giovedì 22 marzo 2018

Vaticano cattolico e africano, con la censura di Viganò

Oportet ut scandala eveniant. I pochi che in Vaticano non hanno cancellato il latino dalle proprie menti  - sarà mica la lingua di Satana? - avranno forse ricordato la massima di fronte alle dimissioni, clamorose, di monsignor Dario Viganò, il responsabile della comunicazione vaticana. Che avrà mai fatto di male Viganò? Si è semplicemente limitato a censurare e a manomettere la lettera del Papa emerito Ratzinger inviata a monsu Bergoglio. Una lettera spacciata per un sostegno a Bergoglio quando, al contrario, si trattava di una critica per la scelta dei curatori di alcuni testi teologici. La lettera doveva rimanere privata e riservata ma Viganò non solo ha deciso scorrettamente di pubblicarla, ma ha pure censurato le critiche. Di fronte a simili comportamenti ci si sarebbe almeno aspettati una dura reprimenda da parte di Bergoglio, per un minimo di correttezza e trasparenza. Macché. Il papa ha accettato le dimissioni “non senza qualche fatica” ma ha chiesto a Viganò di rimanere sostanzialmente al suo posto. Si può mica rinunciare ad un servitore così premuroso nella trasformazione della verità e della realtà. E infatti Bergoglio ne elogia l’impegno. Un impegno che servirà in questo cambiamento radicale della Chiesa che non sarà mai più romana. Certo, la sede rimarrà in Vaticano, ma come le sedi legali per le Spa, le società per azioni che hanno poi le sedi produttive in altri luoghi. E la sede effettiva della Chiesa sarà inevitabilmente in Africa. Gli errori, in serie, del Vaticano (da decenni) hanno determinato l’allontanamento dei popoli europei dalla Chiesa di Roma. Si è cancellato il latino come lingua unificante, si sono trasformati i pulpiti in modesti palchi per una sociologia banale. Si è perso ogni contatto con il Sacro preferendo i contatti con la politica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Chiese deserte, nessuna vocazione, totale laicizzazione della società europea, svuotamento persino di piazza San Pietro. E quando la laicizzazione lascia spazio ad un tentativo di reazione, la direzione è quella dell’Islam o delle religioni orientali. Invece in Africa le vocazioni ci sono ancora. Magari non tutte oneste, magari favorite a volte dal desiderio di avere un pasto ed un tetto (succedeva anche in Europa, in passato). Ma in maggioranza sono vocazioni autentiche. Ed è con l’Africa che il Vaticano deve confrontarsi, con gli africani. Perché le bergogliate hanno stufato anche i latinoamericani che procedono a passi rapidi verso le chiese protestanti finanziate dagli Stati Uniti per ragioni economiche e politiche, certo non per spirito missionario. Dunque resta solo l’Africa, con i suoi riti ed i suoi gesti  che nulla hanno a che fare con quelli della Chiesa romana. A questo punto serve il coraggio per il cambiamento finale. Il Vaticano rinunci ai simboli del cattolicesimo e della cristianita’ europea, venda le cattedrali e rinunci all’immenso patrimonio di opere d’arte, un’arte europea. Già oggi, d’altronde, sono numerose le chiese storiche in cui si può entrare solo pagando un biglietto. Trasformate da luoghi sacri in luoghi d’affari. Tanto vale eliminare anche la finzione religiosa. E la Chiesa diventi cattolica e africana. Un po’ di sincerità e trasparenza, nonostante monsignor Viganò.

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