sabato 25 febbraio 2017

Gli italiani bocciano Uber e i giornalisti

Aveva ragione la Botteri: se i giornalisti non riescono a manipolare l'opinione pubblica, dove si andrà a finire? E non solo negli Stati Uniti. La Busiarda (in arte La Stampa) ha scoperto, con grande fastidio, che la campagna scatenata dai quotidiani di servizio a favore di Uber e contro i tassisti non è servita a nulla. Il 70% degli italiani è dalla parte dei taxi regolari. Solo giornalisti ormai rassegnati a non pensare e pronti ad accettare ogni imposizione dai vertici possono stupirsi del risultato del sondaggio. Per due ragioni fondamentali. La prima è che buona parte degli italiani non può più permettersi né il taxi né Uber. Ed è già tanto se può pagare il prezzo del biglietto dei mezzi pubblici. La seconda, molto più importante, è che persino il gregge italiano si è reso conto che Uber rappresenta solo l'ennesimo cavallo di Troia per la distruzione dei lavori regolamentati e, in qualche modo, tutelati. E' vero che con Uber si risparmia (non sempre), ma solo perché la precarietà degli autisti cresce a dismisura. E le famiglie italiane hanno già scoperto sulla propria pelle cosa significhi, in realtà, questa precarietà. I lavoretti sottopagati dei figli, i licenziamenti facili per i genitori, le pensioni sempre più magre dei nonni. Voucher e Uber sono soltanto la nuova forma, legalizzata, del caporalato più schifoso. Oggi lavori 8 ore e te ne pago una con un voucher e altre due in nero. Le altre non te le pago. Se non ti va bene ci sono migliaia di disoccupati pronti ad accettare questo ricatto pur di guadagnare qualcosa. Un copione che si sta ripetendo in ogni settore. Compreso quello del giornalismo. Ma chi si scatena per sostenere la precarietà alla Uber fa finta di non accorgersene. O forse, davvero, non è in grado di comprendere. Non è sicuro se, invece, i politici della sedicente opposizione saranno in grado di comprendere questo segnale che proviene dalle famiglie italiane. Se saranno in grado di interpretarlo, evitando l'ottusa esultanza per il mancato referendum sull'articolo 18. Il lavoro è il campo di battaglia per la politica italiana. Ma pochi sembrano averlo capito e sono ancora meno numerosi quelli che provano a proporre soluzioni che vadano al di là dello slogan.

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