mercoledì 28 marzo 2018

Accusato di essere dell’Isis? Era già stato condannato e scarcerato

Hanno arrestato nel Torinese una grande risorsa accusata di essere un militante dell’Isis. Un giovane marocchino naturalizzato italiano. E questa volta non si può neppure cominciare con le solite buffonate tipo “non ce la faccio saremmo aspettato, salutava sempre, sembrava una brava persona”. Perché la grande risorsa era già finita in tribunale, con una condanna a due anni sempre per terrorismo. Galera? Neanche a parlarne. Sospensione condizionale della pena, mica sarà una cosa grave fiancheggiare il terrorismo, se si è stranieri. Praticamente un gioco, secondo i magistrati torinesi. Così come è un gioco simpatico quello che giovani rom organizzano ogni giorno nei campi con roghi tossici che impestano tutti i torinesi che vivono nei dintorni. Le forze dell’ordine, dopo le proteste dei cittadini, sono finalmente intervenute e hanno ammanettato uno dei responsabili, nonostante le minacce dei rom che hanno circondato l’auto di pattuglia cercando di liberare l’arrestato. Fatica inutile, quella delle due parti. Perché ovviamente ci ha pensato il magistrato di turno a rimettere immediatamente in libertà l’arrestato. Chi siamo noi per giudicare uno che si diverte ad avvelenare tutto il quartiere? E allora di capisce anche perché la pattuglia dell’esercito che dovrebbe presidiare il campo rom abbia accuratamente evitato di intervenire. Forse il ruolo di esercito e forze dell’ordine deve essere solo quello di intervenire contro i cittadini che, eventualmente, volessero protestare contro l’avvelenamento. In quel caso, allora, si può essere certi che la magistratura locale interverrebbe con decisione e rigore. Quel rigore che è mancato contro le baby gang che aggrediscono i giovani italiani in pieno centro cittadino. Bande composte da ospiti di diversi  Paesi, per la felicità di chi si entusiasma per l’internalizzazione della città.

martedì 27 marzo 2018

Il governo abusivo non si rassegna alla sconfitta

Siamo sicuri che le espulsioni di diplomatici stranieri rientri nell’ordinaria amministrazione di un governo che sopravvive a se stesso e non ha più alcuna legittimazione? Non si sa, ma quello che si sa è che il governo Gentiloni se ne frega delle regole, del rispetto per il voto degli italiani. Verissimo che     non si è ancora insediato un nuovo esecutivo ma è ancora più evidente che ad uscire sconfitto dalle urne è il Pd che ha espresso è sostenuto il governo Gentiloni. Dunque sarebbe semplice decenza non procedere con decisioni di parte e non condivise da chi le elezioni le ha vinte. Invece no. Si procede con le decisioni del ministro della ingiustizia che rimette in libertà i delinquenti, si procede con le reti tv pubbliche che proseguono a riservare lo spazio agli amici degli sconfitti per pontificare su argomenti che non conoscono. Probabilmente con la consapevolezza che nulla cambierà anche dopo. Come nulla è cambiato quando al governo è andato Berlusconi con il suo codazzo tragico dei Gianni Letta e con i consigli sbagliati di Confalonieri. Tutti terrorizzati da tutto. Solo il terrore può spiegare lo spazio offerto, in passato,  a un personaggio come  Saviano che ora è stato trasformato dalla sinistra più ottusa e faziosa non solo in uno scrittore di vicende camorristiche  ma persino in un guru della geopolitica. Lui, dal suo attico negli Stati Uniti, ha capito tutto della Siria e di Assad.  Neanche fosse stato ammaestrato da qualche funzionario della Cia. Ma a senso unico è anche la disinformazione a proposito della Catalogna, d’altronde l’unico leader politico che ha avuto il coraggio di protestare per l’ignobile comportamento di Madrid è stato Zaia. Per il resto era più importante, evidentemente, accapigliarsi sull’utilizzo dell’autobus, con scorta, da parte di Fico. Ovvio che la prudenza dei vincitori favorisca la prevaricazione da parte dei vinti. Poi non saranno due espulsioni di diplomatici russi, seguita inevitabilmente dall’espulsione di due diplomatici italiani dalla Russia, a stravolgere i rapporti con Mosca. Buffonate per far contenta la May e il bulletto di Washington. Ma sono i gesti del governo nei confronti degli italiani a rappresentare una scorrettezza senza fine.

lunedì 26 marzo 2018

Fine corsa per i vecchi compari di Berlu

Ad essere più realisti del re si rischiano spesso figure da cioccolataio. E si rischia anche di essere smentiti dallo stesso padrone. È quel che è successo al alcuni esponenti di primo piano di Forza Italia che si sono scatenati in accuse di tradimento contro Salvini. Hanno assicurato che l’alleanza con la Lega era finita, che il centro destra unito non esisteva più. Poi, dopo che Salvini ha condotto con Di Maio l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, è stato proprio il signore di Arcore a garantire che Salvini era stato leale, che l’alleanza era solida, che tutto andava per il meglio. Già, ma ora le pietre lanciate da Brunetta, da Prestigiacomo e via via scendendo sino a Osvaldo Napoli, come si recuperano? La politica è l’arte del possibile e si può passare sopra agli insulti in nome delle poltrone.  Ma l’immagine di politici che non avevano capito nulla resta scolpita nella mente degli elettori. Una immagine che evidenzia l’assoluta necessità di fare a meno di certi personaggi se Forza Italia vuole ancora avere un ruolo e non vuole semplicemente accontentarsi di accompagnare Berlu nel suo ultimo viaggio (politico). Il cerchio tragico dei Letta, Confalonieri, Galliani e Dudu è stato sconfitto da Salvini e Di Maio che hanno dimostrato di fidarsi l’uno dell’altro, a differenza di quanto era avvenuto con il patto del Nazareno tra Berlu e il bugiardissimo. E si è comportato con intelligenza Toti, perfettamente in grado di comprendere che il futuro del centro destra passa per via Bellerio e non più per Arcore. Amministratori locali che capiscono mentre altri erano impegnati a minacciare rotture territoriali con la Lega in vista delle regionali del prossimo anno. Indubbiamente non sarà facile far finta di niente quando si tratterà di scegliere i candidati locali. Ma con la zavorra di questi malpancisti non sarà facile neppure ipotizzare un qualsiasi governo nazionale. Non è possibile fidarsi di personaggi che, nonostante la sconfitta, sognano una nuova alleanza tra Forza Italia e il Pd, benedetta da Bruxelles e Francoforte.

venerdì 23 marzo 2018

I dazi di Trump e la remissività europea

In Italia qualcuno è riuscito pure a meravigliarsi: Donald Trump ha ignorato i moniti di Draghi a proposito dei dazi. Il presidente Usa ha proseguito sulla sua strada che porta ad un confronto scontro commerciale con la Cina. In compenso i media di servizio hanno esultato perché i dazi, almeno per ora, non colpiscono i Paesi europei. In effetti sarebbero stati difficili da giustificare anche per Trump. Perché la spiegazione delle misure contro l’acciaio cinese ed altri prodotti di Pechino è nella lotta contro il dumping, contro gli aiuti di Stato. Concorrenza sleale, insomma. Ma una simile accusa non regge contro l’Europa dove gli aiuti pubblici sono inferiori a quelli americani e la concorrenza sleale è quella delle multinazionali americane. Trump, secondo alcune voci, cercherebbe però una scusa qualsiasi per arrivare a colpire la Germania, rea di avere una bilancia commerciale in forte attivo rispetto agli Usa. O, più semplicemente, rea di essere sufficientemente forte per aggregare l’Europa mentre Trump preferirebbe tanti Stati deboli e litigiosi tra di loro. Per fortuna di Trump, il governo di Berlino è guidato da Merkel e Schulz, troppo rigidi e grigi per poter pensare in grande. Troppo ossessionati dai conti e troppo condizionati dalle banche per riuscire a procedere verso una reale Unione Europea che non sia soltanto il regno degli euro burocrati e degli speculatori finanziari. La stupidità dimostrato dai Paesi dell’Ue nella vicenda della spia avvelenata in Gran Bretagna, è la prova  dell’incapacita’ di uscire dal ruolo di nano politico. Ci si accoda alla May, che non è un genio ma è più furba dei reggicoda di Bruxelles, nell’offensiva contro Putin quando proprio la Russia dovrebbe essere la sponda su cui giocare per rafforzare l’Unione europea ed evitare che venga stritolata tra Usa e Cina. La May fa il suo gioco di partner privilegiato degli Stati Uniti. Bruxelles fa il gioco di chi vuole eliminare l’Europa. Ma spiegarlo alle Mogherini di turno o alle finte europeiste come Bonino è del tutto inutile

giovedì 22 marzo 2018

Vaticano cattolico e africano, con la censura di Viganò

Oportet ut scandala eveniant. I pochi che in Vaticano non hanno cancellato il latino dalle proprie menti  - sarà mica la lingua di Satana? - avranno forse ricordato la massima di fronte alle dimissioni, clamorose, di monsignor Dario Viganò, il responsabile della comunicazione vaticana. Che avrà mai fatto di male Viganò? Si è semplicemente limitato a censurare e a manomettere la lettera del Papa emerito Ratzinger inviata a monsu Bergoglio. Una lettera spacciata per un sostegno a Bergoglio quando, al contrario, si trattava di una critica per la scelta dei curatori di alcuni testi teologici. La lettera doveva rimanere privata e riservata ma Viganò non solo ha deciso scorrettamente di pubblicarla, ma ha pure censurato le critiche. Di fronte a simili comportamenti ci si sarebbe almeno aspettati una dura reprimenda da parte di Bergoglio, per un minimo di correttezza e trasparenza. Macché. Il papa ha accettato le dimissioni “non senza qualche fatica” ma ha chiesto a Viganò di rimanere sostanzialmente al suo posto. Si può mica rinunciare ad un servitore così premuroso nella trasformazione della verità e della realtà. E infatti Bergoglio ne elogia l’impegno. Un impegno che servirà in questo cambiamento radicale della Chiesa che non sarà mai più romana. Certo, la sede rimarrà in Vaticano, ma come le sedi legali per le Spa, le società per azioni che hanno poi le sedi produttive in altri luoghi. E la sede effettiva della Chiesa sarà inevitabilmente in Africa. Gli errori, in serie, del Vaticano (da decenni) hanno determinato l’allontanamento dei popoli europei dalla Chiesa di Roma. Si è cancellato il latino come lingua unificante, si sono trasformati i pulpiti in modesti palchi per una sociologia banale. Si è perso ogni contatto con il Sacro preferendo i contatti con la politica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Chiese deserte, nessuna vocazione, totale laicizzazione della società europea, svuotamento persino di piazza San Pietro. E quando la laicizzazione lascia spazio ad un tentativo di reazione, la direzione è quella dell’Islam o delle religioni orientali. Invece in Africa le vocazioni ci sono ancora. Magari non tutte oneste, magari favorite a volte dal desiderio di avere un pasto ed un tetto (succedeva anche in Europa, in passato). Ma in maggioranza sono vocazioni autentiche. Ed è con l’Africa che il Vaticano deve confrontarsi, con gli africani. Perché le bergogliate hanno stufato anche i latinoamericani che procedono a passi rapidi verso le chiese protestanti finanziate dagli Stati Uniti per ragioni economiche e politiche, certo non per spirito missionario. Dunque resta solo l’Africa, con i suoi riti ed i suoi gesti  che nulla hanno a che fare con quelli della Chiesa romana. A questo punto serve il coraggio per il cambiamento finale. Il Vaticano rinunci ai simboli del cattolicesimo e della cristianita’ europea, venda le cattedrali e rinunci all’immenso patrimonio di opere d’arte, un’arte europea. Già oggi, d’altronde, sono numerose le chiese storiche in cui si può entrare solo pagando un biglietto. Trasformate da luoghi sacri in luoghi d’affari. Tanto vale eliminare anche la finzione religiosa. E la Chiesa diventi cattolica e africana. Un po’ di sincerità e trasparenza, nonostante monsignor Viganò.

mercoledì 21 marzo 2018

Un tornado di menzogne su Facebook e analisti

Non c’è dubbio che Facebook, visti i comportamenti di continua censura a senso unico, si meriti il crollo in borsa e tutti i problemi che ora sta affrontando. Ciò detto, però, Facebook non ha fatto nulla di diverso da quello che fanno ormai eserciti di aziende di ogni tipo. Siamo tutti schedati e le informazioni girano, vengono vendute per essere analizzate ed utilizzate per gli scopi più diversi. Nei supermercati le offerte e gli sconti personalizzati analizzano i consumi individuali e sarebbe ingenuo pensare che queste informazioni restino chiuse all’interno del punto vendita. Chi utilizza il telepass mette a disposizione le informazioni sui propri spostamenti. Ogni comportamento personale è ormai sottoposto a controlli. Se si effettua una ricerca su internet, che si tratti di un alloggio o di un paio di sci, nell’arco di pochi secondi si sarà inondati da pubblicità di agenzie immobiliari o di negozi sportivi. D’altronde è il singolo cittadino che mette a disposizione del mondo intero tutte le informazioni su se stesso. E allora come si fa ad immaginare che ciò che viene pubblicato liberamente su Facebook non venga utilizzato per altri interessi? Si accusa una società di aver letto i profili pubblici, i like, gli interventi ed i commenti. In pratica quello che può fare chiunque. La differenza è che invece di spettegolare sulle coppie che si creano o che scoppiano, sulle preferenze alimentari dei gatti e dei padroni, sui colori del tramonto e sui viaggi esotici, la società di analisi valutava le possibili idee politiche. Ed i committenti, invece di far arrivare offerte per un nuovo paio di sci, lanciavano messaggi per indirizzare il voto. Dov’e’, in tutto questo, la violazione di una privacy che è violata innanzitutto da chi pubblica ogni informazione su di se’? Hanno demonizzato le ideologie e si stupiscono se la pubblicità politica è trattata come quella di un dentifricio. E infine, se un cittadino è così facilmente manipolabile da messaggi sul web (nulla a che fare con la fake news, con le false notizie), perché dar la colpa a chi invia i messaggi? La responsabilità è di chi non ha un briciolo di cervello per valutare il messaggio

martedì 20 marzo 2018

Fermato Sarkozy per i soldi libici

Magari finirà tutto in una bolla di sapone. Ma visto che si tratta della giustizia francese e non di quella italiana, il fermo di Nicolas Sarkozy appare quantomeno clamoroso. Un ex presidente della repubblica coinvolto in una vicenda di finanziamenti illeciti da parte della Libia. Magari sarebbe stato  fondamentale accorgersene prima, per evitare l’ignobile aggressione francese contro Tripoli con l’assassinio di Gheddafi, una guerra civile che non è ancora finita e l’invasione dell’Italia da parte di quelle stesse persone che il Colonnello bloccava. Indubbiamente il modo migliore per nascondere le prove di corruzione o aiuti illeciti è l’eliminazione fisica di chi ha pagato. E poi la Francia è già abituata a questi fiumi di denaro, e di diamanti, in arrivo dall’Africa. Non è quindi scontato che si arrivi davvero al carcere per l’ex presidente. Anzi, si può scommettere sul contrario. Ma il fermo rappresenta comunque un segnale interessante, un passo avanti significativo in direzione di un pallido tentativo di mini giustizia. Ovviamente non ci si può illudere su un eventuale contagio francese da questo versante delle Alpi. In particolar modo per quanto riguarda la vicenda libica. Da noi nessuno ha neppure ipotizzato la corruzione o qualcosa di analogo. Da noi si è semplicemente trattato di totale incapacità politica, di inadeguatezza dei ministri. Non serve l’intervento della magistratura, in questa vicenda. Sarebbe servito, e non c'è stato, un intervento onesto dei media. Invece il servilismo, come sempre, ha prevalso ed i colpevoli di quella vergognosa pagina di storia italiana continuano a far danni in politica. Almeno i francesi hanno avuto la capacità di rimandare a casa Sarkozy prima ancora di permettergli la candidatura per l’Eliseo. Sono quelle piccole soddisfazioni, praticamente le uniche, che consentono ai transalpini di sentirsi superiori. Sarkozy cacciato dagli elettori, La Russa riconfermato da quelli italiani

lunedì 19 marzo 2018

Verità per Mariam? L’irrilevanza dell’Italia

Verità per Mariam Moustafa. No, non ci sono gli striscioni sulle facciate dei municipi italiani per chiedere un po’ di chiarezza sulla vicenda della ragazzina italoegiziana uccisa a Londra. Eppure i protagonisti sono i medesimi 3 Paesi. Italia, Egitto e Gran Bretagna. Con la differenza, sostanziale per la gestione mediatica, che Regeni è stato ucciso dagli egiziani dopo essere stato mandato al macello dagli inglesi. L’Italia ha protestato, ha ritirato l’ambasciatore, ha perso ricchi contrasti ma, dal momento che non ha una politica estera, non ha ottenuto nulla. Questa volta si invertono le responsabilità. La ragazza è italoegiziana ed è stata uccisa da una banda di teppiste inglesi. Portata in ospedale, è stata ignorata dai diplomatici italiani, è stata ignorata dai medici inglesi che l’hanno rimandata a casa senza accorgersi delle condizioni reali di Mariam. Ovviamente l’Italia, ridotta ad un ruolo di zerbino nei confronti di Londra, evita accuratamente di alzare la voce. E si punta a distrarre l’opinione pubblica con l’immagine di Mariam vittima di una aggressione razzista. Peccato che nel video si veda che la ragazza che la picchia non sia proprio pallida. Allora razzismo contro i bianchi? Razzismo dell’Africa nera contro gli egiziani? Forse semplicemente bande di giovani criminali che la democratica Gran Bretagna lascia libere di agire senza intervenire per evitare accuse e polemiche interne. D’altronde sul fronte della criminalità giovanile impunita l’Italia può insegnare al mondo. Ma   al di là del dolore della famiglia di Mariam, resta anche lo sconcertante comportamento delle autorità italiane nei confronti di quelle inglesi. Nessuna protesta per il comportamento dei medici, nessuna protesta per le indagini nonostante un video che ritrae le assassine. Verità per Mariam? La conosciamo già: Londra non ha il benché minimo rispetto per i lacchè italiani sempre pronti a servire gli inglesi e a sostenerli in qualunque porcata. La verità per Regeni imbarazzerebbe Londra. La verità per Mariam si limiterebbe a infastidirla.

giovedì 15 marzo 2018

La Lega pronta all’Opa su Forza Italia

L’Opa di Salvini su Forza Italia è stata ormai lanciata. Un’offerta pubblica di acquisto, una scalata non ostile per la grande maggioranza dei forzisti. Perfettamente in grado di comprendere come la parabola di Berlusconi sia ormai arrivata alla fine. Trasformato in una statua di plastica, il leader di FI ha ormai difficoltà a parlare, si ripete di continuo, scade nel patetico. Ha fatto la sua parte ed è arrivato il momento di uscire di scena con dignità. Ma, come cantava il suo amico Aznavour, non è facile arrendersi all’avanzare degli anni ed ammettere che è finita. Salvini, sul fronte opposto, sa benissimo che il futuro dell’intero centro destra non si decide più ad Arcore ma in via Bellerio. Però non può neppure permettersi di aspettare troppo a lungo che Berlusconi si ritiri. Così il Matteo vincente si muove e stringe alleanze con singoli esponenti di peso di Forza Italia. Senza bisogno di favorire cambi di casacca che servirebbero solo a infastidire la base. Si possono mangiare le trofie con Toti senza chiedere abiure assurde al presidente della Liguria. Ci si può incontrare ad Arcore con il padrone di casa e la sorella d’Italia senza per questo farsi dettare la linea dall’anziano leader. D’altronde Salvini ha superato i problemi interni con Bossi, fondatore della Lega, e avrà quindi ben pochi problemi a superare i veti di Berlusconi che sogna un nuovo inciucio con il Pd. Il bugiardissimo, però, non c’è più e i buoni uffici di Letta senior appaiono superati, vecchi, inutili se non dannosi. È cambiato tutto, è cambiato il modo di far politica ed è cambiato anche l’atteggiamento degli elettori. I finti sorrisi, le pugnalate alle spalle, le riunioni fiume per non decidere nulla, i sordidi giochini di potere e il mercato delle vacche delle poltrone e degli strapuntini non appassionano più. Solo i giornalisti restano affascinati da uno spettacolo sempre più squallido e con interpreti di bassissimo livello. Tra un cerimoniale bizantino, inutile e costoso, ed un vaffa gridato sulla piazza ha vinto il vaffa. Forse perché il cerimoniale bizantino non ha impedito di nominare Fedeli ministro dell’istruzione nonostante il livello culturale. Non ha impedito ai grandi tecnici di rovinare l’economia. Se la preparazione e la professionalità producono solo disastri, allora tanto vale affidarsi a chi è più ruspa-nte

mercoledì 14 marzo 2018

La Russia al voto, i media italiani si occupano di Pennsylvania

Domenica la Russia vota per eleggere il proprio presidente che, ovviamente, sarà Putin. La notizia è praticamente ignorata dai media italiani, molto più interessati al voto in Pennsylvania. Se ne sono accorti, invece, gli inglesi che stanno montando un caso colossale sull’avvelenamento di una ex spia russa doppiogiochista. La coincidenza temprale avvelenamento-voto è quantomeno sospetta. Proprio mentre, di fronte ai dazi voluti da Trump contro le merci europee, qualcuno nel Vecchio Continente aveva cominciato a sostenere che si dovessero abolire le sanzioni contro Mosca per rispondere a Washington. Un bel caso di spionaggio e avvelenamento blocca di nuovo tutto. Così in Europa ci terremo i dazi degli Usa e proseguiremo a boicottare la Russia perdendo sui due fronti. Quando si protesta contro gli euro cialtroni non è solo per le politiche economiche da imbecilli, ma anche per la totale e assoluta stupidità nella gestione della politica internazionale. Ma la chiamata alle armi della britannica May non poteva restare inascoltata da parte di Macron e Merkel, le 3 M. Tutti contro Putin che potrà così rafforzare ulteriormente la sua immagine di difensore di una Russia assediata ingiustamente da Trump e dai suoi servi sciocchi. Inutile prendere in considerazione l’Italia, in questa vicenda. E non solo perché il governo in carica è quello scadente di Gentiloni. La nostra politica internazionale è ridicola da tempo e dimostra solo l’irrilevanza di un Paese con una classe dirigente patetica. Il morbo italiano, però, deve essere contagioso se gli euro cialtroni hanno ipotizzato di rispondere ai dazi Usa sulle auto europee con dazi europei sulle Harley Davidson. È come se di fronte alla penalizzazione degli spaghetti si rispondesse con un freno alle importazioni di carne di alligatore. Quante auto europee si vendono negli Stati Uniti? E quante Harley si importano in Europa? Ma a Bruxelles si divertono a prendere in giro i sudditi europei.

martedì 13 marzo 2018

Guttuso e la superiorità culturale del Pci

Che Renato Guttuso sia stato sopravvalutato in vita non è certo una novità. La morte aveva fatto calare la polvere sulla sua opera ma ora la Gam di Torino rilancia il pittore dell’ortodossia comunista per celebrare il cinquantenario del 68. Sopravvalutato, indubbiamente, ma non un pessimo pittore. Tutt’aaltro. Alcune opere hanno una grande forza, a cominciare dai Funerali di Togliatti, realizzato nel 1972. Un quadro in cui è condensata tutta la pretesa di superiorità della cultura comunista. Del Pci, per essere più precisi. Non è un problema di capacità di dipingere, ma è la rappresentazione quella che conta. Un quadro di massa dove, intorno al feretro, si raccoglie quello che ora viene definito come Pantheon. Così si ripropone, più volte, il ritratto di Lenin mentre Stalin compare una sola volta. Ci sono Berlinguer e la Iotti, Amendola e Gramsci, Paietta e Breznev, Angela Davis e Di Vittorio. Morti e vivi insieme per un’opera corale. Tanto Gramsci era morto prima e non poteva protestare per essere messo accanto al responsabile della sua morte. È in questo la superiorità. Basti pensare a un quadro, odierno, dedicato ai funerali di Almirante. Innanzitutto mancherebbe il pittore perché le destre hanno ignorato la cultura e hanno accuratamente evitato di sostenere gli artisti. Ma se si trovasse un pittore, chi potrebbe inserire nel quadro? Guttuso colloca Stalin anche se in disgrazia. Le destre ufficiali hanno preso le distanze da Mussolini, dunque niente Duce. Allora Meloni e Rampelli a reggere la bara? Inizierebbero subito le proteste. Evola a rappresentare la filosofia dell’area? Molti rifiuterebbero anche solo l’idea. Tra i partecipanti stranieri non si potrebbero collocare i Le Pen poiché suscitano tifoserie opposte. E si potrebbe continuare all’infinito. Tutti contro tutti. Niente Salvini perché troppo del Nord, niente Tatarella perché è troppo del Sud. Guttuso non è certo il primo a ritrarre personaggi veri in scene di massa. Il Rinascimento è ricco di esempi di questo tipo. Ed anche gli intellettuali fascisti non avevano problemi a ritrarsi a vicenda, a citarsi, a raccontare gli altri. Ora è il tempo delle invidie meschine, delle rivalità condominiali, delle gomitate per passare davanti e comparire su un palco insieme a leaderini di scarsa qualità. È vero, il Pci è morto e la sinistra italiana, per quello che può valere la definizione, è un deserto dei tartari a livello culturale. Ma non è una grande consolazione.

lunedì 12 marzo 2018

Basta italiani, servono le quote allogeni sui posti di lavoro.

Una pubblicità della Moby Prince scatena la reazione dei politicamente corretti, nemici degli italiani. Qual è la colpa dell’armatore? Aver osato scrivere che il personale di bordo è esclusivamente italiano. Qualcuno si chiede se sia legale. Sicuramente riusciranno a trovare un magistrato che imporrà a tutte le aziende l’assunzione di personale straniero. Perché chissenefrega se la disoccupazione giovanile di casa nostra supera il 30% e, considerando anche chi non studia e si è rassegnato, la percentuale di giovani senza lavoro sale ulteriormente. Vietato assumere gli italiani. Bisogna inserire gli allogeni per  ottenere il plauso dei politicamente corretti, bisogna licenziare gli italiani. E se proprio si è così scorretti da assumere i connazionali, bisogna almeno avere l’ipocrisia di nasconderlo. Magari raccontando che il personale biondo è ucraino mentre quelli bruni sono nordafricani. Dopo le quote rosa si devono creare le quote allogene. Già, perché la pubblicità dell’armatore italiano, che non è noto per retribuzioni principesche, dimostra che gli italiani fanno anche i lavori più duri e umili, sulle navi. E allora, se i giovani indigeni si mettono a far concorrenza agli allogeni, come si fa a favorire l’integrazione degli allogeni? La soluzione è cacciare gli italiani creando le quote per stranieri. Nel frattempo bisogna organizzare il boicottaggio delle navi con personale nazionale, far crescere l’indignazione, organizzare campagne mediatiche. Magari i politicamente corretti dovrebbero andare a casa dei lavoratori italiani per convincerli alle dimissioni. Promettendo il reddito di cittadinanza per chi rinuncerà al lavoro per  consentire l’assunzione degli stranieri

venerdì 9 marzo 2018

Modello povertà greca anche per l’Italia: arriva Varoufakis

Yanis Varoufakis è vivo e lotta insieme a noi. Il finto oppositore greco della Troika, l’ex ministro che ha consegnato la Grecia nelle mani dei macellai di Bruxelles e Francoforte, è pronto a ritornare in campo. Partendo dall’Italia con un progetto di partito transnazionale in vista delle elezioni europee del prossimo anno. Insomma, come fregare altri popoli disperati per poi consegnare le loro teste ai carnefici. Che è poi quello che ha fatto Varoufakis insieme a Tsipras, per poi dimettersi e lasciare il lavoro sporco ai compagni di Syriza. Il risultato è un Paese, la Grecia, che vede crescere il Pil insieme al numero di abitanti costretto a sopravvivere al di sotto della soglia di povertà. È la ricetta malata di una Unione Europea fallimentare che vuole provare a ripetere l’esperimento in Italia. In teoria le polemiche di Varoufakis sono sensate, giuste, intelligenti. Peccato che affidare le ricette giuste ai medici sbagliati non porti a grandi risultati. Occorre rivedere completamente i fondamentali dell’Unione Europea. Cambiare completamente le basi per far sì che il progetto non solo sopravviva a se stesso ma cresca e si rafforzi. Con un traino tedesco? Probabilmente è inevitabile, considerando i rapporti di forza. Ma sino a quando Berlino farà dell’ottusità e della prevaricazione nei confronti degli altri Paesi europei la sua stella polare, l’Unione non potrà decollare. Non basta una alleanza di facciata con un Macron tanto appariscente quanto impalpabile. Sia perché la Francia poco può incidere sugli altri Paesi, avendo da tempo perso fascino e potere, sia perché nel resto d’Europa cresce l’insofferenza verso politiche dell’Unione che rispondono solo agli interessi di Berlino ed alla stupidità politicamente corretta dell’Italia. A partire dall’immigrazione per proseguire con i vincoli di bilancio passando per le politiche agricole e gli accordi internazionali. Varoufakis punta sulla disinformazione italiana per far passare parole d’ordine utili al suo partito transnazionale. È però un esempio, quello relativo ai movimenti politici che varcano i confini, che anticipa i tempi e che, come sempre, vede in ritardo i partiti tradizionali.

mercoledì 7 marzo 2018

Pd perde, Pdr vince. E a Firenze prende sberle

In fondo la Balena Bianca all’interno del Pd ha avuto ragione. Tutti a corteggiare gli sconfitti grazie ad una legge elettorale che ignora la volontà dei sudditi e premia chi ha perso. Il bugiardissimo sarebbe persino pronto a governare, ovviamente per spirito di servizio e non per il suo smisurato orgoglio. Non gli frega niente di aver portato il Pd al minimo storico, lui è del Pdr, il Partito Di Renzi, mica di quella roba strana con Emiliano, Chiamparino, Cuperlo. E se i vincitori non riescono a formare un governo a causa di una legge truffa, il bugiardissimo gongola. Magari proveranno a scippargli il Pd, con tanti nuovi candidati alla segreteria, ma il Pdr è roba sua che manovra a suo piacimento. Ha stilato lui le liste dei candidati, ha blindato i fedelissimi e ha fatto bocciare gli avversari interni. E ora attende che pentastellati e centro destra arrivino con il cappello in mano a chiedere un appoggio in Parlamento. Peccato che i sudditi, nel frattempo, siano tornati ai problemi di sempre e, questa volta, i problemi riguardano propria la città del bugiardissimo, il sindaco che lui ha imposto, la politica migratoria che lui ha voluto con il sostegno del suo Minniti. Già, a Firenze un compagno che sbaglia (magari riusciranno a dimostrare che ha votato proprio per LeU o Potere al Popolo o per i comunisti di Rizzo, chiunque ma non Pd) va in giro con una pistola regolarmente denunciata (è un compagno, dunque nessun problema) e ammazza un senegalese che incontra per strada. È un compagno, dunque non si può dare la colpa ai fasssisti razzzzzisti leghisti, e allora diventa semplicemente un folle. Poi però gli ospiti, arrabbiati, devastano il centro di Firenze e il sindaco Nardella - quello dei gommoni appesi a deturpare i palazzi antichi, quello delle sculture escrementizie per oscurare il David - si presenta dai rivoltosi per esprimere solidarietà. Siamo tutti compagni, suvvia. Ma viene cacciato in malo modo: signora mia non c’è più riconoscenza. Magari gli  ospiti sarebbero stati riconoscenti a Salvini che ha fatto eleggere nelle liste della Lega il primo senatore di colore nella storia del Senato. Ma al Pd erano troppo impegnati a salvare le poche poltrone per pensare anche di condividerle con le risorse boldriniane

martedì 6 marzo 2018

Destra che vince, destra che rischia

La destra vince. Non stravince ma vince. Sì, ma quale destra? Quella leghista, senza dubbio. Come non c’è alcun dubbio che la destra moderata sia stata spazzata via con il fallimentare risultato di Noi con l’Italia. Quanto a Forza Italia, dovrà decidere cosa fare da grande, considerando l'età di Berlusconi. Ma è soprattutto Fratelli d’Italia che dovrà riflettere sul proprio futuro. Indubbiamente i voti sono aumentati, ma a traino di una Lega diventata nazionale. È mancata una linea forte, una connotazione chiara per un partito che si ostina ad essere romanocentrico. Vuol essere una destra sociale? Difficile essere credibili, allora, con candidature come quelle di Crosetto, che di sociale ha davvero poco, o di Santanchè che al vertice delle proprie aziende editoriali non ha dimostrato ne’ attenzione ai dipendenti ne’ all’utilizzo politico e culturale dei media. Si vuole guardare avanti ma rivendicando i legami con le proprie radici, con la fiamma, o si vuol marciare insieme all’Anpi come Crosetto? Un po’ di chiarezza non farebbe male. Tra l’altro Fdi ha beneficiato, in questa tornata elettorale, dei pessimi risultati ottenuti dalle formazioni alla sua destra. Nessun exploit per superare lo sbarramento del 3% e, dunque, competitori spuntati. Però non ha senso gioire per le sconfitte altrui quando le prospettive sono tutt’altro che rosee a causa di una mancanza di identità ben precisa. Non resta neppure molto tempo per riflettere e per decidere. Se si insiste sulla chiusura nel ridotto romano, con i circoli romani, con la dirigenza romana, la sorte di Fdi al Nord è segnata perché gli elettori verranno in larga parte fagocitati da una Lega che ha ottenuto notevoli consensi anche al centro sud. La farsa della fondazione An non può protrarsi ulteriormente, simbolo evidente di una incapacità decisionale. Se non interverranno miracoli, si tornerà presto alle urne ma, in ogni caso, il prossimo anno si voterà per il Parlamento europeo e per alcuni rinnovi dei consigli regionali. E anche se non si tratta del Lazio, i vertici di Fdi potrebbero occuparsene, magari evitando candidature assurde e accordi, in caso di successo, su assessori che garantiscono la successiva sconfitta. Difficile affrontare una campagna elettorale per le europee senza un’idea chiara, un progetto preciso anche di alleanze transnazionali.

lunedì 5 marzo 2018

Vince la rabbia

Ciao, ciao, ciao, ciao mare.. no. Ciao bugiardissimo, anzi ciaone. Distrutto, spazzato via. Comunque finisca la formazione del governo sotto la pessima guida di Mattarella, e non è escluso che il presidente possa recuperare in qualche modo proprio il bugiardissimo, il disastro che ha provocato al Pd è clamoroso. Mai il partito era sceso a questi livelli di consensi. Il 20% significa che in pochi anni ha dimezzato i consensi ottenuti alle europee. Grazie alla totale incapacità di governare, e non sono bastate le menzogne, non è bastato il servilismo dei media, non è bastato neppure il tentativo di far dimenticare delinquenza e povertà con il rilancio di un antifascismo a cui crede solo l’Anpi per giustificare la propria inutile sopravvivenza. Sono andati a casa, umiliati nell’uninominale, persino i candidati considerati l’alternativa al bugiardissimo, Minniti e Franceschini. E dovrebbe andare a casa anche Berlu che non è riuscito a risollevare Forza Italia dopo l’interminabile sequela di errori nelle scelte politiche e nelle scelte dei propri rappresentanti. Salvini è il nuovo leader del centro destra e se il cerchio magico di Berlu non lo capirà e non si adeguerà, la scissione sarà inevitabile, con buona parte di Forza Italia che seguirà la Lega. Il vero trionfatore è però il Movimento 5 Stelle che supera il 30% da solo. E che potrà condizionare qualsiasi governo. Potrebbe anche governare, qualora Forza Italia non rispettasse i patti di appoggio a Salvini o qualora riuscisse a convincere Pd e LeU ad appoggiare Di Maio. Tutto molto complicato. Ora si dovranno attendere i passi indietro del bugiardissimo e di Berlu per vedere come si articoleranno i nuovi schieramenti. Ma anche un passo indietro definitivo della Bonino che, dopo una campagna elettorale molto dispendiosa, ottiene un pessimo risultato. Il voto evidenzia anche la scarsa presa elettorale delle estreme, sia a destra sia a sinistra. Tutto da ridiscutere, tutto da decifrare. Così come sarà da valutare la capacità di governo dei 5 Stelle e della Lega. O la tenuta di un centro destra che, secondo Brunetta, farà campagna acquisti tra i centristi per poter governare. Peccato che i centristi non ci siano più.

venerdì 2 marzo 2018

Prepararsi alla stangata dopo il 5 marzo

Fine corsa. Domenica si vota e nulla sarà più come prima. O forse tutto cambierà perché tutto possa restare uguale nella sostanza? Le previsioni indicano sicuramente vincente la coalizione di centro destra davanti al Movimento 5 Stelle (primo partito) e al terzo posto la coalizione del centro sinistra. A fare la differenza saranno però le percentuali. Il centro destra raggiungerà la fatidica soglia del 40% e potrà governare senza ostacoli ? Si fermerà poco sotto, conquistando una risicatissima maggioranza in Parlamento, foriera di litigi e spaccature? Oppure resterà a un passo dal successo, dando il via ad una fase di grande confusione? E Mattarella, in tal caso, potrà rifiutarsi di dare l’incarico a Di Maio per formare il nuovo governo? Ma con chi? Quanto sarà pesante il tracollo del Pd e se la caduta sarà dolorosa, che fine farà il bugiardissimo con la sua corte boschiva? Fin qui i giochi di palazzo. Fuori dal palazzo, però, le preoccupazioni sono altre e riguardano il futuro. Irrituale o meno, e chissenefrega, la squadra di governo dei grillini è stata presentata. Non proprio eccitante e convincente, come squadra, ma se ha fatto il ministro pure Fedeli vuol dire che in Italia va bene chiunque per governare. Anche perché, come al solito, le alternative non sono proprio chiarissime. Berlu vuole Tajani, il monarchico Tajani, come presidente del consiglio e Brunetta all’economia. Salvini, se non vincesse, potrebbe accontentarsi degli interni ma ha proposto nuovi ministeri dove collocare persone a lui gradite:  montagna, disabilità e un ministero di cultura ed economia che pare disegnato apposta per Sgarbi. Qualcosa andrà affidato a Meloni senza dimenticare la quarta gamba. Sì, ma per fare cosa? Le promesse mirabolanti e irrealizzabili saranno accantonate, rinviate. Per far contenti gli euro burocrati e perché sono appunto irrealizzabili. Se poi le scelte saranno quelle del passato, non ci sarà neppure il rinnovamento dei funzionari che guidano davvero la macchina dello Stato. Il disastro della disinformazione del Tg5 è sotto gli occhi di tutti e se queste sono le premesse, direttamente in casa Berlu, è facile immaginare come il centro destra perderà anche questa occasione. In fondo è sufficiente ascoltare la Bonino, rappresentante dei poteri forti, per capire come sarà il dopo voto agli ordini degli euro burocrati e degli speculatori: più tasse per tutti, stangate sulla casa, precarietà assoluta. Prepararsi all’atterraggio, senza illusioni.

giovedì 1 marzo 2018

La sinistra ha paura e corteggia Berlu

I sondaggi, mai così segreti, devono essere davvero disastrosi per la sinistra se il compagno Grasso lancia l’ipotesi di una grande ammucchiata tra Liberi e Uguali, il Pd e Forza Italia. Ufficialmente solo per spirito di servizio, se lo chiede Mattarella magari in ginocchio, se si vuole fare una nuova legge elettorale meno cialtronesca. L’importante non è vincere ma partecipare. Al governo. Altro segnale di una probabile batosta è rappresentato dall’annuncio di Grasso, sempre lui, della creazione di un nuovo partito della sinistra dopo il 5 marzo. Un altro partito? Non c’erano già troppi partitini a sinistra? Macché. LeU diventerà qualcosa di nuovo, di diverso. Una sinistra che guarda al centro. Praticamente il Pdr, il partito di Renzi. Ma senza il bugiardissimo, forse. Perché per far numero si imbarcano tutti. Certo che far convivere il centro con Boldrine non sarà facile, ma la disperazione porta a compiere gesti di cui poi ci si pente. Magari provvederanno gli elettori a cancellare Boldrine e a rimandarla in quarta o quinta fila. Le dichiarazioni di Grasso fanno però pensare anche a sondaggi estremamente favorevoli per i 5 stelle, superiori a quanto avevano sostenuto in precedenza i medesimi sondaggi ufficiali. E di fronte ad un grande successo dei grillini, diventerebbe difficile persino per Mattarella evitare di affidare a Di Maio il tentativo di formare un nuovo governo. A meno che il centro destra non raggiunga la soglia della governabilità senza bisogno di ricorrere alla campagna acquisti. Peserà, su questo fronte, l’erosione del consenso da parte delle formazioni all’estrema destra. Difficile, però, convincere i duri e puri a votare per la corte di Berlu, per Lupi o Santanche’. È vero che in questa campagna elettorale è stata silenziata la Pascale, la mamma di Dudu, ed anche Brambilla ha avuto poco spazio. Ma non esistono garanzie che il circolo tragico di Berlu rimanga in silenzio anche in futuro. E senza queste garanzie la coalizione si indebolisce non poco. In compenso Pascale potrebbe essere la pontiera perfetta per un grande accordo tra Berlu, il bugiardissimo e Boldrine. In tal caso, però, sarebbe difficile  presentarsi tra un anno a chiedere il voto per regionali ed europee.