mercoledì 25 ottobre 2017

11 ore di lavoro al giorno per 400 euro al mese:l'Italia

"Cerchiamo personale che abbia voglia di lavorare". Un cartello su un negozio, come tanti. O forse come pochi. E proprio perché sono pochi i cartelli, la proposta di lavoro non è generosissima: 11 ore di lavoro al giorno, in due tranches con una lunga sosta per pranzo. Per sei giorni la settimana. E la domenica riposo? Macché. La domenica solo metà orario. Dunque attività sette giorni su sette e mezza giornata di riposo settimanale. Beh, almeno la retribuzione sarà adeguata allo sforzo. Sì, 400 euro al mese per i primi mesi per poi, eventualmente, balzare a 900 euro se confermati. Ovviamente non tutti in busta, perché bisogna anche evitare di pagare troppi contributi. Il clima, d'altronde, è ormai quello. Di fronte alla protesta dei liceali che non hanno voglia di andare a friggere patatine per una multinazionale come esempio di alternanza scuola-lavoro, sono insorti i sostenitori dello sfruttamento ad ogni costo: "Dovrebbero essere felici di questa esperienza e sperare che qualcuno gliela offra anche dopo la laurea". Già, perché studiare 5 anni al liceo e poi altri 5 anni per laurearsi in fisica o in lettere classiche, in ingegneria o in giurisprudenza, è la base minima per poter lavare i cessi con contratti precari e sottopagati. Poi, magari, qualcuno si stupisce se la produttività in Italia cresce meno rispetto a quei Paesi dove gli ingegneri fanno gli ingegneri e gli esperti di antichità si occupano di antichità. Paesi con mentalità vecchia, sorpassata. Dove si cercano competenze e si è rimasti fermi alle idee antiche di pagare le professionalità e premiare il merito. Noi siamo il futuro, con il Jobs Act e lo sfruttamento legalizzato. "Ci pagano poco, è vero, ma a volte ci sono delle mance", spiegava nei giorni scorsi un distributore di pasti che percorreva la città in bicicletta. Può consolarsi pensando ai camerieri parigini costretti a vivere esclusivamente con le mance elargite dai clienti. Oggi? No, ovviamente. A fine Ottocento. Ma l'Italia dei padroni delle ferriere è pronta a riprendersi la scena. Anche se i padroni hanno venduto le ferriere agli indiani e si limitano a riproporre i meccanismi dello sfruttamento

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