri.

venerdì 15 novembre 2013

L'Italia attende solo la fine

Che gran Paese, l'Italia. Dove i partiti si spaccano e si ricompongono senza che ci sia uno straccio di discussione su idee e programmi. Dove qualche ragazzino sogna di far politica e subito piomba un vecchio, cinico giornalista di serie C a proporre domande stupide per mettere in crisi l'interlocutore (che, da parte sua, dimostra la più totale incapacità a star di fronte ad un microfono). Dove si inventano le primarie del Pd con l'inclusione degli immigrati albanesi, così son contente Kyenge e Boldrini. E di fronte alle perplessità generali, la comunità albanese insorge di fronte alle telecamere spiegando di essere da sempre vicina al Pd e di avere il sacrosanto diritto di scegliere tra l'amato Renzi e Bersani. "Ah, non c'è più Bersani? Ma figuriamoci, ci avrebbero avvertito. Civati, Cuperlo? Ma che parole sono? Non sappiamo bene l'italiano". Tanto per offrire un'idea della correttezza del Partito Democratico. E le dichiarazioni dei redditi? Una farsa, con operai sfruttati che risultano più ricchi degli sfruttatori. Ma bisogna capire. Deve essere il brillante risultato del superpagato Befera, il boss di Equitalia. Colpire i deboli e fingere indifferenza di fronte ai potenti. Un BelPaese dove si celebrano le giornate dell'orientamento scolastico e si finge di non vedere l'esercito di ragazzini totalmente indifferenti ad ogni formazione e interessati solo all'ultimo modello di iphone, costi quel che costi. E se c'è da prostituirsi, poco importa: dobbiamo svendere cervelli e braccia perché ce lo chiede l'Europa, che sarà mai vendere qualcosa in mezzo alle cosce? Un Bel Paese dove i politicamente corretti spiegano ai riottosi che si devono regolarizzare i clandestini, così i problemi si risolvono. Bisognerebbe spiegarlo all'ultima vittima (ultima solo per ora) assassinata in casa dall'immigrato regolare che voleva aiutare. Un Bel Paese dove i morti per amianto sono un crimine immondo se l'azienda è di qualcuno e sono una inevitabile conseguenza dell'industrializzazione se il colpevole è qualcun altro. Il Paese dove un calciatore viene escluso dalla nazionale se litiga con l'arbitro e dove un altro calciatore viene perdonato a prescindere perché Prandelli è per il politicamente corretto e non per una giustizia uguale per tutti. Dove non ci sono i soldi per aiutare le vecchine costrette a frugare nella spazzatura dei mercati ma dove ci sono per le tv al plasma da regalare ai clandesti. Un Paese guidato da morti, da comparse destinate a scomparire nell'oblio. Ma un Paese dove un popolo, annichilito e istupidito, resta beatamente a guardare in attesa della fine.

giovedì 14 novembre 2013

Le Pen-Wilders, nasce l'alternativa europea

Guy Verhofstadt, chi era costui? Un dimenticabile ex premier belga, ora trascurabile leader europeo dei libdem. Eppure questo signor nessuno si appresta a sbarcare in Italia per riunire tutte le forze politiche al servizio degli eurobanchieri e creare, così, uno sbarramento contro l'onda montante delle forze populiste. A spaventare il povero belga è stata anche l'alleanza raggiunta tra Marine Le Pen e l'olandese Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà olandese. Le destre europee, di vario tipo, con specificità nazionali e posizioni anche differenti su questioni fondamentali come lo Stato sociale, hanno comunque deciso di mettere da parte ciò che divide per creare un'unica opposizione contro lo strapotere di Bruxelles e dei reali padroni d'Europa. In realtà non è proprio così. Il politicamente corretto, o corrotto, ha imposto all'alleanza franco-olandese di lasciar fuori dagli accordi i movimenti più estremi, come l'ungherese Jobbik, come i romeni, i bulgari, gli slovacchi. Magari dopo le elezioni europee si vedrà, ma per ora restano esclusi. E non è una bella cosa. Sufficiente, comunque, per spaventare i Verhofstadt di turno. Nonché per conquistare paginate terrorizzate sui vari giornali di servizio. Soprattutto quelli italiani, abituati a spaventarsi per nulla e ad esaltarsi perché 20 antifascisti hanno contestato, all'Aia, l'incontro tra i leader dei due movimenti. Ma l'Italia è anche la grande assente dalla scena delle alleanze e delle controalleanze. L'offerta di accordo verrà estesa alla Lega Nord? E' quello chei si augura l'ancora per poco europarlamentare Borghezio. Ma gli altri movimenti anti-Bruxelles? Probabilmente, come nella favola della volpe e l'uva, spiegheranno di non essere interessati perché l'olandese è filoisraeliano o perché il papà di Marine Le Pen era anti israeliano. D'altronde il signor nessuno belga accusa proprio la Le Pen per questo, perché il papà, il nonno, il bisnonno.. Anche in questo caso c'è una favola, quella del lupo e dell'agnello. Ma forse il signor nessuno non la conosce. In compenso è sicuro di poter creare, in Italia, uno schieramento con dentro parte del Pd (dove non risce Renzi, a spaccare il partito, provvede l'illuso belga), di Scelta Civica, dell'Udc, e poi Montezemolo, Giannino, i radicali. Manca solo Balotelli e poi la squadra è al completo. Ma al di là dei sogni del signor nessuno, è evidente che la politica italiana non ha alcun ruolo. Viaggia solo a rimorchio. Ma quando il nuovo parlamento europeo sarà formato, questa mancanza di ruolo rischia di essere pagata a carissimo prezzo.

mercoledì 13 novembre 2013

Senza Speranza, con questa Corte anticostituzionale

Senza speranza. La patetica esibizione del compagno Roberto Speranza a Ballarò ha perfettamente indicato ciò che il governo Alfetta intende fare per l'Italia: annientarla. Eppure Speranza dovrebbe essere uno dei giovani promettenti del Pd, magari un futuro leader (d'altronde se il futuro è rappresentato dal vuoto pneumatico di Renzi, c'è spazio per tutti), una testa pensante. Macché. Ci si aspetta un trascinatore e ci si imbatte in un coniglietto impaurito che non sa come ribattere ad una proposta di Giorgia Meloni sulle pensioni. Mica una proposta rivoluzionaria, semplicemente giusta, equa e solidale, come dovrebbe piacere al compagno Speranza. Invece niente. Anzi, peggio di niente. Perché il punto di riferimento del Pd ammette anche che la proposta sarebbe giusta, ma poi chiarisce che non è realizzabile perché la Corte Costituzionale la boccerebbe. Dunque, secondo il compagno di riferimento, il Parlamento italiano non può approvare leggi giuste e sacrosante perché i magistrati difendono la Casta, di cui sono parte integrante se non il vertice, e impongono di penalizzare i pensionati più poveri in modo da non toccare i diritti acquisit dei magistrati pensionati e pensionandi. Fantastico: Speranza rende pubblico ciò che tutti sapevamo e cioé che i diritti acquisiti valgono solo per la Casta. D'altronde la Sacra Corte mica era intervenuta per tutelare i diritti acquisiti degli esodati da madama Fornero. Mica era intervenuta, la Corte intoccabile, quando si erano violati i diritti acquisiti dei lavoratori assunti a tempo indeterminato sulla base di regole che ora vengono violate. Questo, il compagno Speranza, non lo dice. Come non dice nulla sulle regole assurde imposte dall'Europa e dai mercati. Sui costi che l'Italia deve sopportare per accogliere l'esercito di clandestini imposto da Boldrini e complici. E chi paga? I lavoratori dipendenti, i licenziati, i pensionati italiani che incassano la folle somma di 2mila euro netti. Speranza ha una vaga idea di quanto costi un ricovero per anziani? Ha una vaga idea di quanto costino le badanti? No, lui ha solo le idee che gli passano i signori delle banche e gli intoccabili della Corte Suprema ed Infallibile. Le regole sono queste, e chi prova a ribaltarle è solo un demagogo. Non importa se il demagogo ha ragione. L'Europa non vuole, le banche neppure, la Corte è pronta a bocciare. Ma non era proprio quel che diceva Berlu? Che in Italia non si posson far leggi giuste perché la Corte le boccia? E allora, invece di considerare intoccabile la Costituzione, perché non si cambiano le regole su una Corte che tutela solo se stessa e gli amici della Casta?

martedì 12 novembre 2013

Lo Stato contro il Popolo italiano

Gennaro Grimolizzi, lucano, ha dedicato un ottimo libro alla vicenda dei Serenissimi, gli 8 veneti che conquistarono il campanile di San Marco in nome dell'autodeterminazione dei popoli. Un'operazione senza violenza (con finti mezzi blindati), ma punita duramente dallo Stato italiano. Grazie, anche, all'immancabile Pm veronese Papalia, pronto ad accusare di ogni nefandezza chiunque avesse un'idea diversa dal politicamente corretto. I Serenissimi, dopo anni di galera ed un infinità di tempo, sono stati assolti. Ma quello che hanno dovuto subire dallo Stato è emblematico di una situazione non più tollerabile. Magistrati inflessibili, anche senza fondamento, contro chi mette in dubbio qualche verità rivelata. Stato (e magistratura) assente quando si tratta di svendere l'intera Italia ai mercati, alla speculazione internazionale, agli interessi di gruppi stranieri. La voglia di punire a senso unico, d'altronde, si nota anche adesso, con il fuoco di sbarramento contro ogni proposta di "rottamare" le cartelle di Equitalia. Qual è la proposta indecente? Quella di far pagare l'80% della somma pretesa da Equitalia, senza more e interessi da usura. Ma ai tassatori folli italiani l'usura piace. E piace tanto. Nulla han fatto contro l'anatocismo bancario (interessi sugli interessi), ma la lotta contro i cittadini che non han pagato una multa deve essere dura e senza tregua. Per recuperare l'immensa ricchezza accumulata all'estero da Gianni Agnelli, secondo la denuncia della stessa figlia Margherita, questa lotta dura e senza tregua non si è vista. Ma mica si vorranno confondere dei banali sudditi con il defunto padrone del Paese? E' evidente che la separazione tra il Paese reale, alle prese con una crisi drammatica, e la Casta dei duri e puri diventa sempre più netta. Loro, i signori della Casta, sparano numeri che indicano una ripresa (il ministro Saccomanni diventa ottimista ad ogni inizio del mese, poi tace in attesa della luce nel tunnel il mese seguente); gli italiani riducono progressivamente i consumi e, così facendo, mandano in crisi negozi, artigiani, piccole imprese. Loro, i signori della Casta, predicano la correttezza ed il dovere di pagare quanto imposto (a prescindere dalla fondatezza dell'imposizione); gli italiani vorrebbero vedere un briciolo di partecipazione anche da quella Casta che continua a proteggere i suoi interessi. Ma se gli italiani non si adeguano, la Casta scatena il suo braccio armato, con Equitalia da un lato e la magistratura dall'altro. Lo Stato contro il Popolo italiano. Per ora ha stravinto l'apparato della Casta. Non è detto che possa vincere sempre

lunedì 11 novembre 2013

Novembre, andiamo, è ora di scissioni

La confusione è grande sotto il cielo della politica italiana. Dunque ci possiamo fare tutti delle grasse risate, anche perché di serio si vede davvero poco. E se settembre è il tempo di migrar, novembre sembra diventato il tempo delle migrazioni politiche, delle scissioni. A destra, al centro, a sinistra. Mucchio selvaggio? O semplice ammucchiata di interessi e di denari? Tutti attendono la scissione nel Pdl, forzitalioti da un lato, balena grigia dall'altro. Nel nome del Divo Silvio e della lotta alle tasse (ma chi è che ha creato la sterminatrice Equitalia?), dall'altro chi si batte per la salvezza del governo Alfetta e per la servitù perenne nei confronti dell'Europa dei banchieri. Ma le liti da pollaio nel Pdl servono a nascondere i mal di pancia del Pd. Congressi gestiti dai signori delle tessere, riesumati da un passato che pareva sepolto defintivamente e non lo era; risse tra ras locali e nazionali; il bello di una fase congressuale che non prevede il dibbbbattito ma solo la conta. Le idee, nel Pd, non interessano, non si pesano, non si contano. Si contano le tessere e gli affaristi balzati sul carro renziano. Ed allora che si inventano i vecchi notabili accantonati? Ma la minaccia di scissione, naturalmente. Perché il compagno Epifani organizza, in Italia, un'iniziativa del Partito socialista europeo ed i vecchi democristiani confluiti nel Pd insorgono: "vogliamo morire Dc, non socialisti". Dunque minacciano di andarsene per confluire, anche loro, in quella balena grigia dove arriveranno le menti pensanti di Alfano (Nunzia, ovviamente), qualche reduce di Scelta Civica, Casini e i resti della sua armata che non fu mai gloriosa. Ed ora, eventualmente, anche i Fioroni di turno. Una grande ammucchiata, sino a quando i voti degli elettori non la ridimensioneranno, così come han fatto con il minipartito di Monti. Intanto a sinistra montano i malumori. Che c'entra la sinistra con Renzi? Nulla, ovviamente. Ma le esperienze di Ingroia e compagni spaventano gli ex comunisti. Movimentini nati e spariti nell'arco di pochi mesi. Perché rischiare? Soprattutto in vista di elezioni europee che condizionano tutti, con la soglia di sbarramento al 4%. E se questa maledetta percentuale blocca i sogni di gloria scissionista a sinistra, impone sogni di aggregazione a destra. Da soli, i vari gruppetti, non vanno da nessuna parte. Così provano a mettersi insieme i reduci dall'ultima disfatta elettorale. Le formazione dello zerovirgola. Progetto non proprio entusiasmante. Due zoppi non fanno un centometrista. E anche sommando gli zerovirgola elettorali con gli zerovirgolazero di movimenti nati per l'occasione, non si va da nessuna parte. Solite facce, soliti personaggi, soliti esempi di sconfitte continue. Così, in nome dell'unità dell'area, organizzano 3 convegni separati in due giorni. Tra veti, inclusioni inopportune, proclami, sogni di essere come il Fn francese o AD greca, come Jobbik o come gli austriaci. Sognare non costa nulla, soprattutto permette di inventarsi mega progetti con il grande patrimonio di An. Quel patrimonio che un non proprio disinteressato Gasparri consiglia di restituire allo Stato. Quel patrimonio che, utilizzato per iniziative diverse dalle serate in discoteca, permetterebbe di diventare protagonisti sulla scena politica. Con giornali credibili, radio, tv, social forum. Ma è troppo difficile mettere insieme primedonne isteriche e gelose dei minori insuccessi altrui. Meglio nel baratro tutti insieme, piuttosto che qualcuno ce la faccia e si trasformi in un leader credibile.

venerdì 8 novembre 2013

I valletti di oggi contro Adriano Olivetti

"Non ci sono eroi per il proprio valletto", sostenevano gli antichi francesi. Ma spostandoci al di qua delle Alpi ed ai giorni nostri, ci si accorge che la massima vale sempre. Con quale gioia i valletti di ogni provenienza e colore hanno accolto la notizia di un'inchiesta (sacrosanta) su una quindicina di morti all'Olivetti di Ivrea! L'accusa, nei confronti di oltre 20 persone (tra cui De Benedetti e Passera) è di omicidio colposo e lesioni perché le malattie ed i decessi sono considerati dalla Procura come conseguenza della presenza di amianto nelle fabbriche. E De Benedetti, a lungo presidente di quello che era il gioiello dell'industria italiana ed è stato ridotto ad una cianfrusaglia da chiudere, si è difeso sostenendo di aver agito correttamente sulla base delle conoscenze scientifiche dell'epoca. In pratica lui non ne sapeva niente, della pericolosità dell'amianto. Peccato che la storia sia diversa. Nel '43, in piena guerra mondiale, la Germania aveva già individuato la correlazione tra amianto e cancro ai polmoni. Peccato che in Italia, prima di arrivare al divieto di produrre e lavorare l'amianto siano occorsi più di 40 anni. Dunque gli industriali sapevano? Ed i valletti si sono scatenati: le fabbriche mica le ha costruite De Benedetti (lui le ha chiuse, mandando a casa i lavoratori), ma quell'Adriano Olivetti che era appena stato ricordato e mitizzato da uno sceneggiato tv. Dunque liberiamoci dall'immagine positiva di Adriano e mettiamo tutto e tutti sul medesimo piano. Perché, sostiene la Fiom, la fabbrica perfetta non esiste e sbagliano i lavoratori che erano convinti di aver lavorato in un'azienda perfetta. Vero, Adriano Olivetti era un industriale, non un benefattore dell'umanità. Guardava al profitto, indubbiamente. Ma con qualche sostanziale differenza rispetto a chi è arrivato dopo di lui a distruggere l'azienda. Innanzi tutto Adriano ha creato occupazione, gli altri l'hanno distrutta. Ha aperto fabbriche, che gli altri han chiuso. Ha lanciato l'Olivetti oltre Oceano, con la prima acquisizione da parte italiana di una multinazionale Usa (e chi è arrivato dopo di lui ha svenduto tutto). Ha creduto nell'elettronica, e Valletta si è subito impegnato a vendere "questo bubbone che non ha futuro". Ha creato il movimento di Comunità, alternativa ai partiti tradizionali, ha stabilito nuove relazioni con i lavoratori, ha mandato nelle colonie Olivetti, per vacanze al mare o in montagna, i figli dei dipendenti. Per questo non piaceva agli industriali, non piaceva ai sindacati, non piaceva ai partiti. E non piaceva ai media. Soprattutto a quelli vicini a Fiat. Perché mentre Fiat, con Valletta, riproponeva l'immagine del padrone delle ferriere e puntava solo sulla città-fabbrica, Adriano trasformava Ivrea nella capitale della cultura. Portando in Olivetti artisti, registi, storici, letterati. E anche se la fabbrica perfetta non esiste, una fabbrica diversa è esistita. Ed è abbasta squallido osservare come i valletti di oggi si affannino a distruggere un mito che loro stessi hanno nascosto a tutti, tranne che ai lavoratori dell'Olivetti di allora. Che, forse, han lavorato in presenza di amianto (l'inchiesta è all'inizio), ma han lavorato anche in condizioni immensamente migliori rispetto ai loro colleghi di altri gruppi.

giovedì 7 novembre 2013

Sestultimi in cultura: l'Italia dell'egemonia gauchista

Il Paese con la maggior concentrazione di patrimonio culturale mondiale? Il Paese dell'arte? Della musica? Dell'archeologia? Della letteratura? Macché. Questa è l'Italia dell'austerità, del "ce l'ha chiesto l'Europa", del "prima i mercati", dei tagli alle pensioni, della disoccupazione giovanile e dei licenziamenti di chi è meno giovane. Ed allora è inevitabile che le classifiche europee collochino l'Italia al sestultimo posto per la partecipazione dei cittadini alle attività culturali. Cittadini? No, sudditi. Ed i sudditi, da che mondo è mondo, stanno fuori dai castelli dove i signorotti della Casta possono dedicarsi alle arti mentre palpeggiano una aspirante soubrette o mentre si fanno palpeggiare da un calciatore. Possiamo consolarci: nella classifica, alle spalle dell'Italietta ignorante, figurano la derelitta e massacrata Grecia, il Portogallo in crisi, Cipro sotto attacco. E pure la Romania. Siamo in fondo, con 8 punti percentuali a fronte dei 5 della Grecia, ultima. Soli 3 punti di differenza, possiamo farcela a scendere ancora, grazie a qualche nuova tassa di Saccomanni. In compenso siamo distanti 35 punti dalla vetta della classifica, dove troneggia la Svezia. Ovviamente, davanti a noi, c'è anche la Francia che ci ha soppiantati come meta preferita anche per il turismo culturale (l'Italia è passata dal primo al quinto posto come Paese turistico). C'è la Spagna, piegata dalla crisi ma non al punto di rinunciare alla cultura. C'è la Germania, che non pensa solo alla finanza ed all'industria. Ma l'Italia è in fondo. Indubbiamente la crisi ha un peso. Le famiglie evitano di spendere perché i soldi son finiti e perché i governi del disastro, da Monti ad Alfetta, non offrono certezze che non siano quelle della rovina. Ma esistono altri fattori che spiegano il declino. Da un lato l'egemonia culturale di una sinistra che ha imposto ai vertici di ogni organismo, di ogni ente, i propri uomini e donne. Tutti autoreferenziali, tutti snob, privi di ogni contatto con un popolo che vogliono guidare ma con cui non vogliono mischiarsi. Le prime all'Opera vedono sempre le stesse persone, gli stessi esponenti di un mondo separato. Stagioni teatrali dove vengono finanziati registi e compagnie di area, musicisti che se non si prostrano alla gauche caviar non possono lavorare. Fingono di essere elitari e sono solo ignoranti e pieni di sé. Ovvio che il pubblico non risponda. Ovvio che non partecipi. Spendere per annoiarsi mortalmente? Ma per piacere! Dall'altro lato, però, non si può nascondere la decadenza culturale di un popolo cresciuto a base di programmi tv sempre più cretini, dove la stupidità è premiata. Se i miti sono i protagonisti di Amici, sono i tronisti, sono i minus habens del Grande Fratello o i patetici personaggi delle varie isole di sedicenti famosi, come si può pretendere che le generazioni crescano cercando di capire Dante o che si appassionino ad una tela degli Impressionisti? Si portano le classi a visitare i musei senza una spiegazione e senza neppure la pretesa che non facciano casino. Renoir? Sarà un terzino del Marsiglia. Van Gogh? Il centravanti dell'Ajax. Il Paese che mitizza Balotelli può avere, come unico obiettivo, l'ultimo posto nelle classifiche legate alla cultura.

mercoledì 6 novembre 2013

Ed ora la Casta ha, finalmente, paura

Ed ora hanno paura. E' bastato che un pugno di commercianti ambulanti di Torino bloccasse i binari ferroviari, per scatenare il panico tra i boss della Casta italiana. Protestavano, gli ambulanti, contro la indegna manovra che innalza alle stelle le tasse sui rifiuti. E poi, proprio a Torino. Dove è stata imposta la raccolta porta a porta (con spese per i condomini che devono pagare qualcuno affinché, nei giorni ed alle ore indicate, porti fuori la spazzatura prevista mentre la gente del palazzo è a lavorare), dove è stato costruito un mega inceneritore che non solo avrebbe dovuto ridurre la spesa per la raccolta rifiuti, ma avrebbe dovuto consentire al Comune di far cassa. Macché, la Casta con a capo il sindaco Fassino ha deciso per folli aumenti. Un premio a chi differenzia ed a chi si fa inquinare (ma poco poco) dall'inceneritore. Però la Casta ha paura. E scatena, ovviamente, le sue truppe massmediatiche per criminalizzare gli ambulanti. Perché la Casta, questa Casta, ha la fortuna di avere a che fare con gli italiani. Incapaci di una ribellione collettiva. Se un ambulante sciopera e blocca i binari, ce ne sono due che approfittano del banco chiuso per vendere di più. C'è l'impiegato che si indigna perché bollerà in ritardo, c'è la madama che scrive ai giornali perché voleva andare a fare shopping a Milano. Disagi intollerabili. Mentre, per questo popolo bue, sono molto più tollerabili le tasse che distruggono il Paese, che creano i record della disoccupazione, che portano alla chiusura delle aziende. Per fortuna, però, la codardia italiana non è generalizzata in Europa. E le Caste europee stanno già correndo ai ripari. Schroder dichiara pubblicamente che con questa austerità l'Europa muore. Meglio tardi che mai. Ma non è stato folgorato sulla via di Damasco. Molto più semplicemente è stato illuminato dai sondaggi elettorali. Quelli francesi, innanzi tutto. Se alle elezione europee il Fn di Marine Le Pen dovesse diventare il primo partito di Francia, la situazione potrebbe esplodere a Bruxelles. Già l'Ungheria è persa, a prescidere dalla vittoria del premier Orban o della destra di Jobbik. E crescono le forze contrarie alla EuroCasta, agli euroburocrati, agli eurobanchieri, agli euroidioti. Si affacciano le richieste - dai partiti della Casta, non dalle opposizioni nazionali - di rivedere la soglia del 3% e quella dell'indebitamento al 60%. Certo, Saccomanni ed i suoi compari non se ne sono accorti. Marciano, nel governo Alfeta, verso la rovina completa dell'Italia, nel nome dell'Europa e dei mercati. Ma rischiano di ritrovarsi a fare i conti con gli altri mercati, quelli veri, quelli delle bancarelle. Quelli che possono portare la protesta dai binari di Torino ai palazzi di Roma. Difficile, per la vigliaccheria ed i piccoli interessi ottusi degli italiani, ma non impossibile. Nella peggiore delle ipotesi si dovrà attendere primavera, guardando a Parigi.

martedì 5 novembre 2013

Cancellieri, o fa il ministro o fa mammà

Si può far dimettere un ministro solo perché è sensibile? Perché è attento alla sofferenza delle amiche? Perché è meno attento alle sofferenze di altri? Certo che no. Come poteva, la Cancellieri, occuparsi di gente miserabile se la gente miserabile non aveva il suo numero di cellulare? Si può far dimettere un ministro solo perché, da mamma, difende il suo piccino anche quando non dovrebbe? Certo che no, la mamma è sempre la mamma, in Italia. Ed è normale che si batta come una leonessa per il suo bambino ricoperto d'oro dalla signora che poi mammà ha aiutato. Siamo una grande famiglia, in Italia. Beh, non proprio grande. Ci sono tante famiglie. La loro, quella dei privilegiati, quella di chi aiuta le amiche che aiutano il proprio bambino. E quelle degli altri italiani. Gli sfigati, i bamboccioni, gli schizzinosi, secondo le insultanti dichiarazioni che la famiglia importante ha riversato contro gli italiani banalmente normali. Il piccino del ministro, dopo un solo anno di lavoro in Fonsai, se n'è andato con una liquidazione di alcuni milioni di euro? E' stato solo fortunato - ha spiegato mammà - a trovare un buon contratto. Con i Ligresti, ma se l'era dimenticato, mammà. Mica si può essere invidiosi della fortuna altrui. Però viene da chiedersi cos'abbia fatto, il piccino, di così fantastico da meritarsi un simile premio dopo un solo anno nella compagnia. Ha risanato l'azienda? Non pare proprio, considerando che Fonsai è finita malissimo ed i Ligresti sono andati in galera. In un Paese normale, dopo simili risultati uno non dovrebbe ricevere una immensa e ricca buonuscita, ma qualche pedata ben assestata. E le intercettazioni della povera Ligresti descrivono un piccino non proprio brillantissimo. Ma l'Italia non è un Paese normale. E il piccino di mammà è solo l'ennesimo caso, non è un'eccezione. Chi rovina l'Alitalia incassa la buonuscita milionaria e se ne va. Chi rovina le banche incassa una buonuscita multimilionaria e se ne va a far danni altrove. Più fai danni e più vieni premiato. Dalle società pubbliche e dalle aziende private. Eccola, la vera casta. I bramini dell'economia, erano stati definiti nell'omonimo libro. Quelli che guadagnano mille volte più dei loro dipendenti per far danni milioni di volte più gravi. L'Italia che non funziona. La casta che distrugge questo Paese e incassa lo stesso. Ai vertici dei giornali o alla guida di società di infrastrutture. Mai nessuno che venga costretto a pagare i danni. Macché: premiati comunque. Premiati purché se ne vadano. E dopo? Dimenticati in qualche sottoscala d'oro? Non sia mai. La casta li risistema, in altre posizioni di privilegio, a far altri danni. Per poi presentarsi, con la faccia più indecente che mai, a spiegare che gli italiani (gli altri italiani, non quelli della casta) devono fare i sacrifici. Perché ce lo chiede l'Europa, perché ce lo impongono i mercati. Ecco, Cancellieri dovrebbe dimettersi per questo. Per aver fatto parte di questa casta. Per aver raccontato, da ministro e non da mamma, quanto era giusto strapagare il suo piccino

lunedì 4 novembre 2013

Letta in guerra contro i populismi, da Alba Dorata al Fn

Letta, l'uomo padrone di "Vedrò" e al servizio dei poteri forti internazionali, scatena la guerra contro i populismi. Grillo? La Lega? Fardelli d'Italia? Non gli basta. Guerra a tutti i populismi europei, da Marine Le Pen a Jobbik, passando per l'Austria e l'Inghilterra, per l'Olanda e la Scandinavia. Non è uno scherzo. Letta nipote, sostenuto da La Stampa (il giornale di riferimento di Washington e soprattutto New York), ha aperto la stagione dell'offensiva contro chiunque metta in dubbio la sopravvivenza di questo sistema criminale di distruzione dei popoli europei. E se Letta attacca sui giornali, con l'eco immediata dei vari baroni europei detentori della verità rivelata e del crimine imposto, in Grecia si passa dal piombo della carta stampata direttamente al piombo dei proiettili delle mitragliette. Due ragazzi di Alba Dorata assassinati, ovviamente impunemente, davanti alla loro sede. Già visto, in Italia. Perché la strategia della tensione non è mai stata cancellata. Solo accantonata momentaneamente in soffitta per essere riutilizzata alla bisogna. E deficienti pronti ad assassinare in nome dell'antifascismo militonto se ne trovano sempre. Manodopera criminale al soldo di chi vuole che l'opposizione ai poteri forti si scontri in piazza, per evitare che dia l'assalto ai palazzi d'Inverno. Una strategia che, recuperata in Grecia, potrebbe essere riportata anche in Italia. La disinformazione, d'altronde, è già al lavoro. Con lo stesso cliché di allora. I ragazzi assassinati in Grecia? Faida interna. Come per i missini uccisi dalle Br a Padova, come per i ragazzi Mattei bruciati vivi a Roma. Come per tante e tante morti utili a scatenare la sacrosanta rabbia. Letta, intanto, mette altra benzina sul fuoco. Spiegando che il 20% dei voti europei ai populisti rappresenterebbero un pericolo mortale per l'Europa dei banchieri. Dunque bisogna fare di tutto per evitare che i popoli si ribellino, protestino, pretendano rispetto e rifiutino la politica di tagli, tasse e macelleria sociale. Ad Atene si sono tolti i finanziamenti ad Alba Dorata, per strangolarla in ogni modo. Con le mitragliette e con il taglio dei fondi, oltre che con la galera. Bisognerà trovare qualche strada anche in Italia, in Francia, in Inghilterra. Perché l'Ungheria appare difficilmente aggredibile, ma conta poco sullo scenario europeo. E' da noi che si deve evitare il contagio. Oddio, l'Italia del populismo - cioé di chi ritiene che un popolo valga più dei banchieri imposti da Wall Street e da Francoforte - si suicida quotidianamente, ma gente come Letta ed i suoi padroni ha paura anche di un'ombra. E' la Francia a far paura. Ed allora si lancia l'idea di un'alleanza tra Le Pen e Grillo. Per sconcertare i grillini italiani ed infastidire i destri francesi. Peccato che, in Francia, non freghi assolutamente nulla di incontri tra Marine Le Pen e leader di partiti stranieri. Ma in Italia una demonizzazione di questo tipo potrebbe servire a mettere in crisi il Movimento 5 stelle. Meglio di niente, per la famiglia Letta.