mercoledì 16 luglio 2014

Vivarelli: fratelli dalla Rsi alla fama

Roberto Vivarelli, Piero Vivarelli: fratelli, non omonimi. Scomparsi a pochi anni di distanza e Roberto, storico di fama internazionale e professore emerito della Normale di Pisa, morto pochi giorni or sono nel silenzio pressoché generale (ne ha scritto Il Giornale.it e il Premio Acqui Storia, a giugno, aveva deciso di conferirgli ad ottobre il riconoscimento per le sue opere). D'altronde, in questa Italia, la cultura ha smesso di essere un optional ed è diventata un fastidio. Per questo, forse, era più noto il fratello Piero, autore di canzoni come Ventiquattromila baci e Il tuo bacio è come il rock. Ma anche di film legati ai titoli delle canzono i pure di Satanik, come ricordava Maurizio Cabona in occasione della scomparsa. E in quell'occasione Cabona aveva riportato la storia umana, personale e politica di Piero Vivarelli: volontario nella Repubblica Sociale, a 16 anni, nella XMas. Incarcerato dagli americani per operazioni da sabotatore, per poi diventare, appena liberato, paroliere e creatore. Ed il fratello Roberto? Volontario a 14 anni, sempre nella Repubblica Sociale. Due fratelli, un'unica risposta ai falliti attuali che giustificano ogni sconfitta con la scusa di avere idee politicamente non corrette. Non c'è dubbio che questo infame regime abbia premiato, coccolato, arricchito, promosso un esercito di incompetenti, di imbecilli, di incapaci, accomunati solo dal totale servilismo o dall'appartenenza. Ma le storie dei due fratelli, insieme alle storie di tanti altri reduci della Repubblica o, successivamente, reduci di esperienze politiche nell'estrema destra, dimostra che le idee scorrette non condannano inesorabilmente alla morte civile, all'emarginazione. Purché il coraggio individuale sia accompagnato da una adeguata preparazione. E' vero che, a parità di capacità, i servi del pentapartito e del Pci prima, ed i servi della sinistra inciucista dopo, han fatto carriere più brillanti e più facili. Ma nessuno impedisce di essere migliori, più preparati, più capaci. Piero Vivarelli si era iscritto al partito comunista cubano, d'altronde era stato volontario nella Repubblica Sociale, non nella repubblica reazionaria. Ma da "cubano" aveva lavorato con Romano Mussolini, con la massima soddisfazione reciproca. Senza mai rinnegare alcunché. E Roberto, dopo una lunga carriera di storico apprezzato nel mondo, aveva dato alle stampe un libro di rivisitazione autobiografica del suo percorso nella Rsi. Senza rinnegare e sapendo di autocondannarsi all'esilio dai commenti degli storici più sfigati ed invidiosi. Ma chi, a 14 anni, non aveva avuto paura di combattere dalla parte dei perdenti, da anziano non poteva certo preoccuparsi del silenzio dei cagnetti nostrani. Una lezione umana e politica. Che in pochi vorranno accettare.

1 commento:

  1. E' proprio così purtroppo. In pochi vorranno accettare la lezione di vita di Roberto e Piero Vivarelli; lezione che negli anni '70 e '80 si sarebbe chiamata "stile di vita".

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