venerdì 26 ottobre 2012

Sovranità alimentare, più importante di quella finanziaria

La sovranità monetaria? Bella, indubbiamente. Ma prima ancora un popolo, se vuole essere libero, deve puntare sulla sovranità alimentare. Che non significa autarchia, anche perché praticamente nessuno è in grado di ottenerale (forse la Turchia, ma un caso non fa testo). Sovranità - è il messaggio lanciato dal salone del Gusto di Torino e, non a caso, ignorato dalla maggior parte dei media - significa che un popolo decide cosa seminare, cosa allevare. In base alle proprie tradizioni ed ai propri obiettivi. Che non sono quelli imposti dalle multinazionali, interessate solo a sfruttare contadini, allevatori e territori, per poi abbandonare tutto e tutti quando cambiano le mode alimentari e quando il terreno è stato distrutto da coltivazioni inadatte. Sovranità alimentare significa decidere cosa serve per il proprio popolo e destinare l'eccedenza (ma solo l'eccedenza) allo scambio, alle esportazioni. Per importare ciò che serve davvero e non ciò che viene imposto dalle stesse multinazionali che sfruttano le risorse idriche e dei terreni, oltre che quelle degli uomini e delle donne che lavorano per salari da fame. Bisogna rifondare l'agricoltura mondiale, ripartendo dalle comunità e non dalle multinazionali. Bisogna metter fine alla vendita indiscriminata dei terreni, alla cementificazione. Nel 2050, secondo la Fao, per far fronte alla crescita della popolazione mondiale occorrerà aumentare la produzione agricola. Per questo la Cina e le multinazionali americane si stanno comprando intere regioni, in Africa ma non solo. E quando controlleranno la produzione delle materie prime agricole, potranno imporre i prezzi che vorranno in ogni parte del mondo. Non capirlo adesso significa consegnare i nostri figli nelle mani della speculazione che abbandonerà la finanza per passare al cibo.

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