giovedì 28 febbraio 2013

Grillo o Peron?

Tutti sulle barricate per accusare Grillo dell'ignobile inciucio con Gargamella Bersani. E mentre tutti si indignavano per il tradimento, è arrivato Silvio a proporre la grande ammucchiata con il Pd. Oddio, Berlusconi ha tutti i diritti di svendere il voto per tutelare i propri interessi personali. D'altronde la rimonta è stata tutta sua, il Pdl da solo sarebbe ai livelli di Monti. Ed allora il cavaliere è pronto ad accettare un governo guidato da un tecnico (magari Passera, giusto per salvare la faccia) e che lo riveda insieme a Bersani per la rovina totale dell'Italia. In cambio? Salvataggi sul fronte giudiziario, tutela per il suo impero economico, magari la presidenza di Camera o Senato. E il programma elettorale? Carta straccia. Magari un po' di maquillage (è un esperto) per ridurre il carico fiscale di qualche zero virgola. E Grillo? Il comico genovese è a un bivio. La sua base vorrebbe governare mentre lui è consapevole che un abbraccio con Bersani sarebbe mortale per il suo movimento. L'unica alternativa sarebbe quella di far digerire alla sinistra un programma di sinistra, che il Pd aborre. Bersani vuole pochi punti? Ne basterebbero davvero pochi, per spiazzarlo: abolizione della riforma Fornero sul lavoro, abolizione di Equitalia, riduzione del carico fiscale, eliminazione dell'anatocismo (e Beppe, avendo imparato da Auriti, sa benissimo cosa significhi, in termini di risparmio per cittadini e imprese e di minor guadagno illecito per banche e Stato). Potrebbe respingerli, Bersani? Non potrebbe, ma lo farebbe lo stesso. Distruggendo definitivamente il Pd. E creando problemi anche a Vendola che avrebbe ancora più difficoltà a non accoglierli. Ma è questo che fa paura all'Europa. L'idea di un'Italia propositiva e contagiosa. Un'idea che si diffonde pericolosamente per il sistema mafioso che gestisce l'Europa. Un'idea che dovrebbe piacere ad una destra che non sia solo caratterizzata dal torcicollo o dal servilismo. Una destra che non cerchi il politicamente corretto, con i disastrosi risultati che ne conseguono. Una destra che guardi al modello peronista e neoperonista. Capace di sputare in faccia ai buffoni che da Bruxelles, da Berlino, da Francoforte vogliono soltanto un'Italia che paghi e si impoverisca. Una destra con idee e con il coraggio di esporle. Senza dover chiedere scusa perché Draghi non è d'accordo e la Merkel si spaventa. Capace di cavalcare la protesta indirizzandola dove è giusto. E capace di diventare un riferimento per i tanti che hanno guardato a Grillo, se Beppe dovesse deludere i suoi seguaci o se troppi eletti si facessero sedurre da Bersani e dai tecnici in agguato.

mercoledì 27 febbraio 2013

O realizza la Macroregione oppure la Lega muore

Maroni ce l'ha fatta. "Missione compiuta", ha dichiarato dopo aver conquistato la Lombardia. Ma a che prezzo? La Lega crolla in Veneto, crolla in Piemonte, arranca nella stessa Lombardia. Colpa dell'alleanza con Berlusconi? Indubbiamente buona parte della base non ha apprezzato l'accordo con il Pdl. In questo modo proprio il Pdl diventa determinante per sostenere le tre giunte regionali guidate dai leghisti: Piemonte, Lombardia e Veneto. Abbastanza paradossale. E, come sempre in Italia, nascono i contrasti, emergono i mal di pancia. Zaia che litiga con Tosi, anche se Maroni assicura che son sciocchezzuole. Il problema, però, resta sul tavolo: che fare? La Lega 2.0 conquista la Lombardia ma non i cuori. Troppi eletti, troppi amministratori si sono rintanati nei loro uffici ed evitano accuratamente di scendere in mezzo al loro popolo. Manco rispondono al cellulare, per non ascoltare, per non sentire, per non confrontarsi. La Lega degli attacchini di manifesti ha lasciato spazio alla Lega degli assessori. E visti i risultati, non è che sia proprio un gran passo avanti. Se poi si aggiungono gli scandali, veri o inventati, non è difficile da capire il disincanto. Ed anche la fuga verso altri partiti, a cominciare dal Movimento 5 stelle di Grillo. Il comico genovese ha scelto le piazze quando gli assessori si rintanavano. Ha scelto lo scontro con Monti quando qualcuno, nella Lega (anche se di nascosto), si dimostrava disponibile ad aperture suicide. E' andato, Grillo, persino tra i piccoli imprenditori del Nord Est ad offrire un sogno, una speranza. Cioé tutte le armi che, in passato, avevano fatto trionfare la Lega al Nord. Una Lega che ora, invece, ha puntato su rapporti di alto livello senza essersi prima dotata di adeguate competenze. Gli Stati Generali, a Torino, sono stati gestiti malissimo. E proprio i fallimentari risultati di Torino sono la dimostrazione più evidente. La Lega informatica ha trascurato il cuore, il folklore, ma pure gli studi più seri e rigorosi. Ora, con l'idea della Macroregione, può invertire la tendenza negativa. Ma deve farlo subito. Deve rilanciare immediatamente idee nuove e realizzabili. Deve dotarsi di quelle competenze che mancano completamente e che non possono essere sostituite dall'arroganza di chi sta chiuso in un ufficio di comando. Se, nell'arco di pochissimi mesi, la Macroregione darà frutti visibili, la Lega potrà tornare ad essere protagonista, riprendendo parte dei voti finiti a Grillo. Ma se la Macroregione dovesse fallire, avrebbero ragione quelli che stanno già pensando ad un nuovo movimento da far nascere sulle rovine di un sogno finito.

martedì 26 febbraio 2013

L'exploit di Silvio non è una vittoria della destra

Una flessione di 16 punti percentuali del pdl, dimezzati i consensi alla Lega Nord ed all'Mpa. E la destra dello schieramento vede i Fradelli d'Italia sulla soglia del 2% mentre tutti gli altri movimentini, dentro e fuori lo schieramento berlusconiano, non vanno oltre i prefissi telefonici dello zero virgola. Eppure, di fronte all'incredibile exploit PERSONALE di Silvio Berlusconi, qualcuno si illude che il centrodestra sia vivo a livello politico. E persino che sia viva la destra. Si confonde, e non sempre in buona fede, un dato personale con un dato politico. Berlusconi ha ripreso in mano un partito sull'orlo del baratro. Affidato colpevolmente ad Alfano dallo stesso Berlusconi. Ed è stato il cavaliere a recuperare: 6-7 punti. Grazie al silenzio imposto ad Alfano ed alla banda dei lettiani pronti ad ogni inciucio e ad ogni resa. Non a caso il nefasto Capezzone è stato rispolverato e ripresentato in pubblico solo dopo la chiusura delle urne. Per tranquillizzare i poteri forti che lo impongono in un Pdl che non dovrebbe aver nulla a che fare con simili personaggi. Invece ritornano. Pronti a far da pontieri per il grande inciucio con il grande sconfitto, Pierlu Bersani. Un leader assolutamente inadatto per fare il premier (beh, se l'ha fatto anche Monti, forse..) e che ora vede profilarsi l'ombra di Renzi. Pdl e Pd insieme per frenare lo tsunami di Grillo. Ma su quali basi? Solo per mettere a punto una legge elettorale che vieti i simboli con più di 4 stelle o con un leader con un cognome che inizi per G? Su cos'altro possono accordarsi Silvio e Pierlu? Sulla riduzione delle tasse voluta dal cavaliere o sui sacrifici richiesti da Merkel attraverso Bersani? Sulla cancellazione di Equitalia, promessa da Silvio (e richiesta dai due terzi degli elettori, un dato che dovrebbe essere ricordato da tutti) o sulla promozione di Befera al ministero? Si accorderanno su un invito all'orrido Monti che puntava al 15% e ha superato a stento il 10? Ma poi, cosa succederà nel centrodestra? Chi si crogiola nella vittoria (o nella non sconfitta) dovrebbe pensare che il mondo non finisce oggi. E se si andrà presto a votare, non ci si può ritrovare con il perdente nato Alfano che richiama l'ottuagenario Silvio per altre promesse stratosferiche. La politica è un'altra cosa. Ed il successo di Grillo dovrebbe essere un monito sufficiente.

lunedì 25 febbraio 2013

Destra sconfitta, senza più alibi

Non basta rimuovere sondaggi e previsioni per cambiare la realtà. Non basta limitarsi a dire "non è il momento" per guardare al futuro. Perché non sarà mai il momento, per chi ha paura di confrontarsi con ciò che succede realmente. I poteri forti, i tg comunisti, i magistrati rossi, il presidente di seggio di un paesino con 30 abitanti che si è comportato faziosamente: tutto va bene per inventarsi un alibi. Ma di alibi fasulli si muore. La gente non ha votato perché era scoraggiata dai sondaggi negativi? Bene, se gli elettori son questi, forse è il caso di ripensare il rapporto dei partiti e dei movimenti con le rispettive basi elettorali. Ma l’autocritica pare sia una pratica ignota, sconosciuta. Di fronte a risultati zero virgola, tutti si affrettano a chiarire di non avere nulla da rimproverarsi, di essere stati impeccabili. Colpa degli elettori, ovviamente. Ma questi elettori sono quelli a cui i vari movimenti e partiti si sono rivolti. Nessuno è obbligato a presentarsi alle elezioni. Nessuno è obbligato a credere nell’efficacia del sistema elettorale. Si può far politica anche rimanendo un movimento di pensiero, che irradia le sue idee, che contamina la società con il proprio pensiero. In questo caso il movimento conta per ciò che riesce a modificare nel pensiero generale. Conta per le idee che trasmette. Conta per la cultura che trasferisce. Ma se si decide di andarsi a contare, il peso diventa quello delle urne. Non contan più le idee, ma i numeri. Non ci si va a contare per poi dire che i voti non contan nulla. Ma se si accetta la logica delle elezioni, si deve puntare al successo o, comunque, ad un risultato che possa permettere di incidere sulla società. Non è vero che il risultato non conta. Si lotta per un risultato anche in una partita di calcio tra scapoli e ammogliati. Se non si vuol vincere, si sta in tribuna o si va a fare una passeggiata. Se non si hanno i mezzi, ci si prepara e ci si allena, prima di andare a giocare. Ma per tutti gli sconfitti, su tutti i fronti, l’importante è solo trovare delle giustificazioni. Meglio incolpare il destino cinico e baro, piuttosto di analizzare gli errori e prepararsi alla rivincita. Nessun colpevole e, se un colpevole c’è, è sempre qualcun altro. "Non abbiamo sbagliato nulla", assicurano i sostenitori degli zero virgola. Può anche essere così. Ma di zero virgola in zero virgola non si va da nessuna parte. Davvero nessun dubbio sulle strategie? Davvero tutti sicuri che continuare a far vincere i Bersani di turno sia la soluzione migliore? Per la sopravvivenza delle micro classi dirigenti può anche essere vero. Perché i Bersani, i Vendola, i Monti, avranno sempre interesse a trovarsi di fronte un’opposizione da zero virgola. Oppure un’opposizione più vasta, ma sempre perdente perché interessata solo a garantire la poltrona ai rappresentanti di Gianni Letta, alle amiche degli amici, ai riciclati di ogni risma. Senza un’idea comune, senza un progetto, una strategia. Uniti solo dalla paura di Bersani. Davvero troppo poco.

domenica 24 febbraio 2013

Destra sconfitta e da rifare. Ma si può

I sondaggi, vietati ma diffusi ugualmente, assicurano che il centrodestra uscirà sconfitto da queste elezioni. Il vecchio leone Silvio Berlusconi non è riuscito a compiere il miracolo della remontada. Ma ha comunque guadagnato parecchi punti percentuali rispetto ai troppi che aveva perso la sua banda di incapaci. E poi, Silvio, dovrà cominciare a gurdarsi in casa per ringraziare i responsabili della sua sconfitta. PierSilvio, innanzi tutto, con una gestione delle Tv Mediaset che è stata politicamente suicida ed economicamente a rischio. Ed i rischi di questa miopia si vedranno molto meglio con i provvedimenti anti Berlusconi già annunciati da Bersani. E poi Marina, con l'altrettanto lungimirante gestione di Mondadori: creare personaggi che potessero arricchirsi e poi sputare sull'editore. Bravissimi. Bersani non avrebbe potuto chiedere di più. Ma i grandi consulenti politici di Silvio non han certo fatto meglio. Candidature assurde paracadutate in tutta Italia per accontentare il perfido Gianni Letta o per soddisfare, attraverso Capezzone, i poteri forti d'Oltreoceano. Peccato che i fans di Silvio non abbiano capito perché avrebbero dovuto votare per questa gente. E non hanno votato. Ma ancora prima l'autolesionismo è stato evidente. Silvio si è innamorato di semianalfabeti e li ha collocati a guidare assessorati alla Cultura. Con l'inevitabile risultato di spazzar via la cultura di area e far prosperare quella della sinistra. Che, giustamente, non ricambierà il favore. Non è che andando più a destra la situazione sia migliorata. Marcello Veneziani consiglia di ripartire, dopo il disastro, dalla struttura della Destra. Una Destra spazzata via. E non poteva essere altrimenti. In un appello al voto dell'ultima ora, un dirigente del partito di Storace chiedeva, retoricamente, quando ci si era sentiti italiani per l'ultima volta. E passi per le banalità delle partite della nazionale di calcio, ma poi aggiungeva la guerra nell'ex Jugoslavia. Insomma, secondo i vertici della Destra, avremmo dovuto sentirci orgogliosi di essere italiani perché, per far contenti gli americani, D'Alema aveva mandato i nostri aerei a bombardare la Serbia? Ecco, da gente così è meglio non ripartire proprio. Allora ha ragione Buttafuoco, quando ipotizza una nuova formazione, da Casa Pound alla Lega di Tosi? In teoria sì. Ma il problema è la pratica. Come si convince la classe dirigente di Pdl, Fdi, Destra, Cpi, Forza Nuova, Fiamma etc etc a farsi da parte? Hanno sbagliato tutto ciò che si poteva sbagliare, e anche di più. Eppure la speranza c'è. Perché, in tutta Italia, ci sono gruppi, associazioni culturali, movimenti. Ricchi di idee e capacità. Da mettere in rete. Anche in rete con le future classi dirigenti dei partiti tradizionali ridotti ai minimi termini. C'è gente perbene nel Pdl, nella Destra, nelle formazioni estreme. C'è gente capace nei Fardelli d'Italia. Certo, non c'é più spazio per chi, di fronte al terrore degli italiani che non vedono un futuro di lavoro e vedono i figli emigrare, risponde con palloncini colorati a favore della Tav. Ma dietro questa gente ci sono giovani intelligenti. Che sanno leggere e scrivere e non han perso il vizio della lettura. Ripartire da loro, cacciando gli assessori rimasti, quelli che hanno solo letto il manuale della tv e non l'han capito

venerdì 22 febbraio 2013

Dalle urne la dittatura dell'infima minoranza

Comunque vada il voto, dalle urne uscirà una dittatura di una minoranza. Una piccola minoranza. Che avrà, per una assurda legge elettorale (e saran contenti quelli che sostengono che le leggi si rispettano a prescindere), la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera. E che, con il sostegno di un quinto degli italiani (considerando anche chi non voterà), deciderà come distruggere l'Italia. Le avvisaglie ci son già tutte: Finmeccanica ha rinnovato il cda e ha già fatto sapere che è pronta a cedere delle aziende del gruppo, proprio come volevano i potenziali acquirenti stranieri pronti ad acquistare a prezzi di saldo. E l'occupazione? Bonanni ha già chiarito che quest'anno calerà ulteriormente. Il che significa che l'eventuale governo Pd-Sel con il sostegno di Monti ignorerà il programma di Vendola e Fiom per la tutela del posto di lavoro e proseguirà nella macelleria sociale voluta da Monti. Il Grigiocrate, poi, è già stato imbarcato nel prossimo governo della sinistra a prescindere dal risultato elettorale. Non importa se gli italiani vomiteranno sul ricordo del distruttore nazionale, non importa se dalle urne uscirà un centrino ridimensionato: Bersani vuole l'accordo a tutti i costi. Per imporre all'Italia le ricette tedesche che han già distrutto la Grecia. Povertà e disoccupazione per tutti. In nome dell'equità e di Equitalia. In questo, almeno in questo, ha ragione Berlusconi quando parla di uno Stato in guerra contro gli italiani. Uno Stato, quello della banda Bersani-Monti, che ignorerà la maggioranza di italiani che voteranno per Grillo, per il centrodestra, per la sinistra. Che ignorerà il popolo nelle piazze perché - afferma Monti che di queste cose capisce persino meno che di economia - la gente va in piazza solo perché non è stata fatta la riforma elettorale. Monti non capisce che la gente va in piazza perché è arrabbiata con Befera e l'immonda Equitalia, perché perde il lavoro, perché deve far emigrare i propri figli, perché non ha prospettive. Va in piazza perché Monti e la sua banda han distrutto anche l'editoria. Non per caso, certo. Ma perché eliminando gli organi di informazione indipendenti riducono la possibilità di avere un'informazione onesta, corretta, veritiera. Lo si vede per come è stata oscurata la tragedia greca. Ma poi arriva Grillo e scombussola i piani della disinformazione. Siamo in guerra, ha ripetuto più volte il comico genovese. Una guerra che riprenderà lunedì pomeriggio.

giovedì 21 febbraio 2013

Balle al centro per centro

Che palle, i centrini! Anzi, che balle. Quelle che raccontano a raffica. Senza che nessuno si indigni, insorga e sfili per le strade. Oscar cade precipitevolissimevolmente sulla vicenda di lauree e master inesistenti. Si dimette, ma resta a guidare la lista centrista-liberista. Libertà di raccontar balle e millantare, probabilmente. Ed il centrino Monti? Peggio che mai. Racconta i timori della Merkel a proposito dello sbarco al governo delle truppe del Pd e viene prontamente smentito dalla Angela antinazionale. Oddio, probabilmente la poco geniale tedesca si è lasciata andare davvero a questa confidenza. Ma solo un personaggio arrogante e presuntuoso come il Grigiocrate poteva pensare che la Merkel non si sarebbe precipitata a smentire. Ed i centristi del Pd? Non è che siano meglio. Già la Bindi si è lanciata ad assicurare la prosecuzione di lacrime e sangue per far contenti i padroni di Monti. Poi si è aggiunto Letta (Enrico, non Gianni che è pure peggio) a rassicurare Monti: la immonda riforma del lavoro fatta da Fornero non verrà toccata. Ed il referendum voluto da Sel e dalla Fiom? Boh, scomparso per garantire i posti di potere. Non si tira indietro Franceschini: il nuovo governo sarà allargato alla banda Monti e metterà qualche euro nelle tasche degli italiani più poveri. Tradotto in italiano economico significa regalare poco o nulla alla fascia di chi sopravvive a stento, evitando accuratamente di far ripartire l'economia. E, di conseguenza, peggiorando la vita anche ai poveri che vedranno evaporare la carità concessa dal governo Monti-Bersani. Dunque, ancora una volta, i centrini ed i centristi della sinistra seguono la folle politica economica imposta da Merkel e Fmi, per indebolire l'Italia e trasformarla nella Germania Est dell'Europa. Che schifo i centrini.

mercoledì 20 febbraio 2013

Non c'é Rosy senza spine (del Fmi)

Se Berlusconi non avesse sottovalutato l'effetto Rosy Bindi, forse non avrebbe perso le elezioni. L'intervista rilasciata a Belpietro questa mattina verrebbe divulgata, se il Pdl fosse un partito con una capacità di comunicazione superiore allo zero assoluto, in ogni occasione restante. Molto meglio delle lettere sull'Imu o dei proclami sui 4 milioni di posti di lavoro. Perché Rosy, donna molto più intelligente di quanto pensi Berluska ma drammaticamente ignorante in termini di politica economica, ha presentato un quadro della futura Italia a guida Pd talmente brutto da spingere a votare per Silvio anche i sostenitori di Ingroia. Bindi attacca Berlusconi per le promesse sull'Imu, non perché tema che spostino voti, ma perché fa illudere gli italiani che si possa superare, adesso, la fase di lacrime e sangue. Eh no, Bindi! Non importa se si può o non si può, il problema è che si DEVE, e si deve farlo proprio ora. Perché altre lacrime ed altro sangue renderebbero la situazione irreversibile. Non serve a nulla spostare la pressione fiscale da uno all'altro, va alleggerita per tutti. E non basta neppure che i media - a partire da quelli di Berlusconi, tanto per ribadire la genialità comunicativa - oscurino la situazione greca. Atene sta esplodendo perché, come sempre, le ricette del Fmi e in questo caso anche della Troika europea, si sono rivelate fallimentari. Il popolo alla fame, i conti sempre in rosso, prospettive di rilancio inesistenti. Questo è lo scenario che Bindi disegna per l'Italia se, come vuole lei, continuiamo a zerbinarci di fronte agli ordini di Merkel e del Fmi. I Chicago boys, con master vero o inventato, sono dei criminali incapaci o, a scelta, degli incapaci criminali. Le loro ricette funzionano solo sui libri e massacrano i popoli reali. Drammatico che Rosy Bindi non lo capisca.

martedì 19 febbraio 2013

Populisti: il pericolo numero 1 per i padroni delle banche

La parola d'ordine è una sola: combattere il populismo! E perché mai? Probabilmente perché ai padroni delle ferriere, trasformati in padroni delle banche e della finanza, il popolo fa schifo. E chi difende il popolo, appunto i populisti, fa anche paura. Ma come? Noi facciamo delle leggi per impoverire le famiglie, per trasformare i lavoratori in schiavi, per avere manodopera senza diritti in arrivo da ogni parte del mondo e questi, i populisti, arrivano e provano a sbaraccare tutto? Noi togliamo ai poveri per dare ai ricchi, togliamo anche al ceto medio per renderlo povero, e questi vengono a dirci che ci sono altre strade? E certo che ci sono: lo sapevamo anche noi. Ma avevamo messo il divieto di accesso, a quelle strade. Come possiamo creare un'unica moneta mondiale se questi rispolverano Auriti e le monete alternative? Come possiamo gestire l'afflusso di cibo e la produzione locale, se questi arrivano a parlare di sovranità alimentare? No, non se ne può più, di populisti. Quella stramaledetta America Latina che alza la cresta e pure la voce. Noi spendiamo vagonate di dollari per creare missioni protestanti in tutta l'America Latina, per sovvenzionare le Ong che organizzano proteste a comando, ed i populisti vincono lo stesso le elezioni? Un Correa qualunque diventa presidente per la terza volta di un Ecuador che pretende di essere libero? Non si fa così. E adesso, magari, pure gli italiani si montano la testa e pensano di poter fare a meno del nostro Monti? Lo irridono? Lo scherniscono? Abbiam dovuto mettere a tacere la povera Fornero perché ogni volta che apriva bocca gli italiani si incazzavano e non è bastato. Ma cosa pretendono questi stramaledetti italiani? Di poter decidere da soli? Populisti, terribilmente populisti. Un bello spread non glielo leva nessuno. E se non basta, torniamo ai vecchi metodi: due bombe qui e là, un po' di opposti estremismi, una spruzzata di mafia (che tanto è cosa nostra) e se ne riparla. Mica possiamo farci prendere in giro, con il nostro Fini ignorato in Sicilia. Spread e terrorismo, è la solita ricetta ma funziona sempre. Gli idioti abbondano e abboccano.

lunedì 18 febbraio 2013

Si vince solo in tv? Ed è un reato non andarci?

Le piazze o la tv? L'incontro personale o quello virtuale? La scelta di Grillo di rinunciare all'unica comparsata tv, su Sky, scatena ovviamente gli avversari. Che cercano ogni appiglio per contrastare l'onda montante dei grillini. Ma in realtà la disputa è solo pretestuosa. Grillo va nelle piazze, incontra la sua gente (e non solo la sua), dice quello che vuole e i media riprendono le sue parole d'ordine, le sue minacce, le sue denunce. Magari distorcono anche il pensiero, ma non è certo una novità o una peculiarità dei discorsi di Grillo. Ed il suo movimento cresce. Dall'altra parte tutti restano attaccati all'idea della comparsata tv. E Monti, sull'orlo di una crisi di nervi perché ha capito che il risultato non sarà entusiasmante, cerca visibilità ulteriore proponendo un confronto tv tra i tre principali concorrenti: lui, Bersani e Berlusconi. Peccato che i tre principali concorrenti siano Bersani, Berlusconi e Grillo (nell'ordine che ciascuno preferisce). Monti non c'è. E allora perché Monti e non Ingroia? Perché non Giannino? O Di Stefano? No, lui è l'unto di Re Giorgio e, dunque, ha diritto a prescindere. Non gli basta che i media si divertano a sue battute insulse, che lo incensino, che lo esaltino, che trasformino i suoi candidati miliardari in generosi filantropi (ci sarà da ridere, dopo le elezioni, quando i filantropi annunceranno i licenziamenti). Monti vuole la tv. Perché nel faccia a faccia personale va in crisi con le domande di una studentessa, di una commessa, di un operaio e di un disoccupato. E allora meglio giornalisti di comodo, con domande di comodo. O un incontro con Pierlu e Silvio, il vecchio che incalza. Per parlare di un'Italia che non è quella degli italiani che faticano a sopravvivere. Per discutere di alleanze post elettorali che serviranno a mantenere alla fame un popolo di conigli rassegnati. Ma se lunediì prossimo, dalle urne, uscirà un risultato che premierà Grillo e punirà Monti, bisognerà iniziare a chiedersi quale sia ancora l'influenza dei media tradizionali su un elettorato che è stufo di essere blandito solo per ottenere un voto. Per poi essere dimenticato dai politici e ricordato solo da Befera e dalla scandalosa Equitalia

venerdì 15 febbraio 2013

Il Papa si arrende a una Chiesa che rinuncia al Sacro

Si può essere credenti, agnostici, atei, ortodossi o mussulmani. Ma, in ogni caso, la rinuncia del Papa Benedetto XVI non può lasciare indifferenti. Per ragioni religiose, per chi ci crede, per ragioni politiche e sociali per tutti gli altri. Perché, al di là di tutto, la rinuncia di Benedetto rappresenta un pesantissimo e gravissimo atto d'accusa nei confronti della Curia romana ma anche nei confronti di una Chiesa assolutamente inadatta a svolgere il suo ruolo. Per lo meno il ruolo che aveva in mente il Papa. Gli intrighi oltre Tevere non sono certo una novità ed una peculiarità dei tempi moderni. La Chiesa di Roma è anche quella del Papa Borgia. La simonia era una prassi, il non rispetto di obbedienza, povertà e castità una normalità. Ma esisteva, alla base, un'idea del Sacro. La Chiesa cattolica odierna, invece, ha rinunciato al Sacro per trasferirsi sul piano della sociologia. E le chiese, sacrosantemente, si sono svuotate. E ancor di più i seminari. Se fare il prete è uguale a fare il sociologo, meglio la seconda opzione. Con la possibilità di avere una famiglia, di non dover far rinunce, di scegliere la propria strada. E se la sociologia dilaga nelle chiese e negli oratori, ai livelli superiori si fa politica. Di quella squallida, non l'alta Politica. Bagnasco che scende in campo, Riccardi che si trasforma nel ministro tecnico portavoce dei maldipancia degli anti Benedetto, la gestione degli immigrati a spese dello Stato italiano. A cosa serve una Chiesa ridotta così? Benedetto ha provato a cambiarla e si è arreso. Un corpo malato, non quello del papa, ma quello della Chiesa. Proprio mentre l'Islam, recuperando gli aspetti del Sacro, si estende. Proprio mentre la Russia recupera la sacralità della Chiesa Ortodossa. Per agnostici ed atei il problema attuale è come confrontarsi con un potere politico e sociale che va in precisa direzione, verso il dissolvimento finale. Per i credenti forse si apre la via della conversione, guardando ad Est o a Sud Est, secondo le proprie propensioni. Ma un Papa scelto da Bagnasco e Bertone proprio non ce lo dobbiamo permettere.

giovedì 14 febbraio 2013

Ed ora l'Ue scopre di aver sbagliato tutto

Ci sono o ci fanno? Il super commissario europeo Rehn concede più tempo sugli obiettivi di deficit, in caso di frenata dell'economia. Eccoli, i grandi economisti europei, i commessi degli speculatori. Così intelligenti e preparati da non aver capito che l'attacco contro l'Italia, ma anche contro Spagna, Portogallo e Grecia, non sarebbe stato indolore. Ovviamente a loro, i commessi, non frega assolutamente nulla del dolore delle famiglie, dei disoccupati, dei piccoli imprenditori massacrati dal Befera di turno e dai Monti imposti ai vari Paesi. Loro, i commessi, si preoccupano solo degli effetti sulla Germania e, in misura minore, sulla Francia. E non avevano capito, gli esperti, che la brusca frenata italiana si sarebbe ripercossa sull'economia tedesca. Che frena. Il Pil della Merkelandia cala. E cala il Pil della Francia finta socialista. Dunque occorre correre ai ripari. Prevedendo maggiore flessibilità sugli interventi di rigore, accordando più tempo. Cioè tutte le concessioni che venivano negate alla piccola Grecia. Il problema vero non è che ci sia disparità di trattamento. Il dramma è che questi personaggi non hanno la più pallida idea di dove andare e di come andarci. Non hanno una visione del futuro, perché il loro futuro è deciso dagli speculatori che li hanno piazzati lì per obbedire, non per pensare. E loro, i commessi, riescono solo a decidere quale sub commesso nominare per guidare i vari Paesi dell'Unione. Ma un Pierlu Bersani che va a tranquillizzare questi personaggi nel suo tour tra i commessi dell'Ue, non è una garanzia per il rilancio dell'Italia. Non va a Berlino, Francoforte, Bruxelles, Londra a parlare con grandi economisti, ma con servitori più o meno sciocchi di un potere che non è per nulla oscuro. Non ci serve un'Italia normalizzata da questi commessi, non funziona un'Europa che si affida a questi signori.

mercoledì 13 febbraio 2013

CentroDestra e informazione, mondi separati

Parte Sanremo e scattano le polemiche. Come da copione. Il centrodestra si infuria per le imitazioni (divertenti) di Crozza. Il buongusto si infuria per la penosa e superretribuita prestazione del pretino Fazio. Un concentrato di ipocrisia, falsità, politicamente corretto (uno dei mali assoluti di questa Italia), indignazione a senso unico, gentilezza di facciata. E si infuria, il buonsenso, per il mega compenso elargito ad una Littizzetto senza qualità. Ma ai politici del centrodestra interessa solo Crozza. Che avrà enormi lacune in storia (la Germania non è unita a partire da Carlo Magno; mai sentito parlare di Prussia? La famosa "scuola genovese"..), ma ha il pregio di far ridere in un programma che di simpatico ha proprio nulla. Vero che le parodie sono le stesse già viste su La 7, ma non tutti seguono quel canale. E poi, invece di lamentarsi sempre, perché il centrodestra non crea alternative? Con tutti i canali Mediaset non è possibile far crescere comici, conduttori, opinionisti, giornalisti? Perché Piersilvio manda in onda solo programmi con ospiti che non hanno nulla da dire o, in caso contrario, sputano sul suo Papy? Sarà mica colpa di Crozza anche la programmazione Mediaset? E in Rai, quali nomine ha fatto il centrodestra? Prima del cda normalizzato e Tarantolato ad immagine e somiglianza del Griocrate Monti, chi c'era nel cda? E le nomine dei direttori a chi spettavano? E la scelta dei programmi e dei rispettivi direttori? E le assunzioni e carriere dei giornalisti? E dei registi, dei tecnici? Dov'era, allora, il centrodestra? Tutti distratti, tutti impegnati nelle cene eleganti o nelle discoteche. Indifferenti a tutto e a tutti, con la speranza che la sinistra facesse altrettano. Non ha fatto altrettanto. E non ha senso lamentarsi perché gli altri hanno capito l'importanza dell'informazione e si sono impegnati nel settore. Bersani non è cattivo perché, invece di andare in discoteca, si occupava di organigrammi in Rai e nei giornali. E dopo le elezioni sarà interessante vedere se qualcuno, nel centrodestra, avrà capito la lezione e proverà a cambiare comportamenti.

martedì 12 febbraio 2013

Grillo, ma dopo?

Beppe Grillo è simpatico. Brillante. Politicamente scorretto e solo per questo meriterebbe un monumento, in un'Italia di ipocriti buonisti che si scandalizzano per una battuta e si girano dall'altra parte quando un italiano senza lavoro si impicca. Grillo ha il coraggio di abbattere muri di menzogne e di falsità consolidate. E anche le proposte sono tutt'altro che banali, su alcuni temi. Magari copiate, anche se lui assicura che sono gli altri a copiare. Ma non è importante la primogenitura, è fondamentale che le buone idee si diffondano, a prescindere da chi le ha partorite. Su altri temi, invece, il programma è lacunoso. D'altronde il suo Movimento 5 stelle sa benissimo che, in questo giro, andrà a Roma per un'opposizione dura e severa, non per governare. Dunque ci sarà il tempo per colmare le lacune. Tutto bene, allora? Non proprio. Perché Grillo, a Roma, non ci sarà. Non è candidato. E in Parlamento entreranno i grillini. Che non vogliono essere definiti così, ma chissenefrega: gli iconoclasti non possono pretendere un rispetto che loro, giustamente, non concedono agli avversari. Ecco, il problema nasce da qui: chi sono i grillini? Che competenze hanno? Non è una questione di provenienza politica, non ha importanza se ha ragione o torto Berlusconi quando afferma che la stragrande maggioranza proviene dai centri sociali ultrasinistri. Per votarli occorrerebbe capire cosa faranno DOPO, non cosa hanno fatto PRIMA. E non è che i grillini arrivati alle poltrone si siano sempre caratterizzati per comportamenti entusiasmanti. Grillo dice cose intelligenti e scorrette? E loro a prendere le distanze, a puntualizzare, a precisare, a interpretare. Neanche fossero dei Capezzone qualunque, dei Bondi in vena di poesia. Grillo guarda alle forze di un'Italia che non si arrende? Ed i grillini cominciano con il "sì, ma", con i "bisogna distinguere". Così nascono i dubbi sull'effettiva tenuta post elettorale delle truppe grilline. Quanti, alla prima esternazione coraggiosa di Grillo, saranno attratti dalle sirene del Bersani normalizzato da Merkel e ora pure da Obama? Quanti sentiranno il richiamo della foresta di Ingroia? La Rete non ha bloccato i transfughi emiliani, come potrebbe frenare eventuali imitatori? Poi, nelle urne, magari prevarrà comunque la voglia di premiare il Grillo furioso, di affidarsi a chi ha davvero la voglia di spazzar via i luoghi comuni e le politiche di servizio a Merkel e mercati. Ma con il timore che possano bastare pochi mesi per distruggere il bel giocattolo.

lunedì 11 febbraio 2013

Monti alza il prezzo del ricatto: o i disoccupati o me

Che curioso Paese, l'Italia. Mario Monti, nella migliore delle ipotesi per lui e nella peggiore per gli italiani, perderà le elezioni ma non le vincerà neppure Bersani. Dunque il leader del Pd sarà costretto a chiedere l'appoggio del Grigiocrate. D'altronde Bersani ha più volte dichiarato di essere pronto ad allargarsi al centro. Un'idea pessima, che sta costando non poco a Bersani in termini di voti. Ma che gli assicura l'appoggio della speculazione internazionale e della sua padrona, Angela Merkel. Ed allora l'orrendo Monti alza il prezzo, arriccia il suo nasino snob e avverte che lui sarà disponibile ad aiutare Bersani, ma a patto che l'agenda delle riforme sia quella del Grigiocrate. Insomma, perde ma detta l'agenda. Ed è esplicito su cosa intenda: l'oscena riforma del lavoro messa in campo dalla Fornero non deve essere toccata. Tutt'al più può essere peggiorata. Non è certo una sorpresa. Nei giorni scorsi, di fronte all'ennesimo suicidio di un disoccupato ultracinquantenne, qual è stata la reazione di Monti? L'indifferenza più totale. Si è ucciso con un biglietto disperato nella Costituzione, per ricordare che il lavoro è un diritto? E chissenefrega. I giornali al servizio di Monti e dei suoi padroni hanno ignorato o minimizzato la notizia. Perché il massacro deve contnuare. Non si cambia di una virgola. Ce lo chiede la Merkel. E allora, se Bersani vuole il sostegno di Merkel e Monti, deve mettere la museruola a Vendola. L'articolo 18 si elimina, così come si eliminano, fisicamente, i disoccupati anziani. L'avrà consigliata il guru americano, questa strategia assassina? Non c'è una sola idea, nell'agenda di questi signori, di come far sopravvivere i licenziati in attesa di una magra pensione. Dunque che crepino, che si tolgano dai piedi e alleggeriscano il welfare ed i conti dell'Inps. Si chiamerebbe istigazione al suicidio, in un Paese normale. Ma se c'è un giudice a Berlino, in Italia lo si sta an cora cercando.

giovedì 7 febbraio 2013

Napo, indignato per le carceri, distratto sulla povertà

Sulle carceri è in gioco l'onore e la reputazione dell'Italia. Napo dixit. E il presidente cita pure la costituzione. Giusto, sacrosanto. Ma perché Napo non si ricordava la costituzione quando la Fornero sosteneva che il lavoro non è un diritto? Perché Napo non citava la costituzione quando Monti diceva che Marchionne può fare ciò che vuole con le sue aziende? Sarà che Napo ha una costituzione debole? Fallata? Manca di alcune pagine? Se no si sarebbe accorto che l'Italia è fondata sul lavoro e che il lavoro è un diritto. Si sarebbe accordo che nella costituzione (quella completa) è indicata la funzione sociale delle imprese. Ma al di là della costituzione, è curioso che Napo si indigni per la condizione dei carcerati e non per quella dei disperati che si sono uccisi a causa della mancanza di lavoro o delle richieste di Equitalia. Nessuna reputazione in ballo? E i tanti italiani che non si possono più permettere una casa? Niente onore in discussione? E le file sempre più lunghe di italiani disperati che aspettano la distribuzione di cibo dalla San Vincenzo o dalle altre associazioni caritatevoli? Non offendono la dignità di una nazione? Curiosa questa dignità a senso unico, questo onore legato solo ai carcerati. Certo, Napo sarà convinto (come tutti) che in galera ci siano tanti innocenti a causa degli errori dei magistrati. Ma il suo amico Monti ha evitato di intervenire sulla giustizia, ha evitato di investire sulle carceri. Ha spremuto gli italiani in ogni modo, fregandosene di dignità, onore, reputazione. Ma chi è che ha firmato le porcate del governo Monti?

mercoledì 6 febbraio 2013

La coppia di fatto Monti-Bersani non adotta Vendola

Una coppia di fatto, quella tra Monti e Bersani, che non ha però la minima intenzione di adottare il povero Vendola. Rimasto orfano, il leader del Sel, di quel papà Pierlu su cui contava per affacciarsi sul grande palcoscenico del governo. Invece niente, nisba, nulla. La tela del ragno Grigiocrate l'ha avviluppato e digerito. E ora si possono spiegare finalmente gli avvenimenti che si sono succeduti. Il centrosinistra, ossia l'ex coppia Bersani-Vendola, navigava su rotte sicure verso la sicura vittoria. E anche il ritorno in campo di Silvio-faccia-di-gomma non creava grandi problemi. Mentre la stella di Monti, Montezemolo e Montecarlo-Fini si appannava progressivamente. E allora, guarda la coincidenza, spunta fuori la vicenda MontePaschi. Che coinvolge il Pd, ma mica tanto. Quel poco che basta per ridurre i margini del centrosinistra. Monti non infierisce, Bersani finge di non ricordare il ruolo di Draghi e della Tarantola. Volemose bene in salsa omertosa. Io so ma non parlo, tu parli poco e svii. Conclusione? Un abbraccio tra Monti e Bersani. Ce lo chiedono i mercati. Ce lo chiede l'Europa. Non si sa se ce lo chieda anche l'Italia, ma questo mica è importante in un Paese sotto commissariamento. E Vendola? Sbraita, cerca di farsi notare, avvisa, avverte, avanza qualche richiesta che nessuno ascolta. D'altronde cosa può fare il tapino? Allearsi con l'Ingroia che riesce ad essere noioso persino quando si incazza? Rispolverare il patetico Ferrando che non è neppure riuscito a capire che non siamo al tracollo del capitalismo ma alla fase di trionfo del capitalismo più abbietto, legato solo alla speculazione finanziaria? Non ha grandi chances, Vendola. O se ne va sbattendo la porta o accetta uno strapuntino in cambio della rinuncia all'intero suo programma, a partire dalla difesa dell'articolo 18 e dalla tutela dei lavoratori. Mentre la coppia di fatto avrà la benedizione di Berlino e di Francoforte, del Fmi e della City. Povero orfanello Vendola. Ma, soprattutto, povera Italia

martedì 5 febbraio 2013

Monti ed il disprezzo per i poveri (anche con lauto stipendio)

Sarà humor inglese, quello di Mario Monti? Perché continuare a twittare sulla creazione di nuovi posti di lavoro dopo averne distrutti centinaia di migliaia, in Italia proprio non fa ridere. Perché parlare di crescita, dopo aver affossato l'Italia, fa ridere ancora meno. In compenso il Grigiocrate Monti fa sganasciare dalle risate quando si mette a parlare di poveri. Prima si infuria con Crozza, che di professione fa il comico, perché non si limita ad imitare Bersani. Insomma, il nefasto Monti pretende anche di imporre gli obiettivi della satira. Ma lui no, non può e non deve essere un obiettivo. E Crozza non può dire che il più povero dei candidati della lista civica per Monti possiede la Kamchatka. Perché non è vero. Indubbiamente Monti ha ragione. Nessuno dei suoi candidati possiede la Kamchatka, ma anche se la cosa può sorprendere il commesso della Goldman, gli italiani l'avevano intuito. E avevano capito che si trattava di una battuta (e pure divertente, considerando i candidati montiani). Lui, invece, da Grigiocrate qual è, non aveva capito. E si è lanciato in giustificazioni. Exusatio non petita.. Così ha spiegato che nella sua lista c'è persino una terremotata povera. Ma Crozza, che è divertente e per nulla zerbino, è andato a scovare questa proletaria disperata. Scoprendo che in casa entra un lauto stipendio di funzionario del Senato e che il terremoto ha provocato poche crepe sui muri. Malafede di Monti? Forse no. Forse davvero il professore al servizio delle banche ritiene poveri quelli che hanno un lauto stipendio da dipendente. Sarà per questo che, per partecipare alla sua cena elettorale a Torino, si chiede un piccolo contributo di 5mila euro. E che sarà mai? Per chi possiede la Kamchatka, una cifra irrisoria. Per i poveri terremotati, una cifra insostenibile. Ma a Mario Monti cosa frega dei poveri terremotati? Lui è al servizio della Goldman, mica degli straccioni che non hanno neppure un castello antisismico.

lunedì 4 febbraio 2013

Il Fmi? Si impicchi! La dignità argentina e la vergogna europea

Il Fmi, il club dei massacratori dei popoli a favore delle grande finanza, mette sotto attacco l'Argentina. Minaccia, insulta, torna a minacciare. Ma l'Argentina, guidata dalla peronista Cristina Kirchner, non è l'Italia di Monti e Napo. E la presidenta Cristina replica a muso duro, ricorda che nel 2001 l'Argentina era fallita proprio perché aveva seguito le ricette (ed i ricatti) del Fmi. Così, di fronte ai nuovi ricatti, Cristina ha replicato, via Twitter. Ecco, in sintesi, il coraggioso intervento della presidenta. “Chi poteva immaginare allora un mondo trascinato a terra dai mercati finanziari? Néstor il mio compagno aveva previsto tutto. Dove stava il FMI che non ha potuto accorgersi di nessuna crisi? Dove stava quando si formavano non bollicine bensì mongolfiere speculative? Dove stava uno dei suoi ex direttori (il riferimento è allo spagnolo Rodrigo Rato, ndr) quando Bankia, la banca che lui dirigeva, ha dovuto essere aiutata con miliardi di euro? Oggi la Spagna ha il 26% di disoccupati, in gran maggioranza giovani e sfrattati. In quali statistiche sono raffigurate queste tragedie? Quali sono i parametri o le “procedure” con cui il FMI analizza i paesi falliti che continuano ad indebitarsi, con popolazioni che hanno perso la speranza? Che succede con i paesi emergenti come noi che hanno sostenuto l’economia mondiale nell’ultimo decennio e a cui oggi vogliono mettere in conto i piatti rotti da altri? Conoscete qualche sanzione del FMI, qualche decisione contro questi altri che si sono arricchiti e che hanno fatto fallire il mondo? No, la prima misura che prende il FMI è contro l’Argentina. L’Argentina alunna esemplare del Fondo Monetario Internazionale negli anni Novanta, che seguì tutte le ricette del FMI e che, quando esplose nel 2001, è stata lasciata sola. Argentina 2003. Da sola, senza accesso al mercato finanziario internazionale l’Argentina ha visto crescere in 10 anni il suo PIL del 90%, la crescita maggiore di tutta la sua storia. L’Argentina che ha costruito un mercato interno con l’inclusione sociale e le politiche anticicliche. Ha pagato tutti i suoi debiti al FMI, ha ristrutturato due volte, nel 2005 e nel 2010, il suo debito andato in default con il 93% di accordi con i suoi creditori senza chiedere più nulla in prestito al mercato finanziario internazionale, per farla finita con la logica dell’indebitamento eterno. E con il business perenne di banche, intermediari, commissioni, ecc, che avevano finito con il portarci al default del 2001. Questa sembra essere la vera causa della rabbia del FMI. L’Argentina è una parolaccia per il sistema finanziario globale di rapina e per i suoi derivati. L’Argentina ha ristrutturato il suo debito e ha pagato tutto, senza più chiedere nulla in prestito. 6.9% di disoccupati, il migliore salario nominale dell’America latina e il migliore potere d’acquisto misurato in Dollari statunitensi. Nel 2003 avevamo il 166% di debito su un Pil rachitico, il 90% del quale in valuta straniera. Oggi abbiamo il 14% di debito su un Pil robusto e solo il 10% è in valuta straniera. Perciò mai fu migliore il titolo del comunicato del ministero dell’Economia argentino di oggi: “Ancora una volta il FMI contro l’Argentina”. FMI + FBI contro l’Argentina. Non spaventatevi, il FBI sono i Fondi Buitres (avvolto, ndr) Internazionali. Noi continueremo a lavorare e a governare come sempre per i 40 milioni di argentini”. Una perfetta dimostrazione di cosa significhi avere dignità. Non la solita litania dei "ce lo chiedono i mercati", "ce l'impone l'Europa". L'Argentina d'abord. Perché se sei il presidente di una nazione, è al tuo popolo che devi guardare, non ai bastardi che lo vogliono rendere schiavo. Questione di dignità. Di coraggio. Già, l'Argentina figlia di italiani e spagnoli (ma anche tedeschi e francesi), ha quelle doti morali che i vertici italiani e spagnoli, ma anche tedeschi e francesi, non sanno neppure cosa siano. Gracias, Cristina!

venerdì 1 febbraio 2013

Fuga dall'Università italiana: un destino da Germania Est

58mila studenti universitari in meno negli ultimi 10 anni. Un calo del 17% e negli ultimi anni il crollo è accelerato. Eppure tutta la classe dirigente italiana, da quella politica agli oligarchi montiani, non perde occasione pubblica per le solite litanie sul ruolo fondamentale della conoscenza, sull'Italia come centro dell'innovazione e bla bla continui. Poi, però, gli oligarchi fanno trapelare che loro non sono entusiasti di una corsa alla laurea. I ragazzi - spiegano i miliardari montiani ed i professori che non sanno insegnare ma sanno piazzare i figli - devono imparare ad accettare i lavori manuali. Troppi laureati in Italia? Meno del 20% della popolazione, contro una media europea che supera il 30%. Ma non dovevamo essere noi a puntare sui saperi? Sulla qualità? Sulla professionalità? Sulla conoscenza? Tutte palle. Gli oligarchi vogliono manodopera a basso costo, da sfruttare a piacimento. Per produzioni che la qualità non l'hanno manco vista in fotografia. Altro che italian style of life, altro che made in Italy di qualità. E allora si organizzano convegni per sostenere che bisognerebbe favorire il rientro dei cervelli italiani fuggiti all'estero. Ma a questi cervelli si offrono salari ridicoli e nessuna chance di carriera. Un bell'incentivo, indubbiamente. Così come, ai laureati che non fuggono all'estero, si offrono lavori precari, senza rispondenza con gli studi effettuati, con mansioni demoralizzanti. Perché non c'é solo la ricerca universitaria ad essere perdente nei confronti dell'estero. I primi colpevoli sono i privati. Che evitano di assumere manager qualificati, che si spaventano anche solo all'idea di mettersi in azienda ricercatori, che si mettono a ridere se qualcuno ipotizza di trovare un ruolo in azienda per chi si occupa di cultura. Adriano Olivetti deve essere dimenticato, pericoloso innovatore, provocatore, utopista. E allora gli oligarchi ed i loro amici politici la smettano di fingere stupore di fronte ai dati sull'università. Ammettano pubblicamente che il loro immondo disegno è quello di trasformare l'Italia nel Bangladesh dell'Europa, in una sorta di nuova Germania Est al servizio di Angela Merkel. Un'idea suicida e fallimentare. Ma non si può pretendere intelligenza da chi possiede denaro ma non cervello.