mercoledì 7 febbraio 2018

La Germania alza i salari e riduce gli orari. Funziona

Lavorare meno, lavorare tutti. Era lo slogan della battaglia per la riduzione dell’orario settimanale da 40 a 35 ore. Conquista che aveva premiato i lavoratori di Germania e Francia. Ma ora Berlino va oltre ed i dipendenti delle aziende metalmeccaniche potranno lavorare solo 28 ore, per un massimo di due anni, per far fronte ad esigenze famigliari: la nascita di un figlio, la cura di genitori anziani, problemi improvvisi di diversa natura. Ovviamente la retribuzione non rimarrà la stessa, ma la riduzione sarà sensibilmente inferiore rispetto alla riduzione dell’orario. Nel frattempo il salario base aumenta del 4,3%, dunque una crescita nettamente superiore a quella dell’inflazione. Per il momento l’accordo riguarda solo i metalmeccanici, ma è probabile che venga esteso ad altre categorie. La Germania, insomma, va in direzione contraria rispetto a quanto si fa in Italia dove, grazie all’arrivo dell’esercito industriale di riserva (come lo definiva Marx, mica Salvini) composto dai migranti, si abbassano i salari e si cancellano i diritti. Peccato che i risultati economici premino la Germania e boccino l’Italia. Non è che a Berlino siano tutte rose e fiori. I mini job sono una vergogna e la criminalità di importazione è in aumento. Ma il quadro generale è decisamente migliore sotto l’aspetto economico ed ora migliorerà anche sotto l’aspetto sociale con una conquista di maggior tempo libero da parte di chi ne ha bisogno ed è pronto a rinunciare ad una minima parte dello stipendio. Certo, una ricetta che si può applicare ai metalmeccanici tedeschi che guadagnano molto, non agli italiani che con il 100% di retribuzione faticano a sopravvivere. E l’incremento salariale tedesco aumenterà i consumi in Germania mentre la precarietà e lo sfruttamento in Italia frenano ogni tentativo di ripresa. Le ricette economiche possono, e devono, essere diverse a seconda delle situazioni. Ma se nella stessa Europa, quella che in teoria dovrebbe essere una casa comune, la ricetta tedesca funziona e quella italiana fallisce, forse bisognerebbe adeguare il nostro modello a quello di Berlino.

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