martedì 13 marzo 2018

Guttuso e la superiorità culturale del Pci

Che Renato Guttuso sia stato sopravvalutato in vita non è certo una novità. La morte aveva fatto calare la polvere sulla sua opera ma ora la Gam di Torino rilancia il pittore dell’ortodossia comunista per celebrare il cinquantenario del 68. Sopravvalutato, indubbiamente, ma non un pessimo pittore. Tutt’aaltro. Alcune opere hanno una grande forza, a cominciare dai Funerali di Togliatti, realizzato nel 1972. Un quadro in cui è condensata tutta la pretesa di superiorità della cultura comunista. Del Pci, per essere più precisi. Non è un problema di capacità di dipingere, ma è la rappresentazione quella che conta. Un quadro di massa dove, intorno al feretro, si raccoglie quello che ora viene definito come Pantheon. Così si ripropone, più volte, il ritratto di Lenin mentre Stalin compare una sola volta. Ci sono Berlinguer e la Iotti, Amendola e Gramsci, Paietta e Breznev, Angela Davis e Di Vittorio. Morti e vivi insieme per un’opera corale. Tanto Gramsci era morto prima e non poteva protestare per essere messo accanto al responsabile della sua morte. È in questo la superiorità. Basti pensare a un quadro, odierno, dedicato ai funerali di Almirante. Innanzitutto mancherebbe il pittore perché le destre hanno ignorato la cultura e hanno accuratamente evitato di sostenere gli artisti. Ma se si trovasse un pittore, chi potrebbe inserire nel quadro? Guttuso colloca Stalin anche se in disgrazia. Le destre ufficiali hanno preso le distanze da Mussolini, dunque niente Duce. Allora Meloni e Rampelli a reggere la bara? Inizierebbero subito le proteste. Evola a rappresentare la filosofia dell’area? Molti rifiuterebbero anche solo l’idea. Tra i partecipanti stranieri non si potrebbero collocare i Le Pen poiché suscitano tifoserie opposte. E si potrebbe continuare all’infinito. Tutti contro tutti. Niente Salvini perché troppo del Nord, niente Tatarella perché è troppo del Sud. Guttuso non è certo il primo a ritrarre personaggi veri in scene di massa. Il Rinascimento è ricco di esempi di questo tipo. Ed anche gli intellettuali fascisti non avevano problemi a ritrarsi a vicenda, a citarsi, a raccontare gli altri. Ora è il tempo delle invidie meschine, delle rivalità condominiali, delle gomitate per passare davanti e comparire su un palco insieme a leaderini di scarsa qualità. È vero, il Pci è morto e la sinistra italiana, per quello che può valere la definizione, è un deserto dei tartari a livello culturale. Ma non è una grande consolazione.

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