giovedì 21 aprile 2016

Per il Secolo d'Italia a destra votano i palazzinari: spot per il Pd

Il Secolo d'Italia commenta un editoriale di Ernesto Galli della Loggia a proposito della fine delle ideologie e di una ipotetica mescolanza tra destra e sinistra. Al di là delle valutazioni del giornalista, condivisibili o meno (meno), ciò che è  davvero interessante è la suddivisione che stabilisce tra gli elettori. Per il Secolo, infatti, a destra votano i proprietari di immobili, i tassisti, i farmacisti, i commercianti e gli artigiani, i militari e gli agricoltori. Mentre la sinistra si deve accontentare di operai e pensionati, oltre agli insegnanti, agli artisti, agli intellettuali ed ai magistrati. Considerando i pesi delle diverse categorie, la destra dovrebbe quindi poter contare sulla stragrande maggioranza dei voti. Basti pensare all'incidenza delle abitazioni di proprietà delle famiglie italiane. Peccato che tra i proprietari di case ci siano anche i cattivi intellettuali, tutti komunisti. Per non parlare dell'esercito di insegnanti al soldo dell'Armata Rossa o di quei maledetti pensionati che in tinello conservano il ritratto di Baffone. Forse un po' troppo schematica l'analisi del Secolo? Però significativa di un atteggiamento e di un pensiero che hanno portato l'area al disastro attuale. Un pensiero che pare proprio quello appiccicato dagli avversari: la destra come area politica di riferimento dei ricchi palazzinari, degli apparati dello Stato e di chi ha il denaro come unico ideale, a fronte di una sinistra che è il rifugio dei creativi, di chi pensa, di chi è sfruttato. Insomma, un perfetto spot elettorale per il Pd. Sarebbe interessante capire cosa spinga il Secolo ad una reazione pavloviana di fronte alle categorie di lavoratori "del pensiero", dagli insegnanti agli artisti. Senso di inadeguatezza? Invidia? Senso di colpa per aver sempre trascurato questi settori e per aver costantemente osteggiato gli intellettuali vicini ? Neppure pochi, tra l'altro, come possono provare le iniziative editoriali di Gianfranco De Turris o di Susanna Dolci, di Enzo Cipriano e Alessandro Amorese. Tutti elettori di sinistra, secondo il Secolo

mercoledì 20 aprile 2016

Generazione "senza pensione " per un'Italia senza futuro

Generazione senza pensione. Altro che millenials, generazione Y, net generation o scemenze simili. I giovani attuali - ed anche quelli che giovanissimi non sono più - possono solo ambire alla definizione di "senza pensione ". Merito di politiche pensionistiche dissennate, con i baby pensionati che anticipavano la politica degli 80 euro renziani, con favori in cambio di voti, con pensioni di invalidità concesse a chi invalido non era. E poi le politiche economiche che, in nome di una flessibilità che era solo precarietà, hanno impedito a più generazioni di crearsi una base di contributi utili per avere una pensione da anziani. Nel frattempo, per far cassa, le pensioni di chi se l'era conquistata venivano progressivamente impoverite. Per costruire l'Italia dei poveri, della manodopera disposta a tutto e senza prospettive. Anziani disperati, giovani senza speranza. Si è precipitati dalla generazione mille euro a quella che pensa che i mille euro non rappresentino la soglia della povertà ma una conquista. Il risultato, inevitabile, è che l'Italia va sempre peggio. A retribuzione di 600-800 euro corrisponde una prestazione lavorativa del valore di 600-800 euro. Lo sfruttamento non garantisce qualità a basso costo, ma solo mancanza di produttività adeguata. Generazione di sfruttati, di giovani che non si creeranno una famiglia, privi di futuro. Ma a loro il signor Bergoglio non chiede scusa per aver favorito una concorrenza spietata, assurda e criminale grazie all'arrivo di centinaia di migliaia di nuovi schiavi disposti a tutto. Ed i soldi che mancano per favorire l'esodo dal lavoro degli occupati più anziani, servono per mantenere le cooperative che richiamano i nuovi schiavi. Da un lato si obbligano gli occupati a lavorare sono a 67 anni, destinati ad aumentare ulteriormente, e dall'altro si vuole che se ne vadano accettando di ridursi la già magra pensione. Devono andarsene per consentire ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, ma con salari più bassi e minori diritti e garanzie. Una prospettiva incoraggiante per gli uni e per gli altri. Ma in fondo è quello che si meritano gli uni e gli altri. Sono loro che hanno permesso a questi ministri di rovinare il Paese. A questi ed ai loro predecessori. E chi è causa del suo mal...

lunedì 18 aprile 2016

Il bugiardissimo diventa svizzero, ma è vietato ironizzare

Quando l'allora ministro Gelmini si era lanciata nell'elogio del tunnel tra la Svizzera e il Gran Sasso, era stata giustamente massacrata dai giornali. Perché un ministro non dovrebbe essere così ignorante. Peccato che gli stessi giornali abbiano censurato la totale ignoranza del bugiardissimo che si è preso il merito della realizzazione del tunnel del Gottardo. Tunnel totalmente svizzero e totalmente pagato dagli svizzeri. Ma i media di servizio hanno accuratamente evitato ogni ironia. Il boss non si tocca. E va bene non infierire sulle dichiarazioni a proposito del tunnel del Brennero, perché ci poteva essere il dubbio che si riferisse al futuro traforo ferroviario, anche se la polemica contro Vienna riguardava la barriera attuale al valico. Nel dubbio, tutti zitti. E tutti zitti anche di fronte alla sbrodolata di Boldrine sul Vallo di Adriano che avrebbe segnato la fine dell'impero romano perché impediva l'ingresso dei barbari. Per lo meno innovativa, come teoria storica. Prima della signora nessuno aveva mai pensato che l'impero romano si sentisse minacciato dai progenitori degli scozzesi. Ma guai ad ironizzare su una simile sciocchezza. Probabile che la signora pensasse al confine orientale e non a quello scozzese, ma nessuno ha voluto farlo notare. Il governo del bugiardissimo e delle multinazionali è intoccabile. Lo si è visto nella disinformazione a proposito del referendum sulle trivelle; lo si rivedrà in occasione del referendum autunnale sulle riforme costituzionali. Ed è normale che i sostenitori del bugiardissimo censurino tutto ciò che è scomodo, fregandosene della correttezza dell'informazione. Meno normale che anche la sedicente opposizione faccia altrettanto. Anzi, è dal l'opposizione che arrivano i distinguo per giustificare l'astensione al referendum. Giustificazioni che potranno ricomparire anche in autunno, quando ci saranno i teorici della politica che spiegheranno come il bugiardissimo debba essere sfiduciato da un voto politico e non da un referendum. E aggiungeranno che, in fondo, la riforma permette un risparmio di qualche euro e, dunque, va bene così. In fondo hanno ragione loro: sono già membri inconsapevoli del partito della nazione, anche se votano per movimenti diversi. Poi il partito della nazione, o delle multinazionali, potrà nascere ufficialmente e saranno tutti contenti.

venerdì 15 aprile 2016

Cattiva l'Austria che difende se stessa

Ma quanto sono cattivi questi austriaci? Pretendono di fare a modo loro nel loro Paese invece di dar retta al brillante Mattarella. Ma come si permettono? E tutto questo soltanto perché in Italia stanno sbarcando mille migranti al giorno, in arrivo dalla Libia. Libici? No. Siriani? Neppure. Africani sub sahariani. In fuga dalla guerra? Macché. Dunque, secondo le regole europee che l'Italia pretende di far rispettare all'Austria, i nuovi arrivati dovrebbero essere rimandati a casa loro. Peccato che, per il momento, di rimpatrio non si parli mentre aumentano a dismisura i costi per le operazioni della Marina militare italiana. Pagati con le nostre tasse, ovviamente. Come sono i soldi delle nostre tasse a mantenere i "volontari " a pagamento che si occupano dei nuovi arrivati. Ma i nostri ministri, indignati, spiegano a Vienna che l'Italia identifica tutti gli arrivati e non li scarica nei Paesi confinanti.  Chissà se i nostri ministri sanno che, a Torino, le palazzine ex olimpiche sono state occupate abusivamente da un migliaio di migranti non identificati e le istituzioni si rifiutano di identificarli. È questa la garanzia offerta a Vienna? Quello che gli austriaci stanno facendo è un semplice intervento preventivo di fronte ai comportamenti italiani che loro non accettano. E non si capisce perché loro dovrebbero adeguarsi alle mancanze italiane. Roma non mette in atto i respingimenti di chi non ha diritto di restare? Liberissima di farlo, ma non di pretendere che lo facciano anche gli altri. Ed è evidente che una situazione di questo genere penalizzerà non solo le nostre esportazioni verso l'Europa del Nord, ma frenerà anche i flussi turistici della prossima estate. Gli italiani hanno scelto una maggioranza di governo che ha scelto questa strada, ma gli austriaci non hanno partecipato al voto italiano. E quanto alla presunta inutilità di muri e barriere, dopo la loro costruzione i flussi sono drasticamente ridotti. In Austria, in Ungheria. Se l'Italia vuole compiere altre scelte, deve sapere che lo farà da sola. E che saranno gli italiani a pagare. Hanno votato per questa maggioranza? Si godano i frutti

mercoledì 13 aprile 2016

Italiana uccisa a Ginevra: danno collaterale dell'immigrazione

Papa Francesco è pronto a portare il suo sostegno ai migranti accampati in Grecia. Non risulta, al momento, che abbia deciso di andare a portare il suo sostegno alla famiglia della ragazza italiana massacrata a sprangate a Ginevra. Forse perché gli inquirenti elvetici stanno ricercando un migrante africano, sospettato di essere l'assassino. Magari il sospettato non è il vero colpevole e passava di lì per caso. Ma, nel dubbio, il conforto papale migra verso altre persone. Sarebbe anche il caso di negare la benedizione alla vittima, colpevole di far aumentare l'ostilità nei confronti delle grandi risorse approdate in Europa. Come la grande risorsa che, in un centro di accoglienza italiano, ha cercato di sgozzare un mediatore culturale. Anche in questo caso la parola papale è venuta meno. D'altronde il Papa è abituato a restare muto di fronte ai crimini commessi da chi è arrivato in Italia ed in Europa senza essere stato invitato. Una ramanzina, ma piccola piccola, ai Rom affinché non offrano ai cattivi italiani la possibilità di accusare i nomadi di furti o altro. E poi il silenzio. Di fronte alle case degli anziani e malati italiani occupate abusivamente dalle grandi risorse; di fronte alla criminalità straniera dilagante (quella indigena viene invece, giustamente, condannata); di fronte alla povertà creata dalla concorrenza dei nuovi schiavi. Certo, il Papa non è solo nel suo fastidioso silenzio a senso unico. Il governo che protesta per la decisione austriaca di mettere una barriera per i controlli al Brennero, è lo stesso che rifiuta di controllare i migranti che hanno occupato abusivamente delle palazzine a Torino. Il governo che chiede all'Europa di far rispettare le regole agli austriaci è lo stesso che si rifiuta di applicare le regole europee a Torino. E se qualcuno muore, si fa finta di niente. Un semplice danno collaterale.

martedì 12 aprile 2016

Gli USA preparano i nuovi condizionamenti TV per l'Europa

La Cina si è comprata gli studi cinematografici di Hollywood. Altrettanto ha fatto il Qatar. E Pechino si è presa anche un paio di catene di cinema americani. In compenso gli americani di Netflix hanno in programma una serie di film e telefilm destinati al mercato europeo per condizionare l'opinione pubblica del Vecchio continente. Film non sugli USA, ma su vicende europee, sulla vita europea da interpretare secondo il modello americano. Nulla di illegale. E nulla di clamorosamente nuovo. D'altronde i contenuti "europei " che saranno prodotti dal nuovo polo franco italiano Vivendi-Mediaset non saranno molto diversi. Quelli cinesi, probabilmente, si differenzieranno. Utilizzando professionalità e competenze americane per veicolare messaggi e ideologie cinesi. E lo stesso dovrebbe capitare per il Qatar. L'assenza di una visione europea non è certo una novità. L'Europa ha cancellato la propria identità e le proprie radici, dunque non ha messaggi e visioni del mondo da trasmettere. Ma ci sono altri Paesi che stanno, colpevolmente, rinunciando ad un seppur minimo ruolo nella guerra del soft power. La Russia, in primo luogo. In una intervista rilasciata al Nodo di Gordio e ripresa dal Giornale.it, il vicedirettore dell'istituto russo di studi strategici ha sostenuto che il soft power è sopravvalutato. Una dichiarazione che ricorda la favola della volpe e dell'uva. La Russia non sa agire su questo fronte e, invece di recuperare le posizioni, cerca di sminuire l'importanza di ciò che è fondamentale per tutto il resto del mondo. Dalla Corea del Sud che punta sulla musica alla Scandinavia che utilizza l'architettura, dall'Iran che valorizza la storia persiana ai Paesi latinoamericani che puntano sul passato di Incas, Maya e Atzechi. Chi non ha una grande storia alle spalle, come gli USA, sceglie cinema, TV, letteratura. I Paesi del Golfo utilizzano i capitali per acquistare squadre di calcio e centri commerciali. Anche l'India sceglie la strada dell'influenza attraverso acquisizioni di aziende. Mosca resta a guardare. E si stupisce se, in occasione di interventi militari sacrosanti, riceve critiche invece di applausi. Si stupisce se l'export russo, al di là degli idrocarburi, non decolla. Se l'arte russa resta di nicchia e la cucina russa è ignorata. Dimenticati i grandi scrittori del passato, ignorati gli intellettuali del presente. Forse questo soft power andrebbe studiato anche a Mosca

lunedì 11 aprile 2016

Salvini massacrato dai media, perché ignora i media

La polemica tra Matteo Salvini e Mattarella sulle frontiere aperte era, nella sostanza, del tutto inutile. Ma estremamente interessante per gli effetti. La dichiarazione del presidente non era per nulla limitata al vino perché, in tal caso, sarebbe stata di una banalità tale da far dubitare sulla professionalità di chi scrive i discorsi. Il riferimento alla realtà esterna, quella dei migranti, era palese e la reazione di Salvini comprensibile. Il bello, però, è venuto dopo. Tutti a sparare a palle incatenate contro il leader della Lega che, da parte sua, non aveva armi ne' spazi per difendersi e replicare. Come è giusto che sia e come sarà sempre di più. I social sono una gran bella cosa, ma non sono sufficienti per contrastare il sistema mediatico schierato con il potere. Ed il potere ha il sacrosanto diritto di approfittare della propria forza e della propria capacità di gestione dell'informazione e della disinformazione. Qualcuno ha impedito alla Lega di far funzionare decentemente il quotidiano La Padania? E la radio? E la TV? E, allargando il cerchio, qualcuno ha impedito al Secolo d'Italia di diventare il quotidiano di riferimento di una vasta opposizione al regime? Se i soldi degli iscritti e dei sostenitori dei partiti e movimenti delle destre varie sono stati utilizzati per trascorrere le vacanze a Montecarlo o per garantire i soliti personaggi, invece di essere utilizzati per contrastare la disinformazione del regime, non è colpa dell'attuale governo ne' dei precedenti di centrosinistra. Ed ora, mentre De Benedetti si mangia Stampa e Secolo XIX, mentre Cairo tenta la scalata di Rcs per fare un gruppo che comprenda anche La 7 e le sue testate popolari, le destre continuano a traccheggiare. Intanto Mediaset si allea con Vivendi per creare un mega gruppo che si occupi molto di più dei contenuti, in alternativa all'altro colosso di Sky. E Mondadori ingloba i libri Rizzoli. Senza che, sul fronte destro, si manifesti una idea, una proposta di alternativa. I soldi servono per la campagna elettorale dei soliti noti. Servono per i litigi. Servono per lamentarsi del regime che sa usare i media. Sperando, forse, che gli altri si commuovano ed offrano i loro spazi alle destre impegnate nel consueto cazzeggio

venerdì 8 aprile 2016

Il no olandese apre una crepa nella diga degli eurocialtroni

Il No olandese all'accordo tra Unione Europea e Ucraina ha spaventato i tutori politicamente corretti di questa UE fallimentare. Tutti pronti, nel nome della democrazia, a spiegare che il risultato olandese non deve essere preso in considerazione. Se il popolo si mette in testa di poter decidere, salta tutta l'Unione europea degli oligarchi. E infatti qualcuno ha già proposto di eliminare il diritto a votare nei referendum. Così si evita la fatica di ignorare i risultati. Il timore per il fallimento europeo dilaga. E la disastrosa gestione italiana del problema dei migranti rischia di avere effetti più devastanti rispetto alla crisi economica della Grecia. L'Austria minaccia di rafforzare i controlli al Brennero, la Baviera annuncia di essere pronta ad aiutare gli austriaci. E il prode Alfano si offende, giurando che l'Italia controlla benissimo i migranti. Forse qualcuno dovrebbe spiegare al prode Alfano che a Torino le palazzine realizzate per le Olimpiadi sono state occupate abusivamente dai migranti e nessuno si è degnato di censirli. Per non infastidire gli ospiti ed i loro protettori. Questo Alfano finge di non saperlo, ma evidentemente gli austriaci sono più informati. Ma a spingere i popoli europei al rifiuto di questa Europa sono anche altri elementi. A partire dal peggioramento della qualità della vita della stragrande maggioranza delle famiglie. Disoccupazione, tasse, tariffe in aumento. Servizi in calo, a partire dalla sanità in Italia. Non è questa l'Europa che può piacere, che può coinvolgere i popoli, che può far sentire le persone parte di un medesimo destino. Questa è una Europa che crea sudditi da sfruttare a vantaggio di pochi oligarchi e di eurocialtroni. Una Europa politicamente corretta che piace a migranti in cerca di un mantenimento a carico degli europei. Ma che non può piacere ai sudditi sfruttati

mercoledì 6 aprile 2016

L'Italia precipita all'ottavo posto nel turismo mondiale

Dio stramaledica gli stranieri e le loro statistiche. Il bugiardissimo e la sua banda non perdono occasione per vantare i meravigliosi risultati ottenuti in ambito turistico, i disinformatori di professione innalzano odi al prode ed ai suoi fedeli, e poi ti arrivano questi maledetti dati internazionali che vanno a spiegare al mondo che il re è nudo. Il re italiano, ovviamente. Anzi, il tiranno. Perché l'Italia ante Renzi, negli anni 70, era la prima meta mondiale del turismo. Poi, certo, le cose sono cambiate. Gli Stati Uniti, forti dei numeri della popolazione, ci hanno superato. E negli ultimi anni anche i cinesi. Ci sono città cinesi semisconosciute che hanno più turisti di Venezia. Turisti cinesi, ma pur sempre turisti. Nella classifica, però, ci hanno superato in tanti. Eravamo diventati quinti, negli ultimi anni. Poi è arrivato il bugiardissimo ed ora siamo ottavi. Il turismo "puro", senza indotto, ci garantisce 76,3 miliardi contro i 488 degli USA, i 224 della Cina, i 130 della Germania, i 103 della Gran Bretagna, gli 89 della Francia e gli 80 del Messico. Se si considera anche l'indotto superiamo il Messico ma ci sorpassa la Spagna. Eppure i cialtroni della disinformazione non perdono occasione per ricordare che, dal 2001 al 2015, gli arrivi di turisti stranieri in Italia siano aumentati del 48%. Peccato che si dimentichino di aggiungere che, nello stesso periodo, il turismo mondiale sia cresciuto del 75%. E l'Italia non è riuscita ad approfittare del terrorismo che ha portato alla chiusura o alla riduzione di flussi verso mete abituali, dalla Tunisia all'Egitto ed ora anche a Parigi. Forse qualche domanda bisognerebbe porsela, invece di stendere tappeti rossi davanti al bugiardissimo ed alla sua banda. O davanti agli imprenditori del settore. Perché si scopre, ad esempio, che la Germania ha il triplo di addetti nel settore del turismo diretto. E la Gran Bretagna il 50% in più. Magari anche questo spiega perché noi ricaviamo 100 dai siti Unesco mentre La Spagna ricava 130, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania il doppio e la Cina quasi il triplo. In compenso l'era del bugiardissimo ha portato l'Italia al 57^ posto nella classifica del rapporto qualità-prezzo. Prima dell'arrivo del tiranno eravamo ventottesimi.

martedì 5 aprile 2016

Solo Poletti nega il fallimento di Garanzia Giovani

Nel governo del bugiardissimo non stupisce che i vari ministri si esibiscano in dichiarazioni prive di ogni riscontro con la realtà. Così il ministro Poletti può dichiararsi soddisfatto per l'andamento della Garanzia Giovani anche se a tutto il resto del mondo è chiaro che si tratti di un totale fallimento. Pagato, per di più, a caro prezzo con soldi pubblici. E non importa se sono soldi europei, statali o regionali: sempre di denaro pubblico si tratta, versato dai sudditi con le tasse estorte. Già è indecente la percentuale di coloro che sono stati inseriti in qualche azienda rispetto al numero delle domande presentate. Ma è ancora più indecente scoprire cosa hanno fatto i giovani, nelle aziende, con i soldi pubblici. Laureati destinati a far fotocopie, ad aprire la porta, a sistemare scartoffie. Nulla, insomma, che avesse a che fare con gli studi, con la preparazione, con le competenze. Le aziende li hanno accolti non per avviarli ad un lavoro vero, ma per avere gratuitamente a disposizione della bassa manovalanza. D'altronde la logica italiana è sempre la stessa, immancabilmente la stessa. Non si creano lavori e posti di lavoro, ma si assume in base agli incentivi ed alle agevolazioni. Quando il denaro pubblico finisce, finisce anche l'occupazione. In tutto il mondo, tranne che in Italia, è chiaro che ad una retribuzione di mille euro corrisponde una prestazione da mille euro. In Italia no. Si chiede ai lavoratori l'etica del lavoro, ma non la si pretende dalle aziende. I furbetti dell'imprenditoria sono convinti che gli altri, all'estero, siano più stupidi perché pagano un ingegnere come un ingegnere. Mentre i furbetti lo pagano come un addetto alle fotocopie che lavori part time anche se è obbligato a fare gli straordinari. Ma i furbetti vogliono anche l'attaccamento all'azienda quando ricorrono ai voucher per rendere il lavoro sempre più precario. Quando cambiano i dipendenti ogni pochi mesi perché passano da uno stagista all'altro. E poi partecipano a dotti seminari dove si cerca, inutilmente, di capire le ragioni per la bassa produttività italiana

venerdì 1 aprile 2016

Dimissioni Guidi? Nessuno scandalo ma un simbolo della nuova Italia

L'aspetto più sorprendente, nelle dimissioni del ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi, è la scoperta che esistesse un ministero ed un ministro di cui si erano completamente perse le tracce. Per il resto le intercettazioni rese note si limitano a confermare un quadro disastroso di commistione tra pessimi politici e pessimi imprenditori. Imprenditori che erano pure assurti ai vertici dell'associazione di categoria. Imprenditori che, mentre chiedevano favori alla politica, che in questo caso era rappresentata dalla propria compagna di vita, si indignavano contro i lavoratori della pubblica amministrazione, da licenziare su due piedi. Bisognava eliminare le province, bisognava eliminare i controlli. Ora si è capito perché. E si è anche capito perché il grande imprenditore compagno del ministro si impegnasse per evitare che, in Italia, si seguisse l'esempio dei francesi con il Front Nationale. Perché a lui, il grande imprenditore, piacevano solo i francesi della Total, con i quali faceva affari in Lucania. Già, mentre i difensori delle trivelle assicurano che l'estrazione del petrolio è un grande affare per l'Italia, nella realtà si scopre che è un grande affare per i francesi. Che non hanno neppure bisogno di bombardare come in Libia. In Italia ci sono il bugiardissimo, la Boschi, la Guidi. Ed i provvedimenti a favore della Total si approvano senza difficoltà. Basta coinvolgere un grande imprenditore fidanzato con un ministro che chiede un favore ad un altro ministro. In fondo, se la logica delle parentele e delle amicizie tra babbi funziona così bene in Toscana, perché l'amore tra imprenditori e ministri non dovrebbe funzionare in Lucania? Forse perché non si sono coinvolti i magistrati. Particolare non proprio trascurabile. D'altronde il grande imprenditore, quando tuonava contro l'inutilità dei dipendenti pubblici, forse pensava anche a magistrati e funzionari vari. E magari si dimostrerà che aveva ragione. Perché nell'Italia del bugiardissimo i favori fatti da un ministro a vantaggio di parenti, amici e compagni, sono un sacrosanto diritto, certo non un reato.