martedì 26 giugno 2018

Che tenerezza il Pd che non sa dove andare

Fanno quasi tenerezza i dirigenti del Pd alla ricerca di una via d’uscita dal tunnel in cui si sono cacciati. Certo, per provare tenerezza bisognerebbe dimenticare Maria Elena Etruria, l’invasione, la precarietà, l’arroganza del bugiardissimo, la guerra agli italiani, le lezioncine di sedicenti intellettuali spocchiosi. E tanto altro. A quel punto si può sorridere di fronte al tentativo di Calenda di cancellare il Pd per dar vita ad un misterioso Fronte Repubblicano. Mentre Martina vuole mantenere il Pd che si allarghi a nuove coalizioni e Fassino chiede un congresso anticipato. Quello che manca, però, è un progetto. Manca una proposta, un’idea. Il tracollo del Pd non è dovuto all’antipatia per una sigla che non significa nulla. È dovuto alle posizioni politiche che vanno contro il Paese. Il politicamente corretto fa ormai schifo a buona parte degli italiani che hanno capito come venga utilizzato per fregarli in ogni modo. Non sopportano più i Saviano e le sue banalità scopiazzate, non sopportano più  gli inviti ad impoverirsi per mantenere ospiti non invitati, non sopportano più di essere aggrediti da gente che non andrà mai in galera grazie a magistrati allineati con il pensiero unico obbligatorio. E non ha nessuna importanza sapere se chi vuole distruggerli si presenta sotto la sigla Pd o sotto quella di Fronte Repubblicano.  Quello che importa è sapere se questa sinistra di intellettuali plagiatori continuerà a difendere i salotti chic del centro città fregandosene della vita nelle periferie. Se continuerà ad obbligare le fasce di italiani più poveri e più deboli a convivere con la delinquenza, la violenza, i soprusi di chi sa di godere della totale impunità. Le sigle non interessano a nessuno e il Pd,  o il Fronte Repubblicano, non può neppure illudersi di approfittare di eventuali errori del governo gialloverde. Perché un fallimento di Lega e 5 Stelle porterebbe a un aumento dell’astensione. Oppure alla nascita di nuovi movimenti, liste civiche, aggregazioni varie. Magari anche a sinistra, purché completamente diversa da quella cosa strana e brutta che è il Pd. Una sinistra che stia dalla parte del popolo e non dei salotti radical chic.

lunedì 25 giugno 2018

Amendola e il Pd lasceranno l’Italia che non li sopporta più?

Da 17 comuni amministrati a 5: la campagna di odio scatenata dal Pd contro l’inesistente pericolo fascista-razzista-xenofobo non ha prodotto grandi risultati. E se ai capoluoghi di provincia si aggiungono anche le altre città chiamate al ballottaggio, il disastro diventa ancora più evidente. Strano, la minaccia di Amendola di lasciare un’Italia che chiude i porti ha portato solo alla colletta per pagare all’attore un biglietto di sola andata per una qualsiasi meta purché lontana. Così come la disponibilità del Pd di Aosta ad aprire i porti (non è chiaro su quale torrente alpino) ha favorito la totale scomparsa del Pd dal consiglio regionale della Vallée. La discesa in campo dei professionisti dell’antifascismo - appoggiati dagli antinapoleonici, dagli antiscipionici e dagli antispartani - è riuscita a rivitalizzare anche i pentastellati che strappano al Pd una roccaforte storica come Imola. Chissà se i sindaci toscani dell’ex feudo rosso lasceranno l’Italia per chiedere asilo al Toy Boy dell’Eliseo o al compagno Sanchez in Spagna. Ma, soprattutto, occorrerà capire se la sinistra avrà il coraggio di fare autocritica o se preferirà proseguire nella sua guerra contro gli italiani per garantire uno stipendio ai professionisti delle Ong. Difficile, in realtà, pensare ad una vera autocritica. Perché significherebbe mandare a casa la disastrosa classe dirigente del partito, significherebbe prendere atto che il feudo toscano, dove imperversavano il bugiardissimo e Maria Elena Etruria, non ne può più dei loro atteggiamenti. Ma si è ribellata anche la Romagna e persino la politicamente corretta Ivrea che, per la prima volta dopo la nascita della repubblica, sarà guidata dal centro destra. Ora, però, cominciano i problemi proprio per l’alleanza tra Lega, Forza botulino e Fratelli d’Italia. Perché dovranno dimostrare di saper governare e amministrare. Non è che in passato, con le immancabili eccezioni, abbiano dimostrato grandi capacità e qualità. La controprova è attesa subito.

venerdì 22 giugno 2018

Troppe canne fan male a politici e intellettuali

Beatrice Lorenzin, ex ministro della Sanità in era Gentiloni, è l’emblema di una Italia pasticciona, che si arrangia pensando di essere furba. Strano che questa Italia non si sia riconosciuta in Lorenzin e l’abbia bocciata con un consenso pari allo zero virgola. Ora, da ministro non rimpianto, Lorenzin è tornata al centro della scena per la vicenda della Cannabis light. Il consueto pasticcio, appunto. Perché sono stati aperti negozi e locali approfittando della confusione legislativa. D’altronde il governo doveva correre dietro alle manifestazioni dell’Anpi, doveva mantenere i sedicenti volontari delle Ong, mica poteva occuparsi di sciocchezze come la salute. Poi, però, di fronte al dilagare dei negozi per la vendita di cannabis, persino alla Lorenzin è venuto qualche dubbio e ha chiesto un parere al Consiglio superiore della sanità. Chiederlo prima di permettere le aperture dei negozi sembrava brutto. Ora i medici hanno spiegato che anche le canne leggere possono essere pericolose. E si è scatenato il putiferio. Anche divertente, perché dimostra il livello dei politici e degli intellettuali politicamente corretti. Benedetto Della Vedova, un altro trionfatore delle urne come Lorenzin, ha tuonato che l’Italia diventerà il Paese del mercato nero anche per le canne leggere. Mentre il Tg5, organo ufficiale di Forza botulino e sostenitore a vita del bugiardissimo, si è indignato perché un eventuale divieto metterebbe a rischio delle attività imprenditoriali. Sulla base dello stesso principio del diritto assoluto a fare impresa e affari bisogna tollerare la Terra dei fuochi, la mafia, lo schiavismo e l’inquinamento ambientale. Perché vietare la costruzione di ecomostri sulle spiagge, se qualcuno ha investito nelle costruzioni abusive? Perché vietare lo spaccio di droga se esiste un mercato? Perché vietare gli omicidi su commissione se qualcuno può guadagnarci? In tutto questo casino gli unici che rischiano davvero di perderci sono gli agricoltori che coltivano canapa non per consumo individuale ma per la trasformazione industriale. Un settore che potrebbe crescere e garantire reddito, ma servirebbero regole chiare e una burocrazia meno ottusa. Invece si discute di altro, forse perché tra politici e intellettuali il consumo di canne è stato eccessivo e ha prodotto danni

martedì 12 giugno 2018

Forza botulino si porta in trionfo da sola

Forza botulino è il motore del successo del centro destra alle amministrative di domenica scorsa. Non  basta il crescente divario, a favore della Lega, per indurre i forzisti a proclami meno roboanti e un po’ più credibili. Anzi, insistono a dettare agli alleati (?) la linea da seguire al governo. La realtà, però, non sfugge a Berlu che annuncia l’ennesima rivoluzione nel suo partito di plastica. Troverà l’ennesimo delfino, sperando che questo abbia il quid mancante ad Alfano, e cercherà di ringiovanire il gruppo sempre più ignorato dagli elettori. Per il momento, però, le dichiarazioni dei soliti protagonisti non vanno nella direzione di un allentamento delle tensioni nella coalizione. Difficile pensare ad una alleanza vera ed organica sino a quando l’immagine di Forza Botulino sarà affidata alle esternazioni di Bernini o Gelmini. E ancora più difficile immaginare un rilancio elettorale con programmi che non appaiono né credibili né accattivanti. Un partito liberale di massa può interessare in una fase di espansione economica, quando prevale l’ottimismo e cresce l’illusione di approfittare dell’ascensore sociale per raggiungere livelli più alti. Ma quando le masse si ampliano perché l’ascensore funziona solo in discesa, il partito del botulino non attrae più. Se Salvini riuscirà a mantenere una anche minima parte delle promesse, fagociterà ciò che resta di Forza botulino. In caso contrario non sarà il delfino di Berlu ad approfittarne. Potrebbe essere Fdi, ma solo se spedirà sull’Aquarius buona parte dell’attuale classe dirigente romana e romanocentrica. Oppure aumenterà l’area del non voto in attesa della nascita di qualche nuova formazione politica. Mentre, sul fronte opposto, il Pd ha dimostrato di essere ancora vivo. Sconfitto ma vivo, con una chiamata alle armi per combattere il Governo gialloverde che ha favorito un ricompattamento. Ovviamente non basterà per il futuro la minaccia di Salvini e Di Maio, servirà un programma che vada nella direzione di una difesa degli italiani. Insomma, il contrario rispetto alle politiche di gente come Del Rio, di Maria Elena Etruria, di Fiano. Quanto ai 5 Stelle, prima o poi tornerà Di Battista e qualcosa potrà cambiare, anche se Casaleggio figlio non pare all’altezza del padre.

lunedì 11 giugno 2018

I migranti? Nei porti francesi

D’accordo che dalla scuola di Gelmini e Fedeli non si può pretendere una grande conoscenza della geografia,  ma è curioso che i giornalisti italiani ignorino che sul Mediterraneo si affaccino altri Paesi oltre a Italia e Malta. E che Francia e Spagna dispongono di porti accoglienti per le navi taxi delle Ong. Ma andrebbe ricordato ai media di servizio che esistono porti anche nell’Europa del Nord, porti considerati preferibili a quelli italiani quando si tratta di accogliere le merci che entrano nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. Troppo comodo prendere i soldi e rifiutare i problemi. Non andrebbero neppure dimenticati i porti di Egitto, Tunisia, Marocco. Paesi dove non ci sono guerre, dove non ci sono carestie. Mare Nostrum? Troppo comodo fingere di essere rimasti all’Impero Romano quando, al contrario, da decenni l’Italia non conta più nulla, non ha una politica estera mirata al Mediterraneo, ha accettato senza fiatare le scelte aggressive della Francia e le ingerenze dell’Inghilterra. Il caos libico è stato provocato da Sarkozy, dunque sono i porti francesi che devono farsi carico delle conseguenze del disastro. E Bruxelles tace o balbetta le consuete idiozie senza senso, evidente dimostrazione del fallimento di una Europa affidata a burocrati ottusi quando non in palese malafede.  Il gesto di Salvini è riuscito almeno a dimostrare le assurdità di questa politica europea priva di ogni futuro se non viene radicalmente modificata. Non ha più senso dare ascolto ad alcolisti che ordinano di rispettare i parametri economici e finanziari (parametri sbagliati, peraltro) e tacciono di fronte ai costi dell’invasione. Probabilmente Salvini sarà costretto a cedere, ma ha comunque lanciato un segnale chiaro e coraggioso. Se non si vuol far saltare l’Unione europea, sarà meglio che a Bruxelles e a Berlino non sottovalutino la rabbia italiana.

mercoledì 6 giugno 2018

Forza botulino rende impossibili le alleanze regionali

Il dibattito in Senato sulla fiducia al nuovo governo avrebbe sancito la fine di ogni alleanza tra Lega e  Forza botulino. Avrebbe, perché in Italia nulla è così stabile come il provvisorio ma nulla è così provvisorio come le dichiarazioni di principio. Dunque Forza botulino potrà mantenere le giunte dove  governa insieme al barbaro leghista. Più imbarazzante sarà immaginare le prossime campagne elettorali, considerando che il veleno non viene sparso a piene mani soltanto da Bernini o Brunetta, ma anche dagli esponenti locali. Gli stessi che, in teoria, dovrebbero presentarsi insieme al barbaro in Trentino, già in autunno. E poi in Regioni come Piemonte e Sardegna dove, sempre in teoria, il centro destra potrebbe vincere archiviando i governi insoddisfacenti del centro sinistra. La frustrazione di Forza botulino potrebbe provocare situazioni completamente differenti. Tanto più se si considera che il prossimo anno si voterà anche per il Parlamento europeo, con posizioni molto diverse tra Salvini e Tajani. Un fronte populista contro un’alleanza tra forzisti e Pd? Per l’Europa il problema non si pone, poiché non ci sono coalizioni, ma una campagna elettorale impostata in un certo modo per l’Europa renderebbe difficile un accordo per governare insieme le Regioni. Resta poi l’incognita di Fratelli d’Italia. Per Meloni non si tratta di scegliere se essere prima in Gallia o seconda a Roma. Il suo è un ruolo marginale ma che potrebbe risultare comunque determinante. E tra essere la stampella di Forza botulino in declino o della Lega in crescita, la scelta pare facile. D’altronde si è visto in Valle d’Aosta   come l’alleanza tra Forzisti e Fdi sia risultata fallimentare, con neanche il 3% di voti complessivi e nessun eletto mentre la Lega trionfava. Sarebbe però necessario decidere subito il percorso da intraprendere. In Piemonte il centro sinistra ha già scelto il candidato. Il centro destra neppure le alleanze.

lunedì 4 giugno 2018

La banda del botulino preferisce il Pd

Domenica si voterà in molti Comuni italiani e il centro destra si presenta quasi sempre unito. Forse la banda del botulino all’interno di Forza Italia non lo sa. E forse non sa che in autunno si vota per le provinciali in Trentino, che la prossima primavera si vota per alcune regioni. Che cosa vogliono fare Brunetta e la Bernini? Ad ascoltare i loro commenti di questi giorni sembra che preferiscano un accordo con il Pd, magari illudendosi di una frattura che porti il bugiardissimo a creare un nuovo partito pronto all’alleanza del botulino, dopo il partito di plastica può nascere il partito della chirurgia plastica. Sostenuto da Sallusti, dalle reti Mediaset e pure dalla Rai perché i gialloverdi non saranno capaci di far piazza pulita e continueranno ad affidarsi ai soliti personaggi, accontentandosi di false promesse di correttezza ed imparzialità. Sul fronte opposto la situazione è più chiara. Lega e 5 Stelle almeno sono più chiari, la loro non è una alleanza strutturale ma un semplice accordo di governo che dovrà conciliare posizioni non sempre vicine. Poi, come diceva giustamente il vecchio democristiano Cirino Pomicino, nulla impedisce di presentarsi alle elezioni su fronti contrapposti per individuare, successivamente, temi comuni su cui accordarsi per governare. Dc e Psi si fronteggiavano nelle urne e poi governavano insieme. Resta l’incognita di Fdi, che non può crescere più di tanto con questa classe dirigente romana ma che ha qualche potenzialità in alcuni territori. Dovranno decidere con chi stare, se con il barbaro Salvini o con le madame del botulino e della plastica. Anche in caso di cartello elettorale a tre non potranno continuare a restare neutrali e a non contare nulla, restando equidistanti per ottenere qualche poltrona in regione o in comune. E prima o poi dovranno schierarsi pure gli esponenti locali di Forza Italia, scegliendo il barbaro o il botulino. Non è possibile continuare a lungo con l’ambiguità di una pseudo alleanza attaccata più volte al giorno dalle tv di un sedicente alleato.

venerdì 1 giugno 2018

Calenda e i Micron restano senza Fronte Repubblicano

D’accordo, in un Pd affidato a Martina è già un miracolo trovare qualcuno, come Calenda, in grado di  fare un ragionamento che superi i confini locali. Però il povero Calenda non si è accorto che la Francia ha una situazione molto diversa da quella italiana e che se Parigi ha Macron, il Pd italiano può contare solo sui Micron. Inevitabile, dunque, che la proposta di un Fronte Repubblicano anti populisti fascisti sia naufragata appena varata. D’altronde Marine Le Pen disponeva di una forte minoranza mentre Lega e 5 Stelle hanno una evidente maggioranza seppur pasticciata. E il fascino del Fronte Repubblicano di Calenda, magari insieme al bugiardissimo, proprio non è emerso. Neppure i sopravvissuti di LeU si sono fatti coinvolgere, più interessati ad un eventuale ricompattamento della sinistra ma per nulla attratti da un Fronte allargato magari anche a Forza Italia.  Tra i berluscones, invece, la tentazione del Fronte Repubblicano serpeggia. In una parte sempre più esigua del partito, ma c’è. Gli altri, invece, guardano ormai a Salvini come leader del centro destra intero e pensano a come riposizionarsi. Il disastro in Friuli Venezia Giulia e la cancellazione totale di Forza Italia in Valle d’Aosta hanno chiarito i termini del problema. Manca la soluzione. Se passare armi e bagagli nella Lega o se trasformare Forza Italia in un partito completamente diverso da quello di oggi. Perché con Gelmini e Tajani, sempre troppo vicino a Juncker, non si possono conquistare grandi risultati. Quanto al Fronte Repubblicano, il povero Calenda può contare sul sostegno del mondo dei giornali e dei giornalisti. Quelli che stanno chiusi nelle redazioni, che flirtano con i potenti (in realtà non flirtano ma si limitano a prendere ordini, felici di leccare la mano che getta l’osso) ma che ignorano completamente la realtà.